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Autore: nals    15/03/2013    3 recensioni
Ho un po' male, qui.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Male.
 

 
 
 
 
“Ho un po’ male qui.”
“Dove?”
“Qui.”
 
Le ha detto, in silenzio, che si è sempre trattato di un gioco e che lei non è stata abbastanza brava. Parlava lento ed era quasi buio; Monica si fissava le mani e non crede di aver prestato tanta attenzione; avrebbe voluto sussurrargli che lei, brava, non lo è stata mai.
Avrebbe voluto. Avrebbe voluto, sempre.
“Ho un po’ male, qui.”
L’inverno sta finendo, ma per finta. Torna ogni sera con le sue folate fredde e le gocce d’un acquazzone che sa d’estivo. Le si è rotto l’ombrello; i tendini metallici non hanno retto il peso della stoffa sottile; le sue ossa neppure. Cade sempre.
Deve tagliarsi i capelli, ma non le va. Vuole lasciare tutto com’è, dormire bene di notte e non sognare più.
Fare in modo che l’acqua la nutra come con le piante. Mette radici ovunque, Monica, s’attacca come un’edera, e poi muore.
‘Ho un po’ male, qui.’
Qui.
Pensava che sarebbe stato bello ricominciare a sorridere da un suo sorriso. Pensava che le sue parole fossero un po’ diverse dalle parole di tutti gli altri. Pensava che quegli abbracci, gli abbracci che lui le regalava, sarebbero stati i suoi abbracci.
Pensava che la volesse un po’ per sé, perché forse lei sarebbe stata giusta – si dice così, no? – giusta per qualcuno che fosse giusto per lei.
Lo vedeva al suo fianco.
‘Capisci?’
Ha sputato un po’ dei suoi pezzi, Monica, e raccolto quelli di lui mischiati al troppo fumo di sigaretta, nel poco spazio tra i sedili.
‘Ti respiravo, ma tu non respiravi, non respiri me.’
                                                                                        
Ha scollato i disegni dalle pareti rosa acceso; non le va più di rimetterli lì dove stavano.
Il dolore è la parte più copiosa del suo essere, disciolto nei trentacinque litri d'acqua di cui è imbevuta la carne. Spesso Monica si chiede perché chiunque l’abbia voluta viva abbia fatto in modo che ogni stupida emozione o sensazione che provi sia fatalmente amplificata.
Per lei non è facile un cazzo. Nemmeno pensare di essere felice, o allungare le dita ed afferrarne altre, essere sfiorata o sfiorare, così per poco.
 
‘Ho un po’ male qui.’
 ‘Scordati la mia debolezza e riprenditi i pezzi. Non m’interessa. Non li voglio più. A quante persone li hai regalati, eh? E com’è che si dimentica? Com’è?’
 
Le corazze non esistono; è questo che ha imparato. Sono tutte stronzate. Caramelle alla liquirizia da allungare ad una bimbetta idiota.
La cosa buffa è che solitamente lei non ci casca, mai. Rizza il pelo come i gatti e si tiene al sicuro in un angolo – gli artigli fuori. Ma questa volta no.
La odia quasi, Monica, la sua poesia preferita. È colpa sua e della pioggia e del suo cazzo di tempismo perfetto. E delle sue storie, dei treni veloci, di Sullivan e quelle nottate in bianco.
“Riprenditi i pezzi, tu, e torna a respirare la tua aria.”
 
 
 
 
 
 
“Ho un po’ di male. Qui.”

 
 
 
   
 
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