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Autore: oceaneyes    14/03/2013    70 recensioni
La mia infanzia è stata terribile,gli altri bambini non facevano altro che offendermi per il mio aspetto.Ma ora qualcosa è cambiato.Io sono cambiata,ora sono perfetta.Il mio cuore è di ghiaccio,la droga è il mio pane quotidiano,o almeno il suo commercio.Il suo arrivo,però,ha cambiato la mia vita.Lui,la sua voce,i suo occhi,il suo sorriso,hanno sciolto il ghiaccio del mio cuore,cambiandomi.Niall.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: Lemon | Avvertimenti: Bondage
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Mamma mi scaricò davanti a scuola, abbandonandomi al mio destino. Stava per iniziare un’altra giornata infernale.
Mi guardai attorno spaventata, benché conoscessi quel posto a memoria. Le mura della scuola si stagliavano alte, oscurando il sole, quasi volessero sfiorare il cielo. Piante rampicanti appassite salivano aggredendo i muri, resi grigi dalle intemperie. Umidi muschi verdognoli decoravano le tapparelle alle finestre. Gruppi di bambini giocavano sullo scivolo, turnandosi e scendendo urlando, spensierati.
Mi avviai verso la  mia aula, pronta per l’inizio del calvario.

«Guarda un po’ chi c’è, come stai Clair? Bene? Oh, ma guarda, che abbiamo qui? Dove hai comprato questi vestiti? Al mercatino delle pulci?»

La voce di Lindsey, acuta e snervante, mi colpì in pieno come un sasso.

«Non iniziare anche oggi, per favore. »

 «Nervosette sta mattina eh? Prova a mangiare un po’ più di cioccolata, fa bene sai? Anzi no, non farlo, sei già abbastanza grassa.»

Si mise a ridere e se ne andò, lasciandomi ferita come dopo ogni nostra conversazione.
Una sberla colpì violenta la mia nuca, ma ormai neanche quelle mi scalfivano più, ormai ero abituata: le offese, le sberle, i pugni erano pane quotidiano a questa scuola. Solo per me. Forse sono io sbagliata, forse è vero ciò che dicono, forse dovrei uccidermi, farei tutti più contenti.

 «Sfigata muoviti che arrivi tardi. Corri, se ci riesci con quelle gambe ciccione e quel culo lardoso.»

La solita gentilezza di Devis mi ferì, proprio al centro del petto, come se mi avessero appena accoltellata.

 «S-si arrivo s-subito.»

La tristezza mi face balbettare.
Corsi per arrivare in orario, ma non ci riuscii. I miei compagni erano già tutti seduti e la maestra stava già scrivendo alla lavagna.
Ero in piedi, davanti a tutti. Iniziarono le risate generali e cori da stadio contro di me.

 «Vieni a sederti qui, c’è una sedia libera. Oh, no aspetta non basta una sedia per il tuo culo.»

 «Maestra? Da quando la scuola ammette le balene arenate? Dove siamo qui? Allo zoo?»

 «Presto ragazzi, nascondete le merende o ve le prenderà tutte e se le mangerà.»

 «Lasciatela stare, non maltrattate le donne incinte.»

Ogni loro offesa mi faceva ribollire il sangue, sentivo gli occhi bruciare per trattenere le lacrime, ma non avrei pianto davanti a loro. Non gli avrei mai dato la soddisfazione di vedermi in un momento di debolezza.

 «ANDATE A FARVI FOTTERE,VI ODIO TUTTI!»

Le risate cessarono di colpo, mi fissarono tutti sbigottiti, la maestra si era fermata e mi guardava con fare severo. Lei era di parte, si era accorta di me solo dopo il mio sfogo, ma quando mi prendevano in giro no, vero? Brutta zoccola.
Mi voltai e mi misi a correre, ora le lacrime rigavano le mie guance, scendendo calde e veloci, fino a bagnarmi i vestiti.
Odiavo loro, odiavo i miei, odiavo tutti. Saltai i gradini della scuola e mi infilai nel boschetto sul retro, continuando a correre.
I rovi mi graffiavano braccia e gambe, ma non mi importava del dolore, ormai ero abituata. Ogni passo, ogni graffio alimentava la mia ira, tra le lacrime giurai una lenta vendetta, contro tutti coloro che mi trattavano male.
                                           
 
 
Mi svegliai di scatto, madida di sudore. Ero nel mio letto, tra le lenzuola stropicciate.
Iniziai a ridere: era solo uno dei miei soliti incubi sulla mia violenta infanzia. La sveglia era suonata per una nuova giornata, ed io ero pronta ad andare a scuola.
Qualcosa era cambiato. La mia risata cupa risuonò per la stanza, mentre mi posizionai davanti allo specchio per vestirmi.
Io ero cambiata. Ero alta magra, con la pelle chiara. I capelli lisci e scuri che ricadevano più giù delle spalle facevano da contorno al mio visetto, illuminato da occhi verde acceso. Contemplai le mie forme davanti allo specchio: il seno prosperoso faceva da contrasto al mio ventre piatto, i miei fianchi sottili stonavano con i fianchi rotondi di qualche anno fa. Amavo me stessa. Ero praticamente perfetta, e lo pensavano tutti a scuola.
Risi al pensiero di quelli sfigati che ora mi invidiavano o mi facevano la corte. Patetici.
Finii di vestirmi e di lavarmi, giusto in tempo per sentire il telefono vibrare per un messaggio:  “Ciao pupa, sono qui fuori, fai i complimenti alla mamma, dalla finestra ho visto tutto, esci che ti porto a scuola. X Austin.”
Mi affacciai alla finestra a salutare il mio ragazzo, presi lo zaino e scesi.

 «Ciao bellissima.»

 «Ciao drogato.»

 «Mi fai impazzire quando fai la stronza.»

 «Buon per te allora, io sono sempre stronza.»

 «Ooh lo so amore, lo so.»

Andammo a scuola insieme, come ogni mattina, da bravi fidanzatini, anche se bravi non lo siamo affatto.
Al nostro passaggio la folla si apriva, come Mosè con le acque, noi eravamo i padroni. Tutti ci rispettavano, avevano paura di noi. E come non averla? Conoscendoci.
Effettivamente anche io ero un po’spaventata da noi. Non siamo esattamente persone normali.
Lui è uno spacciatore, il più famoso spacciatore di questa città, gestisce il giro d’affari più grande e influente.
E io, oltre ad essere la sua ragazza e a meritare rispetto solo per questo, sono la reginetta della scuola, da ben tre anni, ossia ho vinto tutte le volte che ho partecipato.
Tutti mi invidiano, vorrebbero essere me, ma allo stesso tempo tutti sono intimoriti dal mio comportamento. Sono terribile, lo ammetto.
Austin si fermò nel parcheggio della scuola, aprendomi la portiera come un vero gentleman. Ma non lo era. Gli sorrisi.
Mi prese la borsa e mi mise un braccio attorno alle spalle. Mi voltai a guardarlo e i suoi occhi verdi si fissarono nei miei, era..bello. Abbronzato, con corti capelli castani, in contrasto con gli occhi chiari. Un sorriso da ebete comparve sul suo viso.

 «Sono bello?»

 «Neanche un po’.»

Si mise a ridere.

 «Tu invece si, tanto, troppo.»

Mi mise una mano sul sedere, stringendolo.

 «Ooh lo so amore, lo so.»
  
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