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Autore: philophobic    15/03/2013    5 recensioni
«Mi hai portato qui per farmi vedere le stelle?» cercò di mormorare infastidito il riccio, con scarsi risultati, poiché l’arrabbiatura stava già svanendo.
«Si amore, guarda quante ce ne sono. Sai che i marinai, in passato, usavano, per orientarsi, la stella polare?» sorrise Louis, sentendo il compagno arrendersi tra le sue braccia, baciandogli la guancia.
«E tu sai di essere la mia stella polare? Io seguirei sempre te.» sussurrò roco il riccio, guardando gli occhi azzurri del fidanzato, commosso.
«La stella polare, anche se sembra eterna, cambia una volta ogni duemila anni, quindi prima o poi non sarà più la stessa.» disse Louis, soffiando sulle labbra di Harry, smaniando dalla voglia di baciarlo, ma trattenendosi per non rovinare quel momento di dolce intimità.
«Non dire queste cose poco romantiche, la mia stella polare non cambierà mai.» e, sulle labbra del riccio, Louis sorrise teneramente.
Conteggio parole: 3292. | Pairing: Larry. | Note: AU; Songfic.
Genere: Angst, Fluff, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ti ricordi quelle corse con il cuore in gola?

Louis aveva programmato tutto. Quel mattino avrebbe portato Harry, il suo migliore amico nonché ragazzo per cui aveva una cotta da tempi immemori, all’acquario, e davanti alla vasca dei delfini lo avrebbe baciato. Era tutto programmato, e dentro di sé si sentiva piuttosto soddisfatto, trovava il tutto un’idea piuttosto romantica. Fece un squillo al riccio, per fargli capire di essere pronto per andarlo a prendere, e poi si diede un’ultima occhiaia allo specchio, sistemandosi il ciuffo.
Pensava di essere piuttosto guardabile, quel mattino, non che di solito non lo pensasse, ma si sentiva pieno di energia e intorno a sé sentiva un’aura positiva notevole. Sperava sarebbe andato tutto bene, a Harry ci teneva davvero tanto.
Uscì di casa, salutando sua madre e le sue sorelle, avviandosi verso la casa del suo migliore amico. Non prese l’automobile poiché, nonostante i suoi diciotto anni, non aveva ancora la patente; per l’acquario, infatti, avrebbero preso il treno, che li avrebbe condotti nella città vicina. Era una splendida giornata, che Louis pensò potesse solo migliorare nel momento in cui vide dinanzi a sé gli occhi chiari ed il sorriso spontaneo del più piccolo; infatti, Harry, aveva solamente sedici anni e, nonostante sembrasse più grande, ciò era deducibile dalle forme arrotondate e la morbidezza della sua pelle ancora totalmente vellutata.
«Ciao, Hazza!» sorrise Louis, baciando la guancia dell’amico, soffermandosi qualche secondo di troppo per lasciare che il suo profumo gli entrasse nella mente.
«Ciao Boo!» lo abbracciò il piccolo, saltandogli praticamente addosso, come era solito fare.
Louis si beava di ogni piccolo contatto. Ogni singolo sfioramento gli provocava una scarica elettrica lungo la spina dorsale, e si sentiva decisamente bene.
Cominciarono a camminare, certi che avrebbero fatto in tempo a raggiungere la stazione. E così sarebbe stato, se Harry non avesse cominciato a frignare come un bambino di volere il gelato alla fragola, passando davanti un bar.
E Louis non ce l’aveva fatto a contraddirlo, era entrato nel locale e aveva ordinato un cono, pagando e guardando imbambolato il riccio che si dedicava con attenzione al gelato, sporcandosi il contorno delle labbra e la punta del naso.
«Dio, sei un disastro, piccolo.» scoppiò a ridere il maggiore, intenerendosi alla vista del viso imbronciato del più piccolo.
«Non infierire.» borbottò l’altro, arrossendo. Louis lasciò cadere distrattamente lo sguardo sull’orologio sul suo polso, notando in panico quanto fosse tardi.
«Harry, ti conviene correre.» lo guardò ad occhi sgranati.
«Che succede?» chiese allarmato il riccio, con la bocca sporca di gelato.
«Il treno!» urlò praticamente, prima di prenderlo per il polso e trascinarlo in una corsa, resa difficile dalla presa del più piccolo sul suo gelato. Quando giunsero alla stazione, il castano notò con dispiacere che il treno fosse già partito, ritrovandosi con un cuore in gola per lo sforzo e le gambe a pezzi, dovute al trascinamento del riccio che intanto si godeva nuovamente il suo gelato, che aveva fatto di tutto per non far cadere. «L’abbiamo perso.» sospirò afflitto il maggiore, dicendo addio ai suoi piani romantici.
«Perché ti dispiace tanto? E’ solo un acquario, ci andremo un’altra volta.» tentò Harry, cercando di consolare il maggiore, che sembrava davvero distrutto. Era soltanto una gita, no?
«E’ che non capisci! Io dovevo dirti una cosa all’acquario!» sbottò Louis, incapace di trattenersi oltre di fronte all’ingenuità –o stupidità- di Harry.
«E non puoi dirmela adesso?»
«Come posso dirti adesso che ho una cotta stratosferica per te?! Doveva esserci l’acquario, e la vasca con i delfini, e la luce bluastra. E poi io ti avrei baciato!» sproloquiò il castano, rendendosi conto solamente dopo di ciò che in realtà avesse detto. «Oh merda.» biascicò infatti, sgranando gli occhi e portandosi le mani alla bocca, fissando il riccio, che intanto sorrideva tranquillo.
«Dio, non volevo dire quello, Ha-» Louis fu interrotto, quando cominciò a blaterare per scusarsi, dalle labbra del riccio, che si poggiarono sulle sue delicatamente.
Il bacio fu approfondito solo in seguito, quando il castano metabolizzò a fondo la situazione, rendendosi conto che dio, Harry lo stava baciando! Il riccio, intanto, continuò a baciarlo lasciandogli sulla lingua il sapore di quel maledettissimo –o benedettissimo?- gelato alla fragola.

Quando ti aspettavo all’uscita dalla scuola?

Louis sorrise, le mani nelle tasche dei suoi jeans esageratamente aderenti –e li indossava sapendo quanto, svariate persone, di entrambi i sessi, ammirassero il suo fondoschiena, poggiato alla colonna di cemento del marciapiede di fronte l’entrata principale dell’istituto superiore Jefferson, nel centro della piccola cittadina inglese in cui viveva.
Si passò una mano tra i capelli, che aveva tagliato da poco, mordendosi il labbro in attesa del suo ragazzo –e nonostante fosse passato del tempo, pensando che stessero insieme ancora gli faceva venire la pelle d’oca, che bambinone.
Era ormai un anno e mezzo che aveva smesso di frequentare quel liceo, essendosi diplomato ed avendo cominciato l’università, e, nonostante non avesse mai amato quel posto, ci si recava molto volentieri, se era per aspettare che il suo ragazzo uscisse da scuola.
Harry ormai si avvicinava ai diciotto anni, ed era cresciuto notevolmente, tanto da superare in altezza anche Louis. Probabilmente nessuno avrebbe detto che tra i due fosse il castano il più grande.
Quest’ultimo, era felice. Da circa un anno era ufficialmente fidanzato con il riccio, il suo migliore amico da una vita, e soprattutto, lo schianto che era diventato, apparteneva a lui, solo a lui.
Si sentiva.. soddisfatto. Non avrebbe mai lasciato a qualcuno la possibilità di portarlo via.
Louis si guardò attorno, osservando attentamente il cortile popolarsi di ragazzi, cercando tra di essi una testa riccia. Non appena la vide si rilassò, poggiandosi nuovamente alla colonna, dalla quale si era spostato, aspettando che Harry lo raggiungesse.
«Buongiorno, Boo.» lo salutò il piccolo, non appena gli fu vicino, scoccandogli un bacio sulla guancia, che si trasformò ben presto in un bacio sulle labbra, dopo che Louis spostò il viso velocemente per coglierlo di sorpresa.
«Adesso lo è.» ridacchiò il più grande, cingendogli la vita con un braccio, mentre sentiva le proprie spalle circondate dal braccio muscoloso del riccio.
«Mi spieghi perché mi aspetti sempre dopo scuola? Non hai da studiare per gli esami?» si informò Harry, guardandolo in segno di ammonimento.
«Si, ma io ho anche bisogno di vedere il mio ragazzo, di tanto in tanto.» mise il broncio il castano. «E poi il libro è noioso!» piagnucolò, consapevole che il riccio non avrebbe resistito a baciarlo pur di farlo stare zitto. E Louis ghignò quando le sue previsioni si avverarono.

Quando tutti ci sembrava non potesse mai finire?

Louis si sistemò la t-shirt bianca attillata, prima di infilarsi la giacca scura e mordicchiarsi l’interno della guancia nervoso. Respirò profondamente, per infondersi coraggio, mormorandosi ripetutamente “andrà tutto bene Lou”, prima di prendere il suo iPhone dal mobiletto bianco accanto l’armadio nero laccato ed uscire dalla stanza, scendere le scale e raggiungere il suo ragazzo, Harry, che lo aspettava.
«Allora, sei pronto?» mormorò il riccio, puntando le sue iridi chiare in quelle altrettanto chiare del compagno, che intanto continuava a dare segni di nervosismo.
«No.» ammise, infatti, il castano, sospirando, massaggiandosi la mascella.
«E’ solo una cena con i miei, Boo.» sbuffò Harry, prendendogli la mano, baciandogli la guancia, inebriandosi dell’odore di dopobarba –lo adorava- che il maggiore emanava.
«Non è solo una cena con i tuoi.» borbottò imbronciato Louis, comportandosi esattamente come avrebbe fatto circa una decina di anni prima se gli avessero negato un qualsiasi giocattolo.
Ma Harry, per lui, era tutto fuorché un gioco, chiaramente.
«Ah, no? Ci saranno Gem, mamma e Robin, che tu, oltretutto, conosci. Ti vogliono bene.» tentò di rassicurarlo il riccio, che, nel corso di quell’anno di relazione, era decisamente cresciuto, rasentando ormai il metro e novanta, contro il metro e settantacinque dell’altro. «Si, ma quando sono venuto a casa tua, mi sono sempre presentato in qualità di tuo migliore amico. Stasera cosa dirai loro? “Scusate, ricordate l’annuncio che dovevo fare con Lou? Ecco, io e lui in realtà stiamo insieme da un anno!”?! Non pensi che a tua madre possa venire un infarto?» sbottò il maggiore, paranoico in maniera esagerata, scatenando l’ilarità di Harry che, invece di entrare in panico, lo abbracciò forte, baciandogli la fronte.
«Ti amo, Tomlinson. Quindi, se voglio dirlo alla mia famiglia è solo per correttezza. Se non dovessero essere d’accordo, non ti lascerei.» sussurrò poi lo stesso, baciandogli dapprima le guance, poi il profilo della mascella, il naso, il mento, ed infine le labbra.
Louis, dal canto suo, aveva cominciato a perdere la ragione –smettendo di frignare- nel momento esatto in cui le labbra del suo compagno erano entrate in contatto con il suo viso.
«Porca puttana, ti amo anche io.» si lasciò sfuggire poi, tra le risatine di Harry, baciandolo piano, aggrappandosi a lui, sorridendo. «Allora, sei pronto ad andare?» si informò il riccio, riprendendo la sua mano, sorridendo nel vederlo annuire. Uscirono dall’appartamento del castano, tenendosi la mano, salendo nell’auto del più piccolo. Raggiunsero in poco casa Styles, e ad accoglierli trovarono Anne e Robin, mentre Gemma li avrebbe raggiunti in seguito, troppo impegnata a trascorrere del tempo con il suo ragazzo; d’altronde, chi, tra Harry e Louis, avrebbe mai potuto biasimarla?
I due ragazzi constatarono, poi, durante la cena, con immensa gioia, che il passo più grande era stato fatto; erano stati accettati anche dalla famiglia del riccio, senza alcuna remora.
Il maggiore notò con sorpresa come gli sguardi si Anne, Gemma, Robin, furono dapprima sorpresi, meravigliati, a tratti persino felici, ma mai disgustati. Ne era decisamente felice.
Potevano amarsi senza segreti, e, soprattutto, sperare che le cose continuassero ad andare così bene per ancora tanto tempo. In fondo, Louis, quando Harry aveva pronunciato le parole “Lo amo e voglio sia l’uomo della mia vita”, aveva sentito il cuore stretto in una morsa di tenerezza, perché provava le stesse identiche cose.
A fine serata, quando si ritrovò nel suo letto, prima di addormentarsi, penso seriamente che, forse, il suo amore non sarebbe mai finito. Sarebbe aumentato a dismisura, fino a causare un’esplosione d’amore.

Ti ricordi quando coricati sotto il sole,
quando un bacio interrompeva tutte le parole?


Era maggio, cominciava a fare decisamente caldo e voglia di studiare Louis proprio non ne aveva.
Queste furono alcune delle cause per cui prese la decisione di inviare un messaggio al suo ragazzo, chiedendogli apertamente di marinare la scuola per seguirlo in una piccola “fuga”.
Harry era uno studente modello dell’ultimo anno; i suoi voti erano tra i migliori del suo corso e, nonostante ciò, era bellissimo da far male ed era un fidanzato perfetto.
Spesso Louis si ritrovava a chiedersi come facesse a conciliare tutto.
Il flusso dei pensieri del castano si fermò non appena il suo cellulare vibrò mostrando sullo schermo illuminato la risposta del riccio, che citava una battutina sul suo modo di portarlo sulla cattiva strada e su dove lo aspettasse per andare.
Louis non si fece pregare, ovviamente. Uscì di casa, dopo essersi sistemato, e, prendendo l’automobile, raggiunse il parchetto dietro il liceo, dove Harry lo stava aspettando.
Lo fece salire in macchina, salutandolo con un piccolo bacio sulle labbra.
«Buongiorno, piccolo. Sicuro sicuro di volermi seguire? Potrei portarti in un posto losco, eh.» lo provocò il castano, facendo ridere il riccio. «Non faresti male nemmeno ad una mosca, Lou.» lo prese in girò il fidanzato, dandogli un piccolo buffetto sulla guancia. «Dove mi porti?» «Aspetta e vedrai, babe.» ghignò il maggiore, guidando nei limiti di velocità consentiti.
Quando ormai furono fuori città, accostò nei pressi di un boschetto, facendo scendere dalla vettura il suo giovane accompagnatore. Lo prese per mano, cominciando a camminare per il sentiero, che poi abbandonò, per raggiungere una radura leggermente in pendenza, che dava la vista su un lago illuminato dalla luce del sole. Harry era decisamente stupefatto dalla magnificenza di quel posto.
«Ricordi quando l’estate scorsa sei andato in vacanza con i tuoi? A volte giravo in macchina, e ho trovato questo posto, bello vero?» sorrise il castano, passandosi una mano tra i capelli, mentre con l’altra teneva quella del suo compagno, della quale accarezzava il dorso con il pollice. «E’..bellissimo.» riuscì a biascicare il riccio, seguendo il castano, che intanto si era seduto sull’erba fresca, per poi coricarsi. Si accoccolò al suo fianco, lasciandosi accarezzare.
«Amo il modo in cui la luce del sole si rifletta sull’acqua.» mormorò Louis, sorridendo, felice.
«Io amo..» il “te” che stava per uscire dalle labbra del riccio si disperse nell’aria,catturato poi da quelle fameliche di Louis. Non c’era bisogno di parole, tra loro, non ce n’era mai stato.

Quando noi dall'alto uniti guardavamo il cielo?

Harry si dondolava sui talloni, in attesa; Louis trovava fosse decisamente adorabile, con quell’aria da eterno bambino che aveva. Decise che forse avrebbe dovuto smetterla di farsi attendere, ma che ci poteva fare, era un ritardatario cronico, e certe abitudini erano dure a morire. E poi, inutile negarlo, lo faceva anche per provocare un po’ il suo ragazzo, che prima lo sgridava e poi lo baciava come se niente fosse successo, adorava quelle situazioni. Adorava un bel po’ di cose, si.
Uscì dal bagno, prendendo il suo ragazzo e trascinandolo con sé senza dargli la possibilità di proferire parola. Era la loro prima vacanza insieme, era notte, e lo avrebbe portato in un posto che gli avrebbe fatto mozzare il fiato tanto era bello.
Non prese l’automobile, percorse quel sentiero di montagna, raggiungendo un piccolo posto isolato, con Harry al seguito, che lo guardava tra il confuso e l’innervosito.
«Eccoci qui.» sorrise candidamente il castano.
«Grazie per avermi considerato, Boo, eh!» sbottò offeso il piccolo, voltandosi, mettendo il broncio.
«Dai, amore mio.» ghignò Louis, baciandogli la guancia, prendendogli la mano. «Poche storie e siediti per terra.» sorrise in seguito, trascinandolo su di sé, per poi fargli rivolgere lo sguardo al cielo.
«Mi hai portato qui per farmi vedere le stelle?» cercò di mormorare infastidito il riccio, con scarsi risultati, poiché l’arrabbiatura stava già svanendo.
«Si amore, guarda quante ce ne sono. Sai che i marinai, in passato, usavano, per orientarsi, la stella polare?» sorrise Louis, sentendo il compagno arrendersi tra le sue braccia, baciandogli la guancia.
«E tu sai di essere la mia stella polare? Io seguirei sempre te.» sussurrò roco il riccio, guardando gli occhi azzurri del fidanzato, commosso. «La stella polare, anche se sembra eterna, cambia una volta ogni duemila anni, quindi prima o poi non sarà più la stessa.» disse Louis, soffiando sulle labbra di Harry, smaniando dalla voglia di baciarlo, ma trattenendosi per non rovinare quel momento di dolce intimità.
«Non dire queste cose poco romantiche, la mia stella polare non cambierà mai.» e, sulle labbra del riccio, Louis sorrise teneramente.

Non sapevamo che a volte
il destino decide per noi.


Quando quel pomeriggio di fine settembre, Louis riceve la telefonata di una Anne in lacrime, pensa che sia tutto uno scherzo. Quando invece si rende conto di quanto le cose siano reali, le lacrime non possono evitare di scendere, bagnando il suo viso da uomo. Quando raggiunge l’ospedale, e si lascia andare tra le braccia di Gemma ad un pianto disperato, pensa che non ci fosse nulla di peggio dello stare lì senza poter fare niente.
Quando Anne gli dice che Harry ha avuto un incidente d’automobile, mentre tornava a casa dall’università, Louis ripensa a quando, quel mattino, abbia provato a convincere il suo ragazzo che essere accompagnato a casa non gli avrebbe fatto male, e si sente tremendamente in colpa per non aver insistito.
Quando il medico esce dalla sala operatoria, dando a tutti i presenti la notizia della morte di Harry, Louis sviene, mentre una parte di lui spera di poter raggiungere il suo amato.

Ogni tanto passo ancora sotto casa tua
e quando penso che il destino ti ha portato via,
il dolore spinge fuori le mie lacrime.


Sono passati ormai due anni dalla morte di Harry Styles.
Louis, ormai, vive nel ricordo dell’amore della sua vita.
Mangia poco, beve l’indispensabile, esce solo per cose strettamente necessarie.
Charlotte, sua sorella, si è trasferita da lui, per controllare che provi a reagire, senza risultati.
Lo psicologo dice che stia ancora elaborando il lutto, nonostante siano passati ben due anni. Ma quello, è un dolore talmente grande che forse nemmeno il tempo potrebbe sanare.
Louis si decide ad uscire di sua spontanea volontà solamente all’anniversario della morte di Harry.
Si reca al cimitero, fermandosi alla tomba del ragazzo, che in foto sorride come un angelo.
E Louis, ne è certo, in quel momento lo sta guardando. Sente lo sguardo di quegli occhi verdi ancora addosso, come se non fosse mai andato via.
«Mi manchi Harry, nemmeno immagini. Ti amo.» riesce a mormorare il castano, prima di lasciarsi andare ad altre lacrime. Sulla strada del ritorno, prende la decisione di deviare strada.
Passa sotto la casa del riccio, rimasta disabitata in quegli ultimi anni. Louis ha con sé ancora le chiavi, non se ne è mai separato, e si è rifiutato categoricamente di affittarla. Tra le lacrime dovute al dover affrontare ancora quel dolore, fa una cosa che non è mai riuscito a fare prima di quel momento. Apre la porta dando sfogo a tutti i suoi ricordi, che ha tentato di tenere a bada per soffrire un po’ meno.

Credimi, che mi manchi tanto adesso, oggi, come allora.
Dimmi che non senti che l'anima tua vola;
ti respiro e tu mi sfiori impercettibile.


Quando Louis mette piede in quella casa, si rende conto che nessuno, neanche con tutto l’impegno del mondo, potrebbe fargli dimenticare Harry Styles.
Il riccio, prima di essere l’amore della sua vita, era il suo migliore amico. Era l’unico a conoscere tutta la sua vita, ad aver accettato ogni singola sfaccettatura del suo carattere.
Come potrebbe mai dimenticare colui a cui ha donato sé stesso, colui ama ancora? Non potrebbe mai farlo, semplicemente.
Louis sale al piano di sopra della villetta, accedendo alla camera da letto del suo ragazzo, mentre una voragine fatta di dolore e disperazione gli si apre nel petto.
Non ha mai smesso di mancargli, Harry, nemmeno per un istante.
Il castano apre l’armadio del ragazzo, dove, tra un lieve strato di polvere, vi sono ancora tutti i suoi vestiti, mai spostati. Louis prende una delle sue magliette, annusandola, e, per quanto assurdo, gli sembra di sentire ancora il suo odore.
Per l’ennesima volta le lacrime gli rigano le guance, mentre ricorda i momenti in cui, dopo aver fatto l’amore, rubava quelle magliette per girare per casa, e poi accoccolarsi tra le braccia del riccio a guardare la tv.
Louis, però, nonostante il dolore, in quella casa, riesce a sentirsi completo. Sente l’anima di Harry entrargli dentro per poi appollaiarsi sul suo cuore fino a penetrarlo, per poi farlo esplodere e splendere, come una supernova.

Non lo sapeva il destino
che noi siamo più forti di lui.


Louis ha ormai 23 anni, è un uomo adulto. Ha interrotto l’università, ma nel momento in cui ha ritrovato le vecchie cose del suo ragazzo, ha capito che forse, dovrebbe ricominciare a studiare, per renderlo fiero di lui.
Louis ha capito che lui, Harry, lo amerà per tutta la vita.
Harry, ormai, vive nei suoi ricordi, nei suoi gesti, nel suo cuore.

Io non mi dimentico
dei sogni irraggiungibili,
degli attimi lunghissimi
a superare il vento.


Louis, coricato sul letto di casa Styles, fa tornare alla mente tutti gli attimi trascorsi a coccolare il suo ragazzo e, un po’, si pente, di non aver fatto più di quel che è riuscito a fare.

Io non ti dimentico
perciò non farlo neanche tu;
ricordati dovunque sei;
Ricordami, ricordati di noi.


Louis, sul letto di casa Styles, pensa che Harry non ritornerà più, e, nonostante i buoni propositi, capisce di essere rimasto solo, per sempre, con la speranza che dall’altro mondo, il riccio, non lo dimentichi mai.



*La canzone è "Ricordati di noi" di Valerio Scanu.

   
 
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