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Autore: Waanzin    13/03/2013    0 recensioni
Cinque anni dopo gli eventi di Resident Evil 6, misteriosi eventi intrecciano ancora una volta le vite dei protagonisti di quei giorni dell'incubo. Cos'è che accomuna Chris, Jake ed Helena Harper? E perché qualcuno li vuole morti?
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chris Redfield, Jake Muller, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Primo vero capitolo! Finalmente le cose cominciano a prendere forma. Dopo tutta una lunga serie di fic introspettive, tento per la prima volta di scrivere qualcosa che affonda le sue radici in un capitolo "action" piuttosto veloce per i miei standard... qualsiasi critica, come sempre, è ben accetta e mi sarà di grande aiuto.

Piccola nota: gli eventi narrati in Conseguenze di un padre assente sono considerati canonici nella stesura di questa fiction, perciò non stupitevi se Jake "ricorda" gli eventi narrati nei capitoli di quella raccolta, come il parkhour da bambino di "Freddo" o le battaglie combattute come mercenario in Edonia della mini-trilogia "L'Uomo Che Annega".


Detto questo, bando alle ciance, arriva il primo vero capitolo. Su il sipario! 





Capitolo 1: JAKE. 
 
Oggi. Praga, Repubblica ceca. Ore 8 del mattino.
 
BWAAAAAAAAM.
 
Schegge di marmo affilato e detriti schizzarono tutt'intorno, devastando il paesaggio un tempo raffinato ed elegante del rinomato ristorante italiano. Scartando con una capriola un tavolo in mogano, che gli sfrecciò accanto come un missile da quattromila dollari, Jake Muller superò più in fretta che poté le porte scorrevoli che lo separavano dall'ambiente asettico e metallico della cucina.
 
Una volta dentro, si accovacciò dietro uno dei lunghi forni di alluminio, sparando un colpo della Beretta M92F che stringeva in pugno alle proprie spalle, conficcando un proiettile nella gamba di uno dei numerosi uomini in giacca e cravatta che lo inseguivano nel caos generatosi, pesanti Desert Eagle strette nelle mani guantate.
 
Mentre una pioggia di proiettili sfregiava il metallo lucido che gli faceva da scudo si permise di tirare il fiato, notando solo in quell'istante che il suo nascondiglio già veniva sfruttato da qualcun altro. 
 
«A quanto pare, mi hai battuto sul tempo.»
 
Disse, un ghigno spavaldo stampato sul volto, mentre gettava lo sguardo sulla sagoma accovacciata poco più in là. Gli abiti eleganti che cozzavano con i capelli rasati, le braccia e il collo decorati da variopinti tatuaggi orientali e un Uzi stretto in ogni mano, quella donna minuta e asciutta sembrava uscita da un'opera d'arte post-punk. O perlomeno, da un albo di Tank Girl.
 
«Dunque» incalzò ancora lui «qualche idea per uscire vivi da questo party?»
 
Aspettando una risposta, Jake si sporse quel tanto che bastava per piazzare un'altra pallottola calibro 9 nel ginocchio di uno degli aggressori. Mentre si abbassava di nuovo in una posizione protetta, il tintinnio del bossolo venne accompagnato dal fischio di un proiettile vagante che gli sfiorava l'orecchio. I giorni delle battaglie sui campi desolati dell'Edonia non gli erano mai sembrati così vicini.
 
«Non ci sarebbe stato nessun fottutissimo "party", se tu e la tua dannata Beretta foste rimasti fuori da questo cazzo di ristorante! Erano già miei!» esplose la sua compagna di disavventure, spezzando quel temporaneo mutismo. Nel frattempo, continuava a trafficare con i mitra che stringeva tra le mani, il cacofonico "click-clack" dei caricatori appena udibile sotto la bufera di esplosioni che li circondava. 
 
«Oh, 'fanculo!» esclamò di nuovo lei, prima che Jake potesse dire alcunché, gettando le armi lontano.  «Inceppati. Maledette repliche cinesi» continuò sibilando tra i denti, mentre tutt'intorno il caos sembrava cominciare ad ammutolrisi, lasciando i fumi provenienti dal riparo momentaneo dei due ad aleggiare nell'aria.
«Stanno ricaricando»
 
Sussurrò Jake, nell'improvviso silenzio calato come un falco, mentre sporgeva il naso fuori dal suo nascondiglio quel tanto che bastava per spiare il nemico. Vide gli uomini a cui stava sparado poco prima, e che avevano ricambiato con tanto entusiasmo, estrarre caricatori pieni dalle tasche interne delle giacche mentre quelli appena vuotati cadevano tintinnanti al suolo.
 
«Bene, una finestra temporale. Quello che stavo cercando» disse lei, secca, infilando nella tasca posteriore dei Jeans di lui un piccolo oggetto di plastica «Prendilo. Vai all'ambasciata Americana sulla Rue North e fa si che il tuo idiota intervento suicida sia valso a qualcosa. Non fermarti per nulla al mondo. Io...» parlando, aveva tirato fuori dalle pieghe dell'elegante veste di seta nera una lunga siringa dall'aspetto bizzarro e hi-tech. Prima di terminare la frase, la conficcò con forza nella giugulare, accompagnando con un leggero gemito il suono di decompressione fatto dallo strano macchinario «...preferisco intrattenere gli ospiti.»
 
Jake si voltò, confuso, tentando di farfugliare qualcosa con un sopracciglio inarcato mentre la donna sogghignava con aria inquietante.
 
«Aspetta un secondo, cos'ha intenzione di-AAAAAAHHHH»
 
Mentre un grido di stupore gli svuotava i polmoni, sentì una forza invisibile ed inarrestabile scagliarlo in volo attraverso la stanza, contro la grossa vetrata che sostituiva la parete alle sue spalle. Pentole, coltelli e piatti schizzarono sul pavimento al suo passaggio scatenando di nuovo il caso, poi il vetro, non abbastanza spesso, s'infranse all'impatto con la sua schiena ricoprendolo di piccoli ma dolorsi tagli superficiali. Prima che potesse ricordare a che piano si trovasse il ristorante, Jake stava fissando l'asfalto piovergli in faccia da svariati metri d'altezza.
 
CLANG.
 
«...HRRRGGG.»
 
Le lamiere che componevano il cofano dell'auto su cui era riuscito ad atterrare si piegarono, attuendo il colpo quel tanto che bastava per salvargli le ossa, mentre una pioggia di schegge di vetro sibilava tutto intorno.
 
Rotolò giù dall'auto distrutta mentre l'antifurto gridava scomposto, riempiendo di nuovo i polmondi d'aria e attutendo mentalmente il dolore che divampava su tutto il corpo. Sembrava di essere tornato ai giorni delle corse tra i palazzi della sua città natale... «Un vero revival» sussurrò sarcastico tra se e se, i denti stretti mentre si azava barcollando.
 
Qualche piano più in su, poteva udire chiaramente grida e scoppi d'arma da fuoco, ma la posizione non gli permetteva di capire cosa stesse suggedendo. In ogni caso, non aveva il tempo d'indagare: dalla porta girevole alle sue spalle altri uomini dall'aspetto poco rassicurante, Desert Eagle alla mano, si stavano riversando sulla deserta strada periferica, gli abiti scuri resi ancor più minacciosi dall'aria grigia e placida di Praga.
 
Mentre udiva l'ormai familiare sibilo dei proiettili che gli sfrecciavano accanto, balzò sulla sua moto, poco distante, accendendo il motore con un gesto automatico. Nitrendo e slittando sull'asfalto, gli pneumatici lasciarono una lunga striscia color catrame mentre la moto schizzava in avanti, la ruota posteriore ben salda mentre quella anteriore si sollevava a causa della tremenda spinta generata.
 
Col vento che gli accarezzava la fronte, facendo svanire il sudore e il dolore provato poco prima, scrutò dallo specchietto retrovisore gli aggressori balzare a bordo di una vecchia Mustang color ruggine e lanciarsi al suo inseguimento.
 
Ridendo a squarciagola, inebriato, Jake spinse l'acceleratore fino in fondo lanciando al galoppo il suo pesante destriero meccanico, schivando Taxi e passanti increduli con pochissimi centimentri di scarto mentre il motore ruggiva e si dimenava tra le sue ginocchia.
 
Colti alla sprovvista, gli uomini alle sue spalle tentarono di rallentanrlo sparandogli dietro, ma ottennero solo di far esplodere un semaforo in una cascata di scintille sotto la quale lui sfrecciò noncurante, quasi divertito. 
 
Fatte ancora una mezza dozzina di quelle pericolosissime gincane, Jake si convinse di averli seminati, immettendosi su di una grossa vena principale per procedere lento ma deciso in direzione dell'ambasciata Americana. Mentre costeggiava una lunga serie di complessi industriali, le pareti annerite dall'inquinamento tutt'intorno, lasciò che la mente rilasciasse finalmente tutta l'adrenalina accumulata e fece il punto della situazione.
 
Già da mesi cercava informazioni su quella che sembrava la madre di tutte le aziende farmaceutiche illegali, un complesso intreccio di fondi, operazioni in nero e malavita che si diradava attraverso la maggior parte degli attacchi bio-terroristici mondiali. Dopo giorni di ricerche infruttuose, aveva finalmente seguito una pista fino a una possibile compravendita illegale di B.O.W che sarebbe dovuta avvenire nel ristorante più costoso di Praga.
 
Poco incline a tenere un basso profilo, aveva fatto irruzione nel locale con l'intento di requisire qualcuno da poter interrogare, ma si era trovato a sua insaputa a disturbare una finta compravendita organizzata dalla BSAA per incastrare la stessa azienda seguita dal ragazzo. Questo, perlomeno, era quanto quella bizzarra agente gli aveva urlato contro tra un'imprecazione e l'altra, mentre l'inferno di fuoco dal quale si era appena salvato avvolgeva il ristorante. 
 
E ora tutto quello che sapeva era che stava portando un minuscolo pezzo di plastica all'ambasciata Americana di Praga...
 
BWAAAAAAAAAAAAAM.
 
L'esplosione proveniva da uno dei complessi industriali alla sua destra: l'onda d'urto lo fece schizzare sull'altro lato della strada, mentre pesanti mattoni scuri piovevano sulla moto ormai priva di controllo, riversandosi sulla strada. 
 
Mentre il traffico si congestionava in una cacofonia di clacson e grida di stupore, una colonna di fiamme e fumo andava propagandosi dal grosso squarcio appena formatosi. Completamente devastato da quell'ennesimo tonfo sull'asfalto, Jake si mise carponi mentre una sagoma emergeva dritta dinansi a lui dai densi fumi grigiastri. 
 
L'uomo non indossava nulla, il corpo scolpito come una statua di marmo era bagnato da liquidi che ricordavano a Jake capsule di stasi criogenica che aveva visto più di qualche volta nella sua breve guerra alle armi bio-organiche. Il volto scavato e rigido si voltò verso di lui, fissandolo con occhi color ghiaccio mentre i capelli biondi ondeggiavano al calore proveniente dalle fiamme poco distanti.
 
Jake Muller si sentì mancare, mentre centinaia di report, foto e dati a cui Sherry gli aveva dato accesso passavano nella sua mente, aiutandolo a ricordare, a capire...
 
 
...aveva di fronte suo padre. 
 
 
 


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