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Autore: Xereff    16/03/2013    0 recensioni
Dal capitolo Volter (quarta parte)
Il Grande Saggio fece un profondo sospiro, poi aggiunse: "Certo che è proprio come dicono le leggende, i Guardiani del Tempo sono esseri assolutamente fuori dalla concezione umana. Le loro azioni, anche quelle più piccole, possono veramente influenzare gli eventi. Loro sono assolutamente entità onniscienti. Sembrano conoscere in anticipo il risultato di tutte le loro singole azioni.
Non oso assolutamente immaginare cosa succederebbe se uno di loro decidesse di interferire nel corso della storia. Chi sarebbe mai in grado di fermarlo? Siamo fortunati che questi esseri leggendari compaiano solo per equilibrare i mondi e gli universi, ricacciando i demoni del piano della non-forma nella loro dimensione, e non per essere dominatori."
Ma questa non è una leggenda!
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
Capitoli:
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Attenzione: La storia è attualmente sotto correzione. La trama non subirà alcuna modifica nel contenuto. Saranno effettuate solo alcune migliorie stilistiche e correzioni alla sintassi. Ripubblicherò al più presto tutti i capitoli riletti e corretti e il proseguo delle avventure di Aislynn.
Mi scuso con tutti i lettori. Il presente capitolo di Volter è il primo frutto della collaborazione con Neroghiaccio che si è così gentilmente proposta come mia beta reader.
Buona (ri)lettura.

 

Tanti nomi e tante lettere per non dimenticare, per non lasciare che il tempo, così minaccioso e spietato, modelli e intacchi ciò che si è visto e ciò che si è detto.
Parole e lettere. Parole e suoni. Di tante lingue e di diversi umori. Parole foriere di notizie, di storie, di speranze e di orrori.
Storie e leggende, favole e religioni. Concetti lontani tra loro, alieni tra loro, ma accomunati sempre dallo stesso denominatore, così semplice e così astratto: le parole.
Tramandano il sapere, il passato e il presente e a volte preannunciano il futuro.
Quando abbracciano i suoni... sono voci, leggere e volatili. Quando graffiano fogli... sono libri, saldi e stabili. Inattaccabili.
E’ così che affidiamo a loro la nostra storia e le nostre leggende.
 
E questa non è una leggenda.
 
E’ quello che vorrebbero che fosse, solo una leggenda.
Una di quelle leggende conosciute da pochi.
Sussurrata all'orecchio col timore di essere uditi.
Tramandata grazie ad un istintivo ma inspiegabile senso del dovere... e con la speranza di essere compresi.
 
Ma questa non è una leggenda.
 
Scriverne è assolutamente proibito perché le parole, anche le più innocue, possono essere fonte di magia. Come delle rune, creano qualcosa, sono le radici degli alberi chiamati Memorie e Credenze.
Sono ormai passati quindici anni dall'ultima volta che ne ho sentito parlare in modo coerente. Dall'ultima volta che incontrai uno dei Nove. Dall'ultima volta che attraversai i mastodontici portali del palazzo reale di Lord Hyle.
E ormai anch'io sto dimenticando.
E mi viene un po' da sorridere ripensandoa come invece da grande presuntuoso, quale spesso so essere, ripetevo a me stesso e ai miei compagni di avventura: "Non lo dimenticherò mai! Non vi dimenticherò mai!" E invece eccomi qui, chino su questi libri, scritti probabilmente da chi non sa come andarono veramente le cose, o da chi vorrebbe che i posteri ricevessero ilSuo messaggio, e non quello che realmente fu, perché spesso la verità può essere... velenosa. Sono qui a pensare e ripensare, cercando di pescare nell'oceano dei miei ricordi, sommersi da altri quindici anni di ricordi, un appiglio, uno spunto per scrivere la verità. E poi sia quel che sia. La morte? La tortura? La sala delle lame? Del fuoco? Tutto ciò è niente, se paragonato a quello che sta affrontando il mondo a causa della menzogna e di quello che “loro” chiamano equilibrio e che in realtà non è che una bilancia con un piatto solo. Il piatto è lì, fermo, fisso sul fondo.
Senza possibilità di risollevarlo.
Non solo perché non c'è più alcuna forza in grado di rialzarlo, ma soprattutto perché non c'è un secondo piatto. E' stato volutamente tolto per creare “l'equilibrio”.
Ecco perché devo assolutamente completare questo libro. Non solo per non dimenticare, ma anche per dare al genere umano e alle altre razze tutte, un secondo piatto su cui poggiarsi. Un secondo piatto per creare instabilità in questo "equilibrio" che di equo non ha nulla, se non il nome. Darò al mondo il mio talismano, quello del sapere, affinché ci sia ancora una scelta. Perché che cos'è la vita senza possibilità di scelta,se non una pseudo-vita.
Un mosaico i cui tasselli sono già stati tutti tagliati e predisposti per creare qualcosa che di creativo non ha nulla.
Deve essere completato e basta.
Non deve differire da quello degli altri e non deve variare in nessun punto. E soprattutto... deve ricreare la stessa medesima arrogante immagine.
Così siamo noi adesso: nascita, esistenza e morte. Senza possibilità di scelta. "E' inevitabile!" dicono. "E' la vita!" in coro. "E' il modo migliore per essere felici".
E così viviamo la nostra vita. Che poi,vissuta così, di nostro ha ben poco. E' la “Loro” vita. Appartiene a “Loro”.
E non abbiamo scelta.
E la bilancia è immobile nel suo squilibrio.
E poi è la fine.
Arido il palato e amaro il cuore... 
 

 
“E con queste parole si interrompe, Grande Saggio.”
“Uno scritto decisamente originale, non trovi? Dimmi, mio caro Volter, riesci a comprenderne il significato?” chiese il Grande Saggio Dussfal,in tono sarcastico,al giovanissimo allievo che sembrava interessato e al tempo stessopoco propenso a considerare analizzabile quel bel foglio decorato da oscure e complicate rune protettive. Probabilmente un altro di quegli enigmi a cui il Grande Saggio Dussfal era solito sottoporre i suoi allievi per poterli canzonare e, allo stesso tempo, dimostrargli che la strada della vita non poteva che essere in salita per coloro che non si applicano allo studio con pazienza e determinazione.
 
Senza alzare lo sguardo verso il suo maestro, Volter rispose tutto d’un fiato: "Il testo non è complicato e,a meno che all’interno non vi siano celati altri messaggi protetti da quelle rune, che non sono in grado di leggere, credo di poter asserire che probabilmente si tratta di un antico testo che introduce ad una di quelle leggende che studiamo solitamente nel giorno dei sogni con il Maestro Grehanm.”
"Sempre pronto ad esprimere il tuo pensiero senza timore di sbagliare. Questo è degno di lode, mio giovane Volter. Ma purtroppo,anche questa volta,la fretta di rispondere ti ha portato sulla strada sbagliata. Devi avere più pazienza,ragazzo mio!”, lo rimproverò in modo insolitamente paterno il Grande Saggio Dussfal.
Dallo sguardo affettuoso del suo mentore Volter non era in grado di capire se la sua risposta fosse veramente errata o se il suo maestro stesse volutamente nascondendogli che,in realtà,questa volta stava andando, come avrebbe detto perl'appunto lo stesso Grande Saggio, nella strada giusta.
“Dove ho sbagliato,Grande Saggio? Perché dite che la fretta mi ha messo fuori strada?” chiese, abbastanza indispettito, il giovane allievo.
A questo punto, senza dire una parola, il Grande Saggio gli fece cenno di osservare più attentamente un punto del foglio. Nell'angolo in alto a sinistra, tra le foglie, dipinte con tanta grazia e che in modo così elegante abbracciavano una di quelle oscure rune ai margini dello scritto, c'era una particolare serie di segni. Leggeri e appena leggibili. Come se fossero stati scritti più per annotare qualcosa che per trasmettere al lettore un messaggio particolare.
"Non capisco", dichiarò senza timore il giovane Volter. "A me sembrano dei semplici segni senza alcun significato. Di che cosa si tratta Grande Saggio?"
Il Grande Saggio Dussfal sorrise di nuovo. Poi tese quel foglio al suo allievo prediletto,dicendo: "Vorrei che fossi tu a spiegarmelo. Prendi questo foglio con te e cerca di studiarlo, di analizzarlo come se fosse un Testo della Fortezza Dimenticata. Quel segno è un punto di partenza. C'è ben altro celato in questo prezioso foglio."
Il ragazzo rimase serio per un momento. Era un po' deluso da questo nuovo esame del suo maestro di arti arcane. Ma sapeva bene che rifiutarsi non sarebbe servito a rimuoverlo da quel nuovo inglorioso incarico. Analizzare un così insulso pezzo di carta non gli avrebbe fatto ottenere nuove conoscenze magiche, ma probabilmente solo un nuovo demerito nel suo curriculum di apprendista.
Avrebbe preferito di gran lungadedicarsi ad altre cose, piuttosto che dover perder tempo su quel pezzo di carta che non diceva nulla di interessante.
Comunque fece buon viso a cattiva sorte e riprese il foglio tra le mani.
“Quanto tempo mi da questa volta, Grande Saggio?”
“Per il Giorno degli Spiriti dovrai portarmi una completa analisi di questo... pezzo di carta” rispose il Grande Saggio,fissando il suo allievo negli occhi come se volesse cercargli qualcosa nell'animo. Il ragazzo ebbe un lieve sussulto.
Erano passati sei anni da quando aveva incontrato il Grande Saggio Dussfal e ancora oggi non aveva ancora del tutto chiaro se il suo maestro potesse leggergli o meno nel pensiero.
Sentirgli dire in quel modo quasi sarcastico questo pezzo di carta era bastato per incutergli nuovamente del timore. - So quello che stai pensando, ma devi fare come voglio io anche questa volta - sembrava volesse dire il Grande Saggio.
“Benissimo, farò come volete voi,Grande Saggio. Ve lo riporterò prima del Giorno degli Spiriti.” disse, alzandosi dalla pesante sedia di legno di ciliegio, che insieme alle altre cinque ed al massiccio tavolo, costituivano l'unico mobilio di fattura umana dello studio personale del Grande Saggio Dussfal.
Le grandi librerie, pesantemente ricolme di innumerevoli testi che abbracciavano le più disparate branche delle scienze naturali e sovrannaturali, erano state fabbricate dagli abitanti del Bosco Perduto. L'elegante fattura e le rifiniture richiamavano, senza ombra di dubbio, le maestrie artistiche degli elfi alti.
Il restante mobilio era formato da una colonna magica del respiro proveniente dal Regno Sottomarino, sovrastata dal Cerchio del Pensiero: due semisfere di rame, vuote all'interno, in moto perpetuo l'una dentro l'altra. Creavano un leggero e continuo suono metallico che, si diceva, stimolasse il pensiero e la concentrazione.
A completare l'arredamento c'era una piccola Vasca della Purificazione sulla parete, accanto all'unica porta d'ingresso; in cui i maghi dell'ordine era soliti detergersi le mani prima di consultare uno qualsiasi dei volumi del Grande Saggio.
Volter uscì dallo studio e si diresse verso il suo alloggio. In tutto il complesso risiedevano quattro studenti, di cui Volter era il più anziano, e questo lo metteva in una posizione di privilegio rispetto agli altri tre. I maghi dell'ordine erano tre, compreso il Grande Saggio Dusfall. Ogni allievo aveva un suo alloggio personale, ubicato al secondo piano del piccolo palazzo rettangolareche all'interno del suo pozzo di luce custodiva un curatissimo giardino, in cui i ragazzi amavano recarsi per studiare o distrarsi al sole. Lontani dal frastuono delle strade cittadine che imprigionavano il palazzo nella rete delle vie della piccola città di Vanter.
Ancora nel suo studio, il Grande Saggio, continuava ad avere in viso un insolito sorriso di soddisfazione. Stava seduto ancora al suo tavolo e guardava fuori dalla finestra il cielo striato da alcune nuvole primaverili, lente e pacifiche, che sembravano messe lì per annunciare l'imminente arrivo della prossima stagione.
“E' ancora troppo impulsivo!”, disse ad alta voce. “Dovresti essere molto più severo con lui. Invece sei così affascinato dalle sue prodezze intellettive da dimenticare quanto possa essere pericoloso mettere nelle mani di persone abili ma ambiziose poteri così grandi.”
Rispose una voce proveniente dal Cerchio del Pensiero, pacata e rassicurante. Era la voce del grande Grande Saggio Erlam, colui che aveva istruito a suo tempo l'attuale Grande Saggio Dussfal. Erlam era stato sepolto nella piccola cripta sottostante il signorile palazzo che ospitava da quasi un secolo la piccola accademia del sapere, in cui i giovani talentuosi come Volter si formavano nelle arti arcane.
Sin da quando aveva cominciato a leggere e scrivere e ad osservare più da vicino questo mondo, il Grande Saggio Dussfal aveva sviluppato un prodigioso istinto alla percezione delle forze sovrannaturali che si aggirano invisibili agli occhi delle persone comuni.
Durante la maturità e grazie agli studi a cui si era dedicato, la sua capacità si era affinata e gli era stato possibile entrare in contatto con questi spiriti sovrannaturali e, tramite essi, con tutto il loro mondo.
Per via di questo suo dono, o talento, era stato in grado di continuare ad intrattenersi,di tanto in tanto,con il suo vecchio maestro, il Grande Saggio Erlam. Nessuno era a conoscenza di questa sua abilità, al di fuori di quegli spiriti con cui era entrato in contatto nel corso della sua vita.
“Ho molta fiducia nelle abilità del giovane Volter e non temo la sua ambizione. Anche perché adesso so che la strada di Volter è una strada votata al bene”, rispose il Grande Saggio Dussfal, continuando a guardare fuori dalla finestra.
“A cosa ti riferisci dicendo che adesso ne sei sicuro? Cosa ti ha portato a questa conclusione?” Riecheggiò nell’aria nuovamente la voce del defunto Erlam.
Dussfal si alzò dalla sedia e si diresse verso la finestra.
“Se... anzi, quando Volter risolverà il mistero dello scritto che gli ho consegnato, vi sarà tutto chiaro.”
 
 Volter entrò nella sua stanza e come prima cosa gettò il foglio affidatogli dal Grande Saggio sullo scrittoio. Aprì la finestra che dava a nord sulle numerose botteghe di mercanti e artigiani che si alternavano nel quartiere etogliendosi gli stivalisi sedette sul letto.
Volter aveva da poco compiuto ventidue anni,ma per via del sangue del suo bisnonno paterno, un elfo alto della Regione dei Mari, sembrava più giovane di qualche anno.
Le orecchie leggermente puntute e gli occhi di cristallo erano le uniche vestigia di una famiglia che lui non aveva mai conosciuto.
I capelli scuri, il viso ovale e la pelle chiara erano tutti tratti ereditati dalla madre. L’espressione sempre corrucciata e arcigna, invece, era una caratteristica esclusivamente sua.
Volter si sentiva umano in tutto e per tutto e quando il suo maestro a volte lo rimproverava di essere troppo ambizioso per avere del sangue elfico nelle vene, Volter era intimamente orgoglioso di questo suo aspetto decisamente umano.
 
Quando solo meno di un'ora prima il suo maestro lo aveva fatto chiamare, Volter aveva raggiunto lo studio di questi, con la sensazione che qualcosa di nuovo lo stesse aspettando in quella stanza. Invece aveva scoperto che si trattava solo di una specie di lettera, una introduzione a qualcosa, una perdita di tempo. E adesso quel pezzo di carta lo aveva seguito fin nella sua stanza.
Si alzò dal letto, si avvicinò allo scrittoio, scostò la sedia da sotto lo scrittoio ma non si sedette.
“Che cosa aveva di importante o di nascosto questo stupido foglio?” pensò.
Lo rilesse, poi guardò con attenzione le decorazioni ai lati, i segni che il suo maestro aveva sottolineato.
Un'ora trascorse, poi un'altra stava per essere annunciata dalla campana dell'accademia. Era quasi ora di cena.
Un vento più fresco entrava adesso dalla finestra.
Volter era sempre più nervoso. Prima era stato il compito, a suo avviso, poco entusiasmante ad irritarlo; adesso il fatto che più lo leggeva e più non capiva cosa ci fosse di misterioso. Perché gli era stato affidato? Se c'era qualcosa di recondito, perché non riusciva a trovarlo? Eppure era considerato un allievo brillante dal suo maestro e dagli altri maghi che aveva incontrato finora. Le lodi forse lo avevano spinto verso quel punto della personalità da cui poi non è facile districarsi, e che spesso è la rovina di molti individui prima celebrati e poi detestati: la sopravvalutazione.
Adesso era lì, lui, il migliore dei suoi simili, alle prese con quello che non era certo un enigma o una formula magica di altri tempi, ma solo uno stupido pezzo di carta. Il furore in cui lo aveva portato la situazione stava per esplodere, quando decise di prendersi una pausa. - Meglio pensare a stomaco pieno -disse tra sé e sé. Si alzò, si rimise gli stivali. Nel frattempo una fresca ventata sin insinuò nella stanza, spargendo vari fogli impilati sullo scrittoio qui e lì sul pavimento della stanza. Volter li guardò per un attimo,preso dalla voglia di lasciarli là come tappetino e camminarci su come se niente fosse. Ma tra di essi c'erano anche delle lettere del suo vecchio compagno di studi Garmier, un giovane mago che aveva lasciato l'accademia sette mesi prima per affiancare un drappello di guardie dirette a nord, verso le terre di frontiera. Ah, come invidiava il suo compagno che adesso era alle prese con vere avventure!
Raccolse tutti i fogli e li mise sotto il suo libro di incantesimi. Un grosso tomo nero che gli era stato donato dal Grande Saggio e in cui finora aveva trascritto solo pochi incantesimi. Tra di essi solo uno era una magia da usare in battaglia. Tutti gli altri erano semplici incantesimi di supporto. Probabilmente il suo amico Garmier, lì a nord, non aveva certo il tempo da dedicare a certe magie. La sua era la prima linea! E pensando al suo amico e alle sue avventure, Volter spianò i fogli sotto il suo libro e rimase per un po' a fissarlo.
C'era una pagina che restava fuori dalla copertina di cuoio del libro.
Una delle caratteristiche di Volter, che spesso lo metteva in ridicolo di fronte ai suoi compagni, era la sua mania di perfezionismo che spesso lo portava ad accanirsi sui libri in disordine sugli scaffali della grande biblioteca, sui dipinti sbilanciati lungo i corridoi dell'accademia e persino sui fiori secchi nel giardino interno.
Adesso quel foglio che non riusciva ad interpretare era lì, a fissarlo di traverso sotto il suo librone nero. Con una mano afferrò saldamente il libro e con l'altra spinse il foglio più in fondo, sotto la copertina.
Ora che niente spuntava da sotto il libro di incantesimi e che tutto era inquadrato in quel mosaico geometrico ordinato,si sentì più sollevato. - Però che strano! - pensò. Quel foglio di carta era in effetti stranamente grande. Non aveva mai visto una lettera di quelle dimensioni.
Sollevò il libro e confrontò le lettere del suo amico Garmier con la pagina affidatagli dal suo maestro. C'era una bella differenza. Non solo la lettera era più piccola di dimensioni ma la carta era decisamente diversa.
Sicuramente, lì al nord, Garmier non poteva certo avere a disposizione la stessa carta che una qualsivoglia persona poteva facilmente recuperare in una grande città. E poi c'era da considerare anche la differenza di tempo. Garmier gli aveva scritto l'ultima volta circa due mesi prima. L'altro foglio poteva provenire da qualsiasi anno o decade addietro.
Però non era solo quello.
Quel foglio, che ormai conosceva a memoria, adesso gli ricordava qualcosa. Lo tastò ancora una volta con il pollice e l'indice. Quella era carta familiare.
Socchiuse gli occhi e continuò a passare su e giù le dita sul foglio.
Poi aprì il libro degli incantesimi e prese ad esaminare la consistenza delle pagine. Erano così simili. E la grandezza del foglio era identicha. Non c'era alcun dubbio: quello non era un foglio singolo, ma una pagina di un libro di magia, come il suo!
Adesso tutto cominciava a prendere una nuova piega. La strada si stava aprendo davanti a lui e quella non poteva che essere la via giusta.
Qualcuno aveva usato,per chissà quale motivo,il proprio libro di magia come fosse un diario. Una cosa alquanto insolita,se si consideravano i costi elevati di un libro di magia e le tecniche necessarie per compilarlo. Solo una persona avviata allo studio della magia sapeva come scrivere su un tomo magico.
Questo gli dava un nuovo indizio sull'autore del testo. Era un mago,proprio come lui. Un mago che aveva appuntato quel brano su un libro di incantesimi. La domanda più logica adesso era: perché?
Un mago, anche il meno preparato, non avrebbe consumato mai una pagina del proprio libro, nemmeno per fare testamento in punto di morte. Avrebbe voluto dire rinunciare a una parte importante del suo calderone del sapere.
O forse era in una condizione così disperata da non avere altra scelta. In effetti il tono del testo, nonostante l'ambiguità del contenuto e la sua incompletezza, faceva ben intendere che l'autore si trovava in una situazione in cui scrivere era proibitivo. E la pena sarebbe potuta essere la tortura o la morte.
Il mago che era dietro questa pagina poteva essere in condizione di non avere altro su cui scriverese non il proprio libro di incantesimi. Forse era prigioniero? No, nessuno avrebbe imprigionato un mago lasciandolo con il proprio libro di incantesimi. Sarebbe stato come mettere qualcuno in una prigione, consci del fatto che il prigioniero aveva con sè la chiave.
No, non era sicuramente lo scritto di un prigioniero. Allora perché proprio su un libro magico?
Potevano esserci mille e più supposizioni plausibili, tante quante l'immaginario poteva fabbricarne, ma nessuna di queste aveva connotati tali da renderla più consistente delle altre.
Volter si sedette allo scrittoio e liberò dal cappuccio di velluto la candela magica di Fera. Un piccolo oggetto magico regalatogli da un sacerdote della Dea della Luce,durante una visita al Santuario sul Monte Remoto, ove si era recato come valletto del Grande Saggio.
Volter usava la candela magica dalla luce perpetua ogni volta che restava sveglio a studiare i testi magici, o le pergamene della Fortezza Dimenticata: le più misteriose e complicate.
Adesso,invece,era preso dall'analisi di un foglio magico il cui contenuto non lo entusiasmava affatto, ma i dettagli che finora aveva raccolto lo avevano stuzzicato abbastanza per farlo desistere dall'abbandonare la sua stanza e la sua ricerca.
Rimase per alcuni minuti seduto allo scrittoio davanti al suo libro di incantesimi, raccogliendo tutti i suoi pensieri.
Poi riesaminò tutta la situazione, giungendo ad una nuova considerazione: nelle pagine dei libri di magia si possono nascondere infinità di codici e di informazioni.
Ogni mago ha i suoi personali codici. Deve averli. Altrimenti chiunque attingerebbe al libro di incantesimi altrui con la semplicità con cui si può consultare un libro in una biblioteca.
Ogni mago aveva il suo codice e solo lui poteva attingere al proprio libro di incantesimi a piacimento.
Ma questo non rendeva il libro inutilizzabile da altri. Tale espediente serviva solo a limitarne l'accesso,ma tale limite era comunque superabile.
Tutti i maghi all'inizio del loro  apprendistato venivano messi in condizione di accedere a formule magiche di decodificazione degli scritti magici, dei libri di incantesimi e delle pergamene.
Tale magia era chiamata, nel linguaggio dei maghi,Reaser,ma era più comunemente conosciuta come Lettura della Magia.
Anche Volter,a sua volta,aveva imparato dal Grande Saggio Dussfal ad utilizzare il Reaser.
Ma questo incantesimo gli richiedeva un'intera ora di studio, preceduta da una notte di riposo durante la quale la sua mente veniva rischiarata.
Una mente così limpida poteva facilmente memorizzare nuovi incantesimi consoni alla situazione.
Tutti i maghi erano concordi nel ritenere che la parte più difficile della loro arte fosse proprio l'essere in grado di prevedere quale incantesimo sarebbe stato più utile da memorizzare per affrontare un pericolo, una missione o una battaglia futuri.
Dopo molti anni di esperienza, i migliori maghi sviluppavano un certo sesto senso che gli permetteva di essere sempre pronti alle varie situazioni.
Volter era ancora agli inizi ed era così ansioso di farsi valere che,ovviamente,aveva pensato bene di memorizzare solo incantesimi da combattimento. In quel momento,però,avrebbe dato qualsiasi cosa per avere a disposizione il suo Reaser.
Non poteva aspettare fino al mattino seguente. Era così ansioso di scoprire se quella pagina celava o meno nuove magie, che probabilmente non avrebbe potuto chiudere occhio per l'eccitazione.
Inoltre, se avesse potuto scoprire i segreti della pagina lo stesso giorno in cui gli era stata affidata, anche il Grande Saggio ne sarebbe stato impressionato.
Decise di ricorrere a dei mezzi "illeciti". Aveva conservato nel suo baule una parte della Pozione della Cancellazione che il Maestro Mehan, il suo maestro di Alchimia, gli aveva mostrato durante una lezione e che Volter aveva ben pensato di sottrargli proprio perchè si trattava di qualcosa di proibito.
La pozione era in grado di liberare la mente, di schiarirla nel giro di pochi secondi, di cancellare tutte le magie memorizzate. Normalmente un mago ha bisogno di una notte di sonno per rischiarare la sua mente, ed essere nelle condizioni di poter decidere di liberarsi di vecchie magie e sostituirle con altre più congeniali alla situazione. I maghi infatti, soprattutto agli inzi, non sono in grado di controllare tante formule magiche contemporaneamente e hanno continuo bisogno di “dimenticare” vecchie magie per poi memorizzarne delle altre.
La Pozione della Cancellazione,comunque,aveva dei pesanti effetti collaterali. L'uso continuo e sconsiderato del suo potere causava l'invecchiamento precoce e molti maghi avevano pagato a caro prezzo l'averne sottovalutato gli effetti.
Volter era ancora giovane e aveva dalla sua parte anche la longevità degli elfi,tramandatagli dal suo bisnonno.
Era uno di quei casi in cui Volter si trovava ad ammettere che non era poi così male essere un mezzelfo.
- Un sorso di pozione e tra poco scoprirò cosa c'è di così prezioso in questo foglio. Magari è una di quelle pergamene in cui vengono nascosti incantesimi o mappe del tesoro - pensò, e bevve dalla piccola ampolla il contenuto cristallino simile ad acqua sorgiva. Dall'aspetto più pulito e rinfrescante rispetto alle comuni acque.
Bevve e si sentì in pochi secondi come stordito. Gli mancò il respiro, come succede davanti ad un evento inaspettato e violento.
Poi si sentì meglio. Il respiro tornò regolare e malgrado un leggero tremolio delle mani,non notò altri seri cambiamenti rispetto a due minuti prima, se non che ora si sentiva più riposato, quasi rasserenato. In quel momento gli vennero in mente le parole del suo maestro di alchimia su quella portentosa pozione: “Dopo il primo sorso sono davvero pochi quelli che desistono dall’assumerne dosi sempre maggiori in circostanze di stress o affaticamento mentale. Può portare dipendenza e con essa morte per invecchiamento precoce.”
In effetti,anche lui in quel momento la consideravapiù utile che pericolosa, era un composto davvero interessante. Poggiò l'ampolla sul tavolo e rimase a fissarla finché lo sguardo non gli cadde di nuovo sullo scritto misterioso. La voglia di sapere lo risvegliò dal torpore e prese subito il suo libro di incantesimi. Lo aprì e si mise alla ricerca del suo Reaser. In realtà non c'era molto da cercare e da sfogliare in quanto il suo libro conteneva ancora pochissime magie. Si mise a leggere le parole e le indicazioni del Reaser, una, due, tre volte finché tutto gli rimase impresso nella mente.
Ora era pronto. La magia e il potere di codificazione del Reaser erano suoi. Due parole, poi altre due e la magia lo pervase e adesso poteva vedere tutto in modo diverso, in modo “divino”.
Cominciò a rileggere il foglio, sicuro che questa volta ne avrebbe carpito il vero significato. Purtroppo, nella sua mente di genio non era passata nemmeno per un secondo l'idea che alcuni scritti magici possono contenere trappole e maledizioni di vario genere. Ma il giovane e inesperto mago stava per pagare a caro prezzo la sua avventatezza.
Non appena lesse ad alta voce le prime parole, che quasi sapeva a memoria, le rune impressevi si aprirono e come dei serpenti filiformi si avventarono su di lui.
In un secondo fu loro prigioniero.
Fermo e impossibilitato a muoversi.
Legato alla sedia.
Legato alla pergamena e con la pergamena legata a lui.
In una morsa invincibile.
Poi, dopo la sottomissione... l’orrore.
Sibili e scricchiolii dietro di lui. Qualcosa stava graffiando sul pavimento. Istericamente.
Ma Volter non poteva vederlo.
Voleva disperatamente voltarsi,ma la magia lo aveva legato e immobilizzato.
Dietro di lui qualcosa si stava avvicinano.
Lentamente. Spasmodicamente.
Adesso era sulla sedia. Sì, dalla sedia stava salendo piano piano.
Sulla spalliera. Sulle sue spalle.
Cercò di raccogliere tutte le forze per voltarsi e quando lo sforzo arrivò al limite, con la coda dell’occhio intravide una lunga antenna marrone vibrante.
Trenta centimetri, forse di più. Quale insetto poteva essere così grande? Da dove era entrato? Ma non ebbe il tempo di capire. Non ebbe il tempo di vedere. Una forza invisibile lo stava spingendo verso la pergamena. O era la pergamena che, come un potente magnete,lo stava attirando a sé?
Era tutta una trappola? Una punizione,o una lezione del suo maestro? Tutto stava accadendo così velocemente che Volter non riusciva a considerare altre opzioni se non quella di uno scherzo, di una illusione.
Il foglio di carta cominciò a sprigionare una luce accecante che lo obbligò a chiudere gli occhi.
E nel preciso istante in cui lo fece, non sentì più nulla. Né la morsa dei serpenti intorno alle braccia, al collo, alla testa, né lo sgomento scatenato da quell'attacco così improvviso e soverchiante, né i sibili né altro.
 
Era tutto silenzio, tutto oscurità.
Volter aveva il terrore di aprire gli occhi. Se tale condizione di silenzio e di tenebre era stata ottenuta col suo semplice chiudere gli occhi, riaprirli avrebbe potuto ricondurlo tra le spire di quei serpenti magici dalla stretta così dominante. Il solo pensiero gli incuteva troppa paura e questa volta la sua curiosità fu messa a tacere dal terrore.
Continuò a rimanere con gli occhi chiusi per alcuni istanti. Non aveva a disposizione nessun espediente magico. Era così ansioso di codificare lo scritto magico che, dopo aver rischiarato la sua mente con la pericolosa pozione, aveva pensato di memorizzare solo il Reaser.
E ora era lì, immobile, privo di supporti magici, in balia di qualche scherzo o peggio di qualche trappola magica.
In questa condizione non gli restavano molte opzioni.
Cercò di raccogliere un po' di coraggio, ormai spazzato via in un lampo, come tutti i suoi incantesimi, che erano stati disintegrati dalla pozione della dimenticanza.
Pensò di concentrarsi sul suo udito, ma tutto era completo silenzio. Allora sul suo corpo. Sentiva che adesso era in grado di muoversi,ma non era più seduto, in un certo senso era come se non fosse più dentro il suo corpo. Quelle che avvertiva come le sue gambe e le sue braccia, erano libere,anche se le sentiva molto pesanti. Era come essere immersi in qualche sostanza incorporea, simile all'aria ma molto più pesante.
Il fatto di poter respirare escludeva inevitabilmente l'idea che si trovasse in un liquido.
Se lo stato in cui si trovava non fosse stato il risultato di un evento così imprevisto e fuori controllo, sarebbe potuto risultare anche piacevole. Ma il senso di ignoto e di pericolo, che dal fatidico momento in cui aveva sbloccato le rune del foglio maledetto, non lo aveva mai abbandonato, lo costringeva a temere qualsiasi lieve mutamento di quella terribile situazione.
Gli sembrava di sentire sussurri in lontananza. Più di una volta gli parve di sentire qualcosa che gli sfiorava le gambe. Era una tortura per uno che,come lui, aveva sempre goduto di un'ottima vista e aveva affidato ad essa la sovranità assoluta su tutti gli altri sensi. I quali, fino ad allora così sottovalutati, non gli avevano fornito alcun dato utile alla comprensione del suo stato di libero prigioniero di quell'oscena magia.
Non gli restava altra scelta adesso. Doveva capire dove si trovava e valutare la situazione con i suoi occhi era l'unica via inesplorata.
Decise di guardare. La vista gli avrebbe portato sollievo, ne era sicuro. Al tre. Uno, due, tre... e centinaia di immagini e suoni lo investirono come un uragano. Non riusciva a controllarli o a seguirli. Solo alcuni sembravano leggermente più nitidi di altri.
C'era una stanza o forse era una cantina dalle pareti in muratura, senza finestre, e al centro di essa c'era un elfo e con lui degli umani, ma dalle posizioni e dall'atmosfera non sembravano appartenere alla stessa fazione. L'elfo era diverso da quelli che aveva visto finora. Aveva la pelle scura, di un colore simile al bronzo, ma molto più tenebroso.
L'elfo aveva in mano un oggetto luminoso. Forse un cristallo. Una fiamma bianca. Poi senti delle voci: “Quello è il talismano della Luce. Un altro talismano è stato trovato!”
E all'improvviso la scena cambiò e con essa le voci.
Vedeva una grande porta adesso. Di quelle porte colossali che delimitano gli accessi alle grandi città. Pesante, imponente e mostruosa. Poi le voci di tante persone si sovrastarono l'una con l'altra:
“Dovete fermare la distruzione”
“Vi aprirò il passaggio, il mio viaggio finisce qui”
“Fermerò io il drago d’ombra, voi andate pure avanti”
Poi vide un'immensa distesa di rocce e sentì un ruggito. Potente, soverchiante, immondo. Dalla forza immensa. Che, come un'esplosione, squarciò l'arido terreno.
“E' quella, la bestia dormiente, non possiamo arrenderci ora!” Poi una voce tuonò, una voce spaventosa. Pervase l'aria e le membra fino all’anima.
“Voi poveri mortali... le vostre magie vi hanno condotto fin qui e da qui vi condurranno alla morte” e un vento gelido improvvisamente paralizzò tutto.
Poi si udì la voce di una donna, Volter non riusciva a vederla ma la sentiva incombere in un crescendo, e le ultime parole le udì distintamente: “Spira sul mondo,vento della disintegrazione” e tutto venne cancellato dalla sua vista, da quello spaventoso incubo.
Volter si risvegliò di colpo. Lì, nella sua stanza, chino su quel foglio maledetto,che adesso scintillava di luce propria. Lo scagliò lontano da sé. Si alzò inorridito e fece qualche passo,ma cadde,stremato dallo sforzo, dalla magia che lo aveva dominato e dal terrore che lo aveva pervaso come una droga e come una droga lo aveva annullato, sfinito, consumato.
Svenne così e rimase lì sul pavimento. La candela perenne illuminava tiepidamente e tristemente la stanza dallo scrittoio. Come un lumino in un cimitero, quando tutto è immobile e ambiguamente tranquillo. E la pergamena maledetta continuò ad emanare uno strano luccichio per tutta la notte.

(continua...)
 

  
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