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Autore: N e v e r l a n d 91    17/03/2013    1 recensioni
Non avevo mai avuto così paura nemmeno in battaglia, mai, come in quel momento. Ero paralizzato, dimenticavo di respirare mentre i miei occhi non si scostavano per un momento dai suoi. Bloccato in quello che era un sogno senza uscita si, ma in realtà, nonostante odiassi quel sogno. Ero grato alla mia mente per ripropormelo ogni notte. Almeno potevo rivederlo, ancora una volta, ogni volta che i miei occhi si chiudevano.
“Addio John”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Sherlock era li, dinanzi a me, ed io non riuscivo a far uscire il benchè minimo suono dalla mia bocca. Provai ad innaspare qualche parola ma finiva sempre che la mia lingua ne risucchiava il suono, e ciò che ne usciva era un balbettio privo si significato. Gli occhi di Sherlock erano puntati su di me, il suo sguardo era semplice in un misto tra sollievo e preoccupazione, era chiaramente in difficoltà ma mai come me che non riuscivo nemmeno a concentrare l’attenzione sulle gambe, che tremavano sempre di più.
“Sher…”
Decisi che dovevo chiudere gli occhi. Non sarebbe stata la prima volta che avevo un allucinazione, e mi presi due secondi per pensare.
“John…” La sua voce era così dannatamente vera, che risuonava nelle mie orecchie ferendone il timano. Avevo la sensazione che mi sanguinassero. No, Non erano le orecchie. Era il mio cuore, il mio cuore stava sanguinando.
“Come hai, come hai…” Presi aria e riaprii gli occhi, lui era ancora dinanzi a me, appena più vicino di qualche centimetro, ne sentivo il peso. Il suo sguardo era fermo su di me, e per la prima volta dopo 9 mesi, vidi i suoi occhi percorrermi il corpo per incanalare quel poco di informazioni che gli servivano per capire tutto. NO. Io non volevo che capisse quanto ero stato male. Non volevo che dai miei capelli grassi e dalla mia barba incolta intravedesse la disperazione di un uomo che non trovava la forza nemmeno di trascinarsi in bagno a fare la doccia. Non volevo che dal mio pigiama sporco capisse che non ero nemmeno riuscito a cambiarmi, che non ero uscito di casa per tutto quel tempo. Non volevo mostrarmi debole.
“Che ci fai qui.”
Lo dissi con tono freddo. Come se stessi parlando con un illusione, persino lui ne fu sorpreso e fece un passo indietro chinando la testa verso il basso.
“Sono tornato..” Lo disse con così tanta calma, che scattò in me una reazione violenta. Lo colpii sul viso con un gancio e lui cadde a terra, la mano sul livido che ben presto si sarebbe formato e il volto fermo, cosciente, come se sapesse che sarebbe andata così.
“Brutto figlio di puttana. Che cavolo vuol dire ‘sono tornato’ EH?”
mi avvicinai, a lui il dolore che sentivo era reale, la mano mi doleva sul serio e questo mi portò alla realtà. Lui era li, lui era vero. Non mi aveva abbandonato.
“Come hai… io ti ho…” Caddi a terra, le mani sul viso e le lacrime che dopo tanto tempo si ripresentarono ai miei occhi, ero stanco. Stanco di piangere e di tremare, stanco di avere paura. E la mia paura era causa sua, della stessa persona che me l’aveva tolta di dosso in quel momento.
Le lacrime scesero senza che io potessi fare nulla per impedirglielo. Avvertii una mano che mi si posò sulla spalla e questo mi fece disperare ancora di più. Gli bisbigliai tra i singhiozzi che era uno stronzo. E anche se non lo vedevo, sapevo che stava annuendo alle mie affermazioni.
“Ho dovuto farlo John… moryarti ti avrebbe ucciso altrimenti..”
Presi aria. E sollevai appena lo sguardo. La consapevolezza che lo aveva fatto per me mi rendeva ancora più arrabbiato.
“Non avresti dovuto mentirmi..”
“Dovevo..”
“Non a me.”
“Era l’unica scelta”
“NO non lo era.”
“John..”
“Avresti potuto farmelo capire!!!”
L’ultima frase uscì in un rugito, colpii il pavimento con il pugno già malandato ed iniziai a perdere sangue. Sherlock si scostò ed io mi alzai in piedi.
“Vado a fare la doccia.”
“Ok”
“E dopo andrò via.”
“John..”
Mi voltai di scatto, il dito puntato verso il suo viso e una maschera di disgusto era apparsa sul mio volto.
“Non pronunciare mai più… il mio nome..”
Entrai nel bagno e sbattei la porta. L’ultima immagine che vidi fu il viso di Sherlock impassibile, anche se, nonostante la fretta. Giurai di aver visto una lacrima.


**


L’albergo era confortevole, nonostante costasse una miseria. La mia mente non poteva far a meno di pensare a ciò che era successo qualche ora prima, a volte confusa da immagini sfuocate che mi portavano a pensare ancora, anche se ero certo non fosse così, che si fosse trattato di un sogno:
Allungai la mano ferita verso l’esterno e vidi la lacerazione che percorreva le nocche che avevo usato per distruggere la mattonella del salotto. La signora Hudson sarà fuori di testa, anche se probabilmente non ci farà caso, quando scoprirà che Sherlock è vivo quello potrebbe essere l’ultimo dei suoi problemi.
-Sherlock è vivo…- pensai. Che strana impressione mi faceva, dopo nove mesi di rassegnazione questa scoperta. Eppure non potevo evitare di essere felice, oltre che ferito.
In quel momento una voglia lancinante di vederlo mi trafisse lo stomaco, Fissai il telefono. Se l’avessi chiamato ero certo che sarebbe corso a spiegarsi e a chiarire, ma l’orgoglio mi impediva qualsiasi movimento.
Sobbalzai. Il telefono della stanza stava squillando.
Alzai la cornetta, titubante. Non poteva essere Sherlock. Nonostante il suo genio non poteva aver capito davvero dove fossi finito.
“pronto?”
La sua voce uscì vellutata, pulita e grave come poche avevo sentito in vita mia.
John.. Non capivo perché, ma ancora una volta una lacrima mi rigò il viso. Insomma, che diavolo, stavo diventando forse una femminuccia?
La verità è che era troppo. Troppe emozioni in una sola serata.
“Sherlock…”
Lo dissi come un saluto, come se lo vedessi ogni giorno e quella per me non era una novità sconvolgente.
“John…
ripeteva il mio nome come una ninnananna, era strano il modo in cui lo pronunciava. Rilassato, stanco.
“Dimmi…”
“John, mi dispiace..”
Non potei non cedere. In quel momento le mie difese si sgretolarono, anche se quella non era una stupidaggine, non potevo fare a meno, dopo una lite, di correre da lui. Era successo dopo l’esplosione vicino casa, dopo che l’avevo conosciuto, e ancora in questo momento.
La sua voce era una calamita per me, e il pensiero di averlo ancora vicino mi aveva completamente cambiato la giornata.
“Non mi interessa” nonostante tutto, non sapevo perché continuavo a rispondere in quel modo.
“Mi hai deluso. Smetti di chiamare.” Riagganciai, ma subito dopo mi pentii di ciò che avevo detto. Provai a riprendere il telefono, feci il numero, ma squillava a vuoto. Non poteva essere, dovevo chiedere scusa, nonostante tutto non meritava quelle parole.
presi la mia borsa e corsi 10 piani di scale in discesa due a due, inciampai un paio di volte, ma riuscii comunque a non cadere. Appena scesi al piano terra pagai e tornai a correre. Quella sera pioveva, pioveva così tanto che l’acqua che cadeva sul mio corpo mi ripuliva di tutte le sensazioni negative che si erano impadronite di me per tutti quei mesi. Fanculo tutto. Sherlock era vivo… Sherlock era vivo.
Non smettevo di ripetermelo. Casa era lontana e la corsa doveva essere tanta, iniziai ad affannarmi, non ero più abituato come un tempo a quello sprint. Ma anche se l’aria mi mancava nei polmoni, qualche strana forza motrice costringeva il mio corpo a muoversi, un passo dopo l’altro.
Feci quasi cadere un ciclista, che probabilmente imprecò contro di me, non mi voltai a guardare. Pian piano la pioggia si faceva più fitta ed avevo già corso per più di due km.
una figura all’improvviso si fece largo tra la fitta pioggia, una figura che conoscevo. Rallentai, e non fui il solo. Anche lui rallentò. Ci ritrovammo a camminare lentamente l’uno verso l’altro, Sherlock sorrise appena, sorpreso di quello che vedeva di fronte a se, e riuscì a strappare un sorriso anche a me.
“Sherlock..” Dissi affannato, con lo stesso tono che avevo riservato alla cornetta del telefono.
“John.” Sorrideva, stavolta sorrideva. E sapevo che anche se avessi negato, quel geniaccio avrebbe capito che stavo correndo verso di lui, e non ero il solo.
“Che facevi?” Chiesi, ridacchiando tra me e me.
“Una passeggiata nella pioggia. Quale momento migliore per stimolare un cervello?”
Sorrisi.
“E tu?”
“Ho dimenticato l’ombrello.” Risposi prontamente.
Sherlock scrollò le spalle. “capita.”
Annuii. “Che ne dici di tornare a casa ora?”
Abbassai lo sguardo, Sherlock tese la mano ed io mi presi qualche momento per riflettere. Ma volevo parlare subito. La pioggia mi avrebbe reso calmo, avrebbe ripulito tutto.
“Perché non me l’hai detto..” Chiesi ancora. Sherlock rimase in silenzio. Poi capì ed abbassò la mano, alzando il viso al cielo, chiudendo gli occhi come per godersi quel momento. Poi parò.
“Avevo paura John.. paura che ti uccidesse davvero. Non avrei potuto sopportare la tua morte, così ho inscenato la mia.”
L’ascoltavo, era sempre stato un codardo, e questo lo sapevo. Era il suo più grande punto debole: la paura, la paura di ciò che non capiva, la paura dell’ignoto. Non sapeva se con la morte di Moryarti sarei davvero morto o no, e per questo voleva essere sicuro. Sicuro che io potessi vivere, anche senza di lui. Se quella può chiamarsi vita.
“Mai nessun messaggio. Se poi mi avessi lasciato qualche segno io avrei capito… e avrei aspettato!”
“Non è vero John, mi avresti cercato. E se non mi avessi trovato avresti spostato la tua attenzione su Moriarty, così se fossi stato certo che nessuno avrebbe più potuto minacciarmi, io sarei tornato”
Chiusi la bocca, non potevo negare che le sue parole sarebbero state probabilmente ciò che avrei fatto.
“Ed io non potevo permettere che tu ti lasciassi uccidere. Era l’unico modo John, dovevi credere che fossi colpevole.”
“Ma io questo non l’ho mai creduto!” La pioggia era la mia salvezza, perché per la terza volta quel giorno, le lacrime mi rigarono il viso.
“Lo so… Grazie.”
dalle sue parole capii che non se l’aspettava. Non si aspettava che io non credessi alle sue parole, che era felice che confidassi così tanto in lui. Sospirai.
“Ti ho visto morto..”
“La morte è un’illusione della mente. Tu non volevi credere che fosse possibile, così il sangue ti ha fatto credere che quello che vedevi era vero. Sono un genio John, smetti di chiederti come faccio a fare le cose.”
Stavolta rise, e contagiò anche me, ah, quanto mi era mancata quella sensazione.
“Ho capito…” Dissi in un bisbiglio. Non volevo chiedere altro.
“Ora torniamo a casa…” Disse lui.
“Ok Sherlock.. Torniamo a casa.”



OOk fine del secondo capitolo. Che cosa ne pensate?? ** fatemi sapereee <3
  
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