Hermione
ancora non capiva come si era lasciata convincere.
***
La sera prima
“Hermione
aspetta!” disse Ron ad un’assonnata ragazza che si
dirigeva verso il dormitorio
femminile. Quella si fermò e con un cenno lo
invitò a proseguire.
“Domani
alle
***
Ron aveva
detto solo quello.
Senza un
motivo o una spiegazione.
E lei,
alle 10 di mattina di quella domenica piovosa, era scesa in sala comune.
Il giorno
prima non aveva chiesto nulla perché Ron non le aveva
lasciato il tempo di
assimilare l’informazione, visto che era corso in dormitorio
subito dopo.
Era stata
indecisa sul da farsi, ma alla fine la curiosità aveva vinto
ogni obiezione.
Ma
lì, in
piedi vicino alla finestra, mentre osservava le gocce di pioggia
scivolare
lente sul vetro, le era venuto qualche dubbio.
E se
fosse stato tutto uno stupido scherzo?
E se
avesse perso la mattinata ad aspettare come una scema un ragazzo che
non si
sarebbe mai presentato?
E se Ron
le avesse semplicemente chiesto di aiutarlo con i compiti, o peggio di
passarglieli?
E se..
“Ron!” il suo fu quasi un urlo.
“Mi
hai
spaventata!” disse indicando la mano del ragazzo che ora si
trovava sopra la
spalla di lei.
“Scusa…ma
non mi stavi aspettando?” ritirò la mano e
osservò Hermione con aria interrogativa.
“Si,
ma
ero soprappensiero..”
“Sempre
al lavoro questa testolina, eh?” disse allungando una mano
sopra la testa della
ragazza per darle un buffetto.
Hermione
avvampò, ma recuperò quel briciolo di
dignità rimastale, chiedendo:
“Allora..
come mai questo..” non voleva dire quella parola per non
sembrare equivoca, ma
“..appuntamento?”
Guardò
Ron aspettando una risposta, ma quello le prese il polso e la
trascinò via
senza tante cerimonie.
“Dove
stiamo andando??” ripeté per la seconda volta.
“Tranquilla,
siamo quasi arrivati” mormorò Ron.
Hermione
non capiva più nulla.
Prima Ron
le dava un appuntamento.
Poi la
trascinava per tutto il castello verso un luogo non ben identificato.
“Siamo
arrivati” esalò Ron.
Avevano
salito di corsa tutti i piani di Hogwarts e ora si trovavano nei pressi
della
torre di astronomia. Si erano fermati davanti ad una piccola porta,
individuabile solo ad un’occhiata attenta.
Il ragazzo
spinse la mano sul legno nodoso per aprire l’uscio, si
guardò velocemente
intorno, poi trascinò Hermione dentro la stanza.
Hermione
non l’aveva mai vista: al posto del pavimento c’era
un tappeto d’erba di un
verde brillante, le pareti dello stesso colore, il soffitto somigliava
a quello
della sala grande, ma il cielo terso, che non rifletteva affatto quello
esterno, era un po’ sfuocato.
“Dove
siamo?” chiese lei una volta che si fu guardata attorno
abbastanza.
“In
quello che una volta era uno sgabuzzino per le scope!”
“Una
volta? E come mai siamo qui?” non riusciva proprio a
trattenersi dal fare
domande.
“Ti
serve
una spiegazione per tutto ciò che accade?” rise
Ron.
Hermione
era piuttosto contrariata per quello che stava accadendo. Lei doveva
avere
sempre tutto sotto controllo e non poteva essere in un posto
sconosciuto per un
motivo altrettanto sconosciuto.
Ron si
sedette sull’erba invitando l’amica a fare lo
stesso.
A
Hermione non veniva in mente nulla da controbattere, perciò
si accomodò a
terra, a gambe incrociate.
“Volevo
solo passare un po’ di tempo con te da solo.. é
molto che non lo facciamo. Col
fatto che siamo sempre dietro ad Harry e ai suoi problemi.”
“Ron..”
la ragazza non seppe cosa rispondere.
“Non
mi
dire che hai fatto tu..” indicò l’erba
il soffitto e quant’altro poteva vedere.
Il
ragazzo annuì.
“Quando
sei diventato così bravo? Certo c’è
ancora qualcosa da rivedere, ma.. wow!”
aggiunse con entusiasmo.
Ron
sorrise per la semplicità di Hermione, che ancora si
meravigliava di fronte
agli incantesimi, per la sua parlantina smisurata, per quella punta di
felicità
che le vedeva negli occhi quando lui riusciva a fare qualche progresso.
“Senti..
ma davvero hai fatto tutto questo per me?”
arrossì un poco “Ron ti conosco troppo bene, hai
qualcosa da farti perdonare?”
disse con un tono di delusione troppo evidente nella voce.
“Whuaah!ahbhuahw..!”
“Cos’è
stato?” fece Hermione guardandosi intorno per poi tornare a
posare lo sguardo
su Ron che, imbarazzato, si stava grattando la testa.
“Se
ti
dicessi che è stato il mio stomaco ci crederesti?”
fece speranzoso.
L’espressione
della ragazza non lasciava dubbi.
“Okkeeeyy..
beh, c’è anche un altro motivo per cui ti ho
portata qui, anzi.. è quello
principale.”
Hermione
stava cominciando a preoccuparsi seriamente.
“Ecco”
alzatosi percorse la stanza, aprì un’altra porta,
prese tra le braccia qualcosa e
tornò nella stessa posizione
di pochi secondi prima.
“Hermione
ti presento Tree, Tree questa è Hermione” disse
Ron con un sorrisone.
Sorrisone
che ben presto si spense, visto che Hermione, con
un’espressione indecifrabile
in viso, non dava il minimo segnale di vita.
“Non
ti
senti bene?”
“E
cosa
sarebbe precisamente Tree? Anzi, che razza di nome sarebbe
Tree?” la sua voce
suonava isterica.
“Ehi!
Gliel’ho dato io quel nome!”
“Ora
capisco tutto..” sbuffò Hermione dando
un’altra occhiata a ciò che Ron teneva
fra le braccia.
Poteva
sembrare un bambino di non più di un anno, se non fosse
stato per le esili
alucce che gli spuntavano all’altezza delle scapole, per i
capelli biondi,
troppo lisci e impalpabili e per la parte inferiore del corpo che
sembrava
fasciata da rami aggrovigliati.
“Allora?
Nemmeno ora ho diritto ad una spiegazione?”
“Dai
calmati.. non volevo tenertelo nascosto! Altrimenti non ti avrei
portata qui,
oggi”
“L’altro
giorno stavo tornando dall’allenamento di quidditch. Ero
solo, infatti Harry si
era fermato un attimo a parlare con Angelina per dirle che quello
schema che
avevamo..” Hermione fece una smorfia eloquente “
..ecco, sto arrivando al dunque!”
“Insomma
stavo per rientrare al castello, quando ho sentito un rumore provenire
dal limitare
della foresta. Pensavo fosse Thor che tornava dal suo giretto
quotidiano, ma
quando mi sono avvicinato, ho visto questo frugoletto abbandonato sotto
un
albero e non me la sono sentita di lasciarlo lì.”
“Ah!
È
per questo che l’ho chiamato Tree: non è stata
un’idea geniale?”
Ron
finì
il suo racconto. Sembrava soddisfatto.
Hermione
evitò di esprimere qualsiasi commento sull’idea
geniale dell’amico e disse solamente:
“Cosa
hai
intenzione di farne?”
Ron fece
spallucce.
“Vedi,
mi
sono un po’ affezionato e per una volta che ho qualcosa di
solo mio..” non la
guardò negli occhi, anzi, prese a fare il solletico alla
creatura che sorrideva
beata fra le sue braccia.
La
ragazza si intenerì molto a quella scena, e si
sentì lusingata dal fatto che
Ron l’avesse messa a conoscenza del suo segreto, ma il senso
critico non tardò
a venire fuori.
“Ron!
Dobbiamo avvisare i professori, o qualcuno competente! Non sappiamo
cosa sia
questo essere, se può costituire un pericolo..” ma
quella creatura poteva
trasmettere di tutto, non di certo paura. Hermione infatti smise di
parlare
quando si rese conto che le sue parole non avevano senso.
“Però
come farai? Non puoi prenderti cura di lui da solo.. hai le lezioni, i
compiti,
il quidditch..” il tono leggermente addolcito.
Ron la
guardò supplicante.
“Non
avrai mica pensato..?No, no, assolutamente no. È ovvio che
non è della nostra
specie: quanto potrà sopravvivere lontano da casa sua? E poi
i suoi genitori, o
perlomeno i ..parenti lo staranno cercando! Staranno in
ansia!”
“E
se
diventassimo noi i suoi genitori?” propose candido.
“Ron!!”
Hermione non riconobbe la voce scioccata con cui rispose.
“Se
l’idea ti da tanto fastidio, e ti scoccia aiutarmi, puoi
anche andartene” sibilò
lui.
“Non
fare
il bambino, è logico che..”
“No
Hermione,
io non sono un genio, per me non è tutto logico! E smettila
di darmi del
bambino!”
Ron
odiava quando lo trattava così; era lei quella che sapeva
sempre tutto, gliene
dava merito, ma quando lo faceva pesare, quando lo considerava incapace
di
capire, non poteva proprio trattenersi dall’urlare per
dimostrarle che si
sbagliava.
Hermione
si alzò in piedi, la testa inclinata in avanti, i capelli
cespugliosi che le
coprivano il volto.
“Non
era
mia intenzione offenderti.. ti ho solo detto ciò che ne
pensavo. Se non vuoi
sentire pareri, è meglio che tu non li chieda!”
Strinse i
pugni. La sua voce era calma, ma leggermente incrinata.
“Io..
meglio che vada” aprì la porta e sparì.
Ron non
riusciva a trovare un motivo per il quale avrebbe dovuto sentirsi in
colpa, ma
in quel momento ci si sentiva lo stesso.
Aveva
portato Hermione lì, l’aveva messa a conoscenza
del suo segreto e le aveva
chiesto di aiutarlo solo perché era sua amica ed era
preparata a qualsiasi
evenienza?
Era
inutile continuare a mentire.
Si fidava
di lei, era un po’ la sua ancora di salvezza, e per di
più le piaceva.
Sì,
finalmente lo aveva ammesso.
Però
un
conto era ammetterlo a se stesso, un altro era ammetterlo ad Hermione.
Non
sopportava il suo atteggiamento da saputella, ma non riusciva a starle
lontano
o tenerle il broncio per molto.
E doveva
confessarlo, le piaceva molto stuzzicarla. Avrebbe preferito che le
reazioni
nei suoi confronti fossero più miti e decisamente
più tenere.
Ma non si
poteva chiedere ad Hermione Granger di sbottonarsi più di
tanto.
E non si
poteva chiedere a Ron Weasley di umiliare il proprio orgoglio per
dichiararsi.
Ron
trovò
Hermione in sala comune.
Stranamente
non stava leggendo; aveva lo sguardo fisso sul camino, sulla
cavità che nelle
fredde sere d’inverno era occupata dal fuoco.
Non
sbatté le palpebre nemmeno quando Ron le sedette accanto,
sul bracciolo della
poltrona nella quale era sprofondata.
Rimasero
in silenzio per un tempo imprecisato, poi finalmente Hermione
parlò:
“Perché
finiamo sempre col litigare?”
“Non
lo
so” rispose lui, disarmato dalla domanda inaspettata della
ragazza.
Ma poi si
affrettò ad aggiungere:
“So
solo
che non mi piace litigare e per di più non mi piace farlo
con te”
Hermione
sbuffò.
“Solo
perché non ti piace avere torto!”
“Si
da il
caso che non sempre io abbia torto!”
“Ecco,
lo
stiamo facendo di nuovo..” piagnucolò lei
abbandonando la testa sul braccio di
Ron.
Ron
sussultò.
“Due
persone che dicono di essere amici, non lo sono davvero se non litigano
almeno
un po’.. non si può andare d’accordo
sempre e su tutto!” replicò saggiamente.
“Si,
ma
noi non facciamo altro che battibeccare!”
“Vorrà
dire che ci vogliamo particolarmente bene”
rifletté Ron.
Altro
momento di silenzio, durante il quale i due ascoltarono il fragore che
animava
la sala comune di domenica.
“Senti..”
esordirono insieme.
Hermione
sorrise.
“Prima
tu!”
Ron
alzò
gli occhi al cielo.
“Beh..
ho
pensato a quello che mi hai detto prima. Sì, insomma, sulla
faccenda di Tree..”
fece una pausa “Credo che tu abbia ragione. Sarei egoista a
volerlo tenere
rinchiuso in quello sgabuzzino.. lo dirò alla
McGrannith.”
Gli
costò
molto pronunciare quelle parole. E lei lo sapeva.
“Oh,
Ron!
Sono sicura che hai fatto la cosa migliore! Sono fiera di te! Vedrai,
la professoressa
sistemerà tutto nel migliore dei modi..”
Ron,
rosso a causa delle parole della ragazza, cercò un appiglio
per non mostrare
l’imbarazzo. “Non perderai mai la fiducia nei prof,
vero?”
Hermione
lo guardò, sorrise e poi scosse la testa.
“Però
mi
accompagni? Anche se non ho combinato nulla, mi sento a disagio ad
andare dalla
McGrannith.” Fece una smorfia e agitò le dita in
aria. “Mi sento come se
dovessi andare nella tana del lupo!”
“Ok,
ok,
ti accompagno” concesse.
Hermione
si alzò, prese Ron per mano e lo condusse fuori dalla sala
comune.
I due si
trovavano precisamente davanti alla porta dell’ufficio della
McGrannith.
Ancora,
inconsapevolmente, mano nella mano.
“Allora,
vado.” disse Ron con l’aria di un condannato a
morte.
Hermione
annuì. Ron, completamente rosso, guardò le loro
mani intrecciate e poi gli
occhi della ragazza, per farle capire di lasciargli la mano.
“Oh,
scusa!” Hermione mollò la presa come se
improvvisamente la mano di lui fosse
diventata bollente.
Sentì
che
lui biascicava qualcosa come un non
importa, prima di bussare e sparire dietro la porta.
Trascorse
quasi mezz’ora.
La porta
dell’ufficio si aprì, lasciando uscire un Ron
piuttosto sollevato.
“La
professoressa ha detto di farmi trovare, fra dieci minuti, davanti allo
sgabuzzino dove ho lasciato Tree..per salutarlo, prima che lei lo porti
via”
Hermione
annuì.
“Allora
andiamo, cosa stiamo aspettando?”
Ron
sorrise di rimando.
Davanti a
quella porta varcata qualche ora prima, Ron mise Hermione al corrente
di quello
che aveva detto
“Ah!Quasi
dimenticavo.. prima, in sala comune, cosa stavi per dirmi?”
“Prima?
Che in fondo avevi ragione..”
“Riguardo
a cosa?” Ron non capiva dove lei volesse arrivare.
“Forse
è
vero che litighiamo spesso perché ci vogliamo
particolarmente bene.. o almeno
io te ne voglio molto..” Hermione, rossissima, faceva
concorrenza a Ron che
aveva già assunto un colorito bordeaux.
Ma lei
non aveva ancora finito di stupirlo.
Si
avvicinò a lui e, fulminea, lo baciò.
Ron
rimase pietrificato, ancora con gli occhi spalancati, sorpreso ma
felice come
non mai. Se Hermione si era lasciata andare, anche lui poteva
dichiararsi.
Aspettò
che la ragazza si staccasse, poi l’abbracciò.
“Quello
che ho detto vale solo se si è in due a volere
bene..” la ragazza temette il
peggio, ma “ infatti, anche io ti voglio bene!”
Stavolta
fu Ron ad avvicinarsi e cercare quel contatto desiderato.
“Ehm
ehm..”
“Professoressa!”
squittì Hermione allontanandosi da Ron con un balzo.
La donna
si lisciò nervosamente l’abito, come se fosse
arrivata proprio in quel momento
e non avesse visto nulla.
“Allora
signor Weasley, mi fa strada?”
Ron
annuì
vigorosamente e si adoperò per aprire la porta, ma
nell’istante prima che si
muovesse, avrebbe giurato di aver visto un sorrisino compiaciuto
arricciarsi
sulle labbra della professoressa.
Spero che sia
piaciuta!
Sono ancora
alle prime armi..e si
vede!
Baci*
Ronvin