Ogni cosa che nasce, prima o deve morire. Unia guardò ciò che doveva essere stata la sua casa da viva, uno degli ultimi avamposti umani della zona, di quello straccio di terra di cui non ricordava il nome. Bruciavano i resti, poichè perfino per loro era insopportabile la vista e il fetore. Qualche cane si litigava un osso. Attorno al grande fuoco alcuni di loro stavano a guardare, con le fiamme negli occhi. Kor la fece camminare fino al fuoco "Adesso sei mia" disse, ma Unia non lo ascoltò.
Non capiva, non voleva capire. Tra il puzzo di morto, di sangue e ruggine, sentiva qualche traccia ancora fresca di membra umane, che le faceva tornare la fame. L'aveva fiutata come una bestia, come un corvo che volteggia su una carcassa.
Kor provò a strattonarla, ma l'odore fu troppo forte. Perfino in quel delirio, nelle urla di chi stava morendo e di chi era già morto, l'odore del cibo era troppo forte per resistergli.
Troppo giovane lei per resistere. Perchè anche Kor lo sentiva, ma riusciva a placare quella voce che lo richiamava dal baratro ora che doveva attestare al mondo e a se stesso che la foto si era materializzata, che ciò che aveva da sempre cercato l'aveva accanto, sporca di sangue, ma accanto.
Non in altro modo avrebbe potuto averla, chiunque ella fosse.
Unia si dimenò. Quel gesto colse di sorpresa Kor, tanto da allentare la presa alla corda. Era la sua unica occasione.
Unia lo spinse a terra e cominciò a correre verso il dolce odore di pane e burro, di ossa e sangue.