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Autore: Sebastiano Theus    14/03/2013    4 recensioni
Geralt parte da Vengerberg in compagnia di Ranuncolo, impegnato in una pericolosa missione per riparare il liuto del bardo. Un'altra persona segue il loro stesso percorso per altri motivi: Essi Daven, vecchia conoscenza di Geralt. I due si incontreranno? Riusciranno a dirsi tutto quello che non hanno potuto dire in passato? O potranno solo vedersi da lontano, guidati da diverse correnti del destino?
*questa storia è il seguito de Un Vero Amico*
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ranuncolo si sollevò con entusiasmo sulla sella del cavallo:
“Geralt! Senti qui!

Dalle sponde opposte del destino,
dagli angoli opposti della vita,
due uomini su una sola strada,
la loro meta ai confini del mondo.

Che te ne pare?”
Geralt piegò le spalle con aria sfinita, senza dire una parola.
“Non ti piace, eh? Ma che ci parlo a fare con te? Hai la sensibilità poetica di un secchio di letame! Avevo anche in mente un titolo: Lo Strigo: un Viaggio Inaspettato. Mmm, no, hai ragione, mi ricorda qualcosa… Non parli? Tanto varrebbe conversare con una pianta!"
Stette zitto per un attimo, osservando la schiena di Geralt che procedeva davanti a lui in silenzio, conducendo il cavallo su un passo lento e regolare.
Ranuncolo tirò le redini, si fermò accanto a un albero e si tolse il cappello con la piuma d’airone in un teatrale segno di saluto: “Buongiorno, signor larice! Come sta? No, nessun disturbo, passavo di qua e ho pensato di fermarmi a salutare. Come dice? Si annoia a stare qui fermo tutto il giorno? Pensi a me, a viaggiare con un tipo allergico alle parole! Ma le sue foglie come stanno? Oh, sono lieto di sentirlo. E…”
“Ranuncolo…”
“Che c’è?”
“Mi stai facendo venire mal di testa…”
“Gli strighi possono avere mal di testa?”
“Con uno come te evidentemente sì!”
I loro cavalli nitrirono quasi contemporaneamente, scalciando il terreno.
“Sentito, Geralt? Anche i nostri cavalli fanno più conversazione di noi!”
Geralt sbuffò e riprese ad avanzare sulla strada. Ranuncolo gli si affiancò subito, facendo finta di guardare con aria indifferente il paesaggio, un fitto bosco che si sollevava man mano che le colline cedevano il passo alle montagne.
“Insomma, dato che ho voluto accompagnarti, potresti sforzarti di essere un compagno di viaggio migliore.”
Ranuncolo ricordò rapidamente il giorno in cui erano partiti da Vengerberg: Aveva trovato Geralt nella stalla della locanda, intento a preparare il cavallo.
“Che stai facendo?”, gli  chiese.
“Sello il cavallo: si parte.”
“Per dove? Pensavo restassi qui.”
“Ci sono rimasto abbastanza. Ricordi il tuo liuto? Ho convinto Yennefer ad aggiustarlo.”
“Cosa? Tu l’hai…? Non voglio sapere come! Ma davvero…?”
“Sì, davvero. E non ti dirò come.”
“Per gli dei, è meraviglioso!”. Aveva le lacrime agli occhi per la gioia. Afferrò il braccio di Geralt e lo strinse calorosamente. “Non lo dimenticherò mai, amico mio, mai!”
“Sì, certo…”
Geralt si liberò dalla sua presa con un certo imbarazzo e riprese ad occuparsi dei preparativi.
“E allora?”, chiese ancora Ranuncolo, “quando lo aggiusta?”
“Non è così semplice: è realizzato con un legno elfico, mi ha detto, e non può essere riparato senza un campione di quel legno, il Woed Aenye.”
“L’albero di fuoco? Dannazione… È praticamente estinto, e gli ultimi esemplari sono sorvegliati a vista dalle ondine e dalle driadi dei boschi!”
“Non preoccuparti, in qualche modo ha anche saputo dove trovarne uno meno sorvegliato: pare che il sindaco di Passafiume, un piccolo paese sul Dyfne, possieda un pezzo di corteccia dell’Albero di Fuoco. È sufficiente per riparare il tuo liuto.”
“E vai là? Sia benedetto il giorno in cui ti ho conosciuto! E io…”
“Oh, non io. Noi andiamo là”. Lo fissò con quei suoi occhi da gatto, le pupille dilatate come due pozzi neri. “Non ti lascio di certo qui da solo con Yennefer. Tu verrai con me.”
Ripensandoci in quel momento, mentre si liberava la faccia da una ragnatela che gli si era attaccata passando sotto un ramo, si sentì decisamente offeso.
“Non ti fidi ancora di me? Pensavi che avrei combinato qualcos’altro?”
Geralt impiegò un attimo a rispondere, lo sguardo fisso sul mantello scuro del proprio animale.
“In realtà l’ho fatto per te: credimi, Yennefer non ha nessuna voglia di rivederti. Non mi interessa sapere come sono andate le cose, scommetto che non lo sai di preciso neppure tu, ma ti assicuro che essere nella stessa città con lei in questo momento è pericoloso: ha minacciato più volte di ridurre in cenere me, pensi che avrebbe qualche problema a farlo sul serio con te?”
Ranuncolo sentì un brivido di paura lungo la schiena a pensare alle mani della maga tese verso di lui, pronta a scagliargli contro un fulmine globulare. Ma era davvero paura? Cercò di non pensarci.
"Non sono un bambino, Geralt! So badare a me stesso!"
"Zitto, adesso."
"Non ne ho alcuna intenzione, dobbiamo..."
"Sul serio, zitto!"
Geralt bloccò il cavallo di colpo. Scrutò guardingo tra le ombre degli alberi, mentre con la mano raggiungeva lentamente una delle else delle spade fissate alla sua schiena.
Ranuncolo si accorse solo in quel momento del silenzio pesante che era sceso su di loro. Si avvicinò a Geralt, rimpiangendo di non aver portato con sé neppure un pugnale. Rimasero immobili, fianco a fianco, cercando di distinguere un rumore qualsiasi attorno a loro. Non accadde nulla.
Lo strigo allontanò le dita dall'arma senza smettere di guardarsi attorno.
"Geralt, che succede?"
"Niente... Continuiamo, ma questa volta stai zitto e in guardia."
Proseguirono in silenzio per quasi mezzora, finché non si trovarono in vista di una radura, poi il bardo sbuffò. "Ammettilo, Geralt. L'hai fatto solo per spaventarmi e farmi stare zitto! Bella tattica, te lo concedo. Ma ora basta, dobbiamo... Madre mia!"
La radura era un brulicare di corvi neri. Gracchiavano e si muovevano l'uno sull'altro, sciamando sui resti di qualcosa senza forma. Non smisero di gridare neppure quando Geralt si lanciò in mezzo a loro agitando la spada; si sollevarono tutti assieme, volando via come uno spettro scuro.
Tra il verde sporco dell'erba e del guano, si vedevano i resti di carri rovesciati e sfondati, le ruote piegate, i telai squarciati dagli artigli degli uccelli.
Ranuncolo scese da cavallo e fece alcuni passi incerti, il cuore in gola e i polmoni stretti dal tanfo quasi insopportabile.
"Il tuo medaglione dice qualcosa?", chiese a voce bassa.
"No, tutto tranquillo", rispose Geralt afferrando l'amuleto che portava al collo, a forma di testa di lupo dalle fauci spalancate. Tutti gli strighi ne avevano uno simile: aveva la caratteristica di vibrare con forza quando si trovava vicino ad un mostro o a qualche magia.
Peccato che sia del tutto inutile contro comuni banditi, pensò Ranuncolo.
"Guarda quel carro"
"Sembra che qualcosa l'abbia trapassato da parte a parte..."
"Un incidente?"
"Non credo..."
"Una ballista? Non è possibile, non qui! Geralt, ancora niente dal tuo medaglione?"
"Niente, tranquillo."
"Non voglio trovarmi davanti alle cose che han fatto questo!"
"Pensi che siano più di una?"
"Stai scherzando? Hai visto che macello?".
Ranuncolo si spostò dall'altra parte del carro.
"Geralt, vieni a vedere."
"Che c'è?"
"Guarda quel simbolo, quello sull'asse anteriore."
"Due linee parallele, gialla e rossa, che si piegano ad angolo retto su uno sfondo nero. Lo stemma dell'Aedirn."
"Esatto! Questo era un carico importante, Geralt: re Demavend manderà qualcuno a investigare, vorrà sapere cos'è successo! Arriveranno un sacco di guai da queste parti..."
"Sei sicuro?"
"Così come son sicuro che il sole d'estate ti scotta le spalle! Siamo vicini a una zona di confine, sai quanto poco impiegano a montare un incidente diplomatico? Oppure non sarà che un altro pretesto per dare la caccia ai non umani!".
Geralt annuì, guardò ancora con attenzione i resti del carro e poi si piegò in avanti a raccogliere qualcosa.
"Cos'è?"
"Una boccetta di vetro. Ha ancora il tappo al suo posto."
Geralt la stappò e quasi subito si diffuse nell'aria un profumo delicato di verbena, immediatamente soffocato dalla puzza del guano. Era buona la verbena, ma di certo non come il lillà e l'uva spina.
"Profumo?"
"Già... Forse viaggiava anche una donna con loro."
Lui affidò la boccetta alle mani di Ranuncolo che la ripose in una tasca e poi cominciò a cercare per terra, tra la sporcizia. I segni lasciati dagli uccelli si sovrapponevano alla miriade di tracce che correvano ovunque lungo la radura, interrotte a volte dai solchi lasciati dalle ruote dei carri. Geralt disperò di poter trovare qualcosa di utile.
Ranuncolo si allontanò, trovò le carcasse dei cavalli, qualche arma spezzata, niente corpi. Si piegò per terra, passò una mano tra l'erba trovando degli strani granuli scuri. Ne prese uno tra le dita, lo spezzò e se lo avvicinò al naso. "Pepe?"
"Sì", rispose Geralt. "Ne è pieno, dai un'occhiata attorno."
"Pepe... Era questo il carico importante?"
"Chissà. I tuoi re sono pronti a tutto per scatenare un incidente diplomatico."
"Hai un'idea molto scarsa di loro. Purtroppo su alcune cose mi trovi d'accordo. Abbiamo trovato i carri, i cavalli, parte del carico... dove sono le persone?"
"Sono tutti qua."
Ranuncolo raggiunse rapidamente lo strigo che stava in piedi davanti a una piccola altura, la terra scavata da poco. In cima era stata posta una lastra di pietra in verticale a fare le funzioni di una lapide.
Il bardo guardò il suo compagno: aveva lo sguardo assente, quei suoi strani occhi sembravano lontani, come se stessero guardando un'altra altura, con altri morti. La collina di Sodden, forse, dove tredici maghi avevano perso la vita per difendere la libertà dei Regni Settentrionali? Lui sapeva che Geralt era andato su quelle tombe, a rendere i suoi omaggi, il suo ultimo saluto. Oppure un diverso tipo di collina, una costruita nella propria testa con ogni vita che aveva spezzato nella sua esistenza?
Durò solo un istante: Geralt si riscosse e tornò sul cavallo.
"Dove vai?"
"Monta su, Ranuncolo, andiamo a Passafiume."
"Ma questa gente, quello che è successo qui..."
"La nostra destinazione non cambia: qualcuno ha seppellito quei corpi, e non c'è altro paese nei dintorni se non quello a cui siamo già diretti. Andiamo a prendere informazioni."
"Perché tutta questa fretta?"
"Finalmente potrei trovare un lavoro come si deve." Lo disse senza sorridere, senza orgoglio nella propria voce.
Spronarono le cavalcature e si allontanarono rapidamente, mentre i corvi calavano di nuovo sui resti del disastro. Verso sera giunsero finalmente in vista di Passafiume: gli alberi si aprirono un poco davanti a loro rivelando una ripida discesa che scendeva fino al cancello della palizzata che proteggeva il paese. Le case sorgevano strette lungo il corso del fiume Dyfne, lasciando solo qualche spazio angusto tra una e l’altra. Geralt sentì nascere un vago senso di aspettativa nel vedere alcuni uomini fare la guardia sopra la palizzata, ben illuminata da una serie di torce. Allargò le pupille catturando ogni raggio di luce: contò quattro persone armate di forconi, due di archi. Tutte quante portavano un corno appeso al fianco.
Geralt fece un cenno a Ranuncolo ed entrambi si avviarono a passo lento lungo la discesa.
  
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