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Autore: Ivan_    16/03/2013    1 recensioni
Tralala, Valhöll perché il Walhalla è un posto bellissimo.
Storia di un ragazzo qualsiasi che non aveva niente da fare, a voi
"Mi chiamo Ivan e questa è la storia della ragazza che amo e di come mi piacesse far annegare le formiche nel bianchetto."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Chapter Two.

 

Si chiama Elena, l'ho detto, sì? è celiaca. Se alla mattina mi sveglio a casa sua e voglio baciarla devo farlo prima di fare colazione con pane e nutella, se no poi sta male.

Ha gli occhi azzurri, non di quell'azzurro slavato, sono profondi e screziati di giallo, sono occhi che mangiano, grandi e luminosi. Sono gli stessi occhi che all'ultimo San Valentino ho visto colmarsi di lacrime perchè le avevo fatto trovare a casa tre rose -di questi tempi costano un occhio della testa per essere dei fiori-. Non che nessuno le avesse mai regalato un fiore, capite? Era la sorpresa, era quella che sembrava portare il colore delle sue iridi a colare direttamente sulle guance.

È bassina, quando lava le posate nascosta nell'angolino della cucina non si aspetta mai che io la raggiunga da dietro per schioccarle bacetti dietro l'orecchio destro, giù lungo il collo. La sua pelle sa di buono anche senza profumo, odora di tenerezza e passato tormentato.

Ha diciannove anni, perchè lei è nata in Maggio, nel periodo delle formichine e del bianchetto, nel periodo a metà tra la primavera e l'estate, quando tutto si sgranchisce e si apre al sole. Io sono nato in Dicembre, il 3, alle sei di mattina, dall'altra parte dell'anno rispetto a lei.

È appassionata di film horror, io faccio scena accogliendola tra le braccia quando prende paura, rassicurandola, quando in realtà ad ogni colpo di scena mi si sciolgono le budella e mi ritrovo il cuore in gola.

 

E ovviamente a tutto questo penso ogni volta che trovo un suo messaggio sul cellulare.

Non è che ci pensi proprio, sono più ricordi accumulati e sensazioni nascoste sotto la superficie, che vedo e non vedo. Ecco, potrei dire di percepire un 'noi'.

Mi sento stupido a ritrovarmi ogni volta imbambolato a fissare il nulla mentre la mia mente si distacca e viaggia nel fiume di ricordi che ho.

Nel caso non si fosse capito sono un 'ricordatore'. Mi piace rivedere il passato, rivedere le cose, perchè senza un passato non potremmo essere le persone che siamo.

Sapevo che avrei dovuto fare il filosofo straccione invece che impuntarmi con una scuola che non mi piace, ma questo discorso mi schifa tanto quanto Chimica quindi lo lascerò a parte, non c'è spazio.

Torniamo ai messaggi sul telefono. Alla mattina mi sveglio alle sei e quaranta e aspetto che sia lei a rivolgermi la parola, non per mancata galanteria, ma perchè mi piace premere un tasto casuale e vedere l'icona della busta in alto nello schermino luminoso e provare quel brivido di felicità. So già che sarà lei e mi dirà un buongiorno e una lamentela, o sul sonno o su una verifica. È routine, è la nostra routine.

E io le risponderò a mia volta Buongiorno e anche io/io invece Lamentela.

Lei mi consola, io smonto il suo rassicurarmi, a volte le scrivo cose brusche per prolungare i suoi discorsi affettuosi, la faccio stare sulle spine per vedermi arrivare tre messaggi uno dopo l'altro, in sequenza: ci sei? ; mao? ; inizio a preoccuparmi.

Mi piace farla stare in pensiero, ci provo un gusto malsano, ma è lei ad istigarmi facendomi venire in mente quel suo torcere le manine quando è in ansia.

La provoco per immaginarmela. Per sentirla reale anche se è lontana, fino a Sabato, solo fino a Sabato.

Poi mi riscatto, sono io a proteggerla dal mondo brutto e cattivo.

Mi miagola quando non l'ascolto, ma miagola anche alla sua gatta per farla miagolare e miagola a sua madre per farsi dare una mano. Mah.

Miagola e mi posa un bacio leggero sulle labbra finito di fare l'Amore, e io ricambio proteggendola dai suoi brutti pensieri.

Ormai sarà mezzo'ora che me ne sto steso sul letto a guardare il soffitto al buio in attesa che il sonno mi abbracci e i miei occhi si decidano finalmente di chiudersi e i miei pensieri facciano altrettanto e mi lascino in pace.

Fisso il buio e mi stringo nelle coperte.

Non chiede mai un abbraccio la mia piccola Elena, si limita a mangiucchiarsi il labbro e guardare a terra finchè non mi accorgo che tutto in lei grida di stringerla.

So di dire cose scontate che chiunque sarebbe capace di dire, ma a volte sono proprio le cose più semplici a sfuggirci.

E all'arrivo di mezzanotte e quaranta forse dovrei piantarla di atteggiarmi a portatore di frasi fatte che fa il vissuto e dormire.

-Taglio netto.

  
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