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Autore: Doralice    16/03/2013    2 recensioni
La vita è solo un'ombra che cammina. Un povero attorello sussiegoso che si dimena sopra un palcoscenico, per il tempo assegnato alla sua parte. E poi di lui nessuno udrà più nulla.
Bane/Blake; quasi sicuramente il rating muterà più avanti
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bane, John Blake aka Robin John Blake
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Ballad of the Hound and the Robin'
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Atto II



Scena I


Perché non sei fuggito? Hai mezzo esercito alle costole, perché sei rimasto a Gotham?

Vana corsa, quando la vigliaccheria ci insegue e la prodezza fugge.

È sveglio, lo è dalle 5:36 del mattino, e non ha mangiato. Non si è mosso dalla branda. Non ha fatto un bel niente Bane: te lo hanno raccontato le telecamere di sicurezza che hai lasciato accese a registrare ciò che avveniva durante la notte.

Sembrava più pallido di quanto non fosse in realtà, in quei filmati. Gli occhi apparivano slavati, vuoti. Era solo un effetto degli infrarossi, ti sei detto, ma faceva comunque impressione. Rendeva ancora più aliena la creatura che stava rinchiusa là dentro.

Adesso quella creatura ce l'hai davanti e puoi affermare che quello non era solo l'effetto degli infrarossi. Gli occhi di Bane sono vuoti e la tua frustrazione cresce.

Non mi chiedi perché non ti ho ucciso? –

Potrei farlo. Ma non sapresti come rispondermi.

E comunque non t'importerebbe della mia risposta.

Non quanto importa a te.

Ti sei bloccato a metà strada mentre andavi all'infermeria, hai tastato il fianco alla ricerca del grimaldello elettrico. C'era, eri armato lo sei tutt'ora. Pronto a difenderti contro un prigioniero ferito.

Come mai non riesci a calmarti, John? Come mai le tue unghie scavano nel palmo, i tuoi denti mordono l'interno della guancia? Come mai, John?

Hai aperto la porta con cautela e hai accesso la luce con una mano malferma. Poteva essersi appostato dietro, pronto ad aggredirti e a scappare, no?

No. Non hai ricevuto alcun agguato, né pare che ne riceverai.

Era tutto come l'avevi lasciato ieri notte. Sembrava che ci fosse passato un tornado là dentro. Sembra che sia passato un tornado nella tua intera vita, ma questo è un dettaglio marginale forse.

Hai raccattato qua e là le cose, cercando di riordinare un po'. Con una sola mano, che il grimaldello col cazzo che lo molli. E con lo sguardo basso e sfuggente, che la presenza di Bane a una spanna da te ti fa sentire come in quelle gite che Padre Reilly vi faceva fare allo zoo municipale e non avevi il coraggio di guardare i lupi nelle loro gabbie anche se loro guardavo te sopratutto perché loro guardavano te.

I loro occhi slavati ti facevano venire gli incubi la notte, ti svegliavi che avevi bagnato il letto e tutti ti prendevano in giro.

Devi mangiare.

Lui non risponde, non ti guarda. Fissa le barrette che gli hai lasciato e non parla. È la prima volta che fa così. Non capisci. Ma non capivi nemmeno i lupi.

Non capivi perché quando trovavi il coraggio di guardarli loro s'immobilizzavano ed evitavano il tuo sguardo, non capivi perché quando muovevi un passo verso di loro con timorosa curiosità quelli si ritraevano con le orecchie basse.

Non date da mangiare agli animali” c'era scritto su un cartello là di fianco. Era pieno di quei cartelli lì allo zoo.

Alla fine sospiri e lasci perdere, te ne vai da lì. E poi te ne penti, ma è tardi, non puoi tornare sui tuoi passi. Ti chiudi la porta dell'infermeria alle spalle e ti allontani sforzandoti di non metterti a correre.


~


Scena II


Non si è lasciato morire di fame e ti ha tolto il dubbio che si nutrisse di pappine. E per qualche caso fortuito il braccio devi averglielo sistemato bene, perché i giorni passano e anche senza tutore sta migliorando. Anche le costole devono essere in via di guarigione.

Sta bene, Bane. Sta abbastanza bene da poter abbandonare l'infermeria per essere trasferito in una delle celle di cui è fornita la Batcave. Non lo sai cosa se ne faceva Wayne di quelle celle e non lo vuoi nemmeno sapere, ma al momento ti risultano assai utili.

È un'operazione che dura appena due minuti, ma ti sembra un'eternità. Riprendi a respirare solo quando chiudi la porta della cella. Da quanto trattenevi il fiato? Dal momento in cui gli hai sganciato le manette e i suoi occhi ti perforavano da parte a parte, silenziosi? Oppure mentre ti precedeva nel corridoio e il sibilo del suo respiro metallico accompagnava i vostri passi e tu hai potuto constatare come ad occhio le sue spalle fossero il doppio delle tue?

Bane si guarda brevemente attorno con espressione neutra, infine si mette a sedere sulla branda della cella. Tu lo guardi attraverso le sbarre e lui ricambia, imperscrutabile.

Lì c'è da mangiare. fai un cenno con la testa verso una borsa termica che hai lasciato sul tavolo nell'angolo Qualcosa di meglio delle barrette proteiche.

Bane guarda la borsa, poi torna a guardare te, senza una parola.

È snervante e sa di esserlo, ma hai la sensazione che non lo stia facendo a posta, che non sia minimamente interessato a suscitare qualsivoglia reazione da parte tua. E questo è in qualche modo anche peggio.

Non ho bisogno qualcosa di meglio.

No? ti accigli, fremendo appena per trattenere l'evidenza della tua curiosità, perché sono giorni che non avete scambiato più di qualche una parola e adesso questo Credevo che fossi stufo di quella roba.

Come se ne sapessi qualcosa. Come se ti avesse mai detto “Ehi, amico, ne ho proprio le palle piene di questa sbobba, il convento non passa niente di meglio?”.

Il cibo è cibo. si stende sulla branda con le braccia incrociate dietro la testa È di altro che ho bisogno.

Ti verrebbe da fare un commento sarcastico, che quello con è mica un albergo dove sua signoria può ordinare quello che gli pare, ma ti limiti ad emettere un grugnito interrogativo.

Pezzi di ricambio per la mia maschera.

Dimmi quali e te li procuro.

Con un movimento fluido che non ci si aspetterebbe da un uomo della sua stazza, Bane si rialza da lì e avanza verso le sbarre. Tu non arretri per puro orgoglio. Ci vuole niente ad estrarre un braccio dalle sbarre e afferrarti, no? Già. E perché non ti ha semplicemente ammazzato prima, mentre lo portavi lì? Sai che avrebbe potuto farlo, anche se lo tenevi sotto tiro con una di quelle trappole di Wayne, ne sarebbe stato perfettamente capace. Sei un povero illuso, sei...

Una fiala di lidocaina da duecento centilitri. la voce metallica di Bane taglia i tuoi pensieri.

Fibra di carbonio, mezzo metro quadrato è quanto basta. Due collettori di queste dimensioni. continua indicando i tubicini che si dipartono sul davanti della maschera, poi ruota il capo Una cinghia come questa, deve essere in pelle. E un cacciavite a stella, misura due.

Uh... sì. batti le ciglia cercando di memorizzare quello che ti ha detto Altro?

Bane ti volta le spalle e se ne torna alla branda.

Rasoio e schiuma da barba.

Ci metti un po' a capire il senso di quella richiesta. E ti dai dello scemo per non averci pensato prima. E ti dai del pazzo perché ti sei appena preoccupato di non averci pensato prima.

Forse dovresti leggerti cosa dice la Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra. Se non altro sapresti se ti stai comportando da bravo aguzzino o se meriti un processo per crimini contro l'umanità.


~


Scena III


Bane ha aggiustato la sua maschera.

Qualche giorno fa gli hai procurato quello che gli serviva. Lui ha guardato ogni cosa. Ha preso in mano un oggetto alla volta e l'ha osservato con cura rigirandoselo tra le dita, soppesandolo. Ha scartato quello che non era di suo gradimento e ha messo da parte il resto. Poi ti ha ringraziato.

Proprio così, Bane ti ha detto “Grazie”. E tu sei rimasto lì, ammutolito dal disagio, a spostare il peso da un piede all'altro.

Bane ha aggiustato la sua maschera. Ma non ha fatto nulla finché tu eri lì.

E tu non hai avuto il coraggio di guardare le registrazioni. Non le guardi più da un pezzo, a dire il vero, e proprio non vedi per quale motivo dovresti riprendere a farlo adesso. È semplice: tu non vuoi sapere cosa ci sia sotto quella maschera. Sei curioso come chiunque altro, a riguardo. Morbosamente curioso. Ma davvero preferisci non vedere, non sapere. Bane la figura di Bane ha preso dei connotati ben precisi nella tua mente e la maschera fa parte di essi. La maschera è Bane. Non deve interessarti cosa c'è sotto, deve interessarti solo che resti ben nascosto. Non è affar tuo. Non dovrà esserlo mai. Sai che c'è una debolezza intrinseca in questo tuo ragionamento ed è per questo che non vuoi esplorarlo oltre.

Bane ha aggiustato la sua maschera. E tu l'hai visto anche se non volevi.

È successo un paio di sere dopo. Volevi fare la tua solita ronda, ma eri a corto di gingilli, così hai fatto un salto all'armeria della Batcave. E passando là davanti l'hai visto. Seduto a gambe incrociate sul pavimento, con gli strumenti e i pezzi di ricambio sparsi in bell'ordine davanti a sé, sopra un asciugamano pulito. A malapena hai registrato la totale assenza del solito, agghiacciante sibilo che scandisce il suo respiro.

Ti sei congelato a metà del corridoio. Sei tornato indietro.

La maschera giaceva sull'asciugamano, in mezzo a bulloni e collettori. Ma il volto di Bane non era scoperto: una pezza legata dietro la nuca lo nascondeva dal naso al mento. Tu hai guardato lui e lui e lui ha guardato te. La pezza ondeggiava impercettibilmente sotto il suo respiro calmo.

Quella notte la ronda si è rivelata una perdita di tempo e la tua frustrazione ha raggiunto vertici mai toccati prima.

Bane ha aggiustato la sua maschera e adesso il sibilo che emette è meno raschiante, più sottile. Non rimbomba spezzato tra le pareti umide della Batcave. Se non passi vicino alla cella dove lo tieni rinchiuso, non lo senti nemmeno. Bane è un tipo silenzioso.

È un tipo tranquillo e senza pretese, lui. Gli hai portato delle riviste che tuttavia ha ignorato. Ma di tanto in tanto ti chiede altri pezzi, altri strumenti. E tu glieli procuri di buon grado, non senza prima farti le paranoie. Sta cercando di fregarti per evadere da lì? Sta costruendo un'arma letale sotto il tuo naso? Poi ti ricordi che le occasioni le ha avute e le ha praticamente tutti i giorni e invece niente.

Bane dorme, mangia, si tiene pulito non era un fatto così scontato, eh , due volte alla settimana si rasa, controlla l'andamento delle sue ferite. Ogni tanto lo scopri a fare esercizi, alcuni del tutto identici a quelli che ti hanno insegnato durante all'accademia, altri che non hai mai visto. Per la maggior parte del tempo ozia sulla branda, immoto, accompagnato solo dal ritmico sibilo metallico del suo respiro. Quando è in questo stato, a volte ti azzardi ad osservarlo più di quanto normalmente sarebbe opportuno e a malapena puoi cogliere un battito di ciglia che di tanto in tanto smuove il suo volto.

Per quel che ne sai, la vita di Bane in quella cella è tutta lì. Come faccia a non impazzire di noia è per te un mistero. Se fossi in lui supplicheresti per avere un qualsiasi contatto umano, per scambiare anche solo due misere parole, ma ogni volta che per qualche motivo dovete comunicare, i vostri discorsi si riducono allo stretto indispensabile. La sua apatia ti confonde e a te non piace essere confuso.

Bane ha aggiustato la sua maschera e ormai è definitivamente guarito.

È passato quasi un mese e non lo sai cosa ne farai di lui. Non lo saprai mai, vero John? Tu non sai nemmeno cosa fare di te stesso e adesso ti trovi a dover decidere anche della vita di un altro essere umano.


~


Scena IV


Quel momento imbarazzante in cui ti ritrovi al mall alla ricerca di abbigliamento XXL. Tu che sei una taglia M. E le commesse ti fermano sorridenti per chiederti se per il papà non sarebbe più adatto quel maglione lì, quello a fantasia. Non è adorabile? Un regalo perfetto!

Tu non sai se ridere o piangere.

Non l'ho mai conosciuto mio padre. vorresti dire loro Questa roba è per un terrorista ricercato che tengo prigioniero nella base segreta che un defunto supereroe mi ha lasciato in eredità.

Paghi, prendi le buste e conservi lo scontrino, che magari quella roba non gli va nemmeno bene. Non hai mai avuto occhio in queste cose. Le tue ex ti rimproveravano sempre di sbagliare taglia quando compravi loro qualcosa.

Fuori piove, ma tu hai dimenticato l'ombrello. Te ne stai sotto la pensilina della fermata, in attesa dell'autobus, e l'umidità ti entra fin nelle ossa. Gotham è anche questo: acqua malsana che sgocciola dal cielo. E a te sta bene così, ci sei abituato. Per questo scendere nelle fogne ogni notte non è un così grosso problema, per questo la Batcave è diventata la tua seconda casa. Sei abituato a respirare l'aria metallica e pesante della tua Gotham perennemente plumbea.

Non riesci a credere che fino a poche settimane prima era sotto un regime terroristico. Non riesci a credere che i lavori di ristrutturazione dello stadio sono quasi terminati e che la prossima partita i Gotham Rogues potranno disputarla in casa e non nello stadio di Metropolis. Non riesci a credere che tutta la gente che ti cammina attorno ha ripreso a vivere e lavorare e dormire e mangiare e fare tutto quello che faceva prima. Come se niente fosse. Un immenso formicaio che ha aggiustato le falle e si è subito rimesso all'opera.

Ma sopratutto non riesci a capire se questo indomito risorgere che caratterizza la tua città ti piace o meno.

Sul tram lasci il posto ad una vecchietta e resti in piedi, pressato in mezzo al resto dei pendolari che tornano a casa. Guardi le loro facce cercando di indovinare le loro esistenze. Chi sono e cosa fanno per vivere, cosa mangeranno a cena questa sera e cosa guarderanno alla tv prima andare a dormire. Se quell'impiegata metterà a letto i suoi bambini e poi farà l'amore con suo marito o magari fingerà un mal di testa. Se quell'universitario ordinerà una pizza con i suoi coinquilini e dopo andranno tutti insieme all'after del mercoledì sera in centro – o se magari resterà a casa a spaccarsi la testa sui libri.

Immagini le loro vite ordinarie, tranquille, monotone... tutte uguali. Tutte normali. Le confronti con la tua.

John Blake. Ex agente di polizia, ex detective, ex collega di qualcuno. Ex ragazzino affidatario di un numero imbarazzante di famiglie, ex amico di pochi, ex fidanzato di una manciata di ragazze. Ex disoccupato, al momento assunto come risorsa umana nel campo della ristorazione leggasi cameriere ai tavoli. Hobby: dare fondo alle risorse di un uomo che ha malriposto la sua fiducia in te passando le notti a stanare pigramente terroristi che si danno alla macchia.

Oh, a proposito di fiducia tradita, sei ancora allenatore della squadra di basket del Saint Swithin, oppure Padre Reilly ha già trovato un sostituito? Qualcuno che sia più affidabile, qualcuno che riesca a mantenere i suoi impegni...

Ah, sapevi che saresti arrivato a questo punto. E non hai nemmeno cercato di evitarlo.

D'improvviso ti senti soffocare. Senti gli sguardi della gente attorno a te, senti che ognuno di loro sa. Loro sanno tutto e ti giudicano come è giusto che sia.

Come hai potuto abbandonare la tua città? Proprio tu, che hai giurato di proteggerla e tenere una patacca di metallo sul petto o meno non fa alcuna differenza. Tu che hai la possibilità di proseguire su un cammino che un uomo migliore di te ha già tracciato.

Cosa ne è stato di te? Che fine ha fatto John Blake?

Febbrilmente ti apri un varco in mezzo alla folla, ignorando le proteste, e scendi. Sei a due fermate in anticipo rispetto alla tua e sta ancora piovendo, ma non t'importa. Non t'importa di nulla.

Reclini la testa all'indietro, gli occhi serrati e la bocca aperta a respirare la pioggia.

Io sono John Blake. ti dici mentre un passo dopo l'altro t'incammini verso il Wayne Manor John Blake. Sono Robin John Blake. E proteggo la mia città.

Lasci che le parole ti scorrano addosso come la pioggia, lavando via il fetore del senso di colpa.

Mi chiamo John Blake. continui a ripeterti come un mantra anche una volta arrivato all'ingresso segreto della Batcave Proteggo la mia città e la sua gente.

E un terrorista che vive a spese tue.

Ti fermi davanti alla sua cella. Le luci sono spente e il sibilo è lento e regolare, ma non vuol dire che stia dormendo. Hai imparato che sa dissimulare bene.

Io non so cosa fare di te. sospiri.

Ma so chi sono e cosa è meglio per la mia città. ti sei detto.

Così quella sera non sei andato a fare la tua solita ronda. Sei entrato nella sua cella e gli hai lasciato i vestiti sul tavolo. E nell'uscire non ha chiuso il chiavistello.


~


Scena V


Ti risvegli di colpo verso le sei del mattino e sei ancora vivo. Indolenzito per la bella pensata di dormire su una sedia, ma comunque vivo.

La Batcave è tutta intera, silenziosa come l'avevi lasciata. Ti ci vuole un po' per metabolizzare il fatto che durante la notte non è successo niente. Assolutamente niente. E per prendere coscienza della tua meschinità.

Temporeggi, naturalmente. Gironzoli qua e là, nervoso come un gatto. Ma alla fine affronti anche questo. Glielo devi te lo devi.

Quando passi davanti alla sua cella e guardi cautamente dentro, vedi che lui è sveglio. Se ne sta in piedi, a braccia conserte, come fosse in attesa di te. Ti fa sentire un bambino che sta per ricevere un castigo.

Ma del tuo gesto miserabile lui non fa alcun cenno. Lancia un'occhiata muta alla serratura della porta, questo sì. Ed è sufficiente per intendersi. Poi si volta con noncuranza, tornando a stendersi sulla branda.

Non hai le palle di dire niente, così ti dilegui con la coda tra e gambe.

Grazie. gli senti dire mentre ti allontani.

Confuso, ti obblighi a tornare sui tuoi passi. Lo occhieggi dubbioso attraverso le sbarre, senza avere la minima idea di cosa replicare. I suoi occhi sono le solite pozze inesplicabili. Adesso più che mai ti mettono a disagio.

Mi hai procurato dei vestiti. aggiunge con fredda gentilezza.

Oh.

E boccheggi un po', cercando disperatamente qualcos'altro da dire. Un “di nulla” potrebbe andare bene? O è forse meglio buttare lì una battuta, magari sulle commesse che credevano che tu... oh, Dio. Ma che cazzo...?

Ti massaggi la fronte.

Sei stanco. Così stanco.

Io non so cosa fare con te. mormori con disperazione crescente, esattamente come ieri sera.

E non te ne fotte niente che adesso lui ti senta.

Nemmeno io.

Nemmeno lui, cosa? Nemmeno lui sa cosa fare di te? Nemmeno lui sa cosa fare di sé stesso?

Assai presuntuoso arrogarsi di poter amministrare la sorte altrui quando nemmeno si sa come amministrare la propria. –

Con una frase ha risposto a tutte le tue domande inespresse. Anche a quelle a cui nemmeno eri arrivato a pensare.

E hai creduto davvero che quest'uomo fosse così stupido da cadere nella tua patetica trappola.

Ma non è così che ci si libera dei problemi, John Blake. Ti sei assunto delle responsabilità che non puoi ignorare. E imparare la lezione da un terrorista fa abbastanza male al tuo orgoglio da renderti sicuro che non la dimenticherai mai.

   
 
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