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Autore: Magic Kismet    13/03/2013    1 recensioni
L'amore è l'unica cosa che trascende il tempo e lo spazio. Forse di questo dovremmo fidarci anche se non riusciamo a capirlo ancora.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 2 - Incidente

 

Il vento gelido dell'inverno le penetrò nelle ossa, un brivido lungo la schiena e poi la mente persa nei suoi occhi.

Impossibile smettere di pensare, impossibile pensare, troppo straziante compiere entrambe le azioni.
Le aveva parlato, il solo pensiero la mandava nel panico, il solo sfiorare il suo nome con la mente, la mandava nel panico.
Leonardo, rimbalzava nella testa, come un'irrefrenabile pallina da ping pong, devastando ogni funzione cognitiva.

Era così bello. Così dannatamente bello, come non pensarlo? Si chiedeva. Come smettere? Era senza senso. Si sentiva imprigionata in un vortice di emozioni, e sensazioni che non sapeva spiegare.
Per tutta la vita, aveva sentito qualcosa, aveva ceduto ai languidi sussurri della sua mente, che la spingevano verso di lui, si sentiva imprigionata in un'assurdo campo magnetico.

Alzò lo sguardo al cielo, nubi nere preannunciavano un imminente temporale, sospirò scoraggiata, mancava ancora molta strada prima di raggiungere l'albergo.
Aveva impiegato tutte le sue risorse per essere lì, per poterlo vedere, anche solo per un seconodo, si ripeteva che avrebbe capito, che tutto le sarebbe sembrato più chiaro, con un suo sguardo, invece ora, era tutto ancora più confuso, non aveva mai creduto in realtà di poterlo incrociare, sorrise e continuò a camminare osservando con curiosità la bellissima città di Cannes.

Neppure sapeva spiegarsi come, ma si ritrovò difronte ad un'albergo che non era il suo. Guardò l'orologio, aveva camminato in trans, per quasi due ore e mezza. Dov'era? Che posto era quello?
Si osservò intorno, l'enorme edificio difronte ai suoi occhi era l'Hotel Martinez, non era certamente il suo albergo.
Sorrise ancora, imbarazzata, e sconvolta dal suo stesso atteggiamento.
Aveva camminato per così tanto tempo e non era riuscita a capire come si fosse trovata lì davanti.
Si voltò, per tornare indietro, sulla "via di casa" con i pensieri ancora scombussolati, cercando di prestare attenzione, questa volta a dove andare.

La sua camminata con la testa tra le nuvole, venne interrotta dal passaggio di un'auto, una lussuosa mercedes, che per poco non l'aveva presa sotto.
Scosse la testa confusa, si sentiva come se qualcuno stesse manipolando i suoi pensieri, si sentiva come in coma, osservò l'auto che aveva inchiodato a pochi centimetri dal suo corpo, alzò lo sguardo dispiaciuta e confusa, mentre la persona alla guda scendeva dall'auto.

-Ma si può sapere che diavolo hai nel cervello ragazzina?- Disse l'uomo con tono di rimprovero, lei ricambiò il suo sguardo preoccupato e avvampò d'imbarazzo, sentendosi ancora più stupida

-Potevo metterti sotto! Fai più attenzione!- Continuò ad inveire l'uomo, ma alle sue orecchie la voce arrivò come un flebile sussurro,

-Ragazzina, ragazzina, ei ti senti bene?- Continuava la voce,

-Chiamo i soccorsi!- Si aggiunse un'altra voce, non era più quella dell'uomo di poco prima, era completamente diversa, un'altra tonalità, il cuore iniziò a battere in modo più veloce e frenetico, come se avesse riconosciuto in quella voce, qualcosa di famigliare, come se riuscisse a vedere, nonostante gli occhi chiusi.

Finalmente si destò, non sapeva quanto tempo era passato, sapeva solo che qualcosa di strano era successo.
Aveva perso i sensi, era caduta a terra, tramortita sull'asfalto freddo. Quando aprì gli occhi, le luci dell'auto l'abbagliarono e capì di trovarsi ancora sulla strada.

Scorse un'uomo di spalle, parlare al telefono
-Si, si! Si è risvegliata! La richiamo!- disse e poi staccò la chiamata, difronte a lei un'uomo sulla cinquantina cercava di attirare la sua attenzione passandole una mano davanti agli occhi, lei l'osservò confusa battendo lentamente le palpebre, come quando ci si sveglia da un incubo tremendo e non si capisce se si è tornati alla realtà

-Come ti senti? Parlami!- disse l'uomo con apprensione e gentilezza allo stesso tempo, caratteristiche che le ricordarono subito le premure e le cure di sua madre

-Credo, di stare bene- rispose con un filo di voce la ragazza ancora confusa

-Michael, falla salire in auto, la portiamo all'ospedale più vicino, non voglio portarmi sulla coscienza il peso di una vita umana!- Disse una voce alle sue spalle, era la stessa che aveva sentito in precedenza, mentre era ancora a terra priva di sensi, il cuore iniziò ancora una volta a battere in modo convulsivo, tentò di voltarsi, per vedere chi fosse, ma l'uomo sulla cinquantina glielo impedì, afferrandola per la vita ed aiutandola ad alzarsi da terra.

-Non c'è bisogno, la ringrazio ma ora mi sento meglio- Provò ad opporsi lei, ma una volta in piedi, la testa le girò una seconda volta e se Michael non l'avesse trattenuta, probabilmente sarebbe cascata a terra dinuovo.

-Quand'è che hai mangiato qualcosa l'ultima volta?- Chiese la voce di spalle, e lei odiò la stupida coincidenza che non le permetteva ancora una volta di vedere il volto dell'uomo, Michael l'aiuto a salire nella lussuosa auto con delicatezza e cura.

Si sedette imbarazzata sui bellissimi sedili posteriori in pelle bianca.
Ispirò a fondo l'odore nuovo dell'auto, e poco a poco iniziò a mettere a fuoco ogni cosa.
L'uomo misterioso salì in auto con eleganza, sedendosi sul sedile del passeggero e Michael prese posto su quello del guidatore.

-Vi ringrazio per la premura, ma mi sento meglio, davvero, se fosse possibile vorrei solo essere accompagnata al mio albergo- disse la ragazza, nella speranza di essere ascoltata, ricordando il suo odio profondo per gli ospedali, quell'odore di disinfettante, la paura dei medici dallo sterile camice bianco

-Non voglio averti sulla coscienza- Ribattè ancora una volta l'uomo misterioso, e lei avrebbe voluto afferrarlo per la giacca nera e costringerlo a voltarsi verso di lei, per poter filnalemente capire chi fosse.

-La prego, le ho gia detto che sto meglio, dev'essere stato un semplice calo di pressione- si giustificò la ragazza con voce temante

-Solo se mi lasci la libertà di portarti fuori a mangiare qualcosa. Devo assicurarmi che tu sia in forze- disse infine lui voltandosi, finalmente, verso di lei.


















   
 
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