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Autore: Soly_D    16/03/2013    2 recensioni
3^ classificata al contest "Edward&Bella, Jasper&Alice a suon di musica - il ritorno!" di Alice_Nekkina_Pattinson
«Non sto pensando a una persona».
I suoi occhi brillarono e le sue mani strinsero più forte le mie. «Stai pensando a me?».
Sospirai sconsolata e un mezzo sorriso increspò le mie labbra. «Ho detto... niente persone».
«Infatti io non lo sono», mi rispose serio.
Sciolsi il nostro incastro di mani e provai a tirargli un pizzicotto al braccio, per rimproverarlo, ma le mie dita si piegarono a contatto con la sua pelle rocciosa. «Visto?», chiese lui, indicando la parte di pelle che avrebbe dovuto arrossarsi sotto il mio tocco. «Questa ne è la prova».
Lo trafissi con lo sguardo. «Non ricominciare con la storia dell’essere senz’anima», lo rimbeccai. «Sei la persona migliore che io conosca».

[Edward/Bella] [New Moon-Eclipse]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon, Eclipse
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Nickname efp e forum: Soly Dea
Titolo storia: Waiting for eternity
Rating: giallo
Protagonisti: Edward Cullen, Isabella Swan
Prompt e Frase: Giallo: “I miei giorni spesi con te, e nemmeno un’ora inutile, sai che amarti è sempre stato il mio, pensiero” (Abbracciami del 2005)
Vampiri o umani: vampiri
Introduzione storia: partecipa al contest Edward&Bella, Jasper&Alice a suon di musica - il ritorno! di Alice_Nekkina_Pattinson.
Non c’è una collocazione precisa nella saga, posso solo dire che qui Bella non è ancora una vampira. È la mia prima storia su Twilight – la coppia nemmeno mi entusiasma moltissimo – ma volevo provare qualcosa di nuovo e spero che possa piacere. Ho cercato di uniformarmi il più possibile allo stile del romanzo (per esempio con l’uso della prima persona e alcune espressioni tipiche per descrivere Edward), ma ovviamente la Meyer è la Meyer.
Gradirei sapere la vostra opinione!




Waiting for eternity


«Facciamo un gioco».
Edward incurvò gli angoli della bocca in un sorriso dolce e l’oro liquido dei suoi occhi mi riscaldò il cuore. Il suo viso pareva quello di una fragile statua marmorea, pronta a cadere al minimo soffio di vento. Poi strinse forte le mie mani e, solo quando sentii la sua pelle gelida e vellutata a contatto con la mia, ebbi l’ennesima conferma che quella scultura perfetta mi avrebbe protetto da qualunque pericolo.
«Giochiamo», mi incitò lui, mentre le nostre dita si univano in un incastro perfetto.
Osservai per pochi attimi l’indissolubile intreccio che avevamo formato, giusto il tempo di riprendere fiato e attendere che il mio battito cardiaco rallentasse. Era incredibile il modo in cui Edward e il suo essere scombussolassero ancora il mio animo, nonostante fossero passati mesi dal nostro primo incontro ed io mi fossi ormai abituata alla sua costante presenza.
«Proviamo ad indovinare cosa stiamo pensando», risposi, osservando il modo in cui le sue sopracciglia si inarcavano e il suo sguardo trapelava curiosità. «Chi vince potrà chiedere tutto ciò che vuole all’altro».
Edward distese la fronte, sinceramente sorpreso, ma non affievolì la stretta delle nostre mani ancora saldate insieme. «Ti approfitti della mia incapacità di leggerti nel pensiero?», mi chiese, scandendo bene ogni singola parola.
Sospirai profondamente e tornai a fissare le nostre mani intrecciate, elaborando le parole giuste per continuare. Con Edward era una continua battaglia interiore: cercavo sempre di mostrarmi meno impacciata di quanto lo fossi realmente, ma il risultato era spesso un goffo e vano tentativo di imitare la sua sicurezza, quella sicurezza che mi trasmetteva con il solo sguardo e di cui avevo sempre più bisogno man mano che il tempo passava.
«No...», risposi in un sussurro. «No», ripetei più forte, e la mia voce risultò lievemente stridula.
Odiavo deluderlo e, quando questo succedeva, non riuscivo a reggere a lungo il suo sguardo indagatore. Eppure sapevo che qualunque cosa facessi, dalla sua bocca non sarebbe mai venuto fuori un rimprovero. Gli andavo bene così, umana, ma ogni tanto lo dimenticavo.
«È solo un gioco, per passare il tempo», spiegai, sollevando le spalle. «Mi dispiace, non volevo...».
«Bella, amore», mi interruppe lui, sottolineando l’ultima parola, come per ricordarmi il motivo per cui eravamo mano nella mano e lo saremmo stati per un bel po’, probabilmente per l’eternità.
Sciolse il nostro incastro di mani e allungò un braccio verso il mio viso. Mi sfiorò la guancia con lentezza disarmante, sorridendo lievemente. «Scherzavo», spiegò divertito, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Lo sai che per me è straziante non poter leggere i tuoi pensieri, ma l’hai detto tu stessa: si tratta solo di un gioco, e va bene così. Avanti, comincio io».
Rimasi a scrutare il suo viso per un tempo che mi parve infinito, dandomi dell’idiota per aver dubitato di lui. Possibile che non si arrabbiasse mai con me? Possibile che a lui andassi bene così... fragile? Un semplice morso avrebbe cambiato tutto: sarei stata bella, forte e immortale come lui. Semplicemente perfetta. E invece il mio cuore batteva ancora, la mia pelle era ancora calda, ero ancora in grado di arrossire e avevo costantemente bisogno di ossigeno. Ma ad Edward andavo bene così: sembrava fosse quasi contento di dover combattere contro la voglia di uccidermi e di poter sentire il calore delle mie mani a contatto con il gelo delle sue.
Ma non sarebbe durato a lungo, me l’aveva promesso.
«Bella?», mi richiamò lui, perplesso.
Mi ridestai al suono della sua voce e mi sforzai di sorridere.
«Sì, sono pronta», dichiarai, inarcando le sopracciglia e assottigliando gli occhi per dar l’idea di un pensiero fisso nella mia mente. Mi vennero in mente un mucchio di cose: Charlie, la scuola, i miei amici... Jacob. Scacciai dalla mente il suo viso sorridente e mi concentrai su qualcosa di più semplice e di meno irritante per Edward.
Il suo sguardo continuava a studiarmi, impaziente. Aveva la mascella contratta e le sopracciglia aggrottate, segno che anche solo indovinare i miei pensieri prevedesse un grande sforzo mentale.
La mia mente era un posto sicuro, l’unico che non fosse continuamente attaccato da pericoli esterni. Edward non riusciva a leggerla e questo era un bene: non avrei sopportato l’idea di metterlo al corrente di tutte le inquietudini e le debolezze che tormentavano il mio animo.
«Stai pensando a Jacob?».
Probabilmente aveva colto il bagliore sfuggito ai miei occhi nel momento in cui avevo immaginato il volto luminoso di Jake. A Edward non sfuggiva mai niente.
«No», risposi, e i suoi muscoli tesi si rilassarono lentamente. «Riprova», lo incoraggiai.
«Charlie? Renèe?», tentò lui, speranzoso.
Scossi la testa. «Non sto pensando a una persona».
I suoi occhi brillarono e le sue mani strinsero più forte le mie. «Stai pensando a me?».
Sospirai sconsolata e un mezzo sorriso increspò le mie labbra. «Ho detto... niente persone».
«Infatti io non lo sono», mi rispose serio.
Sciolsi il nostro incastro di mani e provai a tirargli un pizzicotto al braccio, per rimproverarlo, ma le mie dita si piegarono a contatto con la sua pelle rocciosa. «Visto?», chiese lui, indicando la parte di pelle che avrebbe dovuto arrossarsi sotto il mio tocco. «Questa ne è la prova».
Lo trafissi con lo sguardo. «Non ricominciare con la storia dell’essere senz’anima», lo rimbeccai. «Sei la persona migliore che io conosca».
Il suo sorriso mi fece battere forte il cuore. «Mi arrendo. A cosa stavi pensando?».
Tipico di lui cambiare discorso quando le cose non giravano a suo favore. Edward si considerava un assassino e, più gli ripetevo che cacciare era necessario affinché vivesse, più il suo sguardo si induriva quando ricadevamo sull’argomento. Per lui non era cacciare, ma uccidere; non era vivere, era semplicemente esistere.
«Stavo pensando a quando mi trasformerai, a quando sarò perfetta come te».
Abbassò lentamente le palpebre, fino a chiudere gli occhi, e fece risalire le sue mani lungo le mie braccia. Rabbrividii al contatto e attesi che mi stupisse.
«Sei già perfetta così».
Aveva aperto gli occhi e mi fissava con sguardo adorante, come se la creatura meravigliosa e immortale fossi io e non lui.
Sei già perfetta così. Mi aspettavo una risposta del genere, ma non provai a ribattere.
«Se solo ti accorgessi di come sei realmente e di come ti guardano gli altri, be’... credo che la trasformazione non ti alletterebbe più di tanto».
«Me l’hai promesso, Edward...». La mia voce aveva assunto una nota malinconica.
«Tocca a te», riprese lui, e non potei fare a meno di assecondarlo.
Puntai i miei occhi nei suoi e li osservai per pochi attimi, cercando di cogliere i pensieri e le emozioni che lasciavano trapelare. Il suo sguardo era calmo, il suo viso rilassato, le sue labbra incurvate in un lieve sorriso.
«Edward!», esclamai, quando mi resi effettivamente conto dei suoi pensieri.
«Che c’è?», chiese, perplesso.
Lo guardai di sottecchi e desiderai essere abbastanza forte da tirargli quel pizzicotto sul braccio.
«Stai pensando a me, te lo leggo negli occhi», risposi convinta.
Inarcò le sopracciglia, ammaliato dalla mia deduzione. «Non ero io quello in grado di leggere i pensieri altrui?», chiese sarcastico, sfiorandomi il braccio in una lieve carezza e risalendo con la mano sul mio viso. Le sue dita sulla mia guancia convinsero le farfalle nel mio stomaco a spiccare il volo e svolazzare allegre.
«La tua mente è piuttosto prevedibile», risposi, scrollando le spalle.
Edward sorrise e mi prese il viso con entrambe le mani. Il suo respiro non soffiò contro la mia pelle: evitava di respirare quando eravamo così vicini, e questo era uno dei tanti motivi per cui trasformarmi in una vampira avrebbe portato dei vantaggi anche a lui.
Ma non avevo bisogno di sentire il suo respiro sulla pelle per sapere che lui era davvero lì e che non se ne sarebbe andato. Il suo sguardo valeva più di mille parole e le sue dita sulla mie pelle bastavano a ricordarmi che l’eternità sarebbe stata nostra. E non c’era cosa che desiderassi di più al mondo.
«Non posso farci niente, sei tu il mio primo pensiero», mi soffiò sulle labbra. «Sempre», specificò, spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «E non riesco a pensare ad altro, perché non c’è momento della mia esistenza in cui io dimentichi quanto ti amo».
Le parole di Edward mi avevano mozzato il fiato e trafitto il cuore. Non riuscivo a trovarne altre che reggessero il confronto e, solo quando mi arresi, ricordai improvvisamente di dover respirare. Non ero ancora una vampira.
«Come fai ad essere sempre così... così... tu?».
«Potrei farti la stessa domanda», mi rispose lui, abbandonandosi ad un altro sorriso mozzafiato.
Tolse le mani dal mio viso e le unì dietro la testa, rilassandosi sullo schienale del divano.
«Allora, cos’hai intenzione di farmi fare?».
Gli scoccai un’occhiata perplessa e lo vidi ridacchiare. Solo in quel momento ricordai cosa stavamo facendo prima di dichiararci eterno amore l’un l’altro, e mi tornò in mente il motivo per il quale gli avevo proposto di giocare.
«Voglio un bacio», dissi, mentre le mie guance si coloravano di un leggero strato di imbarazzo. «Un bacio che duri più di qualche secondo, Edward. Perché lo so benissimo che hai solo paura di farmi del male, ma sei perfettamente in grado di controllarti».
Serrò la mascella, a disagio, e spostò lo sguardo sul quadro appeso alla parete.
Mi allungai verso di lui e gli cinsi il collo con le braccia, accarezzandogli i capelli dietro la nuca. Poggiai la testa nell’incavo del suo collo, beandomi del profumo delicato che la sua pelle marmorea emanava, e mi strinsi forte al suo petto, chiudendo gli occhi.
«Un bacio, solo un bacio», sussurrai.
Rimanemmo abbracciati per qualche secondo, poi Edward mi strinse più forte e io alzai lo sguardo verso di lui. Riducemmo lentamente la distanza che ci separava e, dopo un tempo che mi parve infinito, le nostre labbra aderirono le une con le altre.
E fu come la prima volta, con la sola differenza che i miei sentimenti per Edward erano maturati e che ora il mio cuore aspirava all’eternità, e non semplicemente a una vita lunga e felice.
Le mani di Edward scivolarono sui miei fianchi, trasmettendomi una scarica di brividi. Lasciai che le sue labbra si appropriassero delle mie con lievi baci a stampo, finché il contatto si fece più approfondito e le nostre bocche più audaci.
In quel bacio c’era amore, dolcezza, passione. Ma c’era anche esitazione, sofferenza, paura.
La tensione di Edward saliva progressivamente, la percepivo sulle mie stesse labbra e sulla pelle. Stava lottando e, nonostante sapessi che avrebbe potuto continuare ancora, mi staccai malvolentieri dal bacio e mostrai un sorriso soddisfatto.
Edward sorrise a sua volta, sfiorandomi le labbra un’ultima volta, e in quel momento ebbi la certezza che in fondo la cosa importante era sapere che non smettesse mai di pensarmi, di amarmi.
Per il resto, ci sarebbe stato tempo dopo.


  
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