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Autore: Macaron    15/03/2013    9 recensioni
“ Ne hai di cicatrici comunque. Prima o poi dovrai raccontarmi la storia di ognuna di loro.”
“ Facciamo poi, è noioso e faremmo raffreddare tutta l’acqua.”
“ Almeno una?”
Sherlock mugugna.
“ Noioso”
“ Solo una?”
“ E va bene. Ma scelgo io la cicatrice, e dopo tu potresti raccontarmi finalmente la storia della tua cicatrice sulla spalla”. C’è un guizzo di curiosità negli occhi del consulente investigativo e stavolta è John a mugugnare.
“ Non ho bisogno di raccontarti quella storia. So che riusciresti a dedurla in un attimo solo guardandola.”
“ Probabile. Ma tu sei l’unica persona da cui mi piacerebbe sentirla raccontare”.
Di cadute nel Tamigi, coinquilini che ti fanno il bagno, bambini che ti lanciano in piscina e momenti di assoluta perfezione.
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Caring is an advantage'
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“Sei una creatura di primavera 
fuori intanto sta soffiando una bufera 
un albero è caduto a pochi metri dai fanali 
ma non uscire io non voglio che ti ammali 
Sei una creatura di prima scelta 
sopra il banco del reparto convenienza 
Sono io lo scatolone che ti tiene verticale 
e ti proteggo perché tu non vada a male”

Pensandoti, Bersani


Le ventidue e quaranta minuti. Londra è insolitamente tranquilla , l’Arsenal sta per uscire dalla Champion’s league e John Watson pilucca distrattamente gli avanzi di un Jerusalem mix, che non ha nemmeno tolto dal contenitore del take away, ormai freddi mentre alza gli occhi al cielo di fronte all’ennesimo gol sbagliato della sua squadra.

Sherlock non è in casa e dovrebbe andare bene così. Non doveva esserci nemmeno lui in casa, doveva essere al pub a vedere la partita ma poi è saltato tutto, e insomma non avevano un appuntamento, non si erano messi d’accordo per cenare insieme, è tutto normale. Sherlock detesta il calcio. John ha provato a trascinarlo al pub una volta con qualche vecchio amico ma quando il suo coinquilino si è messo a prevedere l’assegnazione dei cartellini rossi da parte dell’arbitro grazie al suo particolare orologio da polso, di marca molto costosa e la stessa che amministra il presidente della squadra rivale, ha capito che certi eventi è meglio non ripeterli se vogliono tornare a casa senza qualche contusione. Sherlock non è in casa e John è tranquillo se non fosse per quella piccola parte di lui che ogni volta che guarda l’orologio non riesce a non pensare che potrebbe essergli successo qualcosa. Ha fiducia in lui, sa che non è andato a tentare il suicidio su un qualche tetto di un ospedale londinese ma sa anche che il suo più caro amico ha l’istinto di sopravvivenza di un lemmings e John è assolutamente umano, ed è normale essere un po’ in apprensione. Si fida di lui, e si preoccupa un po’. Come ha sempre fatto, come faceva prima del Barts perché quello è il suo compito, quello è il suo ruolo. Preoccuparsi e proteggere Sherlock Holmes. Se potesse se li farebbe anche scrivere sulla carta d’identità alla voce professione, tanto il medico lo fa più per lui che per i suoi veri pazienti.

In quel momento la porta sbatte alle sue spalle. Sherlock è arrivato e lui era talmente perso nei suoi filmini mentali da non aver nemmeno sentito i passi sulle scale.

“ Cosa ci fai in casa? Non dovevi essere al pub?” L’apostrofa con la sua voce baritonale.

“ Bentornato a casa eh. Sì dovevo andare a vedere la partita ma Greg ha avuto un problema, la moglie non poteva occuparsi dei bambini o qualcosa di simile.”

“ Chi è Greg?”

“ Greg è Lestrade. Lo conosci da millemila anni e ancora continui a dimenticarti il suo nome, secondo me dovresti portarlo in assistenza il tuo hard disk perché inizia a perdere i colpi”

“ Comunque la moglie lo sta tradendo di nuovo e lui ovviamente non se ne accorge”.

Un momento di quotidianità a Baker street in cui si punzecchiano, in cui ognuno parla e prende in giro l’altro e tutto va alla perfezione. John sorride e si perde in quel momento. E solo allora si accorge del rumore di acqua che gocciola sul pavimento. Per un istante pensa che sia colpa di qualche problema idraulico ma insomma ok che inizia ad avere una certa età ma si sarebbe accorto prima di un rubinetto che perde. Senza contare che quel rumore è arrivato quando Sherlock è entrato in casa. Perché sta gocciolando? Non ha piovuto a Londra, non ha piovuto per tutto il giorno e anche se John non è un detective e non è nemmeno molto acuto questo vuol dire che sicuramente qualcosa non va. Si alza di scatto e va ad accendere la luce.

Sherlock è ancora sulla porta e si sta togliendo il cappotto. Ed è fradicio. Gronda acqua. Correzione. Gronda acqua di un colore quantomeno sospetto e da un odore sgradevole. Ed è pallido, ma non pallido come al solito che per Sherlock sarebbe quasi normale, molto di più.

“ Che cosa diavolo hai combinato questa volta? Sei caduto nel Tamigi?”

“ John è praticamente impossibile cadere nel Tamigi, ci sono protezioni ovunque.” Sherlock alza gli occhi al cielo ma mentre parla le mani gli tremano leggermente.

“ Non ci sono protezioni ovunque, c’è tutta una zona ciclabile e dove siamo andati a recuperare quel cadavere. Ma non stavamo parlando di questo! Maledizione! Come hai fatto a ridurti in questo stato?” Come fa ogni volta a cambiare discorso, a farlo perdere in infiniti battibecchi. Non lo sopporta e l’adora al tempo stesso.

“ Sono caduto in una fogna”.

“ Come accidente hai fatto a cadere in una fogna? Perché eri in una fogna?” Se non fosse ancora terribilmente preoccupato scoppierebbe a ridere. Sherlock tutto elegante e sempre perfetto che cade in una fogna è qualcosa di così esilarante che non può essere vero.

“ E’ una storia troppo lunga e dopo una cert’ora è impossibile spiegarti anche gli enigmi più semplici. Stavo seguendo il caso del signor McPherson1, era stato trovato morto con delle striature rosse sulla schiena e c’erano dei biglietti della sua fidanzata e una criniera di leone e tutto sembrava far riferimento o a un frustino o a qualcosa di acquatico.” Sherlock s’interrompe vedendo l’espressione di completo sbigottimento dell’amico.

“ Non ho idea di cosa tu stia dicendo e come questo si colleghi a te che torni gocciolando acqua di fogna”

“ Stavo cercando quel qualcosa di acquatico. E l’ho trovato nelle fogne mi sembra ovvio, però poi devo essermi distratto e per farla breve, visto che è evidente che la tua soglia d’attenzione è ai minimi storici, sono scivolato, ho picchiato la testa e ho sguazzato nell’acqua gelida delle fogne londinesi fino a che non mi sono risvegliato.” Sbuffa, evidentemente scocciato nell’ammettere di essersi distratto, di aver commesso un errore.

“ Sei rimasto a mollo nell’acqua gelida privo di conoscenza?” John  non se ne accorge nemmeno ma a questo punto sta urlando. “ E quando ti sei risvegliato hai pensato bene di uscirtene, risolvere il caso e tornare a casa? Perché cazzo non mi hai mandato un messaggio? Perché non sei andato in ospedale a farti controllare? Perché ti comporti sempre come un coglione immortale?”

Sherlock si abbandona sulla sedia della cucina e i suoi vestiti spruzzano acqua sul pavimento. Sembra ancora più acciaccato in quel momento. “ John stai facendo una scenata per niente. Dovevi essere al pub, non volevo disturbarti. Non sei la mia balia, sono riuscito a sopravvivere per qualche decina d’anni prima che tu arrivassi.”

“ Maledizione ogni volta che esco con una ragazza mi mandi venti messaggi. Mi hai chiamato quando ero dall’altra parte della città perché mandassi un sms per te e adesso non vuoi disturbarmi? Io giuro che adesso controllo che tu stia davvero bene e poi ti metto sotto con una macchina”

“ Tu non guidi.” Il solito Signor Ultima parola.

“ Non interrompermi.” John è arrabbiato e preoccupato. E soprattutto preoccupato. E sa che non è normale, sa che è anche colpa di quello che è successo al Barts ma non riesce a farne a meno. L’immagine di Sherlck sdraiato nell’acqua privo di sensi si sovrappone all’immagine di Sherlock riverso in una pozza di sangue dopo che si è lanciato da un palazzo e con l’immagine di John che non ha fatto nulla per salvarlo. Sa che stavolta sta bene, sa che in ogni caso non è successo nulla di grave ma sa anche che da quell’imbecille senza istinto di sopravvivenza dipende anche la sua esistenza. Non c’è scampo. Non ci sono alternative. “ So che sei sopravvissuto per trent’anni senza di me ma non mi pare che tu l’abbia fatto così bene. E almeno io non l’ho fatto. E non ho intenzione di farlo in futuro. E sei un coglione e ti verrà una polmonite.” Gli si avvicina e lo sfiora. Gli prende le mani e sono ghiacciate e pensa che non vuole che prenda nemmeno un’influenza.

John gli lascia cadere le mani e si allontana dalla stanza. Torna dopo pochi minuti.

“ Spogliati. Adesso esci da quei vestiti, che manderemo in lavanderia o a cui darò personalmente fuoco, ed entri nella vasca perché sei di ghiaccio ed è pericoloso e io sono un medico e tu non devi ammalarti. Andiamo, forza. “

“ John? Fai il bagno con me?”

“ Non faccio il bagno con te. Tu fai il bagno, io controllo che tu non svenga nella doccia per colpa della botta che hai preso quando sei scivolato come un’idiota nelle fogne.”

Sherlock gli rivolge un sorriso sghembo con un lampo negli occhi. “ E per curiosità come riusciresti a far conciliare fare il bagno ad un altro uomo con il tuo solito mantra del Non sono gay?”

John arrossisce per qualche secondo ed abbassa lo sguardo. “ Non è qualcosa di sessuale. Nel farti il bagno non c’è nulla di sessuale.” Esita. “ E poi nemmeno baciarci nel cuore della notte, al buio con il tuo ginocchio sulla mia coscia di concilia benissimo con il mio non sono gay eppure sembra che io riesca a farlo lo stesso.” Non incrocia lo sguardo di Sherlock ma sa che davanti a quell’immagine il suo coinquilino sta sorridendo. “ E poi, chi ti dice che mi dispiacerebbe se fosse qualcosa di sessuale? E adesso spogliati, ho alzato il riscaldamento e l’acqua sta riempiendo la vasca e tu anche se fai finta di nulla stai congelando.”

 


 

L’acqua della vasca è bollente e sulla sua pelle livida dal freddo gli fa quasi venire i brividi. In bagno c’è una stufa. Loro non hanno una stufa. O meglio loro non hanno più una stufa da quando ha provato ad usare l’ultima per fondere dei metalli e il risultato è stato alquanto deludente. Per i metalli e per la stufa. E per l’umore di John. Loro non hanno una stufa quindi mentre lui si spogliava John dev’essere sceso, deve aver svegliato Mrs. Hudson ed essersela fatta prestare. John è solito fare queste cose, anche quando minaccia d’investirlo con una macchina, e se Sherlock capisse qualcosa di sentimenti direbbe che è quel gesto a scaldarlo più della stufa stessa. Ovviamente non lo dice, ma chiude gli occhi e si abbandona con la testa contro il bordo della vasca.

“ Sei svenuto?” La voce di John lo risveglia dal torpore. Indossa una vecchia maglietta militare e i pantaloni del pigiama ed ha una tazza di tè in mano come se Sherlock potesse davvero berlo in quel momento. Apprezza il gesto però.

“ Se non sai riconoscere una persona svenuta ho qualche dubbio sulle tue capacità come medico, John” Sarcasmo in risposta ad attenzioni gentili, una persona normale si offenderebbe. Loro invece sono semplicemente così.

“ Forza fammi vedere come ti sei ridotto, non sono mica così convinto che tu non ti sia ferito da altre parti e stia minimizzando come al tuo solito eh.”

John sorride e il suo sguardo è dolce mentre gli si avvicina e inizia a tastarlo per cercare di individuare possibili fratture o contusioni. Il corpo di Sherlock inizia a scaldarsi e John non sa se quel calore dipenda unicamente dall’acqua bollente in cui è emerso o sia un po’ anche merito suo. Gli appoggia le mani sulla cassa toracica e mentre lo ascolta respirare il suo cuore perde un battito. C’è un’enorme differenza tra il sapere che Sherlock è umano e il sentirlo umano sotto le sue dita. E’ una differenza così intensa che fa quasi male.

“ Sembra che tu non abbia davvero nulla di rotto” gli scompiglia i capelli, accarezzandoli. “ E sembra anche che ti verrà un bel bernoccolo.”

“ Te l’avevo detto che stavi facendo una scenata per qualcosa che non esiste”

“ Chissà da chi ho preso eh”

John improvvisamente toglie la mano dai suoi capelli, prende la spugna a Tardis2 che è appoggiata sul bordo e dopo averla insaponata inizia a frizionarlo sulle spalle con un movimento deciso e dolce.

“ John cosa stai facendo?” Sherlock arrossisce violentemente alle prese con quel contatto e quella dolcezza che aveva quasi dimenticato.

“ Ti sto facendo il bagno.”

“ Non ho bisogno che tu mi faccia il bagno, sono capace di lavarmi da solo ho superato i cinque anni d’età nel caso non te ne fossi accorto.”

“ Lo so benissimo, anche se ogni tanto me lo dimentico. Ma oggi funziona così e non ammetto discussioni. Immagina che io sia la tua balia o il maggiordomo di casa Holmes” Ride.

“ Ogni tanto penso che tu abbia un’idea leggermente esagerata della mia famiglia.”

“ E di chi è la colpa, secondo te?”

“ Non avevo una balia. E il maggiordomo non si occupava di farmi il bagno. Era troppo impegnato.” Lo dice con fare pomposo, scandendo tutte le parole.

Ridono insieme, Sherlock chiude gli occhi e John lo schizza con l’acqua. John non sa se in quel momento il suo coinquilino stia immaginando la residenza estiva degli Holmes e un’infanzia di cui non parla mai. Sa che però lui si sente terribilmente bene mentre gli sfiora la pelle con le dita, si sente un bambino, si sente a casa mentre il cuore di Sherlock batte sotto di lui. Casa. Famiglia. Sicurezza. Noi.

Sorride.

 


 

“ Quando te la sei fatta?” Sherlock apre a malapena gli occhi. Non sa se si è addormentato, sa solo che è rimasto a farsi cullare dall’acqua e dal tocco di John su di lui.

“ La cicatrice, quando te la sei fatta?” sfiora con le dita il segno di una coltellata sul fianco di Sherlock.

“ Un incidente di percorso. Circa quattro anni fa. Una semplice divergenza d’opinioni. Un noioso marito tradito insisteva a non volersi far arrestare per aver ucciso la moglie dopo averla scoperta a letto con la sorella di lui. Noioso. Sia lui che il caso. Devo essermi addormentato mentre lo risolvevo”.

Le dita di John indugiano sull’epidermide ancora in rilievo. Percorrono diverse volte la cicatrice mentre loro due si fissano in silenzio. Poi John si risveglia.

“ Quattro anni fa? E io dov’ero quattro anni fa mentre cercavi di farti uccidere?”

“ Fammi pensare. Dall’altro capo del mondo a far finta di non aver appena rischiato di farti uccidere da uno psicopatico solo per salvarmi la vita?3

“ Una delle serate migliori della mia vita, come dimenticarla!”

 


 

Non dovrebbe essere qualcosa di sessuale. Non dovrebbe essere qualcosa di sessuale e di fatto non lo è. Fare il bagno a Sherlock è indubbiamente il contatto più intimo che abbia mai esperito e mentre lo sfiora, mentre gli insapona i capelli e le dita si perdono tra i suoi riccioli disordinati John si sente così vicino al suo migliore amico da sentirsi sopraffatto. E’ qualcosa di totalizzante, come ogni cosa che riguarda Sherlock ma questo lo è all’ennesima potenza. Non dovrebbe essere qualcosa di sessuale però Sherlock è caldo e vivo sotto le sue mani ed è bello. E’ bello in maniera quasi imbarazzante. Il suo corpo è nervoso, scattante. L’ha già visto nudo ma non si è mai soffermato ad osservarlo davvero, non l’ha mai sentito davvero. E sembra che il suo pene non riesca ad assimilare a dovere la frase “ Non è qualcosa di sessuale, è solo un bagno”, almeno a notare il leggero rigonfiamento nelle sue mutande.

“ John?” Tra le meraviglie di vivere con un consulente investigativo c’è anche quella di non poter nascondere un’erezione quando si verifica. John si chiede se il suo viso sarà mai più rosso di quel momento, ma poi incrocia lo sguardo di Sherlock e si sente un po’ più coraggioso.

“ Sher? Non è che la prossima volta… magari… potremmo ripetere tipo l’esperienza, come una prova, una prova e magari senza tutta questa storia del fatto che sei caduto in una fogna. Insomma in maniera un po’ meno platonica?”

“ Intendi come un esperimento?”

Fantastico. La loro vita sessuale insieme non è ancora incominciata e la sua controparte sta già pensando di farla diventare un esperimento magari con tabelle, campioni del seme e qualche grafico da pubblicare sul suo noiosissimo sito che nessuno legge. Ci sono dei momenti come questo in cui John non è che vorrebbe che le cose fossero diverse, perché ama la loro assoluta anormalità, ma solo un po’ più facili. In cui vorrebbe poter dire semplicemente a Sherlock che vuole fare l’amore con lui senza che questo si trasformi in un esperimento. Gli piace la loro vita insieme, ne è letteralmente innamorato. Gli piacciono le battute, gli piace l’adrenalina, gli piace ogni cosa inconsueta e folle che li circonda, solo che vorrebbe che fosse un po’ più semplice. Almeno ogni tanto.  Sospira.

“ Non proprio come un esperimento. Cioè magari eviterei i vetrini e il microscopio, non sarebbe troppo lusinghiero. Però… ovviamente se ti va.”

In quel momento Sherlock lo fissa, gli regala uno di quei sorrisi che generalmente gli permettono di entrare in qualsiasi casa spacciandosi per un adorabile vicino che ha perso le chiavi, ed ha un guizzo negli occhi, una luce che è la stessa che John gli vede quando qualcuno gli parla di un nuovo serial killer in circolazione. Sherlock gli si avvicina e mentre John smette di muoversi e di parlare, e probabilmente di respirare, lo bacia piano, prima sulla bocca e poi nella bocca e a John sembra che tutto il calore dell’acqua della vasca si riversi nel suo inguine. Saliva. Morbido. Piccoli morsi. Contatto. Sherlock. Casa. Amore.

Sherlock si stacca piano da lui e gli soffia addosso schiuma e sapone e sembra un ragazzino tutto bagnato e sorridente e con gli occhi che brillano e John pensa che non è vero niente, che va bene che le cose siano difficili se possono essere così.

 


 

“ Ne hai di cicatrici comunque. Prima o poi dovrai raccontarmi la storia di ognuna di loro.”

“ Facciamo poi, è noioso e faremmo raffreddare tutta l’acqua.”

“ Almeno una?”

Sherlock mugugna.

“ Noioso”

“ Solo una?”

“ E va bene. Ma scelgo io la cicatrice, e dopo tu potresti raccontarmi finalmente la storia della tua cicatrice sulla spalla”. C’è un guizzo di curiosità negli occhi del consulente investigativo e stavolta è John a mugugnare.

“ Non ho bisogno di raccontarti quella storia. So che riusciresti a dedurla in un attimo solo guardandola.”

“ Probabile. Ma tu sei l’unica persona da cui mi piacerebbe sentirla raccontare”.

Ed è vero. Irene e Moriarty l’hanno affascinato perché non riusciva a capirli completamente, perché erano una sfida costante, perché era un gioco, perché era una sfida. John riesce a leggerlo come un libro aperto solo sfiorandolo con lo sguardo, eppure continua ad avere voglia di ascoltarlo. John è l’unico che vuole sentirsi raccontare, è lì il suo grande mistero. E’ quello che rende John speciale.

Sherlock gli prende la mano e si passa l’indice di John sopra l’ombelico, dove sfiora una minuscola cicatrice, lunga meno di un’unghia.

“ Ero un bambino. Sette anni. Residenza estiva degli Holmes, quella che ti piace tanto immaginare, e c’era questo ragazzino dell’età di mio fratello di nome Charles Milverton. Era insopportabile. Non stupido ma naturalmente sgradevole. Era evidentemente minacciato dal fatto che ero capace di farlo sentire un idiota nonostante fossi più piccolo di lui. Mi ha sfidato. Ha detto che sarebbe riuscito a farmi cadere in piscina toccandomi solo con un dito. Ovviamente ho accettato, ero solo un bambino, e lui mi ha conficcato l’unghia nella carne. Qui dove stai toccando. Ho premuto i piedi sul bordo della piscina e non sono caduto. Ma è rimasta la cicatriceSherlock parla come un treno e John per un attimo è tentato di entrare nella vasca ed abbracciarlo.

“ Perché non ne sapevo niente? Perché non gli ho sparato?”

“ John era un bambino, oltre al fatto che tu non c’eri a quei tempi, e tu non spari ai bambini!”

“ Tu hai rapito due bambini! Almeno stando all’opinione pubblica”

Sherlock si scopre a ridacchiare.

“ Riusciamo a ridere anche su questo argomento, hai visto? Siamo diventati bravi, vero?” La voce di Sherlock è incerta.

“ Siamo sempre stati bravi, Sherlock. A modo nostro”

 


 

La pelle delle dita di Sherlock è raggrinzita per il troppo tempo a mollo e anche se la stanza è calda lui trema un pochino mentre John lo sfrega con l’accappatoio.

“ Abbassati, sei una maledetta giraffa! Sia mai che ti ammali perché non sono riuscito ad asciugarti.

Sherlock ride mentre John gli scompiglia i capelli e i ricciolini vanno ovunque. E’ ancora più bello e sembra ancora più giovane in quel momento e John si sente disperatamente bene.

“ Devi ancora raccontarmi la storia della tua cicatrice”

“ Magari la prossima volta”

“ Ci sarà una prossima volta?”

“ Con te c’è sempre, Sherlock. Solo non sai mai cosa aspettarsi. Ma vale sempre la pena di scoprirlo.”

Sherlock gli sorride, scuote vigorosamente la testa e gli prende la mano.

“ Andiamo a dormire, John”.

Sherlock. Casa. Famiglia. Amore.

 

 


 

 

 

Solito pippone senza senso:

 

Solita dose di diabete, ma stavolta un pochino meno no?

L’idea del bagno viene da un racconto della raccolta Baciarsi a Manhattan, dal titolo Il bagno di Jacob che amo in maniera assoluta. Nella mia testa era più carina ma spero sia venuta fuori decente -_- E’ che mi piace quando si prendono cura l’uno dell’altro, mi sciolgo. E ogni tanto si ha bisogno anche di questo no? Di questo e della bavarese al passito, che spero mi sia venuta meglio. Nella mia testa sullo stesso filone ce ne sono altre due ma vediamo se riesco a farle uscire =)

Grazie per le passate recensioni, è che mi ero rincoglionita ed ero convinta d’aver risposto -_- Ma del resto ero anche convinta che la prima puntata di Broadchurch finisse in un modo ma poi ho scoperto che me l’ero sognata quindi non ci si può aspettare troppo da me.

Leggo sempre che John tifa Arsenal nella FF quindi anche nella mia, se non altro perché la partita l’ho vista l’altro giorno quindi me la ricordo. E poi l’arsenal è la squadra di Hornby ed è anche una delle squadre sfiga per eccellenza, tanto amore.

Il titolo non è che ci si attacchi un casino, è una frase di Learn to Fly, ma l’ho scelto perché non avevo un’idea che fosse una.

 

 

1 L’avventura della Criniera di Leone, ovviamente assolutamente rivisitata. E’ un racconto che mi piace, uno dei pochi in cui Watson non è presente ma è anche uno di quelli che emotivamente mi coinvolge di più.

2 Doctor who. Mi piace pensare che John abbia una spugna a tardis. E’ un’immagine carina e un po’infantile. Io vorrei una spugna a tardis, conterrebbe più sapone all’interno e sarebbe fighissima.

3 Stando al blog di John subito dopo la 1x03 il nostro dottore è zompettato in Australia da un amico. Roba da andarlo a prendere e riportarlo tirandolo per i capelli a Baker street.

4 Ora so che sembra assurdo ma è possibile, perché a me è successo XD Avrei potuto parlare di una cicatrice più seria, però anche se tutti ne parlano a me l’idea che Sher sia stato torturato nei tre anni d’assenza non piace, ma vista la mia fissa per l’infanzia di Sherlock gli ho rifilato questa ferita di guerra abbastanza ridicola. Nella realtà io però in piscina sono caduta, e la cicatrice è rimasta. Era il figlio del mio dentista, e se per caso sta leggendo [perché dovrebbe?] lo odio ancora un pochino per quello. Nella mia idea iniziale era Mycroft a ferire Sherlock ma non mi sembrava il tipo da agire in maniera così fisica, invece è più azzeccato per Milverton che nel canone è descritto come una merdaccia.

 

  
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