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Autore: Itsamess    14/03/2013    2 recensioni
STORIA DA REVISIONARE
A novembre, nonostante fossero stati dichiarati illegali da Brittany, numerosi tornado colpirono il Midwest, devastando tutto ciò che incontravano sul proprio cammino.
La maggior parte della popolazione decise di andare il più lontano possibile, nella speranza che il nero uragano non li seguisse.
Altri rimasero - li chiamavano I Sotterranei: furono creati dei rifugi - stretti cunicoli che si snodavano al di sotto della città, ora segretamente dilaniata - perchè potessero trovare un riparo.
Perchè era tutto ciò che desideravano:
salvarsi.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Jessie St. James, Rachel Berry, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Jessie/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Sei tornata. Se fossi un essere meschino e senza cuore ti direi che questo mi è assolutamente indifferente, non amandoti, e che addirittura senza di te io abbia dormito molto meglio, perchè non avevo nessuno abbracciato a me. Tuttavia ti ho scritto una lettera terribilmente romantica che mi smaschererebbe all'istante, quindi è inutile fingere che non sia felice di vederti qui, Rach»
Lei brontolò qualcosa tipo "ma lo sai che ore sono?" e nascose la testa sotto al cuscino, comprendendo finalmente perchè Finn avesse sempre quell'aria stanca.
Non lo lascia dormire
Jesse scosse la testa e estrasse il quadernetto dalla borsa, che aveva legato come meglio poteva alla scaletta di metallo che congiungeva il suo letto a quello del compagno di stanza.
Con un sospiro lo aprì ad una delle poche pagine rimaste bianche e affilò la punta del carboncino, deciso a non desistere di fronte alla sua scarsa abilità artistica.
Per quanto mi ostini a ritrarla al meglio delle mie possibilità, dovrei arrendermi all'evidenza ed accettare il fatto che non so disegnare, nè mai imparerò.
Non possiedo la pazienza necessaria a fissare una persona per ore per poi abbozzarne appena l'ovale del viso, nè la precisione nel dipingerne realisticamente i lineamenti.
E anche qualora diventassi il miglior artista sulla faccia della Terra, non riuscirò mai a rappresentare il timido sorriso che si può scorgere sulle sue labbra senza congratularmi con me stesso per essere la causa di quel sorriso.
O Rach.
Stai sorridendo.

Dopo pochi minuti, con visibile soddisfazione, stava già mostrando il ritratto ad una Rachel ancora addormentata «Il mio ultimo capolavoro!»
Lei si stropicciò gli occhi e lo osservò meglio.
Niente da fare, era sempre uno dei disegni più brutti che avesse mai visto, peggio del maiale-clown attaccato al frigorifero di Shelby.
«E' carino» mentì «E poi ci sei anche tu»
Per una volta la ragazza ritratta non era addormentata.
Giaceva su un fianco, appena coperta da un lenzuolo evidentemente troppo corto, e i suoi capelli, disordinatamente sciolti sul cuscino, erano accarezzati dolcemente dal ragazzo disteso accanto a lei.
«E' il mio preferito» ammise Jesse «E non perchè l'innaturale bellezza del soggetto maschile - come certamente stai pensando - ma perchè credo che sia così che dovrebbe essere. Io e te. Insieme, nei ritratti, nelle mie tabelle, nella realtà»
Rachel non si fermò nemmeno a riflettere sul significato di quelle parole: erano state pronunciate con il tono più dolce che aveva sentito da quando era entrata nel rifugio, simile a quello che un tempo usava Finn, poco prima di baciarla, o Hiram, sussurrandole "buonanotte" mentre le porgeva la tisana alle erbe.
Era da così tanto tempo che non percepiva più amore intorno a sè - come se sottoterra non potesse sopravvivere - che rispose semplicemente «E' così che dovrebbe essere» poco prima di riaddormentarsi.


E' un gatto meraviglioso.
Bianchissimo, ha un occhio blu e uno viola, e mi viene subito in mente, senza una ragione precisa, una battuta di Fanny Girl che Rachel ripeteva sempre, alle cene di famiglia o quando usciva con un ragazzo nuovo, perchè era convinta che fosse divertentissima e che in ogni caso Barbra Streisand dovesse essere citata almeno un paio di volte al giorno.
Fanny si trova in una sala molto elegante, con tende di velluto alle finestre, fiori di mille colori e una tavola imbandita proprio al centro della stanza.
E' stato Nick Arnestein - il suo grande amore - ad invitarla lì, nella speranza di riconquistarla.
L'uomo entra nel salone, ammira soddisfatto l'arredamento e le fa i complimenti per lo splendido abito lilla che indossa «E' intonato al colore dei tuoi occhi»
E lei ribatte, gelida «Solo con uno di loro, con l'altro fa a pugni»
Sorrido.
Forse Rachel ha ragione, è una storia divertente.
«Si chiama Schwimmer»
Ci metto qualche istante a realizzare che sta parlando del gatto, in parte perchè mi ero completamente dimenticato dell'animale sulle mie ginocchia, in parte perchè Schwimmer non è proprio un nome adatto ad un animale domestico.
«Bel nome»
«Lo so» replica lei sorridendo e sedendosi sullo sgabello accanto al mio «ci ho messo settimane a trovarlo. E intanto che pensavo al nome da dargli lo chiamavo semplicemente "gatto", come...»
«...Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany» concludo io.
Cassandra - è questo il suo nome, forse ancora peggio che chiamarsi Schwimmer - ha una voce cristallina, un'ottima pronuncia del tedesco e uno sguardo penetrante e altero, forse persino arrogante.
Mi racconta di essere entrata qui da almeno un paio di mesi ma non aver fatto amicizia con quasi nessuno, ad eccezione di Jesse; mi descrive il tramonto a New York che "a Manhattan arriva almeno un'ora prima perchè il sole scompare subito dietro ai grattacieli"; mi parla di tabelle e ricerche e schedari; si lamenta della poesia vittoriana e di un certo Benjamin che l'ha abbandonata solo per fare la scimmia volante in Wicked.
«E tu invece? Aspirante meccanico?» domanda indicando la vecchia radio che sto tentando di riparare da ore.
«NO, no.E' mio fratello il vero esperto di motori, quindi...»
Lei mi rivolge uno sguardo interrogativo, così aggiungo «Finn, non so se lo conosci... alto, goffo»
«Ah, sì! Il ragazzo con gli occhi tristi»
Cassandra non pronuncia queste parole con cattiveria, ma con malinconia, dando per scontato io conosca le cause dell'infelicità di mio fratello, ma non posso risponderle nulla.
Finn non aveva quasi mai lo sguardo triste.
Inespressivo, il più delle volte, al massimo malinconico, ma non avevo mai scorto nei suoi occhi qualcosa di simile al dolore, nemmeno quando aveva scoperto che suo padre non era un eroe di guerra o una delle mille volte in cui aveva lasciato Rachel.
Era sempre stato un tipo taciturno, sicuramente poco incline ad aprirsi con me, quindi quando avevamo smesso di rivolgerci la parola, una volta entrati nel rifugio, non me ne ero nemmeno accorto.
Ci incontravamo di sfuggita al glee e ci salutavamo con un cenno della testa, perfettamente consapevoli che ormai le nostre vite erano tanto distanti - noi eravami tanto distanti - che qualsiasi tentativo di avvicinarle sarebbe stato inutile e doloroso.
«E' per questo che sto riparando la radio» le dico velocemente «E' il mio unico contatto con il mondo esterno, l'unica cosa che mi ricordi che c'è un mondo, là fuori. Tutti ormai sembrano aver dimenticato che ci troviamo sotto terra, a loro sembra perfettamente normale che i pasti siano razionati e la luce si spenga automaticamente alle dieci e mezza. Si sono arresi»
Cassandra inarca il sopracciglio sinistro e mi chiede cos'altro potremmo fare, se non rimanere qui ad aspettare che il Midwest sia dichiarato fuori pericolo.
«Ti sei arresa anche tu» mormoro, leggermente deluso
«Chi si è arreso?! Io no di certo!» esclama Blaine Anderson alle mie spalle.
Si vede che le sue frequentazioni con Jesse St James l'hanno irreparabilmente rovinato: non solo ha preso il suo brutto vizio di interrompere le conversazioni altrui, ma è anche convinto che tali conversazioni girino tutte intorno a lui.
«ArresA, Blaine, arresA! Sto parlando con CassandrA, non sei sempre al centro dei miei pensieri» sbotto «Ma tutto sommato questo discorso ti si addice perfettamente, quindi siediti... Le stavo giusto raccontando di come tutti quanti si siano arresi all'evidenza e abbiano smesso di lottare di fronte a qualcosa su cui chiaramente non hanno alcun potere. Ma, tu, Blaine, sei quella che si potrebbe definire "l'eccezione che conferma la regola": non vuoi accettare il fatto che Jesse sia etero e che non potrà mai amarti. E non importa se è innamorato di Rachel e dorme con lei tutte le notti, no. Tu sei convinto che tornerà da te. Questa, Cassandra, è pura ostinazione»
Mi accorgo troppo tardi di aver superato il limite, solo quando intravedo delle lacrime negli occhi color nocciola di Blaine, un attimo prima che lui corra via.
Perfetto.
Ho ferito l'unica persona qui dentro che non lo meritava.
Lo rincorro per tutto il corridoio - è veloce per avere le gambe così corte - fino al suo dormitorio, quello che condivide con Sam.
«Blaine, ti prego fermati» boccheggio
«Per forza, Kurt» esclama esasperato «E' un vicolo cieco»
E abbracciarlo - chidergli perdono senza nemmeno parlare - è tutto quello che mi viene in mente quel momento.


Fu solo quando si ritrovarono coperti di piume e bradelli di stoffa di bassa qualità che Jesse e Rachel si resero conto di aver esagerato.
La battaglia con i cuscini era stata faticosa e divertente, anche se impari, dato che lei aveva rubato un paio di cuscini in più da un dormitorio dimenticato aperto.
«Basta, mi arrendo» implorò Jesse dopo l'ennesimo colpo, agitando la fodera di un guanciale ormai inutilizzabile come se fosse una bandiera bianca.
«Guarda che disastro abbiamo fatto! Questa stanza sembra un pollaio!»
Jesse ci mise qualche secondo a comprendere il significato di quella frase, sorrise e aggiunse «E stanotte io e Finn ci dovremo accontentare di questo morbidissimo materasso...»
Lei scosse violentemente la testa, dicendogli che
lui avrebbe dormito sul duro materasso, ma Finn avrebbe usato il suo cuscino, perchè in fondo non era giusto che stesse scomodo tutta la notte per colpa loro. Così, senza accettare obiezioni, andò a prendere il suo guanciale nel suo dormitorio, mentre Jesse si diresse in mensa per dare la buonanotte a Cassandra, come tutte le sere.

«Grazie» mormorò Finn un po' sorpreso «Non ce n'era bisogno»
«Sì invece. Una volta mi hai detto che fai sempre dei sogni orribili quando dormi senza cuscino, hai accennato ad un postino, mi pare...»
«Te lo ricordi ancora?»
La voce di Finn tremava appena, mentre quella di Rachel era fredda e distaccata quando gli rispose che non aveva dimenticato nulla della loro storia, nè i bicchieri da aereoplano del loro primo appuntamento nè le vesti clericali che avevano indossato per il duetto di "With you I'm born again".
Lui provò a dire qualcosa, ma fu Rachel a precederlo «E' tutta colpa tua, lo sai? Non avresti mai dovuto lasciarmi partire. Sì, quel giorno in stazione, quando mi dicesti che dovevo arrendermi, che mi amavi e che lo facevi per me. Se non fossi partita per New York sarei tornata a Lima in tempo per dire addio ai miei genitori, non con l'ultimo treno che ancora percorreva la tratta NY-Columbus, prima che l'intera zona fosse dichiarata off limits a causa dei tornado. Ero sola, Finn. Sola nell'officina del padre di Kurt - casa mia era già crollata da giorni - senza sapere se i miei papà erano ancora vivi. Ma non ricordo nient'altro di quella notte, perchè un nuovo uragano giunse con più forza del precedente e abbattè sulla vecchia chiesa, il bowling sull'autostrada - sì, quello in cui ci siamo baciati per la seconda volta - e un paio di edifici. Mi cadde addosso lo scaffale dove il signor Hummel tiene gli attrezzi, credo, e mi risvegliai qui, nel rifugio. Sempre sola, sotto l'inspiegabile custodia del mio professore di spagnolo, senza molti motivi per cui essere felice e cantare canzoni. Tutto perchè ho seguito il tuo consiglio, mi sono arresa e sono salita su quel maledetto treno»
Finn rimase immobile mentre lei gli elancava i mille motivi per cui era sua la colpa se la sua vita si fosse irreparabilmente spezzata - sì, fu proprio questa la parola che usò, come settimane prima l'aveva usata Jesse - senza trovare la forza nè di reagire, nè di andarsene.
Così quando Kurt venne a domandargli una mano a riparare la vecchia radio, non si lasciò fuggire l'occasione di allontanarsi e uscì dalla camera, sollevato.





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La consapevolezza dei propri limiti è forse la più importante lezione che mi ha insegnato Elphaba, insieme alla nobilitazione del verde scuro sulla pelle. Quindi io sono consapevole di essere in ritardo (più del solito) e vi chiedo perdono.
Note casuali
*amo le scimmie volanti, amo benjamin e il listerine
*amo "with you I'm born again", nonostante tutto
*Questo è un mini spoiler: il prossimo capitolo sarà Klaine, credo, e St July.
Baci grandissimi
  
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