26. Affiorare
“Fanciulla dai
capelli dorati che fuggi dal tuo castello. Non temermi …”
Mya s’irrigidì di colpo. Tutto avrebbe potuto
aspettarsi, ma mai quello che le stava di fronte.
Rinsaldò la presa sulle spade, quasi minacciata da quella presenza. Si muoveva!
Parlava! Era … viva!
Rimase imbambolata a fissare quel volto, dotato di occhi, bocca e profonde
rughe. Era qualcosa d’incomprensibile …
Cercò di darsi una qualche spiegazione, ma mai aveva visto qualcosa del genere.
Neppure la sua fantasia poteva supporre tali fattezze per quella voce. “Cosa
sei?”
Non riuscì a chiedere qualcosa di più intelligente. Eppure, non le sembrò
affatto una domanda fuori luogo.
“Non temermi …” ripeté
ancora. “La mia natura è ben più semplice
di quanto immagini …”
Mya soppesò quelle parole, non sentendosi però
rincuorata. Aveva evitato di darle una vera risposta e la cosa la irritava.
Scrutò con cura la possente magnolia. Ne percorse gli incavi e i nodi. Cercò di
capire se il suo aspetto fosse solo un inganno e poi cercò conferma.
“Sei un demone?” richiese più bruscamente di prima.
“Esatto,
fanciulla dorata.”
Fu irritata da quell’appellativo. Perché continuava
a chiamarla così? Perché continuava a rivangare quel ricordo? Quel frammento
che aveva cercato invano di soffocare? “Non mi piaci … demone!” sputò le parole
furiosa. La corteccia si contrasse e scricchiolando si dipinse un sorriso.
“Non desideravo turbarti …” Era
benevolo il suo sguardo. Come un Buddha che osserva un cucciolo irrequieto, per
lo spavento che gli ha recato.
Sentì la rabbia prosciugarsi e con la mente più
lucida abbassò le armi. “Cosa vuoi da me?”
L’espressione dello youkai non mutò e un’improvvisa folata scompigliò con forza
i capelli della yasha. Il vento si perse fra il fogliame della magnolia,
scuotendole con forza.
“Ho compreso Kagura!” si
lamentò l’albero, destando l’interesse di Mya. “Non
essere impaziente!”
La yasha osservò la scena incuriosita, domandandosi a chi si rivolgesse con
tale enfasi. Non poteva di certo essere il vento.
Eppure tutte le sue certezze vacillavano al cospetto di quella bizzarra
creatura …
“Credo sia meglio fare chiarezza …” Con
quelle parole l’attenzione della yasha fu catturata. “Il mio nome è Bokuseno …”
***
Era rimasta in silenzio e aveva ascoltato.
Nella sua mente scorrevano limpide tutte le parole di Bokuseno. Le stava ancora
macinando, cercando di elaborarle con chiarezza.
Il racconto di chi egli fosse. Di cosa fosse stata quella brezza e di come
tutto si intrecciasse con lui. Sesshomaru …
Non era cosa facile da credere. Non era cosa semplice affrontare il suo
ricordo. “Un altro …”pensò. “Un’altra memoria da seppellire.”
Eppure nonostante tutto aveva ascoltato senza interrompere. La curiosità aveva
avuto la meglio ed aveva appreso. Quante cose ora sapeva, quante cose riusciva
ora a capire … Ma ora che aveva i mezzi per comprenderlo, lui non c’era più.
S’intristì.
Che senso aveva sapere di suo padre, Inu no Taisho? Che senso aveva sapere dell’esistenza
di Inuyasha, un mezzo demone? Che senso aveva apprendere dei suoi nemici e
amici passati? Nessuno! Nessuna rilevanza. Eppure era convinta che
quell’incontro non fosse stato casuale. Il destino doveva aver steso la sua
trama e lei doveva esserci finita in mezzo. Lo maledì e lo definì crudele. Poi,
al tumulto seguì la rassegnazione.
“Perché mi hai detto tutto questo?” la ritenne una domanda legittima. Del resto
lei non aveva chiesto nulla al riguardo.
Pareva un lungo preambolo di un importante discorso, ma i cui contenuti
ignorava ancora …
“Come ti ho
detto, il vento mi porta molte informazioni...” ricominciò.
“Fra Kagura e me c’è ormai un tacito accordo!”
“Non
mi stai rispondendo.” costatò lei, alzando gli occhi da terra con fare
spazientito.
Bokuseno la guardò divertito. “Sei troppo
impaziente, mia cara!”
“E
voi di pazienza ne avete sin troppa …” parve rimproverarlo con distacco,
suscitando il suo stupore. “Se avete qualcosa da dirmi fatelo!”
“Credevo che quanto raccontato ti
interessasse …”
“Non
è il momento per le vecchie storie. Ci sono problemi ben più urgenti da
risolvere e di cui discutere!”
“Or dunque?”
“Voglio
che smettiate di rispondere alle domande che non vi ho fatto, evitando quelle
che vi ho posto!” sbottò nervosa.
Bokuseno si sentì deliziato da quell’arguzia irruente e la corteccia si
contrasse nuovamente in un’espressione allegra.
“Capisco che così possa essere sembrato, ma non era
certamente questa la mia intenzione.” spiegò
con tono pacato. “Il tempo per me
scorre molto lentamente ... ” sospirò benevolo. “Non credo di sapere davvero cosa sia l’urgenza.”
Quelle
parole placarono in parte l’irruenza di Mya.
“Ad ogni modo comprendo il tuo stato d’animo ed è proprio per questo che sei
qui.” aggiunse quieto.
“Che intendi?” chiese lei, titubante.
“Nulla di ciò che accade in questa foresta, mi
sfugge. Ogni foglia e ogni stelo d’erba funge da mio prolungamento. Sento i
semi crescere e gli animali rintanarsi e neppure i sussurri più lievi mi sono
indifferenti …” Mya si sentì spaventata da quelle
parole, quasi intuisse cosa realmente cercasse di dirle.
“Talvolta persino i sogni più intensi,
fatti all’ombra della mia dimora, mi raggiungono.”
La
yasha rabbrividì, sentendosi nuovamente minacciata. Strinse ancora le spade,
puntandole contro il demone millenario. Bokuseno però non fu allarmato da quel
gesto, anzi, parve sorridere dei suoi stessi pensieri e poi continuò.
“Yasha
dorata che da fanciulla correvi nel tuo palazzo, non temermi.
Yasha dorata che da tempo fuggi dal tuo passato, non rinnegare te stessa.
Mya figlia del Continente, vittima di morte e conquiste, ribellati.
Combatti e sconfiggi le tue paure. Affronta te stessa!”
Mya ascoltò sconvolta quelle parole, che come un
mantra vibravano. La testa le girava, le ginocchia vacillavano e le sue difese
parevano indebolirsi. Cosa le aveva fatto? Riuscì a raccogliere la poca
lucidità che le restava e vide uno dei rami di Bokuseno trasformarsi. Assunse
le sembianze di un braccio che si abbassò su di lei, ponendo quella mano rugosa
sulla sua testa.
“Ora rammenta ciò
che eri, per poter finalmente divenire ciò che desideri.”
***
Buio.
Era tutto buio.
Mya si chiese dove fosse finita, dove lui l’avesse trascinata, ma poi la sua
mano tastò una parete.
Sembrava rinchiusa in qualcosa. Portò le mani davanti a sé e spinse con forza.
La porta si aprì e fu accecata dalla luce improvvisa. Fece alcuni passi in
avanti, mentre gli occhi si abituavano a quel cambio repentino.
Si girò per guardare indietro, ma non c’era più traccia della porta da cui era
uscita. Iniziò ad agitarsi nell’apprenderlo e si guardò attorno stranita.
Si trovava in un lungo porticato, intervallato da colonne laccate di rosso. Si
avvicinò ad esse, ammirando il panorama che incorniciavano. Era magnifico. Una
città fiorente si estendeva ai suoi piedi, diramandosi sempre più verso le più
lontane terre coltivate. Una pagoda svettava fiera con le montagne sullo sfondo
e l’aria era fresca. Non ricordava odori più piacevoli …
“Myaaa!”ricordava quella voce, ma non poteva essere ...
“Myaaa! Dove sei?” Se la ritrovò davanti e tutti i suoi dubbi svanirono. Tentò
di inventarsi qualcosa per giustificare la sua presenza, ma non fu necessario.
Parve non vederla, come se non ci fosse, e allora tutto le fu chiaro. Maledì
Bokuseno, ma era fin troppo presa ad osservarla mentre si allontanava, per
venire distratta da altri pensieri. Com’era bella. I suoi capelli erano
meravigliosamente raccolti, lasciando libere solo alcune ciocche dorate. Le
ricadevano morbide sul petto, riuscendo a toccare terra. L’hanfu la fasciava,
quasi fosse stata una seconda pelle, e i suoi colori risaltavano enormemente su
quella meravigliosa stoffa verde. Ogni
fruscio di seta ne esaltava l’eleganza. Fiera e gentile al contempo. Quanto
aveva invidiato quel portamento ...
Senza motivo apparente, spinta da qualcosa di irrazionale, le andò dietro.
Scostava ogni tenda, continuando a chiamarla spazientita. Sentire il suo nome
dalla sua bocca, le provocò una forte nostalgia. Ricacciò indietro alcune
lacrime, odiando quella situazione. Perché le stava facendo rivivere tutto
questo?
“Presa!”Una voce diversa, le causò la medesima fitta. Suo padre stava proprio
lì, dietro l’angolo, ma non ebbe il coraggio di varcarlo. Sapeva cosa accadeva
ora e le voci che sentiva lo confermavano.
“Dannazione!”si ritrovò a sbraitare. “Perché mi fai questo, stupido
albero?Fammi uscire da quest’incubo!” gli ordinò con tutta la foga e la
convinzione di cui era capace. Poi, si rannicchiò contro la parete vicina,
chiudendo gli occhi e tappandosi le orecchie con forza. “Svegliati!
Svegliati!”iniziò a ripetere senza sosta, non accorgendosi che era di nuovo
immersa nel buio.
“Affronta te stessa, fanciulla dorata.
Solo così potrai
affrontare il tuo nemico …”.
- continua -
ANGOLINO AUTRICE: Saluti e chiarimenti
Rieccoci qui finalmente. Che fatica questo capitolo! Fiù …
Ogni volta che sembrava avessi trovato il modo giusto di descrivere la scena,
cambiavo direzione. XD
Non sono abituata ad incentrare il tutto su un unico personaggio o su un’unica
situazione, ma le circostanze narrative mi hanno costretta!
Ho ritenuto fosse più appropriato dare un certo spazio al momento, comunque.
Spero non sia risultato eccessivamente noioso, ma se così è stato, vi prego di
farmelo presente. Veniamo ai dovuti chiarimenti ora.
Come qualcuno aveva ben intuito, anche Kagura ha avuto il suo
ruolo e ad essere sincera mi ha fatto piacere riuscire ad inserirla in qualche
modo. Anche Bokuseno ha avuto il suo momento di gloria. Mi ha sempre incuriosita
e mi sono abbastanza sbizzarrita con lui. Sarà che ho un legame particolare con
la magnolia del mio giardino, ma l’ho sempre trovata una figura che ispira
fiducia. Voi no?
Il
chiarimento veramente degno di questo nome lo dedico all’Hanfu.
Ai meravigliosi,
sgargianti e fluttuanti Hanfu. *-*
Utilizzato durante la storia della Cina sia in
epoca classica sia moderna, condividendone la sua lunga durata e la sua storia,
l'Hanfu è un pezzo importante
del patrimonio culturale del popolo Han. Purtroppo, a causa dell'invasione
Manciù nel XVII secolo e il divieto di indossare l'Hanfu, molti Han, come la maggior parte del mondo, pensano ancora che i
costumi Manchu, come il Tangzhuang
ed il Qipao, siano i costumi
tradizionali cinesi. Ma l'Hanfu non è completamente scomparso nel mondo
moderno. Durante feste tradizionali cinesi ed i giorni importanti della storia
della Cina, si possono ancora vedere una minoranza di Han vestita con l'Hanfu.
Diversi costumi nazionali dei paesi dell'Asia orientale e del Sud-est asiatico
si sono
sviluppati sulla base dell'Hanfu:
come il kimono giapponese, il
coreano Hanbok, fino al
vietnamita áo voi. L'Hanfu
attualmente è utilizzato principalmente in ambiti religiosi, indossato dai
sacerdoti durante le cerimonie.
Da sinistra a destra: Hanfu, Tangzhuang,
Qipao, kimono, Hanbok, áo voi.
Alla prossima. KissKiss KiraKira90