Erano passate solo poche ore dal rapimento di Diane e
la situazione alla Torre era andata di male, in peggio, allo schifo più totale.
C’erano state tragedie per ogni gusto, come una perfetta soap opera messicana
c’era stato l’amore rifiutato, ovvero Bruce che in un totale stato di
ottenebramento (o almeno Tony lo sperava da morire che fosse un momentaneo attacco di follia) dopo aver
scaraventato un pc a terra urlava a Darcy che non doveva stargli sempre così appiccicato.
Gli amanti clandestini, ovvero Charles
che per la prima volta dava prova di sapersi arrabbiare anche lui proprio nel
momento in cui avrebbe fatto tanto comodo a tutti la sua calma da bonzo in libera uscita.
Tony l’aveva visto dalle telecamere, che non smetteva mai di ringraziare visto
le chicche che gli regalavano ogni volta, litigare furiosamente con Erik, e
avere anche un medio fenomeno di telecinesi per i nervi, scagliandogli addosso
un volume dell’enciclopedia senza
toccarlo [*]. Tony aveva fatto tanto d’occhi a
seguire la registrazione, senza sonoro purtroppo, soprattutto perché gli
era bastata guardare la faccia contrita di Erik che si massaggiava il braccio
colpito per capire che anche quello era un litigio fra innamorati.
Il meglio però si era toccato grazie a Clint.
Come in un dramma scespiriano il soldato fedele aveva affrontato il suo oscuro
signore per chiedere lumi sul suo
passato. Il problema che Clint non l’aveva fatto con grazie e in endecasillabi
sciolti, ma urlando come solo un irlandese incazzato sa fare e puntando su Fury
non una, non due, ma tre frecce assieme.
Una cosa che Tony aveva visto fare solo in Robin Hood-Un
uomo in calzamaglia [**]
C’era volta la mano del Cielo, ma soprattutto una sberla ben assestata di Natasha per calmarlo e fargli rimandare a poi le
spiegazioni su suo padre, su come fosse
diventato il primo Trick shot,
e soprattutto su chi avesse ordinato il suo assassinio a dopo.
Fury aveva cercato lo sguardo di Coulson
, ma per la prima volta, il suo “occhio buono” non aveva guardato verso di lui ,
ma gli aveva dato decisamente le spalle.
Per quanto la strada per l’Inferno sia lastricata sempre di buone intenzioni è
difficile trovare qualcuno disposto coscientemente a seguirti. Tony lo sapeva
bene.
Allungò una mano nel lettino e la passò sul peto di Howard che dormiva a pancia
all’aria.
Fermò il palmo sul suo piccolo torace e chiuse gli occhi. Sentiva il suo
cuoricino battere, una sensazione deliziosa che aveva imparato a conoscere con Pepper, la prima notte che avevano passato assieme si era
addormentato con la testa sul suo petto .
Prima di allora non si era mai preoccupato di sentir vivere qualcuno.
-Tony?-
Pepper era ferma
sulla porta.
Tony la guardò da sopra una spalla prima di tornare al piccolo che dormiva
saporitamente, ignaro che quella poteva essere l’ultima notte in compagnia di
suo padre. Chissà che gli avrebbe raccontato Pepper
di lui.
-Ho affittato una cosa ad Adelaide, domani tu , lui, Darcy e Jane la
raggiungerete.-
Pepper sgranò gli occhi - Avrei voluto aggiungere
anche Sharon nel pacchetto, ma è pur
sempre un agente anche se in malattia e
non può allontanarsi dal suolo americano senza il permesso di Fury.- sospirò guardando Howard che volse la testolina sul guanciale - Ho
intenzione di mandarla in Cile, tecnicamente è sempre America.-
-Io non voglio andare.-
-E io non voglio discutere.-
Da che si erano incontrati, nessuno dei due non era mai riuscito a vincere uno
scontro verbale con l’altro, i loro erano sempre stati dei risicati pareggi, ma
stavolta Tony non aveva intenzione di rassegnarsi ad un uno ad uno. Si alzò,
voltandosi verso la compagna - Non ho intenzione di ripeterlo.- attraversò la
stanza - Se dovesse andare male, se tutti noi dovessi fallire…- si fermò sotto
l’arco della porta accanto a Pepper che fissava la
culla del figlio -…Se io dovessi morire ... - Tony la sentì irrigidirsi accanto
a lui - …A lui e a chi verrà con lui il compito di vendicare la terra.[***]-
Si allontanò a passi lenti lungo il corridoio e Pepper
si avvicinò ad Howard. Si allungò a
sistemargli la copertina, ma si bloccò a vedergli qualcosa poggiato sul torace,
qualcosa di piccolo, simile al telecomando di un cancello appeso ad un cordino
in caucciù. Pepper
lo sollevò perplessa , senza sfilarlo
dal collo del figlio, non aveva idea di cosa potesse essere quell’aggeggio prima di voltarlo e guardare l’incisione sul coperchio che ne proteggeva i
tasti.
“A te il mio privilegio e la mia maledizione. Papà.”
Pepper sentì gli
occhi bruciare mentre realizzava che in quella culla dormiva l’unico vero dono di
Tony Stark al mondo
che nulla aveva a che fare con le armi e il denaro.
Nel momento stesso in cui lei era
rimasta incinta, Tony aveva regalato
qualcosa di inestimabile per l’umanità. Una speranza. Il prossimo Iron Man.
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
Darcy chiuse gli
occhi voltando la testa sul cuscino.
Finalmente ora sapeva per quale ragione Rocky, dopo il combattimento con
Apollo Creed sembrava così suonato da mettersi a
gridare senza senso. Non era per la
fatica dell’incontro appena concluso no, era perché sicuramente anche lui aveva
il suo stesso concerto di cornamuse in testa. Dio, i dolori localizzati al viso sono terribili da
sopportare.
Si era costretta ad andare a letto, non
per sonno, ma per evitare di cadere di faccia sul pavimento e farsi ancora più
male, aveva dormito una mezz’ora più o
meno, per il resto si era girata e rigirata sotto alle coperte alla ricerca di
una soluzione.
Non riusciva a capire perché Bruce non potesse accettare che lei andava bene
così com’era. Che potesse volergli bene,
desiderare la sua presenza nella sua vita anche con l’ombra dell’Altro a
seguire i loro passi. Le aveva fatto paura in laboratorio, quell’eccesso di
rabbia le aveva fatto vedere quanto profonda fosse la sua sofferenza e il suo
malessere nel non riuscire a venire a
patti con sé stesso.
Aveva visto, con i suoi occhi, quanto a fondo può finire un uomo senza più
riuscire a vedere la luce del sole. Si alzò, scostando le coperte. La sveglia
sul comodino segnava le due del mattino e lei era quasi certa che , girando per
i corridoi del bunker avrebbe trovato qualcuno di sveglio.
Tony sicuramente, visto l’insonnia che lo divorava, magari Peter. Chissà.
Uscì in corridoio, il cemento freddo
sotto i piedi nudi era quasi gratificante. Si sentiva la febbre, gli
antidolorifici che Jane le aveva iniettato le avevano fatto salire
vertiginosamente la temperatura, avrebbero dovuta assopirla, stordirla per non
farle sentire dolore, ma la sua testa si rifiutava di crollare sotto l’effetto
dei farmaci.
Arrivo nel salone che faceva da raccordo
al dedalo di stanze occupate dai Vendicatori, ma non trovò nessuno stranamente.
Morse il labbro inferiore e fece per voltarsi quando un movimento colse la sua attenzione.
Da sotto la porta della stanza di Bruce, visibile perché vicina al salotto, filtrava una luce
chiara. La ragazza premette le labbra una contro l’altra.
Andare o non andare?
Si avvicinò alla porta e bussò una volta.
Nessuna risposta, che si fosse addormentato con la luce accesa? Darcy aggrottò la fronte da sotto i ciuffi scuri che le
contornavano il visetto paffutello e martoriato. No, non era da lui. Aprì la
porta e quello che vide rischiò di fermarle il cuore in gola.
-BRUCE!-
Bruce aveva fra le mani una pistola
mitragliatrice Uzi
[****] puntata contro il mento.
I due si fissarono e Darcy sentì chiaramente una
goccia di sudore freddo rotolarle lungo la schiena.
Non aveva idea di quanto fosse potente quell’aggeggio, aveva visto una volta Natasha smontarlo e rimontarlo ed era stata lei a dirle che
quella specie di cannone in miniatura poteva sparare 600 colpi in 60 secondi.
Praticamente poteva ridurre la testa di un uomo in una marmellata, nemmeno Hulk, stavolta avrebbe potuto salvare il dottore se avesse
premuto il grilletto.
-Bruce.- ripetè Darcy entrando nella stanza -Mettilo giù.-
Bruce scosse la testa e rinsaldò la presa all’arma, la ragazza pensò che
sarebbe svenuta.
-Ti prego. Non lo fare.- bisbigliò. Avrebbe potuto mettersi a gridare, nello
stato di agitazione in cui vivevano tutti, le sarebbe bastato poco per far piombare lì tutto, ma era quasi certa che Bruce si farebbe fatto
saltare la testa per risposta - Fallo per me.-
-Non ce la faccio più Darcy.-
-Non è vero. Ce la fai. Ci stai riuscendo.-
-Guarda che ti ho fatto.-
Darcy si sarebbe presa a sberle, lo stava facendo per
lei, per colpa sua, perché le aveva fatto del male. Si odiava da morire. Si avvicinò ancora e Bruce si spinse verso il
fondo del lettino su cui era seduto - Non è stata colpa tua.-
-Avrei potuto ucciderti.-
-Non l’hai fatto.-
-Ma avrei…-
-Solo se premi quel grilletti mi farai male sul serio. Queste sono ferite, fra
un paio di settimane non avrò più nulla.-
Bruce
chiuse gli occhi, la canna dell’Uzi premeva
dolorosamente contro il suo mento.
-Sei un uomo dolce, intelligente…- bisbigliò Darcy
avvicinandosi piano -… Un amico fedele per tutti quelli che hanno la fortuna di
conoscerti.- Bruce scosse la testa -…Hai salvato tante vite, quello che ti è successo è una disgrazia che
non ha intaccato quello che sei.-
-Sono un mostro.-
-Sei un uomo buono a cui è capitato un grande fardello da sopportare.-
-Rompo tutto quello che tocco.-
-Io sono ancora qui.- Bruce sentì le mani di Darcy
poggiarsi sulle sue -Ti prego, mettila giù.-
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
Loki inspirò
profondamente.
Infondo era quello per cui era venuto al mondo, no? Compiere il male per far
andare bene le cose, faceva parte della sua natura, era la molla che faceva
girare il suo mondo. E allora perché ora non riusciva a seguire la corrente?
Sarebbe stato poco, uscire dalla Torre, andare a bussare alle porte del
castello di Thanos, prendere Diane che non c’entrava
nulla in tutta quella storia di guerre fra mondi , riportarla alla sua vita di
tutti i giorni e prendere il suo posto. Infondo era lui che Thanos
voleva, che aveva sempre voluto.
Avrebbe compiuto il male tradendo la fiducia che Thor e gli altri riponevano in
lui, ma avrebbe salvato una vita innocente da un destino di marionetta nelle
mani dell’Eterno.
Il problema era che non riusciva a mettere la parola fine a quella vita.
Gli piaceva l’idea di essere accettato, di sentirsi parte di qualcosa, di avere
qualcuno accanto e non ai piedi.
Se seguiva il piano che sentiva martellare in testa avrebbe salvato Diane, ma l’avrebbe
persa lo stesso. Sarebbe caduto di nuovo nelle nebbie in favore di quella parte
di male nero che viveva dentro di lui e non sarebbe più riuscito ad uscire
stavolta.
Avrebbe detto addio a tutto e non si sentiva pronto.
Non voleva farlo.
Loki si afferrò la testa fra le mani e spinse forte
le palme contro le tempie che sentiva dolore forte per via dello sforzo di
mettere in fila i pensieri. Era l’inattività, l’attesa a sfinirlo si disse,
anche se non era proprio così convinto.
FINE CAPITOLO:
Un capitolo dai toni decisamente cupi.
Tony affida la missione di vendicare la terra al figlio in caso di sconfitta
degli Avengers, Bruce sopraffatto dai sensi di colpa
tenta ancora il suicidio e Loki si ritrova a pensare
se magari non sia al caso di tornare a seguire la sua natura di dio delle
malefatte e incarnazione del male necessario.
NOTE:
[*] In Ultimate X-Men,
Charles è anche un modesto telecineta.
[**]E’ un film di Mel Brooks del 1993. Una parodia su tutti i film dedicati a
Robin Hood.
[***] E’ un riferimento al discorso che Tony fa a Loki
durante il film The Avengers.
[****]http://digilander.libero.it/MutenDb/lupin/armi/uzi_s.jpg