31 CAPITOLO
Alle spalle di Caroline c'era la festa. Ma quella
festa si stava trasformando in un massacro.. Era riuscita a difendersi dai
colpi dei cacciatori per miracolo; spinta dall'istinto di sopravvivenza aveva
combattuto fino allo stremo anche se non ne sapeva neanche il motivo. La
sorpresa di quell'attacco l'aveva colta alla sprovvista, lasciandola inerme
come una bambina spaventata.
E la musica... Quel richiamo mortale percorse il suo
corpo come una lama, un fendente fatto di tortura e sofferenza. Altri uomini
continuavano a emergere con le balestre ma Caroline roteava sempre su se stessa
per sfuggire loro. Vide avvampare delle fiamme in un padiglione come se ci
fosse l’inferno in terra, e altri paletti sollevarsi nell'aria ricoperta da
pioggia e cenere.
Caroline sentiva le urla
così alte e così disperate da superare il frastuono di quella musica mortale.
C'era caos intorno a lei, troppo caos che quasi ebbe l'istinto di chiudere
gli occhi e immergersi in un buio silenzioso. Sperò che l'incubo finisse
come nei classici sogni in cui ti svegli di soprassalto, ma quando riaprì gli
occhi la realtà rimaneva dolorosamente tale e quale.
C'erano cacciatori
ovunque che inseguivano e trucidavano vampiri. << Non ha
senso! >> pensò gridando dentro di sé. Quella gente la
conosceva da tutta una vita, la signora Lockwood non
avrebbe mai potuto ordire una trappola del genere. << Non ha senso!!
>> i suoi pensieri folli furono distorti quando vide un cacciatore
dirigersi verso di lei con un paletto in mano. Subito Caroline sfoderò i denti
e lanciò per aria quel tizio come se fosse stato un sacco di patate.
All'interno dell'unico padiglione rimasto in piedi in
giardino, Chuck stava dando prova della sua
improvvisa forza, mettendo k.o numerosi
cacciatori più alti di lui. Anche lui si era fatto prendere alla
sprovvista perché non si sarebbe mai aspettato un simile attacco dai suoi ex
soci. Ma poco importava ora perché stava combattendo strenuamente dalla parte
in svantaggio, ma che era quella più giusta. Si era arrampicato ad un
lampadario grazie alle braccia e aveva lanciato numerosi calci in testa ai suoi
nemici. Dopo di che con un urlo di guerra si era lanciato contro la mischia.
Caroline intanto cercava di difendersi dai numerosi
attacchi, un dardo le si era piantato nel fianco. All'improvviso qualcosa
sovrastò l’atmosfera, rendendo più agghiacciante quell’inferno: un urlo. Il
grido più disperato che Caroline avesse mai udito.. Così forte come la tempesta
di un uragano, ma anche così vulnerabile come foglie che si sgretolano a terra.
Il grido riecheggiò attorno a lei: Briony. Il nome di sua sorella prese forma nella sua mente
e Caroline sentì il panico strozzarle la gola. Saettò in avanti per correre in
aiuto di Briony che doveva trovarsi nella
villa, ma un'altra voce la immobilizzò.
"Che diavolo sta succedendo qui?!?"
Caroline si girò e al suo fianco vide Klaus: sembrava
shockato e devastato quanto lei, ma la rabbia cavalcava ancora tutte
le altre emozioni sul suo viso. Sembrava parecchio messo male anche lui: aveva
tutti gli indumenti stracciati, il corpo ricolmo di sangue. Caroline non sapeva
se fosse suo o quello dei cacciatori, ma non perse tempo che infatti lo
raggiunse in un lampo, prendendolo ad un braccio:
"Fa qualcosa! Aiutaci!" lo incitò in preda
al panico. Klaus sembrò fissarla come se fosse un'estranea apparsa lì per caso;
guardò poi davanti dove c'era la villa e luogo dove si stava tenendo il maggior
massacro.
"C'è anche la tua famiglia là dentro! Klaus mi
stai ascoltando?!" Caroline lo scosse maggiormente perché sembrava che
l'ibrido non la stesse udendo: continuava a fissare il vuoto di fronte a sé,
con occhi sgranati ma rimanendo immobile come una statua.
"No." rispose lui in un ringhio voltando il
viso abbassato.
Caroline non sapeva a cosa si stesse riferendo ma
l'attenzione fu doverosamente rivolta a un cacciatore che stava per
sopraggiungere da loro. La bionda vampira gli squarciò in due la gola,
facendolo cadere a terra.
"Klaus!" tornò a invocarlo per ottenere il
suo aiuto ma lui rimaneva inspiegabilmente immobile. "No.. Non riesco..
C'ho provato.. Non.." sembrava stesse combattendo una lotta contro se
stesso dal modo in cui curvava la schiena, in cui serrava il viso digrignando i
denti, e soprattutto dal modo in cui si teneva il braccio destro come se volesse
tagliarselo dal proprio corpo.
"Cosa non puoi? Aiutaci, non posso farcela da
sola!" E infatti subito un cacciatore le saltò addosso.
Klaus continuava a rimanere immobile con uno sguardo
da invasato. Lo sguardo era sempre rivolto alla villa, come se la cosa che
volesse di più fosse andare lì dentro ma qualcosa di fortissimo gli impediva di
farlo, fino a spremerlo di tutte le forze.
Le urla della sua famiglia gli arrivarono alla mente
in una preghiera di aiuto, e Klaus digrignò più i denti come se li volesse
spaccare da un momento all'altro. Le unghie incidevano sempre di più il braccio
e i piedi combattevano per camminare in avanti. Ma una statua non può sperare
di muoversi.
Ci fu un istante in cui la pioggia battè più forte fino a lanciare fulmini e nello stesso
istante Klaus gridò, combaciando con il rumore terribile del cielo:
"No!"
Caroline intanto era riuscita a liberarsi da alcuni
cacciatori e stava correndo verso Klaus: "Andiamo dentro e
uccidiamoli!" L'unica reazione però che Caroline ottenne fu il nulla.
"Sono morti." La voce e lo sguardo di Klaus
erano vuoti come le profondità della morte.
La razionalità stava bisbigliando a Caroline con voce
malefica il senso di quelle parole, e soprattutto di chi si stava riferendo, ma
il cuore negò con tutte le sue forze:
"No! No no! Possiamo ancora salvarli!"
"Sono morti." ripeté Klaus con la stessa
identica voce di prima.
"Basta! Smettila di parlare così! Fai
qualcosa!"
"Guarda! Maledizione, guarda!" la voce di
Klaus ringhiò ma il corpo continuava a rimanere immobile.
E Caroline allora si guardò attorno. Le gocce delle
pioggia le bagnarono il viso, nascondendo le lacrime nascenti.
La festa di Mystic Falls si era tramutato in un campo di battaglia.. O
meglio ancora, nell'antro di un macellaio.
La morte si estendeva in mezzo a loro, le fiamme
avvolgevano i padiglioni e si levavano alte nel cielo fino a formare vapore di
cenere. Dovunque risuonava il canto di morte.
Caroline saettò in avanti ma Klaus l'afferrò per un
braccio. Per un attimo vide proprio nel braccio dell'Originario qualcosa che
brillava ma poi tutto si fermò attorno a lei: le grida, la musica... Tutto era
cessato.
"Vieni. Dobbiamo andarcene." disse la voce
sconosciuta di Klaus.
Il cielo nero piangeva, il vapore formato dal fumo
sembrava creare un suono stridente e agghiacciante, anticipando il triste
epilogo. La faccia di Caroline era bagnata dalla pioggia e dalle lacrime.
"No... No!" la sua voce era
debole, come quella della ragazzina studentessa che era. "Mia sorella é là
dentro! Devo salvarla, dobbiamo salvarla! C'é anche la tua famiglia!"
I cacciatori avevano cessato di combattere. Per un
solo motivo...
"Dobbiamo andare a prendere mia sorella."
Caroline continuava a ostinarsi ma la voce di Klaus era immobile e tagliente:
"Morta pure lei."
Caroline sentì il cuore fermarsi per davvero, senza
possibilità di ripresa.
"Non possiamo fare più niente ormai. Se andiamo
là dentro non torneremo mai più fuori." la voce di Klaus era inumana e
fredda. Ma il viso era ricolmo dallo shock che sembrava perforarlo in due metà,
quasi potesse sentire ancora le grida dei suoi fratelli però non potesse fare
nulla per loro. Voleva salvarli anche in quel momento in cui non c'era più
nulla da fare, voleva vendetta, ma qualcosa di potente lo bloccava.
"Rimani qui o vieni via, la scelta sta a
te.."
Ma Caroline schizzò di lato, non ascoltando il
proseguimento della sua frase. Corse verso la villa, per andare a salvare sua
sorella. Non correva per se stessa perché tanto se il creatore della sua stirpe
era morto, non c'era più nulla da fare. Corse e nessuno sembrava badare a lei.
Forse era troppo tardi, alle sue orecchie sopraggiungeva solo il silenzio e il
rumore del vento che si portava dietro per la corsa selvaggia.
Stava per arrivare alla porta principale.
Ma poi qualcosa la colpì e Caroline perse i sensi.
Oblio…
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Vuoto. C’era solo vuoto in lei, non avvertiva più
nulla dentro di sé. Un arido deserto di vuoto.
Non c’era rimasto più niente per lei, nulla da
aspettare né da amare. Se tutto attorno a lei era vuoto, allora anche dentro
sarebbe stata vuota.
Il cuore batteva ma solo per non morire. Non c’erano
pulsazioni vitali perché Briony Forbes non voleva più averle. Se si sarebbe concessa
il benché minimo lusso di ricordare o provare, si sarebbe lasciata divorare
dalla disperazione. Conosceva bene quanto profondo fosse quel baratro e non
voleva ricaderci mai più… e non perché
volesse vivere serenamente.
Non desiderava la felicità né il dolore. Non voleva
sentire niente perché niente batteva dentro di lei.
Continuava a fissare il vuoto, l’eterno vuoto di
fronte a lei senza mai stancarsi perché tanto di sensi la sua vita ne aveva
perduti molti.
Era sdraiata su un fianco in un lettino d’ospedale,
coperta da un classico camice bianco. Il volto doveva essere deturpato e
irriconoscibile, chissà quanto avevano scavato il sangue e le lacrime dentro di
esso, ma non voleva guardarsi allo specchio pur di non annegare di nuovo.
Il bip bip del monitor dimostrava che la paziente era sana e
quel rumore continuo significava vita. Ma lei non era sicura di volerla. Aveva
invocato la morte di venirla a prendere, di permetterle di abbandonarsi al suo
abbraccio di pace, di aiutarla a non soffrire più quel calvario eterno di
agonia.
Tecnicamente Briony non
aveva nulla che non andava. Era quel vuoto continuo che non andava bene, che
l’avrebbe lasciata marcire dentro fino a spremerle le ossa e svuotare gli
occhi.
Sentì un pizzicore alla gola, segno che non poteva
evitare i suoi bisogni all’infinito. Era pur sempre un essere umano e
così Briony accennò a muovere il braccio
per prendere un bicchiere d’acqua e così dissetarsi. Per poi tornare al vuoto.
Il braccio non si allungava abbastanza quindi dovette
inclinare un po’ la schiena. Durante quel gesto una scintilla di un ricordo le
assalì la mente, così forte da provocarle un’emicrania di dolore alla testa.
Lei che cercava di allungare la mano per cingere il corpo di Elijah in un caldo
abbraccio, così da scacciare la fredda morte che stava per venire a prenderlo.
Ma la sofferenza aveva fatto capolinea su tutto,
l’aveva privata di ogni cosa e quelle braccia umane non avevano potuto fare
niente per contrastare quelle della morte.. anche se le sue erano piene di
amore e speranza. Due sentimenti che non contavano nulla in quel mondo fatto di
morte.
La mano di Briony tremò
nel prendere la bottiglia, barcollava perché i residui dei ricordi si stavano
prendendo tutto di lei fino a corroderle ogni pezzo d’anima. Alla fine il
braccio si arrese nell’allungarsi di più e la paziente tornò a sdraiarsi con un
sospiro.
Non voleva chiudere di nuovo gli occhi… se l’avesse fatto le urla sarebbero ritornate
ad annientarla. Quel buio le faceva troppa paura e i ricordi ne facevano parte.
Provava troppo dolore affinchè riuscisse
a muoversi e allora continuava a rimanere immobile. Voleva che oltre le forze,
si spegnesse anche il cervello ma quello col tempo cominciò a crearle delle
immagini che le perforavano gli occhi e le bruciavano il cuore.
Il bip bip del monitor fece un rumore strano e preoccupante
ma a lei non gliene importò. Che la morte venisse pure a prenderla, era quello
che voleva di più al mondo. Come avrebbe vissuto senza Elijah, senza Caroline?
Senza niente?
Ogni speranza di vita era morta quando questa aveva
lasciato il corpo di Elijah mentre era tra le sue braccia… lui
che le sussurrava il suo nome tra i capelli, la sua mano gelida che le lasciava
la spalla, il suo corpo così pesante da farla precipitare nel baratro… il suo ultimo sguardo in cui ordinava a Willas di lasciarla andare…
In un istante Briony si
ritrovò sola e immersa in quei ricordi, con l’unica compagnia di una lacrima
che le rigava il volto.
Più ricordava, più il cuore si faceva male e più
il bip bip del
monitor fremeva impazzito.
Perché la morte tardava ad arrivare? Connor le aveva portato via tutto, che venisse pure a
finire il suo lavoro… ma probabilmente non
aveva senso privarla del cuore, quando già lo aveva perso. Eccola la punizione
più grande, la morte sarebbe stata soltanto una soluzione di pace.
Immobile e sfiancata, si stringeva le mani tra loro,
come nell’arrancarsi ad un ultimo appiglio per sopravvivere. Ma anche nelle
mani c’era il vuoto.. non c’era niente... Colta da un brivido di allarme Briony si rizzò sulla schiena, incurante del dolore
fisico.
Si guardò attentamente la mano: non c’era più… non c’era più!
<< Dov’è l’anello? >> pensò in un attacco
di panico, guardandosi attorno come in cerca di un salvagente che l’avrebbe
aiutata a non affondare.
<< DOV’E’ IL MIO ANELLO? >> Sembrò gridare
come una pazza invasata ma quel pensiero gridò soltanto nella sua mente.
Non potevano toglierle l’ultimo ricordo più caro che
aveva di Elijah… se lo avesse perso, si
sarebbe uccisa lei stessa con le proprie mani.
Armeggiò con uno dei cassetti lì vicino e quando aprì
il primo, lo vide.
Era proprio lì… solitario
e bellissimo, in attesa che la sua proprietaria lo reclamasse perché solo una
persona aveva il diritto di portarlo.
Il più importante frammento dell’animo di Elijah… quella piccola pietra che sembrava illuminare
e portare luce in ogni cosa. Ma quando lo prese in mano, Briony fu sommersa non dal sollievo ma dalla
tristezza: quell’anello non avrebbe illuminato un bel niente perché lei stava
precipitando in un baratro oscuro in cui non era prevista alcuna luce… non meritava persino di possederlo… non
dopo ciò che era successo…
<< Lui è morto, perché io non lo sono? Dov’ero
quando aveva bisogno di me, perché non ho potuto fare niente per salvarlo?
Perché non ho combattuto di più? E invece cosa ho fatto? Niente. Sarei dovuta
morire al suo fianco. >>
Briony non riuscì a sostenere il vuoto
ancora per molto, perché il mare di sofferenza stava per giungere con tutte le
sue onde per farla affogare. E alla fine andò giù e non riemerse.
Lasciò liberamente che le lacrime scendessero lungo il
suo viso, fino a che il petto non ebbe degli spasmi per via dei singhiozzi. Si
sdraiò mollemente, mettendosi una mano alla fronte. L'altra racchiudeva
l’anello portandoselo al petto, mentre il viso era l’immagine del suo dolore.
Era un grande vuoto.
Era cumuli di cenere.
Era lacrime.
Briony era
tutte queste cose e non era niente allo stesso tempo.
Immersa dal tormento, non si era nemmeno accorta che
era entrata un’infermiera per controllare i dati del monitor e per darle un
calmante, visto che le onde del dolore stavano già facendo il loro mostruoso
effetto e stavano per soffocare il suo cuore.
L’infermiera si raccomandò di nuovo di stare calma
ma Briony continuava a non ascoltare,
perdurava nel suo pianto di agonia. Non si accorse neanche che erano entrate
altre persone nella stanza, ma non avrebbero mai ottenuto la sua piena
attenzione perché lei voleva vedere solo due distinte persone passare per
quella porta… e sapere che era impossibile
contribuì ad altre lacerazioni nel suo cuore.
L’infermiera si raccomandò con i due visitatori di non
farla stancare troppo viste le sue condizioni precarie. Briony stava per mandare al diavolo quell’insulsa
infermiera perché le condizioni precarie ce li aveva chi aveva una
costola rotta… lei aveva qualcos’altro di
ben più rotto…
Quando il silenzio finì per sommergere ogni
cosa, Briony si decise di alzare gli occhi
e di far smettere alle lacrime di scendere: c’erano Chuck e
Jennifer lì con lei, e i loro sguardi dovevano essere impietositi per qualcosa
che scorgevano nel suo viso.
Chuck aveva una benda al braccio che doveva essersi
rotto, mentre Jennifer portava sempre il gesso alla gamba e si teneva in piedi
con le stampelle. Briony sapeva
razionalmente che non doveva avercela con loro, ma la rabbia sembrò penetrare
dentro di lei e voleva un bersaglio per farla esplodere.
“Che cosa ci fate voi qui?” domandò acidamente.
Jennifer sospirò in maniera grave: “Dio Briony… ti giuro, mai avrei pensato che succedesse una
cosa del genere… non me l’ero neanche
immaginato..”
“E’ questo che servono le feste di Mystic Falls no? Creare
sorprese.” La voce di Briony sputava
continuamente acido pur di non versare altre lacrime.
Chuck si fece avanti, l’espressione impietosita nella
sua piccola grande faccia: “Ti giuro che non accadrà mai più una cosa del
genere..”
“Oh beh certo… anche
perché tutti i vampiri sono morti. Ripeto, che cosa volete? Vedere con i vostri
stessi occhi chi è l’unico superstite di quella carneficina?”
“Briony… so che adesso
non riuscirai a crederci e fatichi a sopravvivere, ma vedrai che col tempo… riuscirai a farcela come prima, con un po’ di
terapie tornerai come nuova.” la voce di Jennifer era piena di speranza e
amicizia, ma Briony ribattè in
maniera molto più violenta. La rabbia l’assalì fino a darle una forza strana:
“Non è di questo ciò che ho bisogno! Non capite? Ciò
che voglio è vedere quei luridi vermi di cacciatori strisciare a terra e pagare
per quello che hanno fatto! E visto che voi fate parte del club, direi che è
meglio se vi togliete dalla mia vista!” Gli occhi sputavano sangue, la lingua
sembrava sibilare come un serpente e le braccia si muovevano convulsamente,
incurante degli aghi della flebo.
“Briony… noi non ne
sapevamo niente altrimenti sicuramente avremmo potuto fare qualcosa prima. Ho
cercato di combatterli più che ho potuto..”
“Anche io non ne potevo sapere niente, ero incollata
nella poltrona con la gamba rotta. L’unica cosa che devi fare è non lasciarti
divorare dal rancore perché sei davvero viva per miracolo, Briony.”
Chuck e Jennifer cercavano in tutti i modi di far
sollevare l’amica, di infonderle coraggio e il loro sostegno, ma era come
domare un fuoco implacabile.
“Viva..?” ripetè Briony facendo intravedere quanto dolore avesse dentro
e che le scavava i lineamenti del viso, dentro l’anima. “Io non voglio nessuna
esistenza, non voglio essere viva in questo modo e non senza di lui!” Ogni
sensazione non le provocava altro che sofferenza, la quale sembrava scivolarle
dentro come un cancro letale. Non poteva più sopportarla dal gran che era
terribile.
“Non potete aiutarmi, nessuno di voi può! E ora
lasciatemi in piace!” Gridò le ultime parole con una determinazione tale che le
si contorse il collo. Le lacrime le incendiavano gli occhi scavati, indeboliti
dalla troppa sofferenza emergente in essi.
Chuck e Jennifer arretrarono quindi sui loro passi,
come sorpresi dall’ira montante di quella ragazza che faticava a sopravvivere.
Lo sconcerto però apparve in Briony quando
vide qualcuno affacciarsi alla porta della sua camera. Per poco le parole
d’odio non le si strozzarono in gola.
“Avete finito di fare schiamazzo? Vi fate sentire per
tutto il corridoio dell’ospedale, e io che vi credevo così civilizzati!”
Con quanta semplicità e arroganza Willas si era appoggiato allo stipite della porta e
guardava i presenti con glaciale sufficienza.
A Briony tremarono
le labbra per fermare le bestemmie rivolte a quell’essere rivoltante, mentre
anche la sua fidanzata faticava a rimanere calma: “Will? Che diavolo ci fai
qui? Ti avevo detto..”
“Lo so Jen. Ma in fondo
la tua amica è viva quindi è inutile tergiversare sul passato. Chiamalo un mio
gesto di commiserazione.” rispose lui semplicemente abbottonandosi i polsini
della giacca.
“Veramente Briony non
è stata risparmiata dalla vostra cosiddetta commiserazione. E’ riuscita a
sopravvivere perché i termini della sua morte rimangono gli stessi, anche senza
i suoi poteri. Altrimenti ora sarebbe già crepata.” replicò Chuck acidamente e fissando di traverso il cacciatore.
Willas fece uno stizzito gesto con la mano:
“Sia come sia. Sono proprio venuto qui per porgervi i miei saluti visto che me
ne vado. Il mio compito qui è finito e finalmente posso definirmi in pace.”
Mormorò soave e quasi allegro.
Jennifer lo fissava come se fosse pazzo o appena
uscito da un circo, mentre Briony faticava
a credere che quel tipo potesse stare in sua presenza in maniera così
menefreghista.
“Pace..?” sibilò lei duramente. “Non avrai pace, non
con me. Avresti dovuto uccidermi a quella stramaledetta festa perché io non ti
darò pace fino a quando tu e il tuo padrone finirete sotto terra.”
Willas inclinò il capo da un lato con
sguardo ilare: “So cosa provi... la voglia di vendetta, mi avete fatto rimanere
solo al mondo, eccetera eccetera. Ma non sono disposto a soddisfarti visto
che ci tengo alla mia pelle. E in fondo... era l’unico finale per questa
storia.”
“Il finale ci sarà quando voi assassini sarete morti,
quando sarà fatta giustizia per il massacro che avete ordito alle nostre
spalle.” Le nocche di Briony stavano
diventando bianche a forza di serrare le mani, il bip bip del monitor stava cominciando ad impazzire.
“Assassini?” Willas ripetè quella frase come se non la conoscesse nel suo
vocabolario. “Io ho solo fatto ciò che era giusto, mischiando il mio fine alla
vendetta. I Mikaelson dovevano morire, la
morte non ripagherà per tutto il male che hanno fatto ma almeno l’inferno è il
posto che a loro spetta. Non mi dispiacerò per questo perché aspettavo questo
momento da troppi anni.”
“Will ora basta, non incominciare con la solita
storia. La tua vendetta non può giustificare il vostro atto feroce!” replicò
Jennifer in maniera scandalizzata.
Willas stranamente la guardò storto. Guardò
storto tutti i presenti:
“Feroce? Ve lo dico io cosa è feroce… perdere
la propria famiglia per mano di luridi mostri.. vederli con la gola sgozzata e
i loro corpi tagliati a metà quando si è solo dei bambini.. quando si è inermi
per tentare anche solo di difenderli. Questa è ferocia. E i Mikaelson hanno avuto quello che si meritavano.”
Jennifer scuoteva la testa con compassione e
sospirava:
“Dopo così tanti anni la gente cambia..”
“Non mi interessano i tuoi motivi.” Ribattè Briony all’improvviso
con sguardo da invasata. “Ti sentirai meglio adesso, ma non quando ti taglierò
la testa.”
Willas le sorrise in segno di sfida.
“Provaci. Non ti conviene. E tu che ti definisci tanto
buona e pura, ma poi dici che non ti interessa quanta morte e sangue si portano
dietro i Mikaelson da millenni! Dovevo
lasciarti in mano a Connor, la tua stupida vita
è uno spreco per chi non può più viverla.” finì in maniera feroce e dura.
Briony allora grugnì, stringendo i pugni
delle mani sopra il lettino. Il cuore stava per scoppiarle nel sentire tali
parole rivolte al vampiro che aveva tanto amato:
“Non Elijah! La tua famiglia potrebbe essere morta per
mano di Klaus o di Kol.. loro ne sarebbero
capaci, ma non Elijah! Lui non c’entrava niente, lui…”
il tono di voce si abbassò come se la corde vocali avessero perso le forze. Il
respiro si stava spezzando, quasi i polmoni si fossero otturati. “Lui non era
un mostro.” Una lacrima le fece compagnia in quella frase.
“Sì, e le favole esistono.”
“Ora basta Will! Non hai un briciolo di pietà?
Lasciala in pace altrimenti dimenticati il mio numero!” Jennifer era sul punto
di lanciare una stampella al suo ex ma lui la fulminò prima con lo sguardo,
faticando a riconoscerla:
“Dio mio Jen.. proprio
tu che sei una cacciatrice dovresti pensarla come me! I vampiri sono vampiri!
Non cucciolotti da redimere e da amare! Noi
potremmo essere crudeli e dei mostri dopo l'attacco alla festa, ma i veri
mostri erano loro. I Mikaelson e anche il
tuo Elijah.” Disse poi guardando Briony “Più
bestia che essere umano, quel mostro gonfio di superbia e sete di sangue. Ed
era anche pericoloso dalle prove che ho riscontrato: si nascondeva dietro la
facciata dell'onore e poi faceva i suoi luridi comodi senza troppi problemi di
coscienza. Elijah Mikaelson? Era un ignobile
mostro, e come tale é morto."
Scese un gelo silenzioso. Briony guardava Willas con gli occhi sbarrati come se stesse per
calpestarlo come un insetto. Nel tempo di un ringhio acuto di rabbia, Briony si avventò sul cacciatore. Insieme a lei
caddero anche le flebo e altre aggeggi, ma non le importava. L'unica cosa che
desiderava era cavare la pelle dal viso di quel bastardo; le braccia si
muovevano convulsamente e dalle labbra uscivano dei sibili rabbiosi.
Willas sotto di lei non riusciva a parare i
suoi colpi perché preso troppo alla sprovvista. Ma in breve Briony venne divisa a forza da lui e portata verso il
letto disfatto: continuava a calciare, a lanciare grida di rabbia e sguardi da
invasata.
"Lo sapevo che eri pazza." biascicò Willas rimettendosi in piedi.
"Will ora vattene!" Jennifer si impose nella
maniera più autoritaria che tutti ricordassero e questo lasciò sbigottito il
cacciatore, in maniera tale che quasi perse il controllo delle sue emozioni, ma
poi in due secondi liquidò la tensione con una smorfia:
"Vi auguro di vedere la vostra famiglia macellata
sotto i vostri stessi occhi. Poi vedremo quanto troverete belli e buoni i Mikaelson." ribatté lui durissimo prima di dileguarsi
fuori dalla stanza.
Intanto Briony faticava
a rimanere calma e immobile, continuava a scalpitare come una pazza tanto che
accorse la dottoressa Fell:
"Ha bisogno subito di un sonnifero."
"No!" gridò Briony cacciando
via la siringa che la dottoressa Fell brandiva.
"Non ho bisogno di questo! Ho bisogno di pistole, fucili e proiettili! E
di magia che mi aiuti a trovare quel bastardo di Connor!
E poi.. Ho bisogno di armi.. Di.." la voce di Briony poco
prima folle ai limiti dell'umano, adesso si stava indebolendo fino a tremare
come quella di una bambina spaventata. La sua follia era tutta dovuta alla
sofferenza troppo terribile che rischiava di annientarla.
Si portò le mani ai capelli, la bocca era distorta per
il richiamo d'aiuto che voleva che fuoriuscisse ma sentiva di avere un'enorme
groppo in gola. "Ho bisogno di..." la voce tremò e si spezzò, le
ginocchia cedettero mentre le lacrime avevano ricominciato a scendere senza che
se ne accorgesse.
Non aveva le forza di finire la frase perché era già
plateale di chi avesse bisogno, ma ammetterlo sarebbe valso come l'ennesimo
sale sulle ferite, altre lame pronte a inciderle l'anima. Perché era
impossibile che ciò avvenisse.
"Non posso.. Non ci riesco.. Non ce la
faccio.." continuava a bisbigliare con voce strozzata dal pianto, senza
più le forze in grado di fronteggiare quel mare di dolore da cui venne
investita irrimediabilmente.
Il viso era rivolto verso l'alto, come se volesse
guardare il cielo perché quel mondo non le apparteneva più, e perché poi uno
spirito di vento le aveva portato via la persona che più contava per lei
portandola lontano.. dove lei ora guardava. Era lassù il paradiso? Non ci
poteva essere l'inferno perché quello ce lo aveva proprio attorno. Le sue
fiamme sembravano artigliarle la pelle così dolorosamente che fu costretta a
piantarsi le unghie nei capelli.
"Briony, calmati. Che
cosa ti ho sempre insegnato? La paura uccide più del.."
"Non ho paura Chuck"
replicò Briony rimanendo a terra, le
lacrime formavano laghi infuocati nel suo viso "E’ la verità! E questa mi
uccide! Non ho più niente! Elijah non c'è più, si é portato via anche
Caroline.." i singhiozzi le impedivano di parlare, gli occhi faticavano a
rimanere aperti come se l'agonia l'accecasse nella sua grandezza.
Voleva provare odio per soppiantare la sua perdita,
anche verso il vampiro che le aveva portato via il sangue del suo sangue, ma
come sempre la sofferenza fece capolinea su tutto.
Qualcuno la issò poi in piedi, conducendola nel
lettino. Briony stranamente si lasciò
trasportare senza opporsi, le lacrime erano diminuite perché non voleva che
degli sconosciuti venissero bagnati dalle gocce del suo dolore, perché quelle
potevano essere condivise solo da lei e da chi aveva il potere di spegnerle.
Tutte illusioni e speranze che svanirono, portate via da un crudele vento.. Con
un debole sospiro Briony si lasciò sdraiare
lungo il lettino.
"Starai bene. Presto tornerai a casa." disse
una voce.
E rieccolo il vuoto.. lui che le stava strappando via l'anima
sempre di più, riducendo il suo corpo ad un involucro privo di vita.
La risposta in Briony venne
automatica e facile: si formò prima nella mente poi a parole.
"Io non ho più una casa."
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Ombre. Le ombre albergavano infime in quel luogo
piccolo, desolato e fuori dal mondo. Albergavano in ogni cosa, in ogni essere,
in lui.
"Non potremo stare qui per sempre."
mormorò Ylenia a bassa voce come se avesse
paura che qualcosa si risvegliasse. Era seduta in un angolo mentre vicino a lei
una figura alta stava in piedi a guardare fuori dalla finestra, l’unica luce
che permetteva di illuminare quella fitta ombra.
"Lo so." rispose quella figura non
muovendosi di un centimetro.
"Molte vite sono state spezzate
in quella maledetta festa. Ma tutto questo continuerà a esistere
finché tutto andrà per il meglio. Molte cose possono sembrare morte,
ma sono solo spezzate."
"Come loro." disse la figura misteriosa
voltando il capo e fissando un punto preciso che stava in ombra. Poi tornò a
guardare la strega. "Come me. Nemmeno io sono ancora morto"
E Ylenia provò un
brivido freddo nel fissare gli occhi neri, agghiaccianti, di Elijah Mikaelson.
Willas si trovava nella vecchia cascina, un
tempo luogo dei cacciatori. Stava seduto a contemplare il disegno che aveva
fatto lui stesso e che ritraeva l’anello dell’assassino di suo padre e di sua
sorella. Finalmente la sua famiglia era stata completamente vendicata, aveva
svolto il suo compito, e un senso di audace appagamento lo invase.
Gli fuoriuscì un sorriso perfido mentre ricordava la
fine dei Mikaelson. Avevano avuto quello che si
meritavano, per lui erano solo dei mostri da combattere e aveva aspettato anche
troppo tempo per vendicare la sua famiglia... ora potevano essere in pace.
Innalzò un bicchiere per un brindisi tutto per sé e
svuotò il drink in un solo sorso. Non era ancora finita però: Klaus Mikaelson era ancora in vita, se vita la si poteva
chiamare visto che a causa di quel trabocchetto che avevano escogitato era
adesso una marionetta in mano di Connor. Appena
finito lui, Willas si sarebbe allora
sentito davvero in pace e avrebbe deciso cosa fare della sua vita…
Sicuramente avrebbe lasciato quel posto schifoso,
avrebbe ricominciato una nuova vita lasciando da parte i tetri ricordi e tutte
quelle morti… Non ne provava rimorsi,
in fondo lui era un cacciatore e il suo destino era stato scritto più di mille
anni fa. Inutile combatterlo e inutile avere sensi di colpa quindi. Anche
perché non ne voleva proprio avere, si sentiva troppo inebriato quel giorno.
Bevve un ultimo sorso e all’improvviso comparve
Jennifer: la ragazza sembrò alquanto sorpresa nel vederlo lì, infatti spalancò
gli occhi.
“Non credevo fossi qui.” disse dura e mostrando
un’espressione ostile. Non aveva più le stampelle, solo una piccola fasciatura.
“Fai pure quello che devi, in fondo questo posto non
appartiene a me.” rispose Will semplicemente. Jennifer stava per congedarsi,
non avendo alcuna intenzione di rivolgergli la parola ma lui si alzò fulmineamente.
“Senti Jen, non
possiamo parlarne?”
“E di cosa? Di come mi hai rotto la gamba di
proposito affinchè non andassi a quella
dannata festa?” ruggì lei voltandosi.
Willas allora sospirò: “Era l’unico modo
per tenerti al sicuro.. volevo tenerti fuori da tutto quel casino e se tu ci
fossi stata..”
“Vi avrei ostacolati.”
“No saresti rimasta uccisa per la tua tremenda
istintività e il tuo malsano desiderio per i vampiri.” sibilò Willas duramente.
“Quindi adesso sono in debito con te?” Jennifer rise
amaramente “Non provarci nemmeno. Quello che avete fatto è sbagliatissimo! Vi siete messi al loro pari livello!”
“Ma ho ottenuto quello che volevo. Non mi convincerai
a provare dei rimorsi. Volevo i Mikaelson morti
da secoli e ora lo sono. Ciò che è giusto è giusto, fine della discussione.”
“Certo.. credi che la tua famiglia sarebbe contenta se
ti vedessero come un feroce assassino?” Jennifer azzardò troppo, soprattutto
nel tono, e questo Willas non glielo
perdonò dal modo in cui la guardò in maniera terribile.
“Non osare parlare di loro. Tu che ne sai? Hai sempre
avuto una vita facile.” Sibilò lui tetro fissandola come se fosse un nemico.
Andò dritto al tavolo e gli sferrò un pugno come per placare l’ira che lo stava
assalendo: “Dovevano morire! Se sono diventato un assassino è a causa loro! Per
colpa di ciò che hanno fatto!”
Diede un altro pugno e Jennifer allora traballò per la
sua tremenda furia. A causa dei colpi, il disegno cadde a terra e la ragazza si
abbassò per prenderlo: “Dovresti calmarti, questo tuo caratteraccio ti porterò
alla rovina Will. E lo dico per il tuo bene perché sono talmente stupida che ci
tengo ancora a te! Quindi..” Ma all’improvviso si bloccò e le parole le
morirono in gola mentre guardava il disegno dell’anello.
“E questo.. perché l’hai tu?” domandò tentennante.
Willas le lanciò una debole occhiata: “E’
l’anello che uno dei Mikaelson teneva
quando ha sterminato la mia famiglia… ma ora non mi
serve più visto che loro sono all’altro mondo.. anche se mi sarebbe piaciuto
sapere chi fosse precisamente il proprietario perché allora gli avrei dato una
morte più..”
“Ma quest’anello non appartiene ai Mikaelson.” disse Jennifer improvvisamente.
Quelle parole furono come una freccia scoccata
per Willas, che si paralizzò di colpo. Non
aveva mai avvertito una voragine così profonda provocata per una ferita
invisibile: “Cosa?”
“Sì.. l’ho visto da un’altra parte..”
“E come? Quando?!” Willas riprese
il senso della realtà e gridò quelle parole non riuscendo a farne a meno.
Possibile che si fosse sbagliato? Era sicuro che fosse stato un Mikaelson.. forse un altro vampiro allora… Ma
dopotutto tutta la razza dei vampiri presto sarebbe stata estinta quindi si era
vendicato comunque.
“L’ho visto da Connor.”
Quella risposta contribuì alla freccia di penetrare sempre
più nel suo petto, apparentemente muscoloso e infrangibile.
“Che cosa?” Willas sembrava
sputasse del vetro dal tanto che non ci credeva.
Jennifer traballò non sapendo se parlare o meno, visto
lo sguardo di fuoco dell’uomo.
“Parla! Che cosa sai?!” Willas ruggì
come non mai, faticava a rimanere calmo e stringeva i pugni fino a far
diventare bianche le nocche.
Jennifer deglutì: “Eravamo qui… lui
era in una stanza e io sono entrata senza bussare perché credevo non ci
fosse nessuno… c’era un portagioielli
aperto e mostrava un sacco di aggeggi.. tra cui alcuni anelli… lui
si è giustificato dicendo che erano anelli magici e mi ha ordinato cortesemente
di uscire… non c’ho dato molto importanza,
in fondo Connor è sempre stato un tipo
strano..”
“Strano?! Non può essere una coincidenza strana il
fatto che lui porti l’anello che ho visto indosso all’assassino della mia
famiglia!!” Willas gridò come un forsennato
e agitò le braccia. Gli occhi erano rossi come il sangue e Jennifer avrebbe
tanto voluto fuggire via a più non posso, ma la gamba le pizzicava
dolorosamente, impedendoglielo.
Il cacciatore si mise poi una mano alla bocca per
tentare di calmarsi e di ragionare: “Deve essere per forza uno sbaglio… sicuramente ti sei sbagliata! Era un altro
anello!”
“No.. no no, è quello dipinto nel disegno. Ne
sono sicura!”
Willas deglutì la bile che aveva in gola.
Guardava Jennifer come se fosse un’aliena, qualcuno che gli aveva sputato
appena addosso… il suo cuore non riusciva
a crederci… possibile che Connor fosse coinvolto nel massacro della sua
famiglia? E perché poi? Per quale motivo..? L’uomo che gli aveva fatto da
maestro, che lo aveva guidato in tutti quegli anni… Si
sentì stringere in una morsa e avrebbe tanto voluto gridare dalla rabbia per
essere stato vittima di un tradimento tanto vile.
Strinse invece i pugni delle mani fino a farle
sanguinare. “Ne sei certa Jennifer? Devo esserne sicuro prima di..”
“Prima di.. che cosa? Non fare sciocchezze!” ribattè subito Jennifer perché aveva capito che il
cacciatore aveva intenzioni folli. Bastava guardare il suo sguardo da invasato.
Willas però non le diede retta e si avviò
come un toro impazzito verso la porta. Jennifer cercò malamente di bloccarlo:
“Will aspetta..”
Il cacciatore agì d’impulso e senza pensarci, troppo
preso dall’ira che lo divorava: sbattè la
rossa contro il muro lì vicino, afferrandola prepotentemente per la gola.
L’unica cosa che Jennifer fece fu sbarrare gli occhi per via dello shock.
“Non intralciarmi.” sibilò Willas semplicemente
e lasciandola poi andare con uno scossone.
Jennifer tossì, e senza poter fare niente per
impedirlo lo vide andarsene in fretta e furia. Sapeva che erano in arrivo altri
guai ma questa volta, anche volendo, non poteva evitarlo.
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La porta si chiuse dietro di lei con un cigolo. Briony non lo sentì neanche, si era lasciata
sommergere dal silenzio e dal vuoto. Camminò a passo di fantasma lungo la sua
casa.. anche se non la considerava più tale... l’avrebbe smantellata pezzo per
pezzo, magari bruciata perché non voleva più viverci..
Ogni cosa intorno a lei le faceva capire che Elijah le
mancava, era una continua persecuzione: come uno spirito che alleggiava attorno
a lei, facendole ricordare quanto aveva amato e quanto aveva perso. Quello
spirito malvagio si stava insediando dentro di lei, conducendola alla pazzia e
doveva fare qualcosa per scacciarlo…
Avrebbe rotto ogni ricordo, ogni pezzo della sua vita
che riguardava Elijah Mikaelson perché il
dolore era troppo grande da affrontare per una persona sola. Se avesse
ricordato ogni singolo momento bello passato con lui, si sarebbe lasciata
affondare da quel mare di agonia e per adesso doveva vivere… vivere
almeno per vendicarlo, per vendicare tutti quanti.
Con un sospiro Briony lasciò
cadere mollemente la borsa e si massaggiò le gambe nude: portava una maglia e
una gonna, ma si sentì comunque la pelle d'oca anche dopo il massaggio. C’erano
voluti dieci giorni prima che la dimettessero dall’ospedale.. dieci giorni
infernali e pieni di veleno che lei digeriva ogni volta che ricordava.
Si diresse poi in salotto. Lo sguardo spento e
sconosciuto perfino a se stessa. Si versò un drink per cercare di rimettersi in
piedi e di smettere di deprimersi: il primo sorso non valse niente e nemmeno il
secondo. Tutto l’alcool del mondo avrebbe riempito il suo stomaco ma non il
buco che aveva nel cuore.
Un sorriso forzato le increspò le labbra: lo strano
scherzo del destino era che voleva lottare ma non aveva più nessuno per cui
farlo.. era stata abbandonata persino dalla morte che il destino si era
rifiutato di concederle.
Qualcun altro sano di mente lo avrebbe ringraziato per
questo, ma lei no. Si mise davanti a uno specchio ma ciò che vi trovò era una
sconosciuta. Non era lei: le cicatrici erano andate via, non c’erano quasi più
i segni delle sue unghie sul viso ma Briony poteva
sentire le ferite lambirle ancora la pelle, come piccoli segni bianchi. Chiuse
gli occhi e nel buio della sua mente tornò a rivivere i momenti in cui
l’avevano attaccata alla festa, colpi su colpi e sangue.
L’ultima lama le fece male come se fosse davvero
reale, e Briony si portò le mani alla
testa, scuotendola di continuo per spegnere i ricordi.
Andò a passi spediti verso alcuni scaffali del salone,
dove per fortuna erano rimaste alcune armi. Le prese fuori tutte, quasi con
foga perché era troppa la rabbia ed aveva urgente bisogno di sfogarsi.
Fece il giro della sala per prenderne altre ma con la
coda dell’occhio vide qualcosa che catturò la sua attenzione. Si voltò con
enorme sforzo: c’erano troppe foto lì, troppi ricordi che rischiavano di farla
ricadere nel baratro. Non riusciva ad affrontare tutto quel tremendo dolore,
quella solitudine assillante senza morirne, e per questo velocemente gettò per
terra tutte le foto che ritraevano lei e la sorella, i suoi amici, tutte le
foto che le capitavano a tiro. Le lanciò via per rompere tutta la sua vita: dei
gemiti di rabbia e di dolore le fuoriuscivano di continuo dalle labbra per la
consapevolezza orribile che la stava attagliando.
La casa era tutta sottosopra, anche i libri erano
stati tirati fuori dalla libreria a causa del suo attacco di disperazione.
Si staccò poi la collana che Caroline le aveva
regalato per il suo compleanno, la buttò da qualche parte, e si tolse anche un
gioiello che portava all’anulare sinistro. Ma quando stava per gettarlo, la sua
mente si bloccò nel fissarlo e così anche il suo corpo. Il suo cuore sembrò
rinascere.
I suoi occhi scavati osservarono l’anello che le aveva
regalato Elijah. Persino adesso sembrava risplendere... ma quella luce stava
aggiungendo in lei una desolazione inaudita. Non riusciva a buttarlo, non
riusciva a tenerlo.. se ne stava in un limbo e non trovava la via di fuga.
Soffocò il singhiozzo nascente e decise di rimettere
l’anello al suo posto, dove doveva stare per l’eternità… quello
non sarebbe cambiato.
Si portò poi le mani al viso, come se volesse
nascondersi dal mondo... prendere il suo dolore dagli occhi e cacciarlo via… tutti tentativi vani perché fini per piangere,
ancora e ancora.
“Ti amo Briony. Non
potrei sopportare di vivere altri 1000 anni senza di te.”
Ricordare quelle parole contribuì a farsi aumentare il
dolore, che valse come una mitragliatrice. Non avrebbero mai passato
l’eternità insieme…nemmeno un secolo… nemmeno un giorno… i
loro sogni erano stati tutti strappati via e trasformati in un incubo.
Pianse tanto forte da chiedersi come avrebbe fatto a
sopravvivere anche solo per 10 minuti senza di lui, figuriamoci per il resto
della giornata. Per il resto della vita.
Stava per crollare a terra, per chiamare un nome prima
che tutto il dolore lo potesse anche solo sbiadire.
Ma ad un tratto qualcosa le toccò la spalla da dietro
e lei saettò come un animale in gabbia. Prese fulmineamente un paletto e si
girò rabbiosa per affrontare il nemico.
Una mano le bloccò il braccio a mezz'aria, ancor prima
che lei identificasse il volto del suo avversario. Ma quando lo fece, quando
osservò quegli occhi, tutto in un lampo improvviso cambiò.
Il respiro le si inchiodò in gola, il cuore fece un
rimbalzo poi affondò di nuovo, lo stomaco si contorse come assalito da un
pugno.
Presa dal terrore lasciò cadere di sua spontanea
volontà il paletto a terra. Il rimbombo non fece alcun effetto su di lei perché
rimase impietrita, tutte le ossa ghiacciate.
Era lui. Lui era proprio di fronte a lei.
Il suo sguardo la ammaliava, la immobilizzava come aveva sempre fatto. Gli
occhi neri erano più profondi del solito e la pelle più raggrinzita, ma sempre
lui.
Incredula e fuori da ogni comprendonio, Briony gemette per la privazione del respiro e si
portò le mani alle labbra, sconvolta da quell'apparizione.
Elijah fece un passo in avanti, incatenando gli occhi
ai suoi. Briony al tempo stesso si portò
giù le mani lentamente, il viso bianco come un cadavere e gli occhi tremolanti
mentre guardava la persona che più aveva amato e che credeva persa. Mossa da
una smania urgente, le dita tremanti vagarono lente sù per
tutto il petto dell'Originario, per testare la pelle al di sotto e far sì che
non fosse solo un'illusione. Gli occhi guardarono la sua mossa, incapace di
crederci, il respiro era mozzato per via della troppa emozione.
"Già una volta ti ho detto che non ti avrei più
lasciata. E io le promesse le mantengo sempre." Il suono profondo di
quella voce, profonda quanto gli abissi dell'oceano, contribuì a gonfiarle il
cuore che fu sul punto di esplodere.
Non potendo reggere una tale potenza, Briony si adagiò debolmente contro il suo petto, il
respiro era sempre mozzato e gli occhi chiusi come se fosse in un sogno.
Ma la mano di Elijah che le sfiorò i capelli la sentì
benissimo, il suo dolce respiro accarezzò
la sua nuca come per voler allontanare il freddo dal suo corpo.
"Grazie a Dio stai bene."
le sussurrò lui a voce bassa.
Briony singhiozzò
sgomenta: "Non é possibile... Tu eri morto.." bisbigliò con voce
spezzata.
"Lo sono da molto tempo"
Sentire il sorriso nella voce di
Elijah non contribuì a farla stare meglio. "No no.. Non é possibile... É
un sogno.." le lacrime sopraggiunsero di nuovo ma nonostante le sue parole
lei gli si strinse di più, avvolgendogli le spalle come per non lasciarlo andar
via e far perdurare il sogno.
"Briony.." Elijah cercò di
scansarla per guardarla dritto in viso, ma lei lo serrò di più nel suo
abbraccio disperato, continuando a scuotere la testa e a bagnargli il petto con
le sue lacrime.
"Sono tornato solo per
sincerarmi che stessi bene... É pericoloso per te che io stia qui." disse lui
ad un tratto.
Le sue parole destabilizzarono Briony che si fece subito assalire dal panico. "No..."
mormorò spostandosi di poco per guardarlo in faccia. Il suo sguardo era così
serio che perse troppi battiti. "No no... Pure in sogno mi devi
abbandonare?"
Elijah sorrise lievemente scuotendo
la testa: "Non é un sogno.. Sono davvero qui."
Briony indietreggiò
istintivamente quando lui stette per avvicinarsi:
"No no…
Sono pazza.. Questo non può essere reale, é solo un'illusione o una qualche
magia perversa di Connor." farfugliò tra
sé e sé aspettandosi quasi che quell'Elijah fosse sul punto di tramutarsi in
un'orrida bestia a tre teste.
A sentire il nome del druido, il
viso di Elijah si serrò freddamente: "Se fosse una sua magia sarei il
primo a ribellarmi a una scelleratezza del genere."
Briony continuava
a scuotere la testa: "Allora vuol dire che sono pazza…
Dovevano rinchiudermi in un manicomio.."
Elijah fece un passo in avanti,
propendendo le braccia per cingerla e sussurrando il suo nome, ma Briony si divincolò ancora come se avesse delle furie dentro:
"Stai lontano! Vuoi maledirmi ancora??" urlò dannandosi e portandosi
agitata le mani nei capelli. Elijah allora si immobilizzò, fissandola serio e
indecifrabile.
Colta da un lapsus Briony abbassò piano le mani con gli occhi ancora sgranati:
"Se non é un sogno.. Allora sei rimasto vivo per tutto questo tempo?"
In preda al gene della follia stava quasi per colpirlo. "E dove sei
stato?! Perché ti fai vedere solo adesso?! Hai idea di quanto sia stata male?
Quanto sia stata dura per me? Se avessi tardato un altro giorno mi avresti
trovato nelle vesti di un fantasma e di una larva umana! Valgo così tanto disturbo
per te da aspettare 10 giorni che sono stati i più infernali della mia vita?”
le sue corde vocali gridarono per il dolore che le stava scendendo dentro il
cuore, che la attraversava inesorabilmente fino al punto della pazzia.
Il viso di Elijah si era fatto
talmente indecifrabile tanto da apparire incolore e privo di emozioni, mentre Briony continuava a sputare fuori la raffica dei suoi
pensieri e delle sue lacrime amare:
“Non ti importava di come io stavo!”
Sbottò e riuscì a malapena a terminare la frase, perché la bocca di Elijah
arrivò a posarsi sulla sua, impedendole così di parlare ancora.
Briony non
riuscì a definire le emozioni che la attraversarono in quel momento, era
impossibile.. troppo devastante anche solo pensarci. Le mani di Elijah si erano
posate sul suo viso come per non farla scansare più via, le sue labbra
premevano con decisione sulle sue.
Il cuore di Briony era come impazzito e quasi temeva che potesse
fuoriuscirle dal petto da un momento all’altro, proprio ora che non accettava
la benché minima idea di morire perché quel solo momento sarebbe valso come una
vita intera e lei voleva assaporarlo sempre più.
Mano a mano la sua mente si assopì,
smise di formulare pensieri folli e si lasciò andare a quel bacio che le rubava
il respiro. Sorprendente, visto che l’ultimo respiro doveva essere esalato
dalla morte ma Briony invece avrebbe
tanto voluto che il suo ultimo respiro lo ricevesse lui.
Quando Elijah fu sicuro che lei non
si sarebbe scansata, abbassò le mani per cingerle la schiena e attirarla così
di più a sé. Briony sentì il cuore
cantare gioia dentro il petto, e accorse a stringerlo a sua volta in una
maniera così disperata che si arrancò a lui, e Elijah la sorresse in alto fino
a farle alzare i piedi da terra.
Non le importava di avere la mente
devastata, sul punto di sfracellarsi a terra per tutte quelle sensazioni
esplosive e impossibili da sopportare. L'unica cosa che voleva era stringere di
più Elijah a sè, baciarlo fino a
rimanerne completamente sazia e consumarsi in lui.
Continuava a rimargli aggrappata, il
respiro era affrettato dalle lacrime quando le loro labbra si separavano
brevemente per iniziare un altro bacio intenso e forte e nei momenti in cui lo
faceva sussurrava il nome di Elijah, come se fosse una preghiera esaudita.
Elijah invece ricambiava la stretta
come se avesse la morte di nuovo alle calcagna e intendesse assaporare più che
poteva un unico momento con lei.
Le loro labbra si consumavano a
vicenda, i loro respiri erano una cosa sola e i baci continuavano a
ripercorrersi incessantemente, come se volessero imprimersi dentro il sapore
l'uno dell'altra che valeva molto più del sangue o di qualsiasi altro cibo.
Le dita di Briony accorrevano imperterrite su ogni parte disponibile del
corpo di Elijah in una tale posizione: sui capelli, sul viso, sulle spalle.. il
suo corpo dipendeva da lui e finchè vi
rimaneva attaccato non aveva bisogno di nessuna urgenza umana.
Il cuore batteva più veloce, le
farfalle svolazzavano nel suo stomaco come se fossero pipistrelli.
Quando venne il momento di staccarsi,
lei trattene il suo ultimo respiro al sicuro dentro di lui. Aveva il fiato
mozzato ma la sofferenza era svanita dai polmoni.
Si guardarono negli occhi, in
un’emozione sorprendente e liberatoria. A Briony sembrava di non sentire più il proprio peso, perché
troppa attaccata nel farsi sommergere dallo sguardo di Elijah che non aveva
perso nulla del suo magnetismo. Forse non era limpido come le altre volte a
causa della morte prematura, ma quando Briony lo sfiorò amorevolmente lo trovò perfetto. Non
chiedeva altro dalla vita.
Elijah la guardò attraverso i suoi
occhi profondi, in maniera talmente intensa come se le stesse proclamando il
suo sentimento senza bisogno di parole. Si allungò poi su di lei a darle un
altro bacio e le fece appoggiare i piedi a terra.
Briony comunque
non si allontanò, continuava a fissarlo estasiata. Lui si chinò poi su di lei,
appoggiando la fronte sulla sua e il respiro le soffiò sulle labbra. Briony tremò
allora, troppo tentata dal prenderlo di nuovo.
L'Originale poi sorrise, scostandosi
un po’ mentre le accarezzava il viso: “Perdona il mio gesto poco galante” disse
fermando una mano sul suo zigomo destro. “Ma non sono riuscito a trattenermi.”
Il suo sorriso affascinante contribuì
a farle salire il sangue alle guance, infiammandole. Il grande Elijah che non
si trattiene… se non fosse stata tanto scombussolata, Briony avrebbe riso.
Elijah le sfiorò ancora delicatamente
il viso per eliminare le ultime lacrime che le bagnavano il viso, come se non
volesse vederle mai più.
Quel gesto era reale, intimamente
reale che quasi Briony sentì il cuore
schizzarle fuori.
Guardò quel vampiro come se fosse una
visione celestiale: “Mio dio… non può essere..”
sussurrò ancora non staccando gli occhi da lui. Voleva crederci ma era devastante
il pensiero che fosse tutto frutto di una sua follia mentale.
“Ancora con questa storia?” Elijah le
sorrise ilare e si propese per baciarla ancora, come per dimostrarle che non
fosse solo un sogno. Briony questa volta non riuscì a trattenersi e gli allacciò
quasi violentemente le braccia al collo per spingerlo di più verso di lei. Lo
sentì sorridere sulle labbra per poi cingerla a sua volta.
Per Briony poteva anche essere un maledettissimo sogno ma non si
sarebbe fatta sfuggire quell’occasione. Il suo desiderio sembrava tinto di
violenza mentre lo stringeva di più, nel modo in cui dischiudeva le labbra
contro le sue, stuzzicandole per assaggiare di nuovo il loro sapore. Elijah
fece la sua parte nel medesimo modo, strappandole il fiato ad ogni contatto, mentre
quel bacio diveniva sempre più profondo e intimo.
Briony istintivamente
inclinò la schiena all’indietro e lui seguì la sua direzione, portando entrambe
le braccia a cingerla fortemente.
Lei si sentiva soffocare, stritolare,
ma non le importava. Non c’era alcun male esistente che potesse fermare quel
momento.
Briony portò
le mani al suo viso mentre lui scendeva per baciarle il collo. Le labbra
seguirono poi i contorni del suo mento mentre Briony per assaporarlo si metteva in punta di piedi.
“E se questo è un sogno..” le
sussurrò lui con voce rauca. “Ucciderò chiunque dovesse provare a svegliarti.”
Briony sentì
allora le ginocchia tremare ma non per quella minaccia. Era una sensazione
troppo stupenda, troppo avvolgente da sprofondare nell’amore più totale. Non
era un sogno, se ne rese benissimo conto in quel momento e avrebbe voluto
ridere dalla gioia immensa.
Invece con un sospiro appoggiò il
viso sulla sua spalla, in balia di lui che l'attirava a sé in un forte
abbraccio. Elijah le mise una mano fra i capelli, fermandola in essi, e
stringendola a sé come a saziare un bisogno umano.
Briony amava
quei gesti, quegli abbracci di quelli stretti che la incantavano e che non la
lasciavano spazio per muoversi. Come se il suo corpo smettesse di essere uno
solo e divenisse un tutt’uno con quello di Elijah. Non c’era bisogno di cercare
una nuova casa.. era già a casa.
Sospirò di nuovo, scuotendo la testa:
“Siete tutti vivi..? Come..”
Elijah non la lasciò finire. “Sì lo
siamo tutti.. merito della magia perché altrimenti ora non sarei qui.”
Briony sgranò
gli occhi: “Ylenia.”
“Sì.”
Briony si
sentì invadere dall’euforia e alzò lo sguardo con gli occhi che brillavano.
C’era tempo per spiegare i dettagli ma voleva godersi quel momento senza troppe
parole.
Elijah però si fece più scuro in
volto, quasi tenebroso che per un attimo Briony faticò a riconoscerlo. Era molto più fatale del solito
da quando era riapparso.
L’Originario lasciò ricadere la mano:
“Briony, come hai potuto anche
solo pensare di dare la tua vita per salvare la mia?” domandò in tono severo.
La ragazza si aspettava una simile
ramanzina, d’altronde non sarebbe stato Elijah se non si fosse opposto a una
simile diavoleria, ma lei non riuscì a non deglutire.
“Dovevo restare a guardare mentre ti
uccidevano?”
“Non oso pensare a cosa sarebbe
successo se Connor avesse
accettato. Non hai idea dei pensieri che ho fatto allo scopo di proteggerti.”
Il suo sguardo divenne più profondo,
quasi letale. Briony dolorosamente
ricordò gli attimi orribili in cui lui tentava di alzarsi nonostante le
numerose ferite, quando lui si opponeva al suo sacrificio noncurante della
propria debolezza.
Quei ricordi sarebbe sempre valsi
come sale sulle ferite aperte, ma in quel momento voleva proprio scacciarli
via.
“Ma non è successo… non devi pensarci..” gli sussurrò dolcemente
toccandogli il viso.
Elijah sostenne gravemente il suo
sguardo poi le prese la mano, abbassandola. I suoi occhi all’improvviso
scorsero l’anello che ancora teneva sull’anulare sinistro, e allora un flebile
sorriso venne disegnato sulle sue labbra.
Briony ricambiò
e gli si avvicinò, sussurrandogli che lo amava. Gli accarezzò le labbra con le proprie e lo attirò a
sé, stringendogli la giacca sulle spalle.
Elijah si scansò per darle un bacio
sul collo: "Fingerò di non pensarci per adesso." le sussurrò lui
fintamente minaccioso. Briony tremò per la sua
voce ma quando lui stette per rialzare il viso, lei fu veloce ad appoggiare le
labbra sulle sue.
Elijah si scostò poi veloce da lei,
osservandola di sottecchi. Briony si sentì
incendiare letteralmente le viscere. Sempre guardandosi così, avvicinarono
contemporaneamente le labbra l'uno all'altra. Fu uno scambio breve, tornarono a
guardarsi ad una piccola distanza e lo rifecero più volte, trattenendo un
sorriso. Quando arrivò al punto limite della sopportazione, Briony gli prese il
viso tra le mani e lo baciò per davvero, selvaggiamente come non aveva mai
fatto.
La reazione di Elijah non si fece
attendere che infatti Briony sentiva sotto la
lingua i denti affilati del vampiro sferzarla, usciti per via dell'istinto
predatorio e di quella mancanza di controllo.
Accorgendosene, Elijah si irrigidì e
tentò di scansarsi da quel bacio violento, ma Briony non ebbe paura che infatti lo attirò per il tessuto
della giacca e indietreggiò, portandoselo con sè.
Briony si
sentì cozzare contro il ripiano della libreria, ma per il movimento fulmineo
del vampiro che aveva abbandonato in quel momento la razionalità.
Un gemito della ragazza le morì sulla
labbra di lui, che sembrò invaderle la bocca. Non sembrava risentito in quel
momento per quell'approccio pericoloso e così Briony gli allacciò un braccio sulla spalla mentre i loro
corpi aderivano perfettamente. Sentiva il rumore dei cocci dei pezzi buttati
sotto i piedi, il fastidio degli spigoli di legno contro la schiena ma l’unica
cosa che veramente avvertiva era il suono delle loro labbra che si scontravano,
dei loro respiri che si rincorrevano fino a fondersi totalmente. Elijah muoveva
il viso contro il suo, afferrandole avido ogni singolo fiato e deliziandola col
suo fare esperto.
Istintivamente Briony si appoggiò col braccio ad un ripiano superiore della
libreria, alzandosi di più per cingergli la vita con le gambe. Lui spinse di
più il corpo verso il suo, le mani si muovevano sulla sua schiena mentre
continuava a baciarla, cercando di allontanare i suoi istinti predatori pur di
non fermare quel momento delizioso.
Briony sentì
il desiderio trapassarle ogni fibra, il braccio alzato le doleva e finì per
aggrapparsi alle spalle di Elijah con entrambe le braccia. Non c’era pericolo
di cadere, lui non lo avrebbe mai permesso.
I baci divennero sempre più divoranti
e intensi, come se ci fosse un fuoco tra loro che non si sarebbe spento nemmeno
alla folata di vento più forte.
Una mano di Elijah si insinuò sotto
il suo vestito, toccandole una gamba per aiutarla a reggersi e per il rendere
il contatto fisico più intimo.
Sospirando dal desiderio, Briony gli infilò una mano sotto la giacca, spinta
dall’urgente bisogno di toccare la sua pelle. Lui intanto era sceso a divorarle
il collo con dei baci eccitanti che le diedero forti vertigini. Briony finì per alzare
di più il collo, gemendo e desiderando che bevesse il suo sangue.
Voleva appartenergli di nuovo in
maniera più tangibile, anche se poteva sembrare folle. "Puoi farlo se
vuoi..." gli bisbigliò rauca, avvertendo il desiderio nascosto del
vampiro.
Elijah non appena la udì si irrigidì,
come punto da una spina. Alla fine lei lo sentì sorridere, scuotendo la testa:
“Rischiare la morte non ti ha fatto riappropriare della ragione.”
Briony sentì
l’imbarazzo colorarle le gote e poi un’altra strana vertigine quando lui le
prese le mani che gli lambivano il petto.
“Briony.. devo andare ora.” Le
bisbigliò lui scostandosi di poco.
<< Cosa? >> La ragazza
sgranò gli occhi mentre appoggiava i piedi a terra col cervello in tilt.
Lui continuava a cingerla ma si
vedeva che si era allontanato. Lo sguardo era indecifrabile, perfettamente
padrone di sé.
“Connor potrebbe
essersi accorto delle mie tracce.. se sto qui non sei al sicuro..”
Briony avrebbe
voluto chiedergli se aveva voglia di scherzare ma rimase muta. Il corpo invece
reagì e si spostò per andare al centro della stanza.
“Ritornerò, Briony. Non devi allarmarti.” Le disse lui quasi freddo.
Lei invece pensava che se lui se ne
fosse andato da quella porta sarebbe morta sul serio questa volta.
Ma se fosse caduta in una crisi di
panico e di angoscia sarebbe stato anche peggio. Non voleva apparire una
stupida indifesa.
“Devi andartene subito?” domandò lei
voltandosi verso Elijah e fingendosi normale.
Lui sostenne il suo sguardo: “Sono
stato morto per un po’ di tempo, Briony.” Spiegò lui grave e ombroso, come se fosse quella la
giustificazione reale per il desiderio di allontanarsi.
Lei si avvicinò tentando di rimanere
calma: “Ma puoi comunque restare qui..” sussurrò mentre lui non cessava di
fissarla col suo solito sguardo.
“Se sono con te corro molto meno
pericoli. Lo sai che io sono una calamita per i guai.”
Elijah alzò il sopracciglio e sorrise
freddamente, non scomponendosi più di tanto.
Lei si morse il labbro avvicinandosi
piano: “Resta qui.” Gli bisbigliò fintamente innocente, mettendosi
in punta di piedi per avvicinarsi al suo viso. Lui rimaneva immobile, con
sguardo indecifrabile attaccato al suo. “Se resti qui con me potrai sincerarti
che non mi succeda niente di male.”
Il suo respiro gli soffiò
delicatamente sul viso ma Elijah apparentemente non battè ciglio. Briony gli sfiorò il volto freddo, ustionandosi, e lui allora
abbassò lo sguardo sulle sue labbra che si stavano pericolosamente avvicinando.
L’elettricità nell’aria.
“Non andare, resta con me..” gli
sussurrò un’ultima volta.
E prima che se ne rendesse conto,
Elijah l’attirò prepotentemente a sé. Briony si sentì mozzare il fiato per quel gesto irruento, non
tipicamente suo, ma non ne rimase affatto sconvolta. Sentì il piacere vibrarle
lungo la schiena mentre le loro fronti si sfioravano. Le labbra erano
dolorosamente vicine, separate solo dai loro respiri.
E il freddo autocontrollo di Elijah
venne abbattuto per la prima volta, sconfitto proprio da lei. Ma non c’era
alcuna amarezza in quella sconfitta.
Velocemente aveva appoggiato con
bramosia le labbra su quelle di Briony, attirandola di più a
sé. Lei sentì le braccia spingersi istintivamente in avanti e arrivarono poi ai
capelli del vampiro.
Non riusciva a staccarsi, come se
dipendesse da lui per ogni respiro. Il cuore rimbalzava dalla felicità come non
mai. Elijah la strinse ancor di più a sé, costringendola a sollevarsi sulle
punte dei piedi per avvicinarsi a lui e pressando sul bacio fino quasi a
soffocarla. Briony si spostò per riprendere
il respiro mentre le mani toccavano spasmodicamente il petto del vampiro,
immaginandosi come fossero state le sue condizioni.
“Avrei dovuto esserci io al tuo
fianco, non Ylenia.” Gli bisbigliò,
accarezzandolo come se volesse curarlo, proteggerlo, cancellare via tutto il
sangue che gli aveva macchiato gli indumenti quella sera orribile.
L’immaginazione il più delle volte peggiora i sentimenti, perché amplifica
sensazioni che avremmo voluto vivere sulla nostra pelle, le rimpiangiamo e le
consideriamo nostre, le tramuta in un desiderio effimero.
Briony portò le labbra sul
collo dell’Originario, disperdendo baci pieni di calore, per poi dirigersi più
giù, stuzzicandolo maliziosamente. Elijah tirò leggermente la testa
all’indietro, mantenendo l’autocontrollo in quei secondi.
“Non ti avrebbe aggradato, cara.” Le
rispose in un sospiro trattenuto, per poi tirarla a sé e riprendere il possesso
delle sue labbra.
Il desiderio parve non poter essere
contenuto in quella stanza, i vestiti bruciavano d’attesa mentre i due amanti
si stringevano l’uno all’altra con ardore.
Non resistendo oltre, Briony si spostò solamente per
togliersi di dosso la maglia col respiro affrettato, mentre le labbra dell’Originario
arrivavano al suo collo che sembrava pulsare sotto il loro tocco freddo e
urgente.
Briony era
stata all’inferno senza di lui. Con lui ritornava nel solito paradiso maledetto
dove c’èra il rischio di cadere ma lui l’avrebbe sempre sostenuta.
Con velocità incredibile lei si tolse
anche la gonna mentre lui non smetteva mai di sfiorarle il corpo, disegnando
invisibili strisce di calore. Quel povero collo sembrava traumatizzato dai baci
roventi che riceveva ma dai gemiti sommessi di Briony si intuiva che lei ne era estasiata. Si focalizzava solo sulle
sensazioni che lui le accendeva nel corpo, il suo tocco la liberava dall’incubo
dentro il quale era stata risucchiata, e gli si aggrappava sempre di più col
respiro spezzato.
Elijah si abbassò a baciarle il petto,
colorandolo di fuoco. Si accinse a togliersi la giacca e poi via la camicia
aiutato da lei.
Briony si
sentiva già la testa sottosopra quando si sentì spostare a velocità sovrumana
verso il divano. La passione si era completamente impossessata di lei perché
non aveva mai sbottonato i pantaloni di Elijah con tanta fretta e bramosia. Lui
riusciva a dominare meglio di lei quell’istinto ma il bagliore intenso e
bramoso nei suoi occhi nel guardare le sue mosse era ben evidente. Quando ebbe
finito, Briony si arrancò desiderosa a lui e Elijah la sorresse
contro di sé, cominciando un bacio impetuoso che testimoniava un desiderio e
passione mai così esplicitati in passato.
In uno scatto improvviso, Elijah la fece voltare
contro di sé, schiena contro petto, mentre le mani le adoravano la linea
sottile del corpo e le labbra le stuzzicavano il lobo dell’orecchio. Briony si sentiva
completamente frastornata, tutti i sensi erano dolorosamente all’erta e il
desiderio l’accecava. Voltò il viso quanto bastava per incontrare le labbra del
vampiro, la mano gli sfiorò delicata e amabile il volto, come nello stesso modo
fecero i loro respiri.
Il cuore dal gran che le pareva gonfio
le sembrava di sprofondare in un punto remoto del petto; le sembrava di
lievitare. “Mia cara… se davvero lo è, potremmo far
durare più a lungo questo sogno e a modo nostro.” Le bisbigliò lui all’orecchio,
prendendo in seguito il possesso della bocca della ragazza.
Briony si sentì sovreccitare al
limite, si lasciò guidare dal vampiro mentre la distendeva sul divano, sempre
protraendo il bacio, fino a quando lui non le fece capovolgere la posizione,
facendole aderire il petto al tessuto del divano.
Briony si
sentì ribollire il sangue ardente per quel gesto, e si aggrappò con le unghie
al poggia testa e ai cuscini per sopportare l’eccitazione. I polmoni erano in
fiamme per il bisogno urgente di respirare.
Elijah si mise ad accarezzarle
delicatamente la schiena, quasi fosse un piccolo tesoro da proteggere. Le sue
dita la sfioravano come piuma, e Briony non potè fare a meno di tremare.
L’Originario si sdraiò poi su di lei
facendole aderire la schiena al suo petto, i suoi muscoli si contraevano
continuamente. Si appoggiava di più alla schiena di lei come a rassicurarla,
non interrompendo il contatto fisico tra loro. Briony si sentiva incendiare, la pelle di Elijah la
solleticava in modo delizioso e faticava a restare immobile sotto di lui.
Elijah scese a baciarle lentamente la
schiena, le sue mani trovarono il gancio del reggiseno e la liberò facilmente
insinuando poi una mano contro il suo petto per gettarlo via. Briony aveva i polmoni in fiamme, il respiro era mozzato e
una scarica di adrenalina le percorreva tutta la schiena dove si sentiva
liquefare sotto il peso di Elijah.
Lui le spostò lentamente i capelli da
una parte, scoprendo così la linea del suo collo e lei istintivamente inclinò
la testa da un lato per dargli così libero accesso. Briony si sentiva già fuori di testa quando lo sentì
deliziarla con baci bollenti per poi morderla piano dal collo alla spalla,
attento però a non penetrare la pelle con i denti.
Il respiro divenne più affrettato, Briony inclinava sempre di più il collo per permettergli di
baciarla ancora in quella maniera terribilmente eccitante.
Mentre lui continuava a stuzzicarla,
le sue mani scorsero lungo i fianchi di lei fino a far scorrere via abilmente i
suoi slip. Briony si sentiva sul
punto del collasso ma quando lo sentì spingersi deciso dentro di lei, allora fu
davvero sul punto di impazzire: gli occhi si aprirono, la bocca in cerca
d’aria, mentre le unghie si aggrappavano ai cuscini per sopportare quella
dolorosa eccitazione.
Sentiva le mani di Elijah percorrerle
i fianchi, le sue labbra baciarle le spalle nude per poi ritornare al collo
facendola così surriscaldare di più. Continuava ad addentrarsi lentamente
dentro di lei, facendole venire il respiro ansante in un misto di sensazioni
del tutto sconosciute, intense e inesplorate fino a quel momento.
All’improvviso il vampiro le tolse
dalle mani il cuscino per posizionarglielo sotto la pancia, e lei sentì in
maniera efficace il respiro inchiodarsi in gola e lo maledisse tra sé e sé per
l’incandescenza che aveva pervaso il suo sangue.
Elijah intrecciò poi la mano destra
alla sua, intrappolandole insieme, e prendendo dei movimenti più forti e implacabili,
come se volesse soddisfare quell'eccitazione che ardeva in entrambi. Briony reclinò il capo all’indietro, accompagnando il gesto a
un gemito affannoso.
Elijah prese a lasciar scivolare le
labbra dischiuse lungo il collo di lei, continuando a farla sua, e questo
contribuì a farle nascere dei gemiti sempre più rauchi. Sentiva la forza del
vampiro sovrastarla fino quasi a spezzarla in due per i suoi movimenti secchi e
virili che aveva intrapreso, ma lei si focalizzò più sul piacere che sul
dolore. Briony inclinò la schiena all’indietro, sentendo un piacere
enorme pervaderla lungo di essa, e Elijah la accolse nello slacciare le loro
mani e insinuarla contro il suo petto, all’altezza del cuore dove palpitava
impazzito.
I suoi movimenti audaci avevano preso
un ritmo regolare ma Briony si sentì quasi
al limite; era totalmente sopraffatta da lui mentre per un attimo i loro
respiri si erano scontrati in quella vibrante e assoluta alchimia che stavano
condividendo.
Non riuscendo però a sostenere quella
potenza, il suo corpo si accasciò di nuovo lungo il divano, accogliendo
comunque l’eccitazione del vampiro e le sue labbra. I capelli le ricadevano
tutti sopra la testa, si teneva stretta al divano per farsi forza mentre
sentiva i muscoli delle spalle di Elijah contrarsi maggiormente sopra di lei,
come a riappropriarsi della sua anima.
Briony inclinò
di più la testa all’indietro, soffocando il grido che era quasi sopraggiunto
quando Elijah era aveva colpito un punto sensibile con un soddisfatto gemito
sommesso. Mise anche lei una mano su quella del vampiro, come un piccolo
incastro che simboleggiava quanto i loro cuori si appartenevano. Nessuna lama
avrebbe mai reciso il loro legame che stava per esplodere in mille piaceri in
quell’istante.
Quando sentì di essere al culmine, Briony si aggrappò al poggia testa, le dita dei piedi si
contorsero, e un grido venne di nuovo soffocato da una scarica di adrenalina
che le squassò il cuore. Briony gemette debolmente, in preda a un’estasi così violenta
che le gambe non ressero e si sciolsero lungo il divano.
La mano abbandonò la presa su quella
di Elijah, il quale restava sdraiato sopra di lei. Il suo respiro spezzato la
cullava e la deliziava, le sue mani non avevano smesso di sfiorarla.
Anche se si sentiva totalmente
sovrastata, Briony rabbrividì
quando lo sentì baciarle la schiena verso il basso. Tremò ancor più
violentemente quando lo sentì risalire, le labbra sulla sua pelle sensibile,
giungendo di nuovo al suo collo pulsante.
Elijah le scostò delicatamente i
capelli e la baciò da sotto la spalla:
“Sei bellissima.” Le sussurrò
profondamente andando a baciarle l’altra spalla.
Briony interiormente
tremò anche se Elijah non era nuovo a farle simili complimenti e sapeva che il
suo non era dovuto solo a un fattore fisico. Si sentì così speciale e appagata,
che non riuscì a resistere al tocco delle sue labbra e tentò di girarsi.
Le ossa erano tutte indolenzite, la
mente sovrastata, ma riuscì comunque a farlo. Il respiro era tremolante mentre
Elijah aveva alzato lo sguardo su di lei: appariva uno sguardo pieno di
promesse ma anche di una malcelata agonia per ciò che era successo e che forse
non avrebbe potuto evitare un’ennesima volta.
Briony si
sentì troppo emozionare dal suo sguardo e il cuore pompò più veloce. Elijah la
guardò ancora, con la schiena rialzata, per poi farsi più scuro come se gli
fosse venuto in mente qualcosa. Abbassò lo sguardo, toccando il corpo della
ragazza come per appianare i pensieri.
“Briony, io…”
“Ssssh.” Lo
anticipò lei alzando due dita, continuando a volersi dissetare la vista di avere
l’uomo che amava accanto.
Elijah rimase in silenzio mentre lei combattè la stanchezza che aveva circondato il suo corpo febbricitante
e si chinò in avanti per dargli un dolce bacio; una mano sul suo viso.
Per sostenerla a sé, l’Originario le
circondò la schiena con un braccio e corrispose il bacio. Sentendolo, Briony sospirò contro le sue labbra e lo abbracciò per le
spalle, come un’ancora che viene attraccata finalmente alla sua reale dimora. Elijah
affondò il viso contro l’incavo del suo collo, come a nascondersi dall’ombra
oscura del mondo nel posto più lieto.
“Resta sempre con me.” Gli bisbigliò
lei in una dolce richiesta mentre perdurava a fondere i loro corpi.
Sentì il sorriso del vampiro e lo
vide alzare lo sguardo. “Non posso farti promesse che non posso mantenere.” Disse
lui maturo, badando al lato tattico della questione.
Briony mugugnò come fosse d’accordo
tuttavia una scintilla, non del tutto assopita, albergò nei suoi occhi quando
rispose: “Il tuo potenziale non può esprimersi solo attraverso l’onore.”
“No.” Replicò lui misterioso come in
una domanda o provocazione, raccogliendole il viso con un mano mentre lei lo
abbassava, non permettendosi di pensare a niente che non fossero quelle
sensazioni che riempivano il suo animo.
Non aveva mai conosciuto così bene se
stessa come quando stava con lui, e allo stesso tempo non vi era nessun altro a
tenerla in pugno, nelle sua rete, come lui.
Alzò la testa e simultaneamente
Elijah lambì le sue labbra, approfondendo il contatto come per dimostrarle
qualcosa. Briony gli intrecciò le mani nei capelli e
lo ricondusse contro di lei, pelle contro pelle, il delicato tessuto del divano
provocava un bell’effetto per la sua schiena febbricitante.
Elijah la sovrastò col suo corpo
scolpito, avvolgendole i lati del viso con le braccia mentre il bacio si
protraeva ancora. Le ginocchia di Briony gli cinsero fianchi come in una dolce richiesta.
Distrutta e sovrastimolata com’era, agognava ancora dal possederlo e da essere
posseduta da lui. Sentiva il bisogno di avere sempre di più, di non lasciarlo
mai andare e farsi sopraffare dalle sensazioni travolgenti che solo lui era in
grado di provocarle.
Lui era la droga dalla quale non
aveva alcuna intenzione di disintossicarsi.
Sentendo il corpo di lei incitarlo, Elijah
alzò la testa mostrandole il desiderio nel suo sguardo e lo abbassò subito per
baciarle suadente una guancia. Non la lasciò quindi attendere e si mosse sul
divano per posizionargli meglio; i muscoli delle spalle flettevano quando
penetrò di nuovo dentro di lei. Briony aprì le labbra
per respirare, la schiena subito si inarcò.
Era stato molto più irruento del
solito tanto da sconvolgerla, ma non le dispiaceva affatto. Era disposta a
donargli tutto quello che voleva. Si aggrappò alle sue ampie spalle mentre
l’aria divenne carica dei suoi respiri pesanti e accelerati.
Il corpo di Elijah la intrappolava
completamente, impossessandola ma
impedendole di muoversi troppo, il che era un supplizio. Sembravano
imprigionarla in un bellissima gabbia d’orata da cui lei non aveva intenzione
di uscire.
Man mano i suoi movimenti virili e
forti le diedero il capogiro, ma troppo ubriaca di lui non riusciva a non
incitarlo tramite le mani che esploravano la sua schiena.
Elijah le morse delicatamente un lobo
dell’orecchio, strappandole l’ennesimo gemito, e fece leva coi gomiti
premendoli sul divano per darsi stabilità, incrementando così il ritmo.
Entrambi i loro occhi erano pieni di desiderio senza
limiti, lo sguardo di Elijah anche appena tornato dalla morte era talmente
seducente che lei lo desiderò semplicemente guardandolo. Briony gli toccava ora
avida i pettorali poi salì ad aggrapparsi al suo collo, guardandosi negli occhi e muovendosi insieme a
lui in quell’erotica danza che parve intrappolarli per non farli dividere più.
Il sopraffarsi di ogni forza non le
impedì di inclinare da un lato la testa per baciargli la spalla fino al
braccio. Elijah non cessava di lasciarla, il ritmo delle sue spinte era
travolgente. Il suo respiro però non era più lento come sempre, ma vibrante
della passione che colpiva anche lui.
Briony sapeva
che non avrebbe resistito molto in quelle condizioni, infatti perse il conto di
quante volte raggiunse il culmine del piacere.
Elijah era sceso in seguito a
baciarle il petto, indugiando a lungo in quei baci bollenti e tenendole
lievemente la schiena inarcata con un braccio. Il cuore di Briony stava agonizzando, cercava di respirare proprio come
cercava di fare di lei, invano. L’anima si dispiegava per lui, allargandosi per assorbirlo. Si sentiva
completamente avvolta, stretta e piena di brividi caldi.
In preda alla passione gli graffiò
forte le spalle quando lui risalì a divorarle il collo e travolgendola anche
con una spinta poderosa da farla gridare. La tensione era così alta che
sembrava che le vene del suo sangue pulsassero; Elijah aveva il fiato quasi
pesante sul suo collo come se quell’odore delizioso lo richiamasse ma
tentennasse lo stesso.
Capendo il suo desiderio nascosto Briony inclinò di più il collo verso l’alto e lasciò che i
denti di Elijah le penetrassero nella carne, affondando sul collo in un morso
che non le causò dolore, ma le trasmise l’intensità del suo piacere. Non era
stato un gesto premeditato, né controllato e senza avvisaglie come la prima
volta. Il sangue scorreva via da lei e si stupì dello stato d’estasi in cui
venne sopraffatta.
Mentre Elijah beveva, con una spinta
profonda e con un brivido insaziabile, la condusse al limite fino ai margini di
un universo in cui c’erano soltanto loro due e tutti i problemi venivano
allontanati. Briony lasciò che
l’ondata del piacere la sommergesse, e con un gemito soffocato si lasciò
ricadere sul cuscino.
Si sentiva completamente esausta ma
beata di quegli attimi intimi che avevano condiviso. Elijah si staccò
velocemente dal suo collo, respirandovi sopra col suo respiro gelido. Briony gli teneva ancora le mani sulle spalle come in un
abbraccio, non avendo intenzione comunque di lasciarlo andare.
Era così debole che non sentiva più
le ossa, l’ondata d’eccitazione l’aveva lasciata priva di difese.. era stato
decisamente troppo ma l’avrebbe rifatto consenzientemente.
Il respiro man mano si regolava,
rimanevano attaccati l’uno all’altro mentre Elijah la teneva ancora
imprigionata a sé. Lui poi la fece rotolare delicatamente su un fianco verso
l’interno del divano, un suo braccio le cingeva la spalla come in una sorta di
scudo. Il suo sguardo profondo osservava il viso rilassato di lei come se gli
occhi non potessero farne a meno, come se volesse imprimersi quei dolci
lineamenti come un affresco nella sua mente.
Briony invece
scorse in lui qualcosa di strano, di celato, ma forse era tutto dovuto alla
stanchezza di quella eccitazione non ancora svanita. Mise poi la testa sul suo
petto marmoreo, adagiandovi sopra con un sospiro. Lo tenne stretto anche con un
braccio, come se volesse davvero intrappolarlo e non lasciarlo mai più.
Le loro anime si erano unite di
nuovo, lui aveva bevuto la sua, e lei gliela avrebbe donata come e quando
voleva.
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Connor si
trovava nel pianerottolo di una serie di appartamenti a Los Angeles. Indossava
il suo classico impermeabile grigio, aveva svolto alcune faccende e stava per
salire le scale per filare in una camera per trovare riposo, quando
all’improvviso scorse una figura alla fine della rampa di scale: Willas.
Il druido corrugò la fronte,
ovviamente stranito: “Willas. Che ci fai qui?”
Il cacciatore gli fece dall’alto un
sorriso ilare: “Volevo farti visita. Perché? E’ vietato? O c’è bisogno di un
invito per entrare in casa d’altri?”
Connor salì
le scale, guardando il suo protetto: “Potevi anche chiamarmi o avvisarmi. Che è
successo?”
Will scrollò noncurante le spalle:
“Semplice chiacchierata. La solitudine pesa a volte e tu sei la persona che mi
conosce di più al mondo e di cui io mi sono sempre fidato, nonostante alcuni
dissidi.”
Lo sguardo che il cacciatore gli
lanciò non piacque molto al druido anche se non ne intuiva l’origine. “Lo sai
che non sono mai propenso a delle chiacchierate infruttifere. Il tempo è sacro,
te l’ho sempre detto. Cercami quando ci sarà qualcosa di urgente di cui parlare.
Hai una bella ragazza Will perché non dedichi il tuo tempo a lei?”
Finì le scale e si mise faccia a
faccia con Willas, il quale non
staccava mai gli occhi ombrosi da quelli gialli di Connor. “Seriamente Willas… è stata una
giornata lunga e pesante. Gradirei rilassarmi, le camere da letto sono fatte apposta.
Quindi, sentiamoci domani se proprio devi.”
Stava per scostarsi con indifferenza
ma Willas stranamente non glielo permise: teneva uno sguardo
duro e inflessibile. Connor allora ricambiò e parlò più deciso per farsi
ascoltare:
“Buona serata, Willas.” disse imperativo per chiudere definitivamente il
discorso.
Ma quando stette per andarsene, il
cacciatore fermò bruscamente il suo tragitto mettendo un braccio contro il
muro, e bloccando così il sopraggiungere del druido.
Connor sbattè le palpebre e fissò astioso Will in cerca di risposte
esaurienti per quel comportamento. Ma lo sguardo del cacciatore sembrava
sputare proiettili e veleno:
“No, non è così buona.” Sibilò come
un serpente. “Non per te.” A fine frase i suoi occhi divennero del color del
sangue.
Senza tanti preamboli spinse il
druido contro la parete, puntandogli una pistola alla fronte.
Connor rimase
rigido e teso, mentre Willas si imponeva su di lui a forza:
“Che cosa sai sullo sterminio della
mia famiglia? E ti conviene rispondere, figlio di puttana. Perché io non sono
permissivo né fiacco come le altre tue creaturine. Ti farò sputare la verità, con le buone..” Il rosso
dei suoi occhi si espanse “O con le cattive.”
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Willas stava
facendo camminare Connor sotto minaccia, poco più avanti di lui per tenerlo
sotto tiro. Si trovavano in un vecchio parco della città in cui a quell’ora
tarda di notte non passava nessuno. Il buio stava inghiottendo ogni cosa ma
Will non si sarebbe fatto spaventare da niente, né sarebbe retrocesso dai suoi
intenti di vendetta che stavano per esplodere.
“Ero solo un bambino sai?” cominciò
con voce tagliente. La pistola era puntata alla testa del druido. “Quante volte
te l’ho raccontato e tu hai sempre fatto finta di ascoltare. Assentivi e dicevi
che avrei avuto giustizia. E ora la giustizia me la prenderò da solo ma a te
non piacerà.”
“Che cosa hai intenzione di fare, Willas?” domandò Connor in maniera calma come se non fosse affatto spaventato
da quella pistola alla testa.
“Zitto! Ora parlo io!” Urlò Willas in preda alla collera. “Era una sera come tante… mia sorella mi
stava conducendo nello studio di mio padre per nascondermi.. perché un figlio
di puttana aveva appena messo piede in casa nostra. Quel figlio di puttana
prima ha ucciso mio padre poi ha sgozzato mia sorella, davanti ai miei occhi.
Solo un fottuto anello rosso mi riconduceva al mostro che aveva fatto tutto
ciò. E anche dopo questi secoli, quell’immagine è rimasta impressa nella mia
testa! E non se n’è mai andata, mi ha torturato e torturato per notti intere.”
La voce di Willas era minacciosa e sibilante, si era indicato la testa
con fare pazzoide nella frase riferente come per dimostrare quanto ne fosse
uscito devastato da quell’episodio orribile.
“E alla fine ti ho trovato… Non i Mikaelson. Tu. Perché figlio di puttana? Perché?!”
Che fossero stati i Mikaelson a uccidere la sua famiglia era solo un sospetto, un
indizio, ma è sempre stato Connor a incentivare quella convinzione fino a che Will non
aveva finito per crederci davvero. Perché l’aveva manipolato fino a tal punto?
Perché?
“Tu mi servivi.” Rispose Connor glaciale e senza troppi problemi “Eri il primo
Cacciatore, una mia creatura e una mia pedina. Ed eri finito in una famiglia
perbenista di babbei: tuo padre invece di fare il suo lavoro di cacciatore,
studiava quadri e arte. Solo un intralcio per il mio scopo.”
Willas in
preda alla rabbia gli afferrò una spalla da dietro, facendolo arretrare. La
voce gli arrivò tagliente all’orecchio: “So chi era mio padre, e questo mi
basta. Mi fai così schifo che non hai diritto a parlamentare su di lui. Se lo
fai un’altra volta, ti taglio la lingua.”
A fine minaccia gli diede uno
spintone e lo spinse ad avanzare. “Mi hai chiesto tu di spiegarti.” Replicò Connor perfettamente tranquillo “Tuo padre non voleva cederti
a me… non
voleva lasciarti diventare un cacciatore… desiderava che tu crescessi e diventassi un ragazzo
normale come tutti gli altri… non capiva che era impossibile e visto che era duro di
comprendonio, ho dovuto dargli una dimostrazione di forza.”
“E mia sorella?” Willas con uno scatto fece tenere pronto il proiettile.
“Non era nei miei piani uccidere la
fanciulla ma lei si è messa contro di me e ha tentato di combattere. L’amore
umano è davvero stupido. Il suo desiderio di proteggere l’abominio che aveva
come fratello le ha fatto costare la vita.”
Willas grugnì
cercando di non spaccargli la testa seduta stante. “E mia madre invece? C’entri
anche tu lì?”
“Stranamente no. E’ stato davvero un
vampiro a ucciderla. Ero venuto quella sera per prenderti ma non ti ho trovato.
La tua sorellina ti aveva nascosto bene ma non così bene. Perché dopo qualche
giorno ti ho trovato comunque.”
Il sorriso soddisfatto che sentì
nella sua voce contribuì a far salire una rabbia montante e crudele nell’animo
di Willas.
“E ora è tutto finito. Sei stato
scoperto, figlio di puttana.” Con un ringhio gli diede uno spintone, facendolo
avvicinare a una fossa scavata nel parco.
“In ginocchio.” gli ordinò ma Connor comunque
non si scompose.
“Che cosa vuoi fare? Uccidermi non
riporterà indietro la tua famiglia.”
“Ma non mi dire! Peccato che ho
voglia di ucciderti lo stesso!” Willas preparò la
pistola per colpirlo.
“E come mi ucciderai.. sentiamo?”
“Ti riempirò il corpo ti questi
preziosi e ingegnosi proiettili. Poi ti immobilizzerò col mio bel potere che tu
mi hai donato. In seguito ti taglierò in piccole fettine proprio come un bello
spettacolo macabro. La tua testa la seppellirò qui, chiamalo un regalo di buon
funerale. Gli altri pezzi del tuo lurido corpo li nasconderò in diverse parti
del mondo così distanti e remote tra loro che faticherai molto a resuscitare
con tutto il corpo intero.” Il sorriso soddisfatto e famelico gli increspò le
labbra, agognando quel momento.
Connor invece
sorrise furbamente: “E credi davvero che basterà? Molte persone hanno avuto la
sfortuna di sottovalutarmi e ne hanno pagato il prezzo. Non farlo anche tu, sii
furbo.”
“Silenzio!”
Con un mossa delle gambe Willas lo costrinse a mettersi in ginocchio. “Dì le tue
ultime preghiere.” sibilò puntandogli la pistola alla nuca.
Connor finse
di pensarci sù. “Sì.. ho un’ultima preghiera.. un ultimo favore da chiederti..”
rispose calmo e rimanendo immobile.
Willas rimase
a guardia alta: “Sentiamo, ma fai in fretta. Non ho molta pazienza come ben
sai.”
In meno di un battito di ciglia, Connor si alzò fulmineamente da terra. Will però fu subito
pronto a farlo atterrare a terra con una mossa da samurai che avrebbe spezzato
il collo a una persona normale. Il druido stava per rimettersi in piedi ma il
cacciatore gli diede una ginocchiata così potente da farlo capitolare a terra.
Cadde di schiena e rimase immobile senza fiatare.
Willas vittorioso
gli si avvicinò con un sorriso diabolico:
“Credo che incomincerò dagli occhi...
quei tremendi occhi gialli che sinceramente non mi sono mai piaciuti.. Occhi da
serpente, proprio come te.” Willas stava per alzare
il pugno della mano per sfoderare il suo attacco ma Connor fu velocissimo
come il vento.
Nascosta dentro il suo impermeabile,
prese una piccola arma e sparò.
Willas si
immobilizzò di botto. Più preoccupato del colpo di quell’arma che dal pizzicore
al petto che sentiva. Abbassò gli occhi e vide che era stato colpito con una
piccola siringa, come se quell’arma fosse una pistola giocattolo.
Allora rise in maniera divertita:
“Volevi farmi fuori con questo?” se la staccò senza troppi preamboli e lo
guardò con compatimento. “Sei davvero senza speranza allora.”
“Sei tu senza speranza, caro
figliolo.” ribattè il druido
stando a terra. Gli occhi gialli luccicavano maligni.
“Ti ho iniettato tre milligrammi di
cenere di vampiro. Inutile dirti che tipo di vampiro.”
Willas questa
volta perse un battito e il sorriso gli si congelò sulla faccia.
“Consideralo un piccolo regalo, visto
che non sei ancora morto.” continuò Connor col suo solito sguardo vittorioso e deciso. Si alzò
lentamente senza il benché minimo graffio:
“Il veleno agisce sui tessuti
muscolari. Per prima cosa, le mani non ti rispondono più.” Il druido continuava
a parlare, spiegando i dettagli del suo nuovo losco piano mentre Willas rimaneva immobile, troppo shockato per muoversi.
“Poi le braccia… le gambe…” Connor prese da una tasca un cronometro continuando con la
sua voce canzonatoria.
“E poi finalmente il cuore.”
Gli lanciò il cronometro che Willas prese di riflesso, anche se ormai la sua anima era
totalmente orientata sulla sua fine.
“Hai 24 ore di vita.” Willas deglutì continuando a fissare glaciale il druido. “Ma
esiste un antidoto… potrei aiutarti a sopravvivere anche se hai minacciato
di staccarmi la testa.” Connor gli riserbò un bel sorriso “Se lo vuoi…. Devi uccidere gli
Originari.”
Willas allora sbattè le palpebre,
preso in contropiede: “Hai problemi di memoria, serpente? I Mikaelson sono morti..”
“Purtroppo per me e per te… non è così… qualcuno ci ha messo i bastoni tra le ruote ma per
fortuna io ho avuto l’accortezza di accorgermene… non amo chi mi inganna.” La voce di Connor era seria e
risoluta, tanto che quasi Willas se ne convinse anche se era tecnicamente impossibile.
“Tu uccidili. Ma uccidili sul serio,
senza rischi di resurrezione. Hai il potere di farlo e io in cambio di darò
l’antidoto.”
“Figlio di puttana!” Ripreso il
controllo del proprio corpo, Willas si avventò su di
lui con ferocia per fargliela pagare. Ma appena tentò di farlo si sentì
spingere via da una potente magia che lo fece cozzare contro un albero. Fu
costretto a rimanere immobile e riuscì solamente a grugnire per la furia di
aver fallito.
Ma in qualche modo avrebbe rimediato… guardava Connor con sguardo di sfida, mentre questi lo fissava in
maniera calmissima. Il vento svolazzava attorno a lui:
“Ti conviene fare presto. I secondi
passano e non vorrei che ci rimanessi secco prima di avermi fatto questo
favore. Conviene anche a te. Quindi datti da fare.”
Gli diede tranquillamente le spalle,
l’impermeabile volteggiava dal basso.
“Ah..” disse poi voltandosi mentre Willas cercava di divincolarsi da lì. “I cari Mikaelson si trovano
sempre a Mystic Falls. Credo ci siano affezionati. Quindi comincia da lì.”
Will comunque non lo ringraziò per
quel dannatissimo indizio che infatti gli urlò di andare all’inferno. Troppo
tardi, Connor era già sparito nel nulla.
Willas si
staccò con un ringhio dall’albero e faticava a reprimere la furia che lo
assaliva.
<< Ho fallito >> pensò
duro con se stesso mentre guardava i secondi passare nel cronometro.
Ma c’era ancora una speranza… aveva poco tempo e doveva usufruirne nella maniera
migliore senza troppi problemi… prima avrebbe ucciso i Mikaelson… e dopo di che avrebbe dato la caccia a Connor.
E così quell’incubo finalmente
sarebbe cessato.
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Briony si
era rivestita da poco, ora si stava mettendo a posto i capelli mentre fissava
in maniera adorante Elijah che si stava specchiando.
Il vampiro si stava rimettendo la
camicia, abbottonandosela con la sua classica eleganza. Venne poi il turno
della cravatta.
Briony restava
ammaliata a guardarlo. Davvero incredibile come una persona potesse essere
sempre così controllata, fredda, perfetta e pacata.. mentre in altri momenti… il cuore le
galoppò estasiato nel petto nel ricordare nel modo in cui l’aveva posseduta
poche ore prima.
Forse era un talento di chi vive da
più di mille anni.
Elijah si accorse di essere osservato
e si voltò verso di lei: le regalò un sorriso gentile per poi rivoltarsi.
“Andrai da tua sorella?”
“Certo. Ho troppa voglia di rivederla
e di stringerla, e sia ringraziato il cielo che sia accorsa Liz alla festa per bloccare il fuoco altrimenti non ci
sarebbero proprio più speranze... Dovrò fare un monumento a Ylenia anche se avrei
preferito esserne informata per tempo.” Nel pensarci Briony pensò che la
strega non si era fatta ancora viva. Aveva provato a telefonarle ma non rispondeva… forse era
occupata in qualche incantesimo o a nascondersi di nuovo..
Sapeva che doveva avere fiducia in
lei e che sapeva cavarsela egregiamente anche da sola, ma un brivido l’assalì
comunque.
Si scurì la voce, cercando di far
finta di nulla e prese la giacca nera del vampiro. Gli si avvicinò da dietro e
gliela mise sulle spalle, scoccandogli un bacio sul collo.
Lui le sorrise di nuovo nello
specchio e finì di vestirsi. Briony rimase dietro di
lui e gli cinse il petto: “Incredibile davvero ma neanche la morte ha scalfito
la tua eterna eleganza.” disse prendendolo in qualche modo in giro per il suo
portamento regale.
Elijah sorrise insieme a lei e si
voltò nella sua direzione. Gli occhi si oscurarono nel vedere i fori del suo
morso e Briony lo intuì subito dalla serietà del suo sguardo.
Imbarazzata cercò di far finta di niente mentre lui manteneva il suo sguardo
cupo. Si voltò di nuovo verso lo specchio:
"Mi dispiace. Non avrei dovuto
farlo." disse duro con se stesso.
"Ma non mi hai fatto del
male." rispose lei toccandogli il braccio, rincuorandolo sincera. In
fondo Elijah era pur sempre un vampiro che si nutriva di sangue, e usciva da un
momento difficile.
Lui però si scostò dalla sua presa
con freddezza: "Sia come sia, sono atti che disprezzo fare. Mi inquieta
davvero che tu non ne riconosca il pericolo." disse infine in maniera distaccata.
Briony sospirò
sapendo che Elijah era troppo onorevole anche per sfoderare un dente, ma non si
sarebbe dispiaciuta per ciò che avevano condiviso.
Vedendo tuttavia che sotto quella
facciata fredda qualcosa angustiava il vampiro, rendendolo fin troppo serio, Briony lo guardò perplessa:
“E ora…. Che cosa farai?”
A quella domanda Elijah si bloccò. La
mano ferma sul nodo della cravatta.
Se la strinse di più in un movimento
distratto e sviò lontano lo sguardo: “Farò ciò che devo.”
Il tono fatale con cui lo disse valse
come uno schiaffo in piena faccia per Briony. La ragazza si sentì il fiato corto, capendo dove
volesse andare a parare. Eccola la realtà che non aveva tardato ad arrivare:
“Senti… anche
io avevo tanti propositi di vendetta… pensavo solo a quello… ma adesso… perché tentare di rovinarci di nuovo la vita? Siamo
vivi, è questo che conta. Possiamo andare avanti e voltare pagina.”
Elijah si ostinò a non rivolgerle lo
sguardo: rimaneva freddo e distaccato. Mentre lei, ancora nel suo sogno.
“Se tu ti metti di nuovo contro Connor.. lui ti ucciderà ancora.” mormorò Briony piena di angoscia.
“Questo è da vedere. Non mi faccio
uccidere una seconda volta.” replicò Elijah determinato fissandola questa volta
per far valere la sua autorità.
Briony subito
agitò le mani in preda a un panico improvviso:
“Stai sottovalutando la situazione
perché ti credi invincibile!”
“Che cosa dovrei fare secondo te?
Lasciarlo vivo dopo ciò che ha fatto? Ci ha uccisi, Briony. O te lo sei dimenticata?” Il tono duro con cui lo
disse le fermò il cuore.
Mai avrebbe dimenticato, ma per il
quieto vivere e per la propria sicurezza avrebbe fatto una marcia indietro. Il
solo pensiero di veder Elijah morire una seconda volta la neutralizzava.
“Appunto perché non voglio rivivere
lo stesso dolore, che è meglio stare tranquilli e non giocare alla guerra!”
“Non è un gioco. E ho già deciso.”
replicò Elijah freddamente e dandole le spalle. Un gesto tipico di quando
voleva chiudere una conversazione e non farla più riaffiorare.
Briony però
non voleva farti sottomettere. Strinse i pugni:
“Io non voglio che tu combatta di
nuovo. Metti da parte il tuo onore una buona volta! E’ così difficile per te
abbassare il capo e vivere una vita tranquilla e serena?”
La sua era una richiesta urgente, una
preghiera perché davvero non ce la faceva più a vivere così… quella era una storia per i forti, per gli eroi, per
quelli che combattevano sempre… lei non era forte, lei era debole senza di lui. Non
era nemmeno un’eroina perché non era stata capace di salvare le persone che
amava. E di combattere ormai era troppo stanca.
Alle sue parole, Elijah si irrigidì e
le sue spalle divennero tese. Si voltò lentamente verso di lei: lo sguardo era
più fatale e tenebroso di quanto lei ricordasse. Come se la Morte fosse ancora
dentro di lui e gli squarciasse ogni benevolenza.
“Questo è ciò che sono, Briony. E la descrizione che dai di me non combacia con
quella reale.”
Quelle parole glaciali la fecero
sobbalzare. Parlava come se lei non lo conoscesse veramente, come se non lo
capisse davvero per quel che era realmente. Ma invece era così, nessuno al
mondo lo conosceva più di lei perché sembrava fossero legati a doppio filo che
li univa indissolubilmente.
Però la voglia che la realtà
cambiasse era troppo forte… Lei l’avrebbe
fatto per lui, perché lui non poteva farlo per lei? I sacrifici erano
concepibili in una storia… ma
forse per una persona normale… per Elijah Mikaelson magari era impossibile.
“Non posso permettermi di lasciar
perdere. E non lo farò.” Disse poi sicuro e retto sulle sue intenzioni.
Le venne un nodo alla gola nel vedere
come il suo sguardo tenebroso non diminuisse neanche di poco:
“E io non posso credere che tu stia
parlando a me in questo modo... non è contato niente ciò che è successo fra
noi? Cos’è, sei venuto qui a darmi il bacio d’addio e poi te ne vai come un soldato
che va alla guerra? E io da brava mogliettina dovrei stare a casa ad aspettare
il tuo ritorno o la tua bara!” Sbottò in preda alla collera ma di nuovo Elijah
la immobilizzò col suo sguardo tetro e freddo:
“Basta Briony.”
“No basta tu! Prima la vendetta per
Klaus, poi quella per Esther, poi quella di Connor! E’ tanto chiederti di non essere… ciò che sei… di cambiare almeno
per poter vivere un po’ di anni insieme in pace?” Aveva iniziato gridando e
scalpitando perché ricordava quanti malesseri aveva sofferto e patito
dall’inizio di quella storia. Ma poi la voce si era affievolita, quasi
impercettibile. Come se si sentisse in colpa per le sue stesse parole ma doveva
comunque pronunciarle per far capire il proprio punto di vista.
Elijah la guardò in maniera impenetrabile. Briony vide un guizzo passare sopra i suoi occhi neri ma
scomparve troppo presto.. venne nascosto dietro la freddezza del suo sguardo
che si ricaricò al massimo:
“Forse non posso più permettermi di essere quello che
sono con te.”
La noncuranza con cui disse quelle parole funeste
furono una lama per il suo cuore che era appena risorto dalle sue ceneri… neanche un giorno, e già si stavano
riaprendo le ferite. Più dolorose che mai.
Briony faticava a capire su come fossero
arrivati a quel punto dopo ciò che avevano condiviso…
Ma forse era inevitabile che si scontrassero sempre per le loro diversità, per
quel legame maledetto che li univa dall'inizio dei tempi. Avrebbe dovuto dare
retta alle brutte sensazioni che aveva sentito poco prima, ma combatté con
tutta se stessa per non far salire le lacrime pur di mantenere un briciolo di
dignità.
“Sono solo un peso quindi per te? Il tuo onore vuole
quindi vincere sui sentimenti che provi per me? Avrei dovuto aspettarmelo,
prima o poi.” mormorò cercando di mantenersi fredda, sebbene il cuore si stesse
lacerando.
Elijah sviò lo sguardo, quasi si sentisse colpevole
del dolore che scorgeva nel viso di lei ma comunque non retrocedette sulle sue
intenzioni. Se mostrava del rammarico per come si stavano mettendo le cose, non
lo dimostrò. Il dovere di ciò che era in obbligo di fare gli imponeva di
indossare l’ennesima maschera gelida, appesa senza alcuno sforzo dopo
l’impronta recente e tangibile della Morte.
“Hanno usato i nostri sentimenti come arma contro di
noi. Per questo è successo quel massacro alla festa… hanno
fatto leva sulle nostre debolezze, e noi ci siamo caduti dentro. Non deve
ricapitare più.” Il tono fermo e inflessibile. Gli occhi apparentemente vuoti e
nerissimi.
Briony non poteva guardarlo in viso da
quella posizione ma non voleva neanche farlo. Se lo avesse guardato
probabilmente gli avrebbe rifilato uno schiaffo, gliene avrebbe date di santa
ragione e gli avrebbe gridato che non poteva farle questo proprio ora che
l’aveva ritrovato.
Forse era a causa del loro sentimento che era successo
tutto quel disastro… ma l’amore non è una
debolezza, è una forza e se rimanevano divisi avrebbero soltanto dannato ancor
di più la loro vita. Lui non poteva proteggerla standole lontano… questo proprio no…
Elijah le rivolse una debole occhiata: “Ritornerò
presto.”
Forse lo avrebbe fatto… o
forse sarebbe di nuovo rimasto ucciso.. Ma la risposta non le importò in quel
momento perché Briony disse:
“Vai, esci pure. Ma forse io non sarò qui ad
aspettarti.” gli sibilò dura e tagliente.
Elijah si bloccò sulla soglia della porta aperta, ma
durò un attimo che infatti disse:
“Non fare mosse stupide, lo faccio per tenerti al
sicuro.” disse solamente per poi chiudersi la porta alle spalle.
E in quella casa piombò il silenzio… un
silenzio avvolgente che sapeva di agonia irrisolvibile.
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Ylenia camminava in fretta e furia per
andare nel suo piccolo nascondiglio dove fino a quel giorno aveva tenuto
i Mikaleson. Li aveva tenuti in vita con la
magia, aveva fatto il possibile affinchè non
si essiccassero e alla fine c’era riuscita. Ormai il suo potere era debole come
un granello di sabbia ma non le importava… aveva
fatto la cosa giusta…
Aveva avuto giorni prima una visione in sogno
riguardante la festa… capendo che cosa
volesse fare Connor era meglio correre
ai ripari…preparare il tutto per fregarlo
sotto il suo stesso naso… non poteva
avvertire nessuno del suo piano perché qualcuno si sarebbe sicuramente
scoperto, e la reazione delle vittime non sarebbe stata così autentica da
convincere Connor di aver vinto. Solo lei
aveva orchestrato quel piano in ogni dettaglio e aveva fatto in modo di non
venire notata alla festa… quando i Mikaelson erano stati uccisi, due scagnozzi di Connor aveva avuto l’ordine di portare via i loro
corpi e di bruciarli.
Ylenia però li aveva intercettati e li
aveva costretti a farsi da parte col metodo fortissimo della persuasione
mentale. Li aveva convinti a tornare da Connor dicendo
che il lavoro era ben fatto e di dimenticarsi ciò che era appena avvenuto. Così
facendo si era appropriata dei cadaveri dei Mikaelson e
li aveva portati in un luogo sicuro… Tecnicamente
erano morti ma alla festa lei si era nascosta e aveva costruito una piccola
barriera di protezione attorno a loro, affinchè sembrassero
morti ma una particina vitale esisteva ancora in loro.
Una fiamma non ancora spenta del tutto ma in procinto
di esserlo se lei non li avesse aiutati a tenerli in vita per quei giorni di
calvario.
Ora era tutto finito per il meglio ma si sentiva così
sfiancata da avere persino le occhiaie. Se qualcuno l’avesse assalita in quel
momento probabilmente non sarebbe riuscita neanche ad alzare un dito.
Stava per entrare nel suo nascondiglio, al sicuro, ma
una figura le comparve fulmineamente a fianco.
Ylenia sobbalzò in preda alla paura. Era
Klaus.
Quello sguardo non prometteva nulla di buono ma la
strega non riuscì a gridare nonostante tutto. Peccato che lui non fosse morto,
lo avrebbe lasciato volentieri alla mercè di Connor. Ma cosa voleva da lei adesso? Istintivamente tremò.
L’ibrido inclinò la testa da un lato con un sorriso
abbietto e feroce: “Noi due dobbiamo farci una bella chiacchierata” disse
semplicemente prima di avventarsi contro di lei.
FINE CAPITOLO
Prima di tutto perdonate il mio mostruoso ritardo ma
come vedete mi sono fatta perdonare… credevate
che fossi così cattiva da uccidere Elijah? Uahhaha diciamo
che vi ho fregati ;) Ma rimango comunque perfida visto che i due piccioncini
hanno già litigato Uhaahah uno vuole
vendetta, l’altro pace. Si amano, si odiano, litigano, fanno l’amour…. Insomma sono sadica con questa coppia Uaahha!
E c’è un’altra sorpresa.. di cui vi parlavo la scorsa
volta! Sto scrivendo un’altra storia! Sempre sugli Originals <3 E’ appena all’inizio ma mi farebbe
piacere se ci deste un’occhiata J Eccola: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1658517&i=1
Ritornando al capitolo….
Vi ho lasciati di stucco con la verità su Willas?
Alla fine era Connor il tremendo
assassino. Quell’uomo è feroce e diabolico. Ho creato una mente perversa
XD E ora a Will che succederà? I minuti corrono :P
Spero di non essere stata volgare nella scena d’amore
ma visto che sclero di continuo nella mia
pagina facebook, gridando ai 4 venti che voglio
vedere Elijah darsi da fare, allora lo faccio io.. Uahhah qualcuno
deve pur fare il lavoro sporco e quando si tratta di lui io perdo il lume della
ragione XD
E niente, spero di ricevere come al solito dei vostri
commenti che mi aiutano tanto ad andare avanti! Grazie mille a chi mi sostiene
sempre ^_^
Alla prossima!