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Autore: SweetTaiga    14/03/2013    7 recensioni
"Ma se l’Amore che dice è una stretta al petto dovuta alla sua mancanza, un colpo al cuore ogni volta che mio padre rievoca con disgusto il suo nome, un sorriso ogniqualvolta mi addormento pensando a lei, allora ha ragione.
Forse i Malfoy non provano amore, ma Draco si."
Quando l'Amore trionfa, l'Odio cerca il modo di ostacolarlo. Sempre.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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39. Solo per lei
Damien Rice, The Blower’s daughter





And so it is just like you said it would be.
(Ed è così, proprio come hai detto che sarebbe stato.)


«Chi le ha fatto questo? », domanda sottovoce Pansy, avvicinandosi lentamente.
« Chi diavolo le ha fatto questo? », le fa eco Daphne, urlando invano contro il cielo.
Un ragazzino smilzo, con gli occhi sbarrati per il terrore, alza la mano tremante verso un Mangiamorte con la barba rosso fuoco, intento a schiantare l’ennesimo studente. Lo sguardo di Daphne diventa di fuoco in un lampo: non facciamo in tempo a memorizzare quel volto che è già sfigurato dalla Cruciatus.
Pochi secondi di urla, poi di nuovo il silenzio di una battaglia ormai giunta alla fine.
Ci accasciamo senza forza attorno al corpo di Astoria.
« Blaise… » Daphne, chiamandomi con voce roca, mi porge lentamente la busta ed io, obbediente, la apro.
Dicono che le scuse non bastano mai, che serve ben altro.
Eppure, guardando il suo corpo inerme e il volto stravolto dal dolore di Daphne, capisco che l’abbiamo già perdonata. Tempo fa, quando per la prima volta ci siamo guardati negli occhi con coraggio ed abbiamo ammesso che la colpa era solo nostra.
Di Draco, per non aver creduto alla sua migliore amica.
Di Daphne, per non aver combattuto abbastanza.
Di Theodore, per aver taciuto.
E mia, per non esser stato abbastanza forte.
“Se in questa battaglia dovessi pagare con la mia stessa vita gli errori commessi in passato, sappiate che non proverò rimorsi, poiché so che voi vi siete perdonati. Che siete insieme. Nonostante tutto, nonostante me.
Ho seguito i vostri passi nell’ombra.
So che siete felici, e so che lo sarete. Perché voi, al contrario di me, lo meritate.
Vi prego di ricordarmi come la ragazzina che vi girava in torno in cerca di attenzioni, non come il mostro che l’invidia e l’avidità hanno plasmato.
Mia adorata sorella, è proprio come avevi detto tu: l’amore è l’unica salvezza. Avrei voluto capirlo prima.”

Una lacrima solitaria scorre sulla mia guancia a tali parole.
Guardiamo per un’ultima volta quel volto senza vita, riconoscendolo finalmente come la bambina che conoscevamo così bene.
« Non ti perdonerò mai… per avermi lasciata da sola », sussurra Daphne. Ma nei suoi occhi vi è solo un’immensa, sofferente tenerezza.



Life goes easy on my, most of the time.
(La vita è facile per me, la maggior parte del tempo.)



Mi piacerebbe tornare a quei giorni spensierati in cui infastidire il Trio era il mio unico problema, seguire le orme di mio padre il mio unico sogno e deludere mia madre la mia unica paura.
A quel tempo la vita era così semplice! Trascorrevo il mio tempo a ridere dei problemi altrui, ignorando le vere difficoltà che mi circondavano. Ora, invece, percepisco con snervante nitidezza il peso di mille responsabilità.
Il me stesso di allora avrebbe scrollato le spalle, lasciandole cadere sul dorso di qualcun altro. Il me stesso di adesso, invece, sa già cosa deve fare.
Stringo al petto la Giratempo e capisco di dovermi sbrigare: il tempo necessario a preparare la pozione è troppo, e quello a mia disposizione troppo poco.
Afferro un vecchio mantello logoro dal balcone di una vecchia strega e corro via, sperando di trovare in fretta un passaggio per raggiungere Hogwarts velocemente.
Ho gli ingredienti, ho la Giratempo. Devo solo recuperare il Libro Bianco nell’ufficio di Silente.
Il mio inaspettato miracolo personale arriva ricoperto di polvere magica e scherzi – a mio parere - più pericolosi che divertenti: il camioncino dei fratelli Weasley, stracolmo di leccornie per avere un mal di pancia istantaneo e piume che spruzzavano inchiostro indelebile, mi passa davanti con lentezza irreale, come se mi stesse dicendo “Sali! Sali!”.
Ed io salgo.
Mi nascondo per bene tra uno scatolo di dolcetti al peperoncino ed uno di Pasticche Vomitose, buttandomi sulla testa un mantello arcobaleno di cui non conosco – e non voglio conoscere – l’utilità.
So per certo che il camioncino sia diretto ad Hogwarts quando uno dei fattorini esclama: “Sai che anche gli inventori di questi giocattoli hanno frequentato Hogwarts? Credo sia per questo che lì gli affari vanno così bene. Chissà se riusciremo di nuovo ad imbrogliare sui prezzi i ragazzini del primo. Che babbei!”
“Certo che sì! Come possono sapere che abbiamo cambiato tutti i prezzi?!”, risponde l’altro. “Per fortuna in questo periodo i Weasley sono così impegnati da non poter portare questi scherzetti personalmente. Così possiamo guadagnare un po’ di più senza dover pulire il pavimento del negozio!”
Provo quasi pena per questi due ragazzi.
I Weasley si accorgonosempre di tutto.



And so it is the shorter story: no love no glory, no hero in her sky.
(Ed è così la storia più corta: niente amore né gloria, nessun eroe nel suo cielo.)



Ci fiondiamo senza ritegno nell’ufficio della preside, trovandola col volto tra le mani rugose.
« Potter, Weasley », sussurra con voce stanca.
Lentamente la vediamo alzare lo sguardo su di noi; nei suoi occhi non c’è ombra del solito bagliore. Sono spenti, quasi vuoti. I suoi capelli,solitamente raccolti in maniera maniacalmente ordinata, sono ora sconvolti. Sulle sue guance, le rughe sembrano essersi moltiplicate.
Le sopracciglia, contratte, creano un profondo solco sulla sua fronte.
« Mi aspettavo una vostra visita. Sedete »
Restiamo immobili nelle nostre posizioni; Ron, alle mie spalle, è ancora per metà fuori dalla stanza.
Scuoto la testa. Per la prima volta mi trovo a contraddire la McGranitt.
Lei non si scompone particolarmente e, come se la nostra presenza in quella stanza fosse normale, cammina con passi silenziosi lungo l’ufficio. Poi si ferma, per un attimo incerta, e rivolge uno sguardo al ritratto di Silente.
Solo in quel momento notiamo che sulla poltrona vuota è appeso un biglietto; riconosco subito la scrittura sottile e obliqua di Silente e, con il cuore in gola, mi avvicino per leggere.

“L’aiuto richiesto è stato concesso; ora il tempo è nelle mani di chi ha la forza di domarlo.
Tutti gli altri dovranno aspettare.”

Girandomi incontro gli occhi di Ron, e posso leggervi all’interno la mia stessa frustrazione. Enigmi, ancora enigmi.
« Perché nessuno ci dice mai apertamente cosa succede? »,  borbotta infatti a labbra strette.
La McGranitt sembra darci il tempo per assimilare lo stupore, poi avanza verso di noi.
« Non potete fare niente »
« Cosa? », chiediamo all’unisono.
« Siete qui per la signorina Granger, immagino. Ma non potete fare nulla per lei. Il suo Destino è in mano di altre mani, al momento »
La calma apparente che aveva regnato nella stanza fino a quel momento viene infranta dall’urlo di Ron.
Mi volto e lo vedo impugnare la bacchetta.
« La smetta di cambiare argomento! Se sa perché siamo qui, perché non ci dice dov’è Hermione? Il tempo passa e ogni secondo la sento sempre più lontana! Se non ci muoviamo, sarà… »
« Troppo tardi. Esatto »
Il volto di Ron sbianca in un lampo. La voce di Silente, alle mie spalle, sembra congelarci il sangue nelle vene.
« Albus… », sussurra la McGranitt. Percepisco una nota di sollievo nella sua voce. « Buone nuove? »
Ancora una volta la professoressa viene interrotta da Ron. « Cosa vuol dire “esatto”? Dov’è Hermione? »
« La pazienza è una virtù, signor Weasley »
« Non si prenda gioco di me! Abbiamo sopportato indovinelli ed enigmi per tutti questi anni. Mai una volta che qualcuno abbia detto chiaramente cosa voleva che facessimo o cosa stesse succedendo. Mi andava anche  bene, ma adesso no! Adesso Hermione è in pericolo ed ha bisogno di noi, non c’è tempo per la suspance ».
Ancora fermo al mio posto, sento scorrere nelle vene la stessa rabbia di Ron.
Ma è una rabbia lieve, pacata, controllata.
La mia non è una rabbia che esplode.
Continuo a fissare a tratti prima Ron, poi la McGranitt, poi Silente.
Una tristezza infinita e una nuova consapevolezza prendono il posto della rabbia; un nuovo dolore.
« Non saremo noi a salvarla. Non questa volta »
Lascio andare le mie mani, fino a quel momento strette in pugni serrati.
Poi alzo lo sguardo su di Ron.  Ma ciò non vuol dire che non le staremo accanto ».
Corro fuori dalla porta trascinando Ron con me, incurante della voce della McGranitt che urla il mio nome.
« Cercavano solo di prendere tempo », grido verso Ron.
« Non so cosa sta succedendo, ma se loro non vogliono dircelo lo scopriremo da soli ».
Al mio fianco, Ron annuisce. La sua rabbia diventa determinazione.
 « Parlavi di Malfoy? »
Mentre rispondo, rallento impercettibilmente il passo.
« Sì », ammetto. « Se noi non dovessimo arrivare in tempo, lui la salverà ».
« E dove andiamo? »
« A Malfoy Manor, ovviamente »



I can’t take my eyes off you…
(Non posso smettere di guardarti…)



Sento il camioncino fermarsi; cerco di scendere nel modo più silenzioso possibile; ci troviamo ancora fuori dai confini del castello, probabilmente a causa degli incantesimi di difesa.
Aspetto nell’ombra che i due ragazzi abbiamo finito di svuotare il furgoncino, raccogliendo tutto il materiale in una pila più o meno traballante. Dopo aver recitato un paio di scarsi incantesimi per nasconderli ad occhi indiscreti, si fermano compiaciuti ad osservare il castello.
«Ricordi gli anni della scuola?», domanda uno dei due.
«No»
Il primo che ha parlato ride. «Bugiardo»
«Ti manca?», aggiunge, dopo qualche secondo di silenzio.
«Torniamo, s’è fatto tardi…»
Lo vedo avvicinarsi al camioncino; prima di aprire la portiera, però, si volta di nuovo verso il luogo che tutti noi, almeno una volta, abbiamo chiamato casa.
«Mi chiedo se a quei tempi abbiamo fatto davvero tutto ciò che era in nostro potere», sussurra d’un tratto,più a se stesso che al collega.
«Che cosa intendi?»
Il ragazzo alza le spalle.
«Magari avremmo potuto essere migliori. Fare grandi cose. Aprire un negozio di scherzi, invece di fare i fattorini»
L’altro scoppia in una risata. «Le merendine dei Weasley ti hanno fatto un brutto effetto! Andiamo, dai, prima che qualcuno noti la nostra presenza»
Prima di salire sul camioncino, però, passa accanto all’amico; lo guarda negli occhi e con leggerezza gli da una pacca sulla spalla,come a dire “siamo qui, siamo noi, va tutto bene”.
Nell’ombra, sorrido.
Mentivo quando dicevo a me stesso che odiavo Hogwarts, che non vedevo l’ora di uscirne, di farmi una vita vera oltre quelle mura. Mentivo e ne ero pienamente consapevole. Ascoltando i discorsi di coloro che non possono più respirare l’odore di quelle aule, ascoltare i passi nei corridoi, guardare il Platano muoversi come se fosse impazzito, divento improvvisamente consapevole di ciò che non voglio perdere.
Il posto che così spesso mi son trovato a maledire, è lo stesso luogo che ora posso finalmente chiamare casa.
E quella casa non sarebbe la stessa senza Hermione.
Quante bugie ho urlato tra quelle pareti? Ho detto che la odiavo, che la disprezzavo, che non mi sarei mai avvicinato a lei. Invece adesso sono qui, a rischiare il mio nobile sangue per salvare il suo.
Mentivo.
E mentirei anche adesso, se dicessi che da solo ce l’avrei fatta ugualmente.
Lancio un ultimo sguardo a quei due strani ragazzi; aspetto che si allontanino con il loro furgoncino e poi inizio a cercare un modo per entrare nel castello.
Secondo i miei calcoli, la scuola dovrebbe ancora essere semivuota, salvo che qualche studente non sia rientrato prima dalle vacanze. Per fortuna, le mie flebili speranze vengono riaccese dopo un’ora di  tentativi andati in fumo: aguzzando la vista, noto una figura incappucciata che sta uscendo di soppiatto da una porta secondaria del castello; lo vedo guardarsi intorno e poi fare un cenno alle sue spalle.
In pochi secondi, quattro o cinque ragazzi che riconosco come grifondoro dell’ultimo anno si avvicinano al luogo in cui mi trovo. Uno di loro, quello che sembra più a suo agio, inizia a sussurrare una serie di incantesimi. In poco tempo, la pila di scherzi inizia a fluttuare nell’aria.
Ecco il mio passaggio per entrare nel castello!
M’infilo in fretta in un’enorme scatola contenente bizzarri pupazzi e, con pazienza, attendo la mia fermata.



Did I say that I lohate you? Did I say that I want leave it all behind?
(Ti ho detto che ti disprezzo? Ti ho detto che voglio lasciarmi tutto alle spalle?)



Capisco che siamo arrivati nel luogo prestabilito quando lo scatolo in cui mi sono nascosto viene lanciato malamente sul pavimento.
«Attento, idiota, altrimenti i Weasley ci uccidono! », sento sussurrare a pochi passi da me.
«Scusami…devo controllare se si è rotto qualcosa?», esclama una voce flebile e tremante.
«Lascia stare. Andiamocene, mi è sembrato di vedere Gazza nel corridoio vicino. Passeremo a prendere gli scherzi più tardi».
Tiro un sospiro di sollievo e ringrazio mentalmente il vecchio custode.
Non appena smetto di udire i passi dei ragazzi, decido che è arrivato il momento di recuperare quel maledetto Libro Bianco. Tentando di fare meno rumore possibile, attraverso i corridoi fino raggiungere le scale. I dipinti mi osservano passo dopo passo, e mi chiedo se ciò non sia contro le leggi della Giratempo.
Scuoto la testa e decido di rimandare le mie perplessità a un momento meno cruciale.
Riesco ad arrivare davanti all’ingresso dell’ufficio della Preside senza troppi intoppi, ma un problema ben più grande mi si innalza davanti agli occhi: la parola d’ordine.
Provo tutti gli accoppiamenti possibili, dalle caramelle più indigeste ai nomi più assurdi di animali fantastici e magari persino inesistenti; quando sto ormai per arrendermi all’ipotesi di far saltare in aria la statua con un incantesimo, sento dei passi avvicinarsi in fretta. Dal ticchettio frenetico e preciso sul pavimento, intuisco che si tratti della McGranitt. Percepisco poi dei passettipiù ovattati e imprecisi alle sue spalle. Mi affaccio leggermente oltre la statua e, trotterellante dietro la preside, vedo il professor Vitious.
« Attendi un attimo, Filius. Devo recuperare la pergamena con i nominativi dei nuovi studenti », afferma la professoressa.
In cuor mionon posso evitare digioire. E’ come se qualcuno avesse calcolato con precisione ogni mio spostamento, in modo che non avessi particolari difficoltà nel trovare il Libro.
« Omnia munda mundis*», sussurra la McGranitt.
Mi impegno  così tanto per non dimenticare la parola d’ordine, che mi ci vogliono alcuni minuti per realizzare che ormai I professori sono già lontani. Ripeto esattamente ciò che ha pronunciato ed il gargoyle di pietra si smuove all’istante, facendo apparire davanti ai miei occhi la scala a chiocciola.
Pochi secondi dopo, sto già rovistando nella libreria, tentando di analizzare i titoli di tutti i libri bianchi che mi trovo davanti.
Dopo un gran numero di vani tentativi, inizio a calmare la mia foga e a ragionare. Essendo una copia unica, deve necessariamente essere un libro molto importante. Se è davvero un libro così importante, dove può essere nascosto? E’ in bella vista, in modo che non venga notato? Oppure in qualche scaffale segreto, così che non si sappia neanche dove cercare?
Tutte le mie ipotesi vengono interrotte da un paio  di rochi colpi di tosse.
Spaventato, tento di nascondermi in un piccolo armadio in legno. Una breve risata è l’unica risposta che arriva dopo la mia goffa reazione.
Incuriosito, mi affaccio oltre le ante; al contrario di quanto immaginassi, la stanza è ancora vuota.
« Sarà stata la mia immaginazione », sussurro scrollando le spalle.
« Mi stai per caso accusando di non essere abbastanza reale, Draco? Non è molto educato da parte tua »
Riconosco all’istante quella voce e,come guidato da una mano invisibile, mi volto a guardare verso i ritratti.
Al centro della stanza, sopra la scrivania della preside, il professore Albus Silente mi sorride bonario.
«Ben arrivato. Le coordinate erano giuste, allora», esclama, complimentandosi con se stesso.
Confuso, tento di aprire la bocca per chiedere spiegazioni. Tuttavia, il vecchio preside mi blocca col cenno di una mano annerita.
«Sto parlando esattamente di ciò che pensi. E, riguardo alla domanda che vorresti pormi, sì, ho seguito il tuo percorso lungo il castello. Anche prima, in effetti », afferma, fermandosi per una breve risata compiaciuta. «Sono felice di vedere che hai seguito il mio percorso senza porti troppe questioni ».
Vorrei dire molte cose, ma è come se il mio compito in questo momento fosse quello di ascoltare, senza pensare, senza muovermi, senza interferire in alcun modo. E’ una sensazione rilassante e snervante al tempo stesso. Mi accorgo di non poter fare ciò che voglio, e subito dopo so che tutto ciò che voglio fare è ascoltare.
« Tornando al presente – o al passato », Silente emette un’altra risata. « Non troverai ciò che cerchi »
bastano queste cinque parole arisvegliarmi. « Cosa? Ma non c’è tempo! Ne ho bisogno! »
« Calmo, ragazzo. Calmo. Ho detto che non troverai ciò che cerchi, non ciò di cui hai bisogno »
Ancora una volta, resto fermo ad ascoltare, a cercare di carpire il significato delle parole dell’uomo che per anni ho considerato pazzo – e che, dopo questa conversazione, credo continuerò a definire tale.
« Cosa cerchi, Draco? »
« Il Libro Bianco », rispondo in automatico.
« Non esiste nessun Libro Bianco. Non è mai esistito»
Non perdo neanche tempo a cercare di trovare una spiegazione, ed attendo pazientemente che il preside finisca il suo discorso contorto.
«IO sono il Libro Bianco », esclama dopo alcuni momenti di silenzio.
« Quindi, se vorrai seguirmi – o meglio, precedermi – nella Stanza Delle Necessità, sarò io a guidarti nella preparazione della pozione ».
Inebetito, mi limito ad annuire.  Silente sta già sparendo oltre la cornice del riratto, quando improvvisamente ho ripreso coscienza di me stesso. « Cosa  dovrò chiedere alla Stanza? », domando appena in tempo.
« Di un posto tranquillo in cui sia presente una cornice comoda, se non ti spiace. E’ così difficile trovarne di accoglienti, al giorno d’oggi… »
Mi lascia così, sparendo nello sfondo del dipinto.
Sorrido. Sarà pure un folle, ma è stato lui a guidarmi fin qui. Con il suo aiuto riuscirò sicuramente a salvare Hermione.



And so it is just like you said it would be.
(Ed è così, proprio come hai detto che sarebbe stato.)



I giorni passano velocemente; ora dopo ora, la pozione cambia colore e consistenza. L’orologio enorme posto al centro della stanza segna le ore che mancano al mio ritorno al presente. Il suo incessante ticchettio scandisce i battiti nel mio petto.
Silente mi osserva dal suo nuovo dipinto – molto comodo, a quanto mi ha detto -, guidando i miei movimenti e sparendo di tanto in tanto per questioni urgenti.
Quando ormai manca appena un’ora al momento in cui avevo lasciato Piton all’interno di Manor, la pozione emana una nuvola di fumo rosso sangue: è pronta.
La infilo con cura in una boccetta, poi rivolgo uno sguardo a Silente.
Lui mi osserva per un secondo da sopra gli occhiali a mezzaluna, poi sorride.
« Grazie », sussurro piano. Per un attimo sono quasi sicuro che non mi abbia sentito, poi però si alza dalla sua poltrona. « Ad Hogwarts chi chiede aiuto lo riceve sempre ».
Poi si congeda, scomparendo oltre la cornice dorata.



I can’t take my mind off you…
(Non posso smettere di pensare a te…)



La Giratempo continua a contare i secondi che mi mancano; sono ormai alle porte di Malfoy Manor.
Trovo le protezioni completamente azzerate. Entro; il silenzio è spettrale. Avanzo senza fermarmi fino ad una grande porta nera. La apro e vedo Piton parlarecon me steso che, appena un secondo dopo, scompare.
Il professore, come in una scena di quei vecchi film babbani, si gira lentamente verso di me.
Senza proferire parola, senza fare domande, senza lasciar trapelare alcuna emozione, mi fa cenno di entrare.
Spalanco il portone e corro verso di lei, verso Hermione, con Piton a pochi passi da me, ignorando lo stupore sul volto di mio padre, ignorando persino il volto appena appena più roseo di mia madre. Corro verso di lei e le verso il liquido sulla bocca semiaperta, goccia per goccia.
Sento un battito, un battito lieve.
Mentre avvicino le labbra alle sue, un breve respiro, un sottile alito di vento.
« Draco, spostati »
Due parole, un ordine, una preghiera.
Piton, ancora con il fiatone, si china su Hermione. « Resisti », sussurra, prima di mormorare levilcorpus e portarla via con sé.
Mentre sta per varcare il portone, vedo arrivare Potter eWeasley.
Il primo, dopo aver lanciato uno sguardo intenso su Piton e Hermione, cerca i miei occhi.
Per un attimo temo che voglia urlarmi contro. Invece, con mia grande sorpresa, i suoi lineamenti si fanno meno tesi. « Ce l’hai fatta? L’hai salvata? »
Annuisco.
Per questa notte non ci saranno altri stupidi conflitti. Siamo uniti, ancora una volta, solo per lei.



I can’t take my mind off you…
(Non posso smettere di pensare a te…)



Qualche babbano disse che le cose più belle della vita sono quelle che ti sconvolgono i capelli, che ci infili le mani dentro e non riesci più a staccarle.
Tu la vita l’hai vissuta così, spettina, disordinata, incasinata.
Voglio che continui così per sempre.
Tu, che spettinata vivi la tua vita.
Ed io, che affondo le mani nei tuoi capelli, seguendoti, incapace di allontanarmi da te.












NOTE:
Spero che i salti temporali non vi abbiano confuso. Ovviamente Harry e Ron si trovano nel presente, mentre Draco nel passato (è tornato al capitolo 9, più o meno), almeno fino al capitolo in cui torna a Malfoy Manor.
Non so se per i ritratti valgano i principi della Giratempo, secondo cui non bisogna interferire col passato. In fondo, i ritratti stessi vanno contro la linearità del tempo, per cui ho approfittato di questo punto interrogativo per dare un piccolo aiuto a Draco.
Ne approfitto per ringraziare ancora una volta coloro che sin dall’inizio hanno seguito questa storia, coloro che l’hanno iniziata ma non finita, coloro che l’hanno appena scoperta. Grazie.

SweetTaiga







   
 
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