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Autore: HisLovelyVoice    17/03/2013    4 recensioni
Stavo male ogni giorno a causa sua.
Quasi non riuscivo ad andare avanti per il macigno che stanziava nel mio cuore.
Mi faceva sentire uno schifo.
Mi faceva sentire un giocattolo usato e poi gettato.
Perché era quello che quell’essere faceva.
Mi usava e poi mi gettava all’angolo della strada.
Riuscivo a malapena a camminare, le forze mi mancavano e spesso mi capitava di addormentarmi sul marciapiede.
Tutto era scomparso, tranne le ferite, che mi ricordavano la mia sofferenza.
Volevo solo un po’ di felicità, chiedevo troppo?
Forse si, perché quella felicità tanto ambita non arrivava mai, c’era sempre qualcosa che rovinava tutto.
Io continuavo a sperare, anche se lei non c’era sapevo che prima o poi sarebbe arrivata.
Sapevo che avrebbe portato un po’ di luce nella mia semplice vita.
Forse era già arrivata quella luce.
Forse dovevo solo aprire il cuore e farla entrare.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I need happiness'
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5 She said “I will survive”
 
“Quella felicità tanto ambita non arrivava mai, c’era sempre qualcosa che rovinava tutto.
Io continuavo a sperare, anche se lei non c’era sapevo che prima o poi sarebbe arrivata.
Sapevo che avrebbe portato un po’ di luce nella mia semplice vita.
Forse era già arrivata quella luce.
Forse dovevo solo aprire il cuore e farla entrare.”
 
Mi alzai in piedi e mi cambiai. poi andai in camera mia, chiudendo la porta. Mi buttai sul letto e continuai a piangere.
Dopo cinque minuti qualcuno bussò alla porta. Alzai la testa.
- tesoro, posso entrare? - sentii il rumore della porta aprirsi.
- NO! - urlai, per poi riaffondare la testa nel cuscino.
- ti prego, voglio solo aiutarti. -
- non ho bisogno di nessuno! Voglio solo restare sola! - sentii una mano accarezzarmi i capelli. La lasciai fare, non sarei riuscita a fare niente.
- tesoro, calmati, okay? Va tutto bene. Ti capisco, ma è tutto finito e… - alzai di scatto la testa.
- tu mi capisci!? Come puoi capirmi!? Non sai cosa ho provato, non sai cosa ho subito! Non sai nemmeno come mi sento, non puoi saperlo! - si alzò in piedi e si avvicinò alla porta.
- hai ragione, non so cosa hai provato. Scusami. - uscì dalla stanza.
- usciamo tra un quarto d’ora. - disse da fuori.
Presi le cuffie e misi Untitled.

And I can't stand the pain
And I can't make it go away
No, I can't stand the pain

‘no, non riesco a sopportare tutto questo. Non riesco a mandare via questo dolore che mi affligge. Non ci riesco.’ Le lacrime continuavano  a scendere, incapaci di fermarsi.
Dovevo reagire.
Non potevo passare il resto della mia vita con quel dolore.
Ma era così difficile…
Una volta calmata, tolsi le cuffiette, mi alzai e andai a sciacquarmi il viso.
- mamma, sono pronta. - dissi mentre entravo in camera da pranzo. Mi sorrise.
- okay, andiamo. - prese la borsa e ci avviammo verso la macchina.
- scusami ancora per prima, tesoro. Io non posso capirti, non riuscirò mai a capirti, ma voglio che tu sappia che se hai bisogno di qualsiasi cosa potrai sempre contare su di me. - sorrisi e l’abbracciai.
- ti voglio bene mamma. Ti voglio tanto bene. -
- anch’io te ne voglio. E non voglio che tu soffra di nuovo. Voglio che tu sia felice. -
Avrei voluto stringerla forte.
Avrei voluto che lei mi stringesse forte.
Ma non potevo.
E lei nemmeno.
Se mi avesse stretto sarei potuta morire dal dolore.
E non era un’esagerazione.
Non era giusto.
Tutti i ragazzi possono abbracciare coloro a cui voglio bene.
Perché io non potevo?
Salimmo in macchina e passammo tutto il tempo in silenzio.
Stavo scendendo dalla macchina, quando mia madre mi fermò.
- oh, mi stavo quasi scordando! Oggi non posso venirti a prendere, mi dispiace. - sgranai gli occhi.
- c-cosa?! -
- lo so, mi dispiace, ma io e tuo padre dobbiamo lavorare. -
- e io come torno a casa? - ‘non dirlo, ti prego, non dirlo.’
- con l’autobus. - ‘ecco, lo ha detto.’ L’autobus. Il luogo più brutto di tutta la mia vita. Quello era il luogo dove era iniziato tutto. Quello era il luogo da dove nasceva la mia sofferenza.
- ma proprio nessuno può venirmi a prendere? Magari zia, o nonna! Sennò posso anche tornare a casa a piedi, non c’è nessun problema… - stavo parlando a raffica, non riuscivo a fermarmi.
- tesoro, calmati. Mi dispiace, ma per oggi devi prendere l’autobus. Tanto prima o poi dovrai ricominciare a riprenderlo. -
- non ce la farò… -
- si che ce la farai! Ora vai, altrimenti fai tardi. -
- okay, ciao. -
Entrai dentro il liceo sconsolata, cercando di non pensare a niente. Improvvisamente mi sentii prendere per un braccio. Trattenni a stento un urlo per il dolore. Mi voltai e vidi Matteo.
- hei Cami! Ti hi spaventato per caso? - ‘diciamo che non mi hai spaventato, mi hai fatto venire direttamente un infarto!’
- un pochino… -
- scusami tanto. Volevo solamente salutarti. -
- tranquillo, non fa niente. -
- come stai? -
- a parte che ho sonno? Tutto okay. - si mise a ridere.
- sei troppo simpatica! - da quanto la gente reputava un: “a parte che ho sonno? Tutto okay” divertente? Da quanto la gente reputava me simpatica? Bah.
- te come stai? -
- tutto bene. - gli sorrisi. - ti va se ci vediamo oggi pomeriggio? - aggiunse dopo poco. Rimasi colpita da quella richiesta.
Era da tanto che non uscivo con qualcuno.
Forse mi avrebbe fatto bene.
Esatto, forse.
- non so… -
- andiamo! Lo sai che non mangio. Se vuoi andiamo direttamente dopo scuola. Se non hai impegni, ovviamente. - diciamo che la proposta mi allettava.
Si, avevo paura, ma la sua figura era rassicurante.
Mi faceva stare bene.
E non avrei dovuto prendere l’autobus.
- va bene. Ci vediamo all’uscita, allora. -
- si. Sai qual è il mio motorino? - scossi la testa. - allora ci vediamo difronte al bar, quello vicino alla scuola. Okay? -
- perfetto. A dopo. -
- a dopo bellissima. - ‘bellissima…’
Si allontanò e andò verso dei suoi amici.
Con un sorriso stampato in volto, mi incamminai verso la mia classe.
- Milla! - riuscii a riconoscere quella voce anche se mi trovavo in un corridoio molto affollato.
- ciao Fede. -
- come stai? - chiese prendendomi lo zaino. Iniziai a protestare, ma era completamente inutile, non me lo avrebbe mai ridato.
- tutto bene, tu? -
- molto bene. - mi sorrise.
Ma un ragazzo poteva essere così tremendamente bello e sexy? Okay, stavo uscendo di testa. Non era possibile che stessi pensando che quel ragazzo fosse bello.
- cosa è successo? - la sua voce mi riportò alla realtà.
- cosa è successo, cosa? -
- non lo so, dimmelo tu. Questa mattina sei un po’ strana… -
- macchè! Sono solo un po’ più stanca del solito. -
- e quindi i tuoi occhi sono rossi e gonfi non perché hai pianto, ma perché sei stanca. - bene, non riuscivo nemmeno a nascondere un pianto!
- ovvio. E poi perché dovrei piangere? -
- sei te che stavi piangendo, non io. -
- Non. Stavo. Piangendo. - dissi, scandendo bene le parole.
- va bene. Quando deciderai di dirmi la verità, ricordati che sarò qui, pronto ad ascoltarti, a capirti e ad aiutarti. - volevo controbattere, ma cosa avrei potuto dire? Quello che lui stava dicendo era vero, non potevo continuare a negare.
Continuammo a camminare in silenzio, fino a quando non arrivammo in classe.
Federico posò il mio zaino sul banco e si sedette.
Immediatamente gli si avvicinò Sara.
- hei, Fede! Cos’è questa faccia da funerale? - non rispose. Si limitò a guardare il mio zaino. - Fede, ci sei? - annuì, ma si vedeva che era completamente assente. - Fede, che ore sono? - annuì di nuovo.

FEDERICO

 

‘perché mi sta mentendo? Perché continua a nascondere la verità?’
Camilla era una ragazza particolare, mi era bastato un suo sguardo per capire che era diversa dalle altre ragazze. Non era un’oca isterica come Sara, era una ragazza timida, che molto probabilmente aveva sofferto. Ma il motivo della sua sofferenza mi era ancora sconosciuto. Volevo sapere tutto su di lei, volevo sapere per aiutarla. Ma lei sembrava sempre non volermi dire niente. Non si fidava. Sapevo che la fiducia era la base di ogni tipo di rapporto; per questo avrei cercato tutti i modi per conquistare la sua. Avrebbe cambiato idea su di me, mi avrebbe considerato come qualcuno di cui fidarsi e mi avrebbe detto tutto di lei. E io l’avrei aiutata a superare quel dolore, l’avrei aiutata a diventare più sicura. ‘okay, sto fantasticando veramente troppo. Basta farsi film mentali, non ha senso!’
Guardai il suo zaino. Anche lui era triste, completamente nero. No, un momento! Lo guardai più attentamente e vidi che c’era una scritta.

Sopravvivrò a tutto questo dolore.
Sopravvivrò a tutta questa sofferenza.
Sopravvivrò a tutti questi insulti.

Questa era la conferma del fatto che avesse sofferto.
Sentii la voce di Sara in lontananza. Chissà cosa mi stava dicendo. Mi limitai ad annuire. Disse qualcos’altro e io annuii di nuovo. Poi mi sentii scuotere.
- non mi ascolti mai quando parlo! - girai il mio viso e vidi Sara intenta a muovermi per farmi tornare alla realtà.

CAMILLA
 

Si trovava in un mondo proprio a pensare a chissà cosa. Ma dopo essere stato scosso abbastanza violentemente da Sara, ritornò alla realtà.
- cosa succede? - chiese spaesato.
- niente, solo che ti stavo parlando e tu non mi ascoltavi! - sembrava tanto una scenata da fidanzatina appiccicosa. Mi avvicinai al mio banco e mi misi vicino a Federico. - è tutta colpa tua! - disse Sara, indicandomi.
- m-mia? - ero sbalordita.
- sua!? Ma cosa diavolo ti sei fumata Sara!? Non capisco proprio cosa centri lei! Ti ricordo che ero io che non ti stavo ascoltando! - si era alzato in piedi, abbastanza arrabbiato. - mi spieghi cosa ti ha fatto di male!? - ‘ecco, illumina anche me!’
Ma Sara non soddisfò la mia voglia di sapere cosa le avessi fatto. Si limitò a girare i tacchi e ad andare al bagno.
- scusala, ha qualche problema ultimamente. - mi disse Federico, abbandonando l’aspetto arrabbiato e sorridendomi.
- non ti preoccupare, può capitare a tutti di avere la luna storta. -
- come mai hai scritto quella frase sullo zaino? - disse indicandomi quella scritta che avevo fatto durante le vacanze.
- mmm…così. Era il motto mio e di una mia amica. - balla!
- venivate prese in giro? -
- si, tutti i nostri compagni di classe ci insultavano. - altra balla enormemente enorme! Ma lui sembrava crederci.
- e lei non ha cambiato scuola? - scossi la testa.
- ha lasciato direttamente. - questo almeno era vero. Una mia compagna di classe aveva lasciato la scuola perché non era brava e perché la insultavano.
- oh. Capisco. -
Non parlammo più fino a quando la campanella non suonò. Dopo poco entrò il professore di storia. ‘si comincia…’
 
 




 
HEI!!

Eccomi qui, con un altro capitolo!
Lo so, avevo detto che avrei aggiornato ieri, ma mentre scrivevo mia sorella mi chiede: andiamo al centro commerciale che devo prendere un libro?
E così l’ho accompagnata.
Alla fine ci ho anche guadagnato, dato che ho comprato anche io un libro, che però ho già finito u.u
Poi volevo aggiornare prima, ma ho dovuto scrivere un testo su Ettore e Andromaca cambiando il finale. Una noia! (però è venuto carino, forse prima o poi lo pubblicherò, cambiando ovviamente i nomi)
E quindi solo ora ho il tempo di pubblicare :D
Tornando alla storia.
Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento. (mi sento tanto una cameriera!)
La canzone è dei Simple Plan. Secondo me è veramente bella *-*
Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite/seguite e a
chriseyes che mi ha reso la persona più felice del mondo con le sue recensioni c:
ora scappo a finire i compiti :)
alla prossima! Xxx
un bacio
Giulia

  
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