Disclaimer: Bla bla bla non li conosco, non
sono miei, non scrivo a scopo di lucro o diffamazione. Ogni volta notizie
sconvolgenti, nh?
Gatto
«Sai, mi ricordi un gatto.»
Frank mormorò qualcosa di vago senza distogliere lo sguardo dalla televisione,
giusto per fargli capire che era sveglio, e che non era vero che fino a poco
prima stesse russando. Gerard si sistemò sul divano, lasciando che Frank
appoggiasse meglio la testa sul suo petto e gli circondasse la vita con un
braccio, poi tornò al filo dei suoi pensieri.
«Da piccolo avevo un gatto. Era tutto nero e si chiamava
Plutone, come quello del racconto di Poe che mi aveva letto mia nonna; in
realtà me l’aveva raccontato saltando alcuni particolari, quindi non sapevo
niente di cadaveri in cantina o che altro ma il nome mi piaceva comunque. A
Mikey invece non piaceva, perché era un piccolo idiota con gli occhiali che non
sapeva apprezzare la buona letteratura… non che sia cambiato tanto, in fondo,
tranne per gli occhiali. Che poi gli stanno meglio delle lenti, quante volte
gliel’avrò detto… Insomma, Mikey insisteva a chiamarlo Paciocco, che era un
nome stupido per un povero gatto solo un filino sovrappeso. Mi sarei sentito
offeso pure io ad essere chiamato Paciocco.»
Frank ridacchiò da qualche punto imprecisato nei pressi
del suo collo mentre faceva pigramente zapping e si fermava su un documentario
piuttosto noioso sugli antichi Greci. O Romani, non avrebbe saputo dirlo con
certezza.
«Cosa ridi, io non sono mai stato grasso.» disse Gerard
con finta irritazione.
«Certo che no, eri solo tondo, Paciocco…»
«Avevo una silhouette
morbida,» puntualizzò Gerard «E ora capisco come doveva sentirsi quel
povero animale. Ecco perché mi amava follemente e dormiva sempre nel mio
cassetto dei calzini, perché sono una persona empatica. Quel gatto aveva buon
gusto.»
Continuò ignorando le risatine di Frank. «Non si staccava
un momento da me, e pretendeva che lo tenessi sempre in gambe a fargli i
grattini benché pesasse otto chili e perdesse pelo come un vecchio tupé. E il fatto
che i miei vestiti fossero tutti neri non era una scusante, i peli si vedevano
tanto quanto.»
Sentì all’improvviso un basso rumore fare da sottofondo
alla prolissa spiegazione sugli acquedotti che stava dando il presentatore in
tv, e si accorse che Frank si era bellamente assopito sulla sua pancia.
Scomoda, scomoda posizione per mettersi a guardare la televisione…
«Era incredibilmente docile,» continuò come se niente fosse
«Una volta si fece praticamente vestire da Mikey senza una protesta che fosse una,
neanche un graffietto!, e si addormentò subito dopo, ancora agghindato con gli
occhiali della nonna e la mia cravatta. Bianca, ovviamente, ci vollero quintali
di scotch per farla tornare come prima.»
Mentre parlava stava passando una mano tra i capelli di
Frank; gli sfiorava il naso, la guancia, tracciava il contorno dello scorpione
sul suo collo in gesti distratti ma accurati, senza nemmeno guardare perché
ricordava ogni tratto del tatuaggio e non aveva comunque bisogno di sapere che quello che stava facendo lo stava facendo
bene. Sentiva la gola di Frank vibrare, impercettibile, sotto i suoi
polpastrelli, mentre gli scostava qualche ciocca di capelli e rimpiangeva di
avere un divano tanto duro e un ragazzo tanto pesante. Ma in fondo stava
comodo. In fondo, quel calore, era confortante.
«Quando non dormiva nei miei cassetti della biancheria
dormiva con me, sul letto. Nonna aveva dato di matto la prima volta che l’aveva
scoperto a ronfare arrotolato nel mio lenzuolo fresco di bucato e Plutone aveva
rischiato di volare dalla finestra. Diceva che era sporco, e che mi avrebbe
fatto venire l’asma e tante altre belle cosine. Da quel momento Plutone si mise
sempre ai piedi del letto, tranne delle volte in cui si addormentava contro la
mia pancia. Era intelligente, Plutone, sapeva capire quando era meglio evitare
qualcosa o quando la vita era una merda e mi serviva un conforto morale.»
Abbassò lo sguardo su Frank, tranquillamente appisolato
fra le sue braccia, con il viso illuminato a intermittenza dalla debole luce
dello schermo e la bocca semi aperta. Cercò inutilmente una posizione più
comoda.
«Poi sparì. Così, da un giorno all’altro, chissà se
adottato da qualcun altro o investito da una schifosissima auto. Sinceramente,
spero che sia fuggito con una bella gattina, correndo verso l’orizzonte insieme
all’eterno amore da cui non aveva saputo separarsi.» Fece un verso a metà tra
uno sbuffo e una risata.
«Mi ricordi tanto lui, Frank…» mormorò, intrecciando le
dita con quelle dell’altro, mollemente appoggiate sul telecomando. «Il modo
discreto in cui mi sei vicino nei periodi schifosi, la tua dannata empatia… la
tua facilità nell’addormentarmiti addosso» Rise, stringendogli la mano. «Come
ormai sono abituato ad averti sempre tra i piedi, e come ho fatto a non
accorgermi che ti stavi comodamente accomodando nella mia vita prima che mi
rendessi conto che, ehi, sei indispensabile per me.»
Frank si agitò nel sonno, avvinghiandosi saldamente al suo
petto. Con un debole rumore si strusciò contro Gerard, facendolo ridacchiare di
nuovo.
«E poi fai le fusa…» constatò sorridendo. Provò ad
alzarsi, ma la stretta di Frank si fece più serrata e bisognosa.
«Mnooo…» biascicò nel sonno, inchiodandolo contro il
divano.
Gerard lo guardò a lungo, in silenzio, prima di prendere
il telecomando e spegnere la televisione, lasciando che il buio li avvolgesse
come la coperta che avevano dimenticato in camera.
«Almeno tu non hai intenzione di sparire all’improvviso…»
«Grazie Frank.»
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Fluff puro! o_o *si volta verso il suo gatto* Tu! Questa è
tutta colpa tua, assumiti le tue responsabilità. >.>
Amate i gatti, lettori, e se non l’avete mai fatto
leggetevi Il gatto nero del signor
Poe, come ogni suo racconto merita molto. Passando alle dediche…
Birthday!fic con un
improponibile ritardo per il mio ammore Christine:
-perché gatto è miao
-perché ti ammo tanto
ç_ç e questa fiction non lo esprime abbastanza. Ti voglio davvero bene.
Spread the Frerard!
Will