Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: themostrandomfandom    17/03/2013    3 recensioni
Nell'estate del 1898, Santana Lopez si unì al J.P. Adams & Son Travelling Circus & Menagerie mentre viaggiava per gli stati americani del Midwest superiore. Inoltre si innamorò della figlia del lanciatore di coltelli. Traduzione.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa storia appartiene all'autrice americana JJ, aka themostrandomfandom.
Qui il link della storia originale: http://www.fanfiction.net/s/7922642/1/The_Knife_Throwers_Daughter

Nota della traduttrice: ecco il secondo capitolo! scusate per l'attesa, ma i miei impegni scolastici mi hanno impedito di tradurre più velocemente. Questo capitolo è ancora più lungo del precedente, quindi, se preferite, potete anche leggerlo a più riprese :) bene, vi lascio alla lettura e al primo vero e proprio incontro con Brittany!

CAPITOLO II : LA FIGLIA DEL LANCIATORE DI COLTELLI (PARTE 1)

Domenica 26 Giugno, 1898: Worthington, Minnesota

Puck sveglia Santana alle quattro della mattina – o per lo meno tenta di svegliarla, scuotendole la spalla e sussurrandole promesse di una calda colazione nell’orecchio. Inizialmente, Santana resiste ai suoi tentativi di persuasione, coprendosi gli occhi con il palmo della mano, voltandosi sul fianco, ignorandolo con ostinazione.

“Coccinella,” la ammonisce Puck severamente, scuotendole di nuovo la spalla. Santana rimane in silenzio, immobile. Alza la sua voce, “Coccinella!”

Sussulta di fronte alla sua durezza, i suoi sogni che si sgretolano in un istante.

(In qualche modo sembravano importanti.)

(Qualcosa che riguardava la danza.)

Santana apre gli occhi, ma trova solo oscurità, profonda e uniforme, di fronte a loro. Puck aiuta Santana a sedersi sul lettino, poi le bisbiglia delle indicazioni: cambiati nel costume prima di uscire, prepara la tua borsa, prendi con te qualsiasi cosa che vorresti portare sul treno. Le riscalda le mani tra le sue, ridacchiando di fronte al suo disorientamento, e poi lascia Santana a vestirsi da sola in quell’oscurità claustrofobica.

Cieca e stanca, Santana si sciacqua il viso e i denti nella bacinella d’acciaio, poi pettina i grovigli che il vento aveva intessuto nei suoi capelli con una spazzola di setole di cavallo, sussultando ad ogni nodo, ogni compito che richiede più del necessario, rapita dalla sonnolenza delle ore piccole.

Santana si sente in qualche modo quasi più stanca adesso che prima di andare a dormire la notte scorsa. Fatica a vestirsi, non del tutto sicura su come il suo costume dovrebbe risultare una volta indossato, e alla fine si decide ad agganciare la cintura sopra la sua gonna e legare i foulard in vita. Proprio come aveva sospettato ieri, la sua camicetta lascia le sue spalle esposte. La pelle del suo volto è tesa, cotta dal sole del giorno prima. La sua gonna non pesa tanto come si era aspettata, ma comunque rimane pesantemente attaccata sotto la sua cintura. Santana vorrebbe avere uno specchio per controllare il costume.

(Ma, di nuovo, Santana vorrebbe molte cose.)

I primi minuti dopo essersi svegliata, Santana si sente disorientata, come se non riuscisse a ricordare tutte le cose riguardo al circo che dovrebbe ricordarsi e che necessitasse di imparare di nuovo tutte le cose che aveva imparato riguardo al circo ieri, ma poi la sua confusione si placa; riconosce le tende e l’affaccendarsi appena esce all’esterno per andare incontro al giorno, indossando il suo vestito da gitana, l’aria aperta che le schiarisce i pensieri e la riempie di un’esaltazione nervosa.

Proprio dopo le quattro, il cielo del Nebraska rimane immobile e di un indaco stellato. Il quarto di luna sta sopra l’orizzonte, baluginando sopra le pianure. L’aria è bagnata e molto più fresca di quando Santana era andata a dormire, la rugiada incollata sull’erba, che colora la punta delle sue scarpe mentre cammina. Un sottile filo di nebbia aleggia all’altezza delle sue ginocchia, falene e moscerini che volano al di sopra di esso fino attorno al suo volto.

Santana ritrova Puck ad aiutare i loro vicini – due ragazzi che sembrano più o meno della loro stessa età, forse un pochino più giovani – a smontare la loro tenda, brontolando mentre sradica uno dei pali delle tende dalla dura terra.

Dalla sera precedente, Puck si è tolto i suoi abiti normali indossando il suo costume, che consiste di pantaloni alla zuava, un gilet ricamato con fili oro e viola e varie perline tessute sul fronte, e una fascia rossa legata in vita. Non indossa un cappello o delle scarpe e sembra misterioso dalla testa ai piedi; è davvero un gitano del tutto convincente.

“Ehi, coccinella,” dice, osservando il suo costume, la sua bocca che prende la forma del suo bramoso sorrisetto malevolo. “Hai preso tutto quello che ti serve da lì?” Fa un cenno verso la loro tenda.

Santana cerca una risposta per la sua domanda, ma non riesce a trovarne una. Percepisce i suoi pensieri rallentati e densi come il fango. “Sì,” borbotta, indicandogli la sua borsa da viaggio, che porta con sé all’altezza della cintola, incerta se lo intenda veramente o meno.

“Bene, perfetto,” dice Puck. “Perché non lasci la tua borsa qui con me e raggiungi la mensa per vedere se hanno bisogno d’aiuto, allora?”

Santana non riesce a pensare ad una risposta nemmeno per quella domanda. Annuisce con perplessità e appoggia la sua borsa sull’erba bagnata accanto a Puck, poi si volta nella direzione dove pensa che si trovi la mensa.

(La nonna di Santana era solita rimproverarla sempre per rimanere così silenziosa la mattina, ma nessuno qui conosce Santana a sufficienza da riconoscere il silenzio come qualcosa di inusuale per lei.)

Mentre cammina, Santana si accorge che tutti intorno a lei sembrino avere qualcosa da fare e un luogo in cui stare. Varie volte, quasi inciampa in qualcuno che si muove di fretta attraverso il campo. Regolarmente, la persona con cui quasi si scontra la guarda in modo truce. Alcuni invece urlano.

Santa sente i duri rintocchi di martelli che battono in lontananza. Si rende conto che la bandiera che una volta sventolava in cima al tendone è scomparsa dall’orizzonte, come anche il tendone stesso, mentre guarda attraverso il campo. Uomini si affaccendano con attrezzi da trasportare, assi e rotoli di tela. Il rumoroso, grezzo barrito dell’elefante rimbomba sulla pianura e Santana si ferma per domandarsi se ogni mattina sarà frenetica come questa al circo.

Arriva alla mensa per trovarla in quello che assume deve essere il suo tipico stato di caos ben organizzato. Le ragazze della cucina si affrettano di qui e di lì, ammassando cenere attorno alle casseruole di ghisa nel focolare, friggendo della pancetta su delle ampie, piatte griglie sopra le fiamme, e togliendo teglie di biscotti dal focolare prima che si brucino, indossando degli strofinacci avvolti intorno alle loro mani per evitare di scottarsi le dita. Si prendono in giro a vicenda mentre lavorano, sorridendo e colpendosi con gli strofinacci, già sveglie nonostante l’ora.

“Ragazza, muoviti!”

Santana sussulta proprio prima che Ma Jones vada a sbattere contro di lei, trasportando un’intera teglia di biscotti bollenti nelle sue mani fasciate dagli strofinacci. Santana si scansa, il suo cuore all’improvviso in gola, sentendosi più sveglia di quanto si sia sentita da Omaha, ma non in un modo gradito.

“Scusi,” balbetta, chiedendosi se farà mai qualcosa che compiacerà Ma Jones.

Ma semplicemente sfreccia oltre Santana, alzando gli occhi al cielo come se non avesse mai incontrato una persona così ridicola in vita sua.

“Te l’avevo detto di non intralciarmi! Adesso, non startene qui in mezzo!” le dice bruscamente. “Se vuoi stare nella mia cucina, è meglio che ti metti a lavorare!”

Santana vuole chiedere a Ma che cosa dovrebbe fare, ma Ma smette di dare attenzione a Santana prima che lei possa formulare la domanda. Ma posa i biscotti sul tavolo e poi si muove al lavoro successivo, mescolando furiosamente una pentola di pastella di frittelle con il suo cucchiaio di legno, qualche goccia della miscela che macchia il suo grembiule, collo, e mento mentre mescola. Santana guarda le ragazze della cucina, domandandosi se si offrirebbero a darle istruzioni, ma poi si ricorda la pensione nel distretto di Tenderloin e trova che non può importunarle.

Invece, Santana si trascina lungo il carro dove servono i pasti, nascondendosi sotto la sua ombra, guardando le ragazze fare la loro danza meccanica, circondando l’una con l’altra, e il focolare, che riempie l’aria di aromi dolci e salati della colazione,  mentre loro si chiamano con nomi che Santana deve ancora imparare, muovendosi con una fluidità che probabilmente non riuscirebbe mai ad imitare. Proprio come ieri, Santana sente una disperata, impossibile solitudine, silenziosa in un mare di suoni, immobile nel confuso movimento.

Mentre le ragazze estraggono le casseruole di ghisa dalle ceneri e le spostano sul piano del tavolo, Ma Jones afferra quello che sembra un lungo manico di scopa che è situato alla fine del tavolo. Una volta che la presa è sicura nella sue mani, Ma si mette sulla punta dei piedi, usando il manico per suonare una grande campana di ferro attaccata in cima di uno dei pali verticali della tettoia. Un rintocco risuona nel campo, e, quasi immediatamente, la gente del circo inizia a confluire nella mensa, alcuni di loro ancora mezzi addormentati, altri già pienamente svegli.

In aggiunta al cibo che Santana ha visto Ma e le ragazze preparare, Ma serve anche del caffè in pentole d’acciaio e burro per i biscotti. Mentre Santana è combattuta sul prendere posto nella fila, Puck piomba dietro di lei, pizzicandole i fianchi, mandando un brivido lungo il suo corpo e facendo accelerare il battito del suo cuore nel petto.

“Ehi, coccinella!Sei sveglia?” chiede, uno sguardo scaltro nei suoi occhi.

“Io - ,” balbetta Santana.

“Andiamo,” dice Puck, strattonando uno dei suoi foulard. “Prima la colazione, poi si parla. Dobbiamo prendere un treno!”

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

La nera foschia di moscerini sopra il prato rende sgradevole la colazione per Santana, come la durezza e l’irritabilità del suo stomaco. È troppo presto per lei per sentirsi affamata, ma sa che se non mangia adesso, potrebbe non avere un’altra occasione per mangiare di nuovo se non fra molto, molto più tardi.

Non volendo che si ripeta tutto come ieri, si sforza di mangiare i biscotti, la pancetta, e il caffè, ignorando la nausea e scacciando gli insetti dalla sua faccia, cercando di non fare smorfie mentre Puck emette dei rozzi suoni animali di gradimento divorando le sue frittelle.

Il pasto finisce quasi velocemente come è iniziato, con tutti quanti che si affrettano a passare i loro piatti usati alle ragazze alla tinozza e muovono gli sgabelli e le panche nel retro del carro, preparandoli per il viaggio. Santana si perde appena spalle e gomiti vorticano attorno a lei, non sapendo dove stare o come aiutare.

“Muoviti!”

“Togliti di mezzo!”

“Via!”

Sembra che non importi dove Santana decida di stare, perché finisce sempre per dare fastidio a qualcuno.

Dopo circa tre quasi collisioni di troppo, Santana si apposta in un angolo e osserva mentre l’intero campo viene smontato davanti ai suoi occhi, tende bianche che cadono a terra come pozzanghere di latte, lavoratori che agganciano muli e cavalli ai carri, raccogliendo assi e tele e facendole sparire dalla vista verso qualche luogo nascosto. Santana si sente come un fantasma che osserva i viventi attendere ai loro lavori pieni di vita, senza alcuna possibilità di influenzare qualcosa. L’intero processo occupa meno di un quarto d’ora, la compagnia che si muove con straordinaria velocità ed efficacia.

Non appena i lavoratori smontano le ultime tende attorno a Santana, Puck compare al suo fianco, appoggiando una delle sue grandi, dure mani attorno al polso come se quello fosse il suo posto. Porta sia la sua sacca che la borsa di Santana nell’altra mano.

“È ora di andare, coccinella,” dice, guidando Santana attraverso la nebbiolina verso la strada.

Dopo una certa distanza, Puck fa cenno a Santana di correre con lui, conducendola verso un carro che si sposta lontano dal campo. Santana segue l’indicazione di Puck, prendendo due falcate per ognuna delle sue.

“Puck?” dice, chiedendosi se dovranno correre fino alla stazione del treno.

Lui la ignora, semplicemente facendo cenno a Santana di correre più velocemente fino a quando non raggiungono il carro.

“Hop, hop!” esclama Puck, quando finalmente lo affiancano, sollevando Santana dal gomito e incoraggiandola a saltare con lui.

Santana rabbrividisce per l’agitazione, ma trova di non avere altra scelta se non seguire Puck nell’aria, le suole delle sue scarpe che si sollevano dall’erba umida, le sue braccia che si allungano davanti a lei per afferrare una presa da qualche parte. Perfino con l’aiuto di Puck, Santana finisce a malapena nel carro, i suoi piedi che raspano maldestramente in certa di un appiglio prima di trovarne uno alla sua portata, le sue braccia che afferrano disperatamente il lato del carro.

(Una volta che si è sistemata, Santana si sente come un marinaio naufragato che si aggrappa a dei relitti nel mare, un po’ come quel reporter nella storia di Crane dallo Scribner.)

Intorno a lei, altri membri della compagnia fanno come Puck, aggrappandosi ai vari carri e calessi in movimento, l’intero circo che compie il suo esodo dalle vuote pianure dove una volta stava la città circondata dalla sua aura.

Uno dei ragazzi aiutati prima in mattinata da Puck a smontare la tenda salta sul carro a fianco di Puck, sorridendo. È molto più basso di Puck e indossa un abito che, sebbene logoro, con toppe cucite sopra vari strappi lungo i gomiti, sulle spalle, e sopra il suo taschino, appare tuttavia stranamente curato e grandioso – come se il ragazzo si fosse impegnato troppo per far sembrare il suo abito non curato.

Un cappello di feltro è posto sui suoi lucidi capelli scuri, e porta un ordinato farfallino sul colletto. Il suo volto sembra amichevole, illuminato da esaltazione. Ha delle lunghe, magiche ciglia, labbra rosee, e delle particolari, espressive sopracciglia.

In generale, il ragazzo si comporta allegramente, nonostante sia prima mattina, ma Santana non riesce a condividere il suo sentimento. Chiunque sia questo ragazzo, Santana si sente grata nei suoi confronti per non tentare di iniziare una conversazione mentre il carro sferraglia lungo la strada, dirigendosi verso la stazione. Data l’ora, preferisce il silenzio.

(Non crede di riuscire a parlare senza offendere in qualche modo il ragazzo, comunque.)

La processione del circo sta alla larga dalla via principale che attraversa Tekamah, svoltando proprio prima di raggiungere la cittadina per prendere una via secondaria attorno alla città. Santana presume che questa deviazione allunghi la durata del viaggio, ma può anche immaginare che i conducenti vogliano evitare di passare vicino a così tanti negozi e case prima ancora dell’alba.

Il circo in viaggio è una vista spettacolare.

Fra i mezzi per le persone viaggiano carri per il bestiame riempiti di asini raglianti e pony bianchi. Dei ringhi rimbombano dall’interno di uno dei carri chiusi, vivide immagini di leoni e tigri immortalate in una tranquillità feroce sul lato del veicolo al di sotto del brillante marchio dorato del circo.

Più della metà della compagnia si è cambiata nei costumi in preparazione per l’arrivo in Minnesota; adesso camminano a grandi passi, avvolti in colori scintillanti e disegni esagerati, a fianco dei loro calessi e carrozzine giù per la strada.

(Qui ci sono tutti i clown che Santana si è persa ieri.)

Certamente, la visione più impressionante nel mezzo del gruppo è quella dei tre mastodontici elefanti africani che occupano il centro della strada, le loro zampe che avanzano sorprendentemente con grazia, prendendo passi sulla terra, le loro membra tintinnanti che si piegano in punti strani e i fianchi polverosi che ondeggiano con cadenza e passività. Nella fresca oscurità della prima mattina, i loro corpi imponenti gettano lunghe ombre davanti a loro, creando una massa di mostri sagomati sul terreno, sproporzionate ed estranee.

Santana suppone che il più grande dei tre elefanti debba essere quello che ha fatto tutto quel rumore ieri e questa mattina. Dietro di lui camminano due esemplari più piccoli – anche se “più piccoli” non sembra per nulla la parola adatta per loro, data d’altro canto la loro grandezza –, ognuno di loro con le loro zanne limate e spuntate fino a risultare inoffensive sulla punta. Gli elefanti si muovono con delle bardature cremisi dotate di campane agganciate sui loro petti e spalle, trainando il più grande dei carri del circo dietro di loro come se non pesasse nulla.

Santana non può fare a meno di trattenere il respiro vedendoli per la prima volta; la loro grandezza la spaventa ed emoziona allo stesso tempo fino a quando non sente una risatina nervosa dentro di sé.

Non appena il circo giunge alla stazione, Puck la spinge giù dal carretto e la giuda non al binario, come si aspetterebbe, ma verso una rampa più avanti, camminando lungo la fila di carri merci alla fine del treno in mezzo a una massa di gente del circo, alcuni che già indossano il costume, altri no. Il ragazzo col cappello di feltro li segue, ovviamente dirigendosi nello stesso luogo di Puck.

Invece di viaggiare in uno dei vagoni vicini alla locomotiva, pare che la gente del circo debba stare come le merci negli scompartimenti senza posti a sedere e senza classi del treno.

Trovato un vagone con le porte aperte, Puck fa un grande balzo, atterrando all’interno, e poi offre una mano a Santana, tirandola su affianco a lui, il ragazzo col cappello subito dopo di loro. Santana osserva con interesse altri membri della compagnia saltare nel vagone di Santana e Puck oppure continuare verso altri scompartimenti non visti ancora più in là. Vede dei visi familiari tra la folla, come quei Chang Dragoni Volanti e la signora rotonda, e presto si ritrova a pensare alla figlia del lanciatore di coltelli, chiedendosi dove la ragazza fosse scomparsa la sera prima e immaginandosi come abbia trascorso la sua mattinata.

Appostata presso la porta del vagone, Santana scruta la massa, cercando un lampo di capelli dorati o l’inimitabile blu degli occhi della ragazza, ma non trova nulla di così interessante o peculiare nella massa.

Ad un certo punto, Sam e Finn si lanciano nel vagone e si uniscono a Puck, ridendo. Finn indossa ancora i suoi vestiti da lavoro di ieri, ma Sam ora veste un abito liso con un fiore all’occhiello di seta e un farfallino rosso a sbuffo. Porta con sé sia una bombetta e quello che sembra un set per radersi. Quando Santana da un’occhiata ai suoi piedi, nota che sta indossando delle scarpe bucherellate troppo grandi con le punte che si estendono ben oltre la fine del suo piede.

Dopo aver salutato i suoi amici, Puck la trascina in un angolo appena qualcuno da fuori urla un via libera al segnalatore. Puck e gli altri ragazzi si sistemano sul pavimento e Santana li imita, pensando a mettere a posto la sua gonna modestamente sulle gambe. Nessuno si preoccupa di chiudere le porte prima che il treno inizi a muoversi, abbandonando la stazione. Santana sente il suo stomaco sobbalzare e sussulta, portandosi le ginocchia al petto, a disagio per l’apertura del vagone e ancora non abituata al viaggiare sulle rotaie, nonostante la tratta verso ovest di ieri e dei giorni precedenti.

Proprio come avevano discusso la sera prima, Puck e i suoi amici cominciano a giocare al gioco di carte euchre, Puck e il ragazzo col cappello di feltro che formano una squadra, Finn e Sam l’altra. Puck passa in giro un barattolo di tabacco da masticare da cui i ragazzi estraggono allegramente pizzichi per loro, collocando mucchi scuri di tabacco sulle labbra e le borse delle loro guance, imprecando e prendendosi in giro l’uno con l’altro, e distribuiscono le carte, facendo più rumore di chiunque altro nel vagone.

Il vento soffia oltre le porte aperte, facendo rabbrividire Santana e costringendola a sistemarsi la gonna ancora più meticolosamente lungo le gambe. Sente una ventata gelata sui suoi lobi delle orecchie e irrigidisce la mandibola, e trema, cercando i primi accenni dell’alba mentre il treno sfreccia lungo le rotaie, domandandosi nel frattempo se il Minnesota assomiglierà minimamente al Nebraska una volta che il circo sarà arrivato alla sua nuova destinazione. Lo spettacolo fuori dal vagone muta da dei curati campi d’orzo e campagne a un’irregolare terra selvaggia mentre si allontanano sempre di più dalla stazione.

Per lo più, Puck e i suoi amici ignorano Santana, troppo concentrati a piazzare scommesse di dieci centesimi sulla loro fortuna e tentare di annientarsi l’un l’altro per poter dare veramente attenzione a chiunque attorno a loro. Santana non capisce le regole del loro gioco e nessuno si scomoda per spiegarle a le. Si sente invisibile e fredda.

Quando i ragazzi iniziano a sputare grandi quantità viscose di tabacco masticato sul pavimento del vagone, il suo stomaco si rivolta, ancora non sistematosi dopo una colazione così di buon ora, e pensa che potrebbe sentirsi male. Puck dice qualcosa di volgare riguardo la madre di Finn e Santana impallidisce, nauseata nel profondo e imbarazzata dal commento di Puck.

Dopo un altro paio di minuti e qualche dozzina di sputi, Santana decide che non può più tollerare tale grossolanità o il vento che le sferza il viso. Lentamente, si piega sulle ginocchia, e, ancora più lentamente, si alza. Quando nessuno di loro dice una parola sul suo cambio di posizione, Santana lo interpreta come il loro permesso per lei di potersi allontanare dal gioco.

Sfortunatamente, anche se il vagone si muove ad una velocità sostenuta, Santana si trova instabile sui suoi piedi. Ondeggia mentre cammina, sentendosi stordita, e riesce a compiere qualche altro passo prima di quasi inciampare sopra una persona raggomitolata in una coperta sul pavimento.

“Attenta!” la ragazza l’ammonisce a voce alta, frapponendo una mano per impedire a Santana di cadere sopra di lei.

Santana collassa contro la parete del vagone. “Scusa” borbotta, sedendosi prima di poter fare del male a sé o qualcun altro.

Prima che Santana possa minimamente sistemarsi, la ragazza nella coperta le rivolge l’attenzione.

“Tu devi essere la nuova gitana,” dice in un modo che sembra voler informare Santana del fatto più che confermarlo insieme a lei. “Io sono Rachel Berry. Tu ed io lavoreremo insieme.”

Voltandosi per guardarla, Santana vede che Rachel Berry ha dei grandi occhi marroni, delle ciglia graziose, tratti europei, una bocca larga, e una carnagione scura quasi come quella di Puck. Nonostante il fatto che Rachel abbia assunto un’espressione cordiale, qualcosa nel suo volto sembra quasi triste a Santana.

(Santana non può fare a meno di chiedersi se forse non esista una cosa come una solitudine da circo speciale; forse anche Rachel la sente.)

“Sono Santana – ,” Santana inizia, ma non riesce a concludere la frase, incapace di dire Puckerman al posto del suo cognome.

Rachel sembra non accorgersi della pausa di Santana.

“Santana,” ripete. “Santana. È spagnolo. Il mio personaggio è di origine spagnola – di Siviglia, che è, naturalmente, in Andalusia. Come uno potrebbe aspettarsi, date le attuali ostilità politiche, il sig. Adams ha considerato di cambiare la mia discendenza in francese o italiana magari, ma gli ho assicurato che la mia fama ormai oltrepassa i futili scrupoli del conflitto e che cambiare la mia parte in questa altra data aggiungerebbe un insormontabile sforzo alla mia capacità di rappresentare realisticamente la parte. Mi sono già concessa a Siviglia. Certamente, considerando la mia reputazione, sono sicura che tu mi capisca.”

Santana impiega un po’ a realizzare che Rachel ha veramente smesso di parlare e vuole che le risponda alla sua frase. Santana non ha mai sentito qualcuno parlare così affannosamente prima d’ora oppure parlare così tanto di sé al primo incontro con un conoscente.

Incapace di pensare a qualcosa da dire, Santana ripete solamente, “La tua reputazione?” chiedendosi come qualcuno possa essere così ostinatamente loquace a questa pessima ora della mattina.

Certamente, è la cosa sbagliata da dire.

Uno sguardo ostile passa velocemente sul volto di Rachel. Restringe gli occhi, cercando quello stesso qualcosa non identificabile in Santana che il sig. Adams e Ma Jones non avevano trovato quando l’avevano scrutata ieri.

L’espressione di Rachel diventa impassibile e seria.

“Non ho intenzione di essere scortese” – durante nelle due settimane che ha trascorso nel distretto di Tenderloin, Santana ha imparato che quelle parole di solito precedono scortesia, un fatto che Rachel Berry adesso le riconferma – “ma dal momento che sei nuova al circo, in qualche modo dubito che Ken o il sig. Adams abbiano ancora avuto l’opportunità di illustrarti l’eccelsa natura della mia esibizione. Possono associarmi con Puck come gitana, ma la mia performance non richiede nessuna presenza se non la mia, e, infatti, è gradita maggiormente quando sono libera di esibirmi senza interruzioni e senza altre pagliacciate che mi distolgano dalla mia arte. Penso di doverti informare, dunque, che mentre Puck possa necessitare della tua assistenza, specialmente dato il suo recente incidente, io non ne ho bisogno, e apprezzerei se mi concedessi lo spazio di cui necessito per liberare pienamente le mie doti artistiche.”

È il discorso cortese più maleducato che Santana abbia mai sentito.

Più tardi, Santana incolperà l’ora, e più tardi dirà che è successo perché non si sentiva bene e perché si era dimenticata di controllarsi, ma adesso Santana sbotta d’impulso alla sgarbatezza di Rachel.

“Bene, allora mi assicurerò di non intralciarti.”

È esattamente quello che Rachel Berry vuol sentire, ma non il modo in cui vuole sentirlo.

La voce di Santana suona pungente alle sue stesse orecchie, dura nel modo in cui altre persone potrebbero rivolgersi a lei, ma non come lei dovrebbe rivolgersi agli altri. Si irrigidisce nel momento esatto in cui le parole lasciano la sua bocca, all’improvviso conscia di aver infranto tutte le regole.

Un’emozione che Santana non riesce a leggere balena sul volto di Rachel, poi scompare, rimpiazzata da uno shock profondo. Rachel non potrebbe sembrare più sorpresa nemmeno se Santana l’avesse appena presa a schiaffi. Santana si affretta a coprire il suo errore, cercando freneticamente un modo per ritirare la sua offesa. Non riuscirebbe a scusarsi perché, sinceramente, non si sente dispiaciuta; sa inoltre che qualsiasi altra messinscena suonerà solamente tagliente e insincera. La sua mente ritorna ai variopinti manifesti che dividono la zona residenziale dal terreno del circo vero e proprio.

“È vero che puoi mandare in mille pezzi il cristallo solo grazie al suono della tua voce?” chiede improvvisamente, il suo tono molto più gentile di prima.

Rachel la guarda cautamente per un secondo, i suoi grandi occhi marroni che scrutano il volto di Santana alla ricerca di qualche segno di ostilità, ma poi annuisce orgogliosamente.

“Sì,” dice, sorridendo. “A dire il vero, sono sorpresa dal fatto che tu non abbia ancora sentito parlare di me, anche se avrai certamente la possibilità di sentirmi ogni sera d’ora in poi. Come il mio omonimo del palcoscenico, vanto un’impressionante estensione vocale – dal sol al di sotto del do centrale fino al mi della sesta ottava – e ho una maestosa presenza scenica. Il sig. Adams mi ha commissionato quel numero quando avevo solo quattordici anni, sebbene mio padre dica che il sig. Adams l’avrebbe fatto anche prima se avesse pensato di potermi onorare immensamente senza agitare gli altri artisti fino ad uno stato di gelosia frenetica.”

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Quattro ore e mezza dopo, Santana sa tutto quello che c’è da sapere su Rachel Berry, dal fatto che suo padre è un famoso illusionista di Praga che lavora per il sig. Adams come parte del circo e che sua madre fosse una virtuosa che aveva perfino cantato una volta per Puccini prima di una giovane, tragica, e, da come Rachel la ricostruisce, romantica morte a causa della tubercolosi, al fatto che Rachel ha allenato la sua voce fin dall’infanzia e che si è esibita per William McKinley quando era governatore dell’Ohio.

Santana sa anche che detesta Rachel Berry.

Santana trova che, proprio come Puck, Rachel abbia un’abilità nel confondere gli spunti in un modo tale che Rachel parli a voce alta quando Santana desidera ardentemente la quiete e che in qualche modo sembri perfino fare un favore a Santana parlando. Santana si trattiene dall’attaccarla verbalmente di nuovo, ma solo perché si morde la lingua e si rifiuta di fare più di annuire o scuotere la sua testa alla rara occasione in cui Rachel si interrompe per rivolgerle una domanda.

A giudicare dal modo didascalico con cui Rachel le parla, Santana può solo supporre che Rachel creda che lei sia stupida. Da parte sua, Santana la ritiene presuntuosa, superba e irritante.

( È un mistero, Santana pensa, che a Rachel rimanga della voce per cantare, considerando quanto sembra piacerle parlare di se stessa. )

Il treno raggiunge la stazione di Worthington alle nove e un quarto e Santana quasi si precipita dal vagone quando Puck le dice di seguirlo fuori all’aria aperta. I sovrintendenti e addetti alla ferrovia impiegano altri venti minuti a scaricare tutto l’equipaggiamento del circo, carri, e animali dai vagoni merci sul retro del treno.

Mentre si attende che il circo sia pronto a muoversi, Santana osserva la compagnia riunita, guardando con interesse mentre Sam e il ragazzo col cappello di feltro aprono il borsellino di pelle di Sam ed estraggono barattoli di tinture per il viso. Si siedono sul binario della stazione a cavalcioni l’uno di fronte all’altro, le loro ginocchia che si sfiorano, e, con una cura particolare e attenzione, applicano i colori e le tinte sul volto dell’altro con precise e abili pennellate.

I ragazzi fanno facce esagerate l’uno all’altro, sollevando le loro sopracciglia e aprendo le loro bocche per rendere ogni angolo del loro volto visibile per essere dipinto. Sam allarga le sue labbra rosee in una divertente, tirata o e l’amico le circonda prima di bianco, poi nero, tracciando linee che vanno verso il basso attorno allo spazio bianco per donare a Sam l’aspetto di un cipiglio. Segna una barba finta sul mento di Sam, colora di rosso le sue guance e il naso, e dipinge lacrime blu sotto i suoi occhi, prima di colorargli di bianco la fronte.

A sua volta, Sam rende pallida l’intera faccia del ragazzo, perfino colorando delicatamente di bianco le sue palpebre mentre il ragazzo tiene gli occhi chiusi in totale fiducia. Sam trucca anche la punta del suo naso, facendola diventare rosso accesa. Aggiunge dei risalti attorno agli occhi del ragazzo e lo aiuta a sistemare il suo farfallino prima di allontanarsi.

I due ragazzi si alzano in piedi trasformati, Sam un clown triste, il ragazzo col cappello di feltro un vagabondo.

Quando si accorgono che Santana li sta fissando, lei distoglie rapidamente lo sguardo. Mentre sempre più persone fuoriescono dal treno, Santana evita Rachel Berry e cerca tra la folla, pensando, nelle periferie della sua mente, a dei graziosi occhi felini e a dov’è che le persone senza nome scompaiono quando tu non riesci a vederle.

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Mentre pareva che i conducenti non volessero che nessuno vedesse  il circo lasciare Tekamah, ora sembra che vogliano che tutti osservino il circo diretto a Worthington.

La città è situata lungo un irregolare lago blu cobalto e ha una larga via principale non pavimentata, allineata con negozi dalle facciate di mattoni e vari carri parcheggiati lungo i marciapiedi. Anche se la terra del Minnesota giace piatta come quella del Nebraska, sembra un tipo di campagna totalmente differente, quasi di un verde opprimente, ricoperta di alberi massicci, mentre il Nebraska era ricco di arbusti e desolato. Worthington è più una prateria che una piana.

Dopo essersi caricati di nuovo nei loro carri e carretti prima di partire dalla stazione, i membri del circo entrano nella città come una parata, gli elefanti che trainano il grande carico davanti al resto della processione, vari artisti che cantano dai loro posti sui calessi, i Chang Dragoni Volanti e altri acrobati cinesi che si esibiscono in verticali e capriole per strada, Sam e il resto del gruppo dei clown che corrono per salutare i bambini che li osservano con grandi occhi adoranti dal margine della strada.

Sembra che l’intera popolazione di Worthington sia uscita dalle loro case per vedere il circo arrivare in città, molti di loro indossando i loro vestiti della domenica, con berretti fioriti e cuffie che coronano elegantemente le loro teste, stupore nei loro occhi, perfino tra gli uomini e le donne. Santana non può fare a meno di percepire la stessa meraviglia; anche se ha passato tutto il giorno di ieri nel campo del circo, oggi è la prima volta che vede veramente il circo nella sua totale varietà.

Le ragazze negli abiti rossi cavalcano all’amazzone al centro della strada, montando degli eleganti cavalli bianchi con pennacchi attaccati sulle loro teste, seguendo la donna con il frustino, il cui destriero è il più elegante e splendente degli altri. Dietro di loro vengono addestratori di serpenti con lunghi, robusti boa e  pitoni avvolti attorno ai loro corpi come stole da sera, e la maggior parte dei fenomeni da baraccone, incluse la signora rotonda e quella alta, l’ultima delle quali ora presenta una barba molto convincente sul mento, anche se non ne aveva una ieri pomeriggio quando Santana l’aveva vista l’ultima volta.

Il circo si muove in una scia di colore e suoni, con la banda che chiude la processione, distribuita sul piano di un carro, suonando una marcia trionfale. Mentre la notte scorsa la banda aveva strimpellato le corde di violini e chitarre, oggi comprendono una tenuta più elegante, con cornette, clarinetti, tromboni, e baritoni, insieme a tamburi e, ovviamente, l’armonio del direttore.

Catturata da quella bellezza caleidoscopica, Santana quasi si dimentica di esser parte dello spettacolo e non solo lì a guardarlo fino a quando non sente piccoli bambini al bordo della strada, strillando ai loro genitori, dicendo, “Guarda mamma, papà – zingari!” e li vede indicare lei e Puck con piccole dita tozze.

Santana si vede brevemente nella sua mente attraverso gli occhi dei bambini: misteriosa e vestita stranamente, con bracciali luccicanti alla luce del sole sul suo polso e un braccialetto di monetine tintinnanti legato alla caviglia, i capelli che risplendono così neri che quasi riflettono blu nella vivida luce della mattina. I suoi occhi non assomigliano ai loro occhi e il suo viso non assomiglia ai loro visi. Lei è scura e diversa da qualsiasi cosa abbiano mai visto prima.

(All’improvviso, Santana percepisce che qualcosa dentro di lei è appena svanito. )

(Quando i bambini salutano Santana, lei non riesce a salutarli di ritorno.)

Il circo procede lungo la strada principale e poi gira intorno verso la stazione, arrivando alla fine ai sobborghi, in un tratto di foresta a fianco di un ampio campo. Appena i carretti e carri si fermano, Santana smonta dal suo posto, e, atterrando sul prato, osserva che i sovrintendenti e i lavoratori che avevano preceduto gli artisti hanno già parzialmente eretto la città bianca seguendo le stesse dimensioni e disposizione di Tekamah.

In lontananza, Santana vede la struttura del tendone che si erge nuda, come la scheletrica cassa toracica di un grande animale che emerge, bruciata dal sole, dalla terra.

“Per di qui, coccinella” dice Puck, facendo cenno a Santana di seguirlo attraverso il campo di bianchi muri di tende mezze in piedi che si alzano come fantasmi da un campo di battaglia.

Con la sacca e la borsa che sbattono sul suo fianco, Puck si affretta lungo le strette file di tende, offrendo dei rapidi saluti a quelli che lo salutano lungo la strada senza fermarsi per nessuno. Mentre Santana corre per tenersi al passo con lui, può sentire vesciche gonfiarsi alle sue caviglie per tutta la corsa che ha già fatto oggi.

Una volta raggiunta la loro tenda – che Santana trova indistinguibile da tutte le altre tende che la circondano – Puck infila i loro bagagli all’interno e informa Santana che dovrebbe andare ad aiutare Ken a montare i recinti per il bestiame.

“Hai bisogno di qualcosa prima che vada, coccinella?” le chiede, strizzando gli occhi a Santana a causa dell’oscurità della tenda.

Santana scuote la sua testa, no.

Per un momento, Puck la guarda con una profonda preoccupazione che solca i suoi lineamenti, come se non credesse a quello lei gli ha appena detto. Aggrotta le sopracciglia. Non dice nulla, ma quando si muove per lasciarla, considera importante accarezzare il braccio di Santana, il suo pollice che scorre sul gomito attraverso la manica. La sua espressione indica una compassione tale che Santana non può fare a meno di domandarsi se Puck veda una qualche tristezza in lei di cui non è nemmeno conscia – o se vede solamente la solitudine da circo, forse.

“Chiama se hai bisogno di qualcosa,” dice Puck tristemente. “Ci vediamo a pranzo.”

Senza alcuna indicazione da parte di Puck su dove andare o cosa fare in sua assenza, Santana si ritrova a vagabondare per il campo sentendosi come uno spettro – come se potesse vedere tutti quanti, ma nessuno potesse vederla.

(Puoi essere veramente perso se nessuno ti cerca?)

“Ragazza, è meglio che tu non stia qui intorno a fissare tutto con aria intontita quando c’è del lavoro da fare!”

Santana salta in aria per lo spavento e si volta per vedere Ma Jones avanzare verso di lei, una considerevole pila di vestiti e una piccola borsa da cucito ammassate sulle sue braccia. Pare che Santana vagando abbia in qualche modo raggiunto la mensa senza volerlo.

Prima che Santana possa come minimo scusarsi, Ma spinge con forza la massa di vestiti contro il petto di Santana.

“Theresa Schuester continua a tentare di liberarsi di questo macello affidandolo alle mie ragazze, ma hanno cose migliori da fare. Dato che tu sembri avere tempo, puoi occuparti dell’orlatura di questi abiti e riportarli alla signora Schuester prima di pranzo, dal momento che dubito che tu abbia altro da fare,” Ma dice con cattiveria.

Santana rimane sorpresa, incerta su quello che le è appena successo. I vestiti sono pesanti nelle sue braccia; ci devono essere minimo cinque gonne nella pila. Una fitta di indignazione la colpisce e vuole protestare che non sarà in grado di finire questo lavoro da sola entro il tempo stabilito, considerando che ha impiegato tutto il pomeriggio ieri per cucire solo la sua gonna, ma non riesce a sfidare Ma, che in qualche modo sembra più pericolosa adesso dell’elefante maschio questa mattina. La sua replica le muore in gola.

“Sì, signora,” dice, deferente.

Il volto di Ma si contrae, un’espressione che lei non riesce a leggere mentre le scorre sul volto, e poi è scomparsa.

“Ecco,” dice Ma, aggiungendo la borsa da cucito in cima alla pila. “La signora Schuester ha già segnato tutti gli orli. Devi solo seguire le linee. Adesso non startene qui con la tua mandibola penzolante. Vai! Su!”

Scaccia Santana verso il limitare della mensa, poi si affretta verso il carro della mensa, scomparendo all’interno.

Per un momento, Santana se ne sta dove Ma l’ha lasciata, stupefatta dalla sua sfortuna di essersi imbattuta in una Ma così acida. Lei non riesce ancora proprio a capire che cosa deve aver fatto per far in modo che Ma la disprezzasse così tanto, ma si immagina che qualsiasi cosa abbia fatto deve essere stato qualcosa di sbagliato.

È solo dopo un po’ di secondi che Santana si accorge del suono di risate derisorie dietro di lei e si volta, vedendo un paio di ragazze della cucina di Ma che si godono una buona risata a sue spese. Quando le ragazze notano il volto scandalizzato di Santana, sono ancora più divertite, ridendo a crepapelle come se Santana fosse una qualche burla creata solo per il loro svago.

Santana subito arrossisce imbarazzata e tutta la cattiveria che ha subito ieri si riversa di nuovo dentro di lei. Ricorda le parole taglienti, offensive, gli sguardi carichi d’odio e diffidenza e percepisce un acuto dolore interiore.

Prima di potersi fermare, Santana le attacca.

“Pensate di essere veramente intelligenti, a deridere la ragazza nuova, vero?” reagisce contro di loro, una strana, nuova brutalità nella sua voce. “Bene, continuate pure e fatevi una risata perché mentre tutti voi bocconcini rimarrete qui per il resto delle vostre vite a farvi piccole nella cucina di Ma Jones, io posso muovermi come mi pare in questo fottuto campo!”

I suoi occhi si dilatano appena i sorrisi scompaiono dai volti delle ragazze, paura e oltraggio che rimpiazzano la loro allegria in un istante. Improvvisamente Santana si sente male, proprio come quando ha visto Puck e i suoi amici sputare il tabacco sul treno. Il suo corpo è teso come la corda di uno strumento. Disperata, capisce che non può fare nulla per ritirare le sue parole.

(Non ha mai imprecato ad alta voce in vita sua prima d’ora.)

Il terrore la inonda, rendendo il suo corpo troppo freddo e troppo caldo allo stesso tempo. Senza aspettare una risposta da parte delle ragazze delle cucine, Santana scappa dalla mensa, i suoi vestiti da cucire ancora impilati nelle sue braccia. Può sentire il rossore palpitante sul suo volto e il battito del suo cuore che martella la sequenza di un tamburo di guerra nelle sue orecchie. Paura, rabbia, e vergogna fluiscono egualmente nelle sue vene, ognuna la sua stessa tossina; se potesse salire su un treno per New York in questo momento, lo farebbe, solo per fuggire il più lontano possibile da questo luogo e queste persone e i suoi sciocchi errori.

Prima che possa completamente dileguarsi, Santana sente sibilare gli stupefatti bisbigli delle ragazze della cucina sulla sua scia.

Cerca di convincersi che quello che è appena accaduto non ha importanza, quel che è fatto è fatto, e che il suo sfogo non le ha fatto perdere nulla alla fine, considerando che comunque qui lei non piace a nessuno escluso Puck, ma in qualche modo l’argomentazione suona meglio nella sua testa che nel suo cuore.

(Dopo la paura, dopo la rabbia, dopo la vergogna, Santana si sente interamente sola.)

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Santana si allontana dalla mensa abbastanza da non sentire più o vedere le malevole ragazze della cucina prima di rallentare fino a fermarsi. Si ritrova nella profonda ombra violacea di un blocco di tende, una delle quali sembra più grande delle tende standard che Santana ha visto fino ad adesso, le altre invece di normale grandezza.

Impiega un intero minuto per calmarsi, respirando attraverso labbra contratte, curvata dalla quantità di vestiti che porta sulle sue braccia. Una volta che il battito del suo cuore rallenta, crolla, sconfitta, a terra, la sua gonna che si apre a ventaglio attorno a lei come delle lenzuola gettate sul letto. Si sente come se qualcuno avesse appena sottratto tutte le sue forze.

Incapace di fermarsi, Santana inizia a pensare a tutto quello che avrebbe dovuto fare, invece di quello che ha fatto, alla mensa. Si odia per la sua lingua tagliente ma odia di più le ragazze di Ma per averla derisa quando non aveva nemmeno fatto nulla di sbagliato né le aveva mai insultate fino ad un momento fa.

Adesso che ha urlato contro di loro, Santana sa che le ragazze non la tratteranno mai con gentilezza. Non importa quanto si possa prostrare di fronte a loro o tentare di conquistare il loro favore. Lacrime pungono i suoi occhi, ma le ricaccia, soffocando il pianto in un rumoroso singhiozzo.

(Non può permettersi di piangere perché sa che se inizia adesso, potrebbe non essere capace di smettere.)

Ansiosa di occupare la sua mente con qualsiasi altra cosa invece dei freschi ricordi della mensa, Santana inizia ad arrangiare il lavoro d’orlatura. Solamente scorrere le sue dita sul tessuto è sufficiente a calmarla, almeno un pochino. Qualcosa nella tangibilità del movimento e nel sentire la fitta fibra del cotone la aiuta a respirare propriamente ed essere.

Riconosce le abili linee di gesso di Theresa Schuester tracciate lungo gli orli delle gonne, mostrando a Santana dove tagliare e cucire. Sospirando, Santana tira fuori un paio di forbici destrorse dalla borsa. Anche con le forbici sbagliate, sarà più facile per lei fare gli orli a queste gonne piuttosto che alla sua ieri, vedendo che Theresa le ha già segnate per lei. Santana impugna le forbici goffamente con le dita e solleva il bordo del primo indumento, scrutandolo prima di fare un piccolo taglio.

È allora che sente uno strattone alla pila di vestiti.

Per un secondo, il suo cervello registra che qualcuno è probabilmente arrivato a prenderla in giro o a dirle che ha già iniziato il suo lavoro in un modo totalmente sbagliato, ma poi Santana alza gli occhi e improvvisamente si dimentica di tutto quanto.

Trova degli occhi blu che la fissano.

Prima di potersi fermare, Santana trattiene il respiro.

(Pensa che sia perché è sorpresa. )

La figlia del lanciatore di coltelli è ancora più bella da vicino che da lontano, un impressionante e strano spirito dei boschi, come una delle bionde fanciulle di Malory emersa da una foresta incantata. Oro lucida la sua pelle, si intreccia nei suoi capelli, e punteggia l’oscurità più profonda dei suoi occhi. Osserva il volto di Santana, le labbra che si sollevano, ma non ancora in un sorriso.

Per la prima volta in molto più di due settimane, Santana percepisce che qualcuno la vede veramente.

La ragazza siede al di fuori dell’ombra di Santana, strizzando gli occhi sotto la luce del sole, a piedi nudi e indossando un logoro prendisole blu, di varie tonalità più scure dei suoi occhi. Per un po’, lei e Santana si fissano, respirando a malapena, ma poi la ragazza ride in silenzio, divertita da qualcosa, e distoglie lo sguardo, troppo impacciata per poterla fissare più a lungo. Afferra la gonna in cima alla pila sul prato di fronte a lei, facendo scorrere le sue dita sopra i segni di misurazione di Theresa, come se li stesse leggendo con le sue mani.

Santana impiega un momento a capire quello che sta facendo.

“Perché mi stai aiutando?” Santana dice d’impulso.

La ragazza incontra lo sguardo di Santana. Qualcosa nei suoi occhi cattura velocemente Santana, chiaro e assorto, con la stessa, semplice bellezza della prima luna dopo la mietitura che fluttua nel cielo pomeridiano.

“Perché mi piaci,” dice come se fosse la cosa più semplice del mondo.

“Ma se non mi conosci nemmeno,” Santana ribatte, come se ricordasse alla ragazza qualcosa di cui si era quasi dimenticata ma dovrebbe veramente ricordarsi, come una lista della spesa abbandonata sul bancone della cucina prima di un giro al mercato. Poi, in una voce più piccola, Santana chiede, “Come faccio a piacerti?”

La ragazza guarda di nuovo Santana, con la stessa espressione incuriosita di prima. Inclina la testa e strizza gli occhi per la luce, osservando Santana da ogni angolatura.

“Non so perché,” ammette. Poi, all’improvviso, “Io sono Brittany.”

Santana non ha mai incontrato nessuno con quel nome prima, ma in qualche modo è adatto alla ragazza – Brittany – in modo tale che non riesce per nulla a immaginarsela con un nome più comune.

“Sono Santana,” Santana risponde, senza fiato, anche se non riesce a capire perché.

Brittany offre a Santana il suo primo sorriso sincero, le sue graziose labbra che si sollevano agli angoli. “È un bel nome,” dice spontaneamente. Ha un modo splendidamente semplice di parlare, come qualsiasi cosa che dicesse fosse semplicemente così.

“Grazie,” Santana risponde, calore che nasce dalle sue guance.

(Vorrebbe improvvisamente aver pensato anche lei di dire a Brittany che ha un bel nome quando l’ha sentito per la prima volta. )

“ Non dovresti lasciare che ti infastidiscano, sai,” dice Brittany, come se stesse riprendendo una conversazione precedente.

Santana non risponde perché non capisce, ma è certa che Brittany si spiegherà se le lascerà l’opportunità di approfondire. Come previsto, Brittany prende fiato e distoglie lo sguardo per un momento, come degli scolari fanno a volte per ricordarsi un discorso prima di esporlo al loro preside. Quando parla, lo fa di fretta, quasi senza fiato.

(Santana deduce che Brittany ha voluto dirle qualsiasi cosa abbia intenzione di dire dal momento stesso in cui si è seduta al suo fianco nel prato.)

“Le ragazze della cucina. Ma. Tutti,” Brittany chiarisce. “Non dovresti ascoltare quello che dicono su di te. Sono cresciuta intorno a loro e so che possono essere duri, ma non sono tutti malvagi, e non è perché hai fatto qualcosa di sbagliato, davvero. Non hai fatto nulla di sbagliato. Sono loro – loro hanno solo paura di te.”

“Paura di me?” Santana ripete, incredula, non sicura che potrebbe spaventare qualcuno – e specialmente non le persone come Ma Jones o altra gente del circo, che sembra così imponente e orgogliosa e forte.

Brittany annuisce, storcendo distrattamente i fili d’erba affianco a lei fino a quando non ne stacca qualche ciuffo. “Le persone sono spaventate da quello che non conoscono,” dice Brittany, afferrando un altro ciuffo d’erba, gli occhi che si spostano continuamente dal volto di Santana alla terra in ombra. “È che tu sei una gillie, vedi – ”

“Una gillie?” Santana interrompe, poco pratica del termine.

“Qualcuno che viene da fuori del circo,” Brittany spiega gentilmente. “La maggior parte di noi è nata qui o si è unita giovane – e il sig. Adams, beh, è il padrone del circo, quindi fa eccezione, credo. Il circo si è sempre tenuto per sé prima, ma adesso che il sig. Adams potrebbe venderlo al sig. Fabray, la compagnia è ancora più attenta. La gente del circo non è tanto diversa dal resto, in questo caso. Le persone tirano sempre fuori gli artigli attorno agli stranieri quando non si sentono sicuri. Tu sei semplicemente diversa, tutto qui.”

(Sulle labbra di Brittany, diversa suona in qualche modo come speciale. )

La spiegazione di Brittany è semplice, ma probabilmente più vera di quanto Brittany stessa possa immaginare; Santana è diversa dalle persone attorno a lei in così tante cose. Non solo è una forestiera, ma per di più non riesce a inserirsi ordinatamente nello schema delle regole. Si sente come una bambina che indossa vestiti che non le appartengono, alcuni troppo grandi, altri troppo piccoli.

(Santana mette via con cura la saggezza di Brittany conservandola per il futuro. )

“Tu sei nata al circo?” chiede Santana, improvvisamente incuriosita da qualsiasi cosa che riguarda Brittany.

Brittany  annuisce mentre cerca il kit da cucito, da cui procura un uncino. Inizia a identificare i punti della gonna che ha in grembo, seguendo i segni di Theresa.

“Il padre di mio padre era della West Virginia ed era un circense, come mio padre. Ho vissuto qui tutta la mia vita,” dice appassionatamente, gettando uno sguardo verso le tende che le circondano. Sorride a Santana. “Dopo la morte di mia mamma, siamo rimasti solo io e mio papà, e il sig. Adams si comporta correttamente con noi. Conosco tutti qui, più o meno.” Fa una pausa e guarda Santana, pensierosa. “Come sei arrivata qui, tesoro?”

(Qualcosa sobbalza in Santana nel sentire quell’ultima parola, che si colora del più dolce, fievole eco di quella che deve essere la pronuncia nasale del padre del padre di Brittany. )

Santana riflette, considerando la sua storia. Non vuole mentire a Brittany, se le è possibile.

“Beh, dopo che mio padre è morto, non avevo nessun altro luogo in cui andare, così Puck mi ha portato qui con lui,” risponde lentamente.

Si ricorda delle forbici nelle sue mani e le apre all’altezza dell’orlo della gonna che tiene in mano, angolandole per fare il primo taglio. Si sente nervosa mentre aspetta che Brittany ribatta alla sua risposta.

Brittany sbroglia un filo usando l’uncino. “Tuo papà non ti ha lasciato nulla?” le chiede.

“Ha provato a provvedere per me,” dice Santana, incrociando lo sguardo con Brittany.

Brittany osserva Santana con una perfetta parità, e, sebbene Santana non sappia cos’ha fatto per meritarsela – semmai – è certa che Brittany si fidi di lei. Senza sapere perché, si ritrova a fidarsi anche lei di Brittany.

Santana inspira lentamente.

“Mio padre era un chirurgo,” le spiega, “e molto rispettato. Possedeva un monolocale vicino a Lexington Plaza, mentre Abuela” – la parola le sfugge prima che Santana possa fermarla – “ed io abitavamo nel suo cottage in arenaria a Gramercy Park. Cenava con noi la sera e veniva a trovarci nel fine settimana.” Si interrompe, mordendosi le labbra, e dice, in una piccola voce, poco più di un sussurro, “Non ha mai sposato mia madre.”

È la prima volta che lo dice ad alta voce a qualcuno.

Santana si aspetta che Brittany sussulti o forse arretri di fronte a questa rivelazione. Si aspetta almeno che Brittany la guarderà differentemente.

Brittany però non la guarda differentemente. Osserva profondamente Santana, in qualche modo vedendo Santana, anche se è stata quasi completamente invisibile nelle ultime due settimane.

“Mi puoi passare le forbici, tesoro?”

Non è assolutamente quello che Santana si era aspettata di sentire da Brittany.

Santana vorrebbe ridere e piangere allo stesso tempo. Invece si limita a sorridere – sorridere veramente – per la prima volta dalla morte di suo padre. La sua faccia sembra tesa agli angoli della bocca, quasi come se si fosse dimenticata come essere felice e non si fosse più esercitata a mostrarlo.

(Per qualche ragione, Santana sente che Brittany le aiuterà a ricordare.)

“Tieni.”

“Grazie. Che ne dici se facciamo cambio?” Brittany le passa l’uncino, che si può utilizzare con qualsiasi mano. Una volta che ha le forbici, Brittany inizia a tagliare la gonna. Lancia un’altra occhiata a Santana, riprendendo la loro conversazione. “Perché non l’ha sposata? Forse non si amavano?” chiede semplicemente.

Santana non si è mai chiesta se i suoi genitori si amassero prima d’ora, ma adesso che Brittany le ha posto la domanda, Santana suppone che devono essersi amati, o almeno suo padre deve averla amata, perché era solito chiamarla sempre il suo angelo e parlava di lei con affetto a Santana nella stessa voce delicata che usava per dare la buonanotte e sogni d’oro a Santana o per cantarle canzoni di San Juan quando si sentiva particolarmente amorevole.

“No, si amavano,” risponde Santana. Pensa al motivo per cui i suoi genitori non si erano mai sposati – il motivo logico, legato alle regole che non ha niente a che vedere col cuore. “Ma mia madre, era… era come Ma Jones, penso.”

Per un momento, l’espressione di Brittany si oscura e Santana si chiede se forse sia confusa. Santana teme di dover dire la parola che dovrebbe dire per spiegarsi meglio e spera che Brittany non gliela faccia dire.

Non gliela fa dire.

“Vuoi dire che non sei sicura che lo fosse?” chiede Brittany, tagliando la gonna che tiene in mano, rifilando con cura lungo le linee di gesso di Theresa.

Santana ripensa alle discussioni sommesse che aveva udito per caso tra gli avvocati di suo padre quando erano venuti a stimare il cottage dopo la sua morte.

Da dove viene la ragazza? La sua amante?

Sì. Le sue lettere dicono fosse mulatta.

“È morta quando ancora ero bambina. Non me la ricordo,” ammette Santana. “Ma mio padre, era… lui e mia nonna venivano da San Juan in Porto Rico. Mia nonna era scura quanto Puck, non scura quanto me. Ma mio padre poteva passare. Lavorava sotto il cognome Lucas. Fingeva di essere… come te.”

Brittany considera brevemente le parole di Santana. “il sig. Adams non è veramente il sig. Adams. È il sig. Abrams,” dice chiaramente, come per dire che questa questione di avere un nome assunto fosse molto normale per lei.

(Santana si chiede brevemente se quello che Brittany dice sia vero. Abrams è un cognome ebreo.)

“Mio padre non poteva riconoscermi,” ammette Santana. “Non posso passare per nulla di buono,” dice, sorpresa di sentirsi aggiungere una triste risata a quello che voleva essere uno scherzo a sue spese. “Non l’ho mai saputo fino alla sua morte. Le cose erano felici al cottage. Non ho mai saputo di essere…”

La sua voce scivola via. Si ritrova a piangere non suo padre – ha pianto così a lungo per lui nel giorno del suo funerale che tutte le sue lacrime si sono seccate e così sente di non poter più piangere per lui adesso – ma i venerdì pomeriggio quando era solito portarle libri dalla biblioteca Grolier Club e qualche volta un dolcetto dal negozio all’angolo se era stata educata con Abuela tutta la settimana.

Quando era più giovane, Santana correva per andare incontro a suo padre al cancello del giardino e lui la prendeva in braccio, parlandole in quell’inglese che sua nonna poteva a malapena capire, ma che era la prima e migliore lingua di Santana e la lingua delle storie che amava sentir raccontare nella forte, profonda voce di suo padre. Lui ascoltava i progressi di Santana nelle lezioni di pianoforte e adorava i piccoli racconti suoi e di Abuela delle loro giornate idilliache.

Dalla morte di suo padre, nessuno ha più ascoltato Santana prima di Brittany.

“Così quando tuo padre è morto, Puck ti ha portato qui?” Brittany chiede conferma.

Santana può solo annuire in risposta.

(Sente una stretta al cuore.)

Brittany guarda di nuovo a lungo Santana. Anche se Santana non può esserne certa, sembra che Brittany riconosca la sua tristezza. Il volto di Brittany si addolcisce, la sua voce amabile ma più certa che mai.

“Sono lieta di conoscerti, Santana.”

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

A Santana non era mai piaciuto il suo nome fino a quando non sente Brittany pronunciarlo.

(Nemmeno avere Brittany che definisca il suo nome bello fa male. )

Anche solo dopo averla appena incontrata, Santana può dire che Brittany non parla come gli altri; ha questo modo di far suonare tutto così facile. Il nome di Santana non è facile per la maggior parte delle persone, ma per Brittany lo è. Sorride di nuovo, sentendo qualcosa illuminarsi dentro di lei, e Brittany risponde al suo sorriso.

Dopo un po’ Brittany e Santana cadono nel silenzio, ma non il tipico silenzio; non sembra per nulla vuoto, ma piuttosto carico di una calda sensibilità, Brittany e Santana che si guardano mentre lavorano, familiarizzandosi con i piccoli, calcolati movimenti delle mani dell’altra mentre separano delicatamente le cuciture e applicano leggeri punti lungo i margini dei vestiti.

Diventano come il meccanismo di un orologio, Brittany che taglia le gonne e poi le passa a Santana per cucirle fino a quando non ha più tagli da fare, e allora si unisce a Santana nella cucitura, entrambe che tengono pronti e ordinati gli aghi, lanciandosi piccoli sorrisi di tanto in tanto.

Santana non sente il bisogno di dire qualcosa per mantenere l’interesse di Brittany. Anche nella calma, Brittany fa sentire Santana la persona più importante del mondo.

Dopo aver finito un paio di gonne, gli sguardi di Brittany diventano più lunghi, più intensi. All’inizio, Santana avverte solamente il cambiamento, ma poi si lascia catturare gli occhi di Brittany per trovare l’oro di luna nel blu. Quando lo fa, le orecchie di Brittany arrossiscono leggermente e Brittany smette di cucire.

Brittany ride di nuovo tra sé e sé, come aveva fatto quando si era seduta accanto a Santana, solo che questa volta, usa la sua voce. Santana non ha mai sentito una risata più graziosa, cristallina e sfumata d’oro, come qualsiasi altra cosa riguardante Brittany fin ora.

Si ritrova a ridere perché Brittany sta ridendo, anche se nulla sembra particolarmente divertente.

“Che c’è?” dice, il suo volto che si trasforma nel più grande sorriso. Sente qualcosa vibrare dentro di lei, benvenuto.

“Sei veramente brava a fare quello,” Brittany risponde, così naturale come quando ha complimentato il nome di Santana.

“Mia nonna mi ha insegnato,” Santana balbetta, sentendosi più allegra di quanto si sia sentita in settimane, o forse sempre. Percepisce la sua faccia divampare e distoglie lo sguardo. “Grazie per aiutarmi” dice all’improvviso, grata nei confronti di Brittany in più modi di quanti ne riesca a spiegare.

“Se non stai attenta, la signora Schuester potrebbe provare a farti diventare una delle sue sarte e tenerti fuori dallo spettacolo,” Brittany la ammonisce in tono amichevole.

Santana scrolla le spalle, trattenendo un sorriso. “Non penso di piacere molto alla signora Schuester.”

“Davvero?” dice Brittany, puramente confusa. “Ti ha incontrata?”

Santana ride di nuovo e annuisce. “Ieri, l’ho scambiata per Ma Jones.”

Brittany appare impressionata. Contrae le labbra e annuisce, seria, tendendo conto dell’ammissione di Santana allo stesso modo con cui un vecchio uomo d’affari potrebbe considerare di cambiare le quotazioni a Wall Street. Dopo qualche secondo, finge di accigliarsi. “Lo faccio in continuazione,” dice e sia lei che Santana scoppiano a ridere.

Riescono a finire altre due gonne, più che altro parlando dell’orlatura, ma anche mettendosi alla prova con piccoli scherzi e complimentandosi l’un l’altra appena ne sentono il bisogno, il che, come risulta, accade spesso.

Alla fine, Santana tende la mano verso l’ultima gonna della pila e Brittany dice, “Adesso non spaventarti, tesoro, ma qualcuno ci sta guardando e lo ha fatto per un paio di minuti.”

Gli occhi di Satana si dilatano e si guarda intorno, agitata, non apprezzando l’idea che qualcuno potrebbe spiarla, e particolarmente non quando ha appena rivelato così tanto segreti a Brittany. Spera che chi origlia sia solo Puck, venuto a controllarla prima di pranzo.

Brittany parla a voce alta. “È inutile che ti nasconda, signorina! Vedo la tua ombra per terra!”

Dunque non è Puck.

Santana si volta in tempo per vedere qualcuno uscire da dietro l’angolo della grande tenda fuori dal sole, all’ombra: una ragazza, probabilmente della stessa età di Santana e Brittany, quel tipo di bellezza che fa venire in mente a Santana le eroine dei romanzi russi, con una carnagione chiara e lineamenti tragici, una limitata tristezza nascosta nel broncio della sua bocca angelica e visibile solo agli angoli degli occhi.

La ragazza indossa una camicetta abbottonata di Charvet con un fiocco nero legato al collo e una corta, gonna a spicchi, i suoi capelli raccolti in un ordinato chignon, una paglietta sul capo, l’intero abbinamento raffinato e assolutamente alla moda. All’inizio guarda Santana e Brittany con un’espressione incuriosita, ma appena si avvicina a loro, il suo volto si fa più cauto.

Ha gli occhi color nocciola più belli che Santana abbia mai visto.

Santana dà un’occhiata per controllare la reazione di Brittany alla ragazza e la trova accigliata, come se non capisse perché la ragazza dovesse spiarle. Prima che la ragazza possa dire alcunché per spiegarsi, Brittany parla.

“Sei la figlia del sig. Fabray,” dice, e, anche se si riferisce alla ragazza, suona come se lo intendesse per lo più per identificare la ragazza a Santana. Sembra molto sorpresa di vedere la ragazza Fabray in questo luogo.
    
La ragazza ignora l’incredulità di Brittany e indossa una faccia altezzosa.

“Quinn Fabray, inviata. Piacere”

Porge una mano verso Brittany, come un gentiluomo farebbe quando si imbatte in un fratello della confraternita ad un club. La sua voce suona gutturale, quasi rauca, e per nulla come Santana si aspetterebbe che una ragazza come Quinn suonasse. Parla con una leggera trepidazione, le sue parole quasi del tutto melliflue, ma con un pizzico di arsenico.

Brittany pare confusa. Ignora la stretta di mano offerta da Quinn.

“Pensavo che il tuo nome fosse Lucy.”

Il volto di Quinn cade a pezzi, tutta la sua alterigia sfumata in un istante. Abbassa la sua mano. “Beh, quello è il mio nome di battesimo,” spiega frettolosamente. “Ma, professionalmente, mi faccio chiamare Quinn.”

È allora che Santana si accorge che Quinn porta con sé un piccolo libretto per scrivere e una matita nelle mani. A quanto pare, anche Brittany nota gli oggetti. Gli occhi di Brittany guizzano da Quinn a Santana al libretto.

“Stavi scrivendo di noi?” chiede in una piccola voce.

Per un momento, Quinn sembra assolutamente beccata e così imbarazzata che Santana quasi si sente dispiaciuta per lei – o almeno sarebbe dispiaciuta se non ricordasse il suo spiare – ma poi il suo volto si trasforma, riguadagnando parte della sua altezzosità.

“Sono in un lavoro di indagine,” dice orgogliosamente. “Sto lavorando all’articolo di un giornale descrivendo la complessità della vita nel circo per l’Associated Press.”

Quinn parla con così tanta certezza che Santana trova arduo contestarla, ma, allo stesso tempo, Santana non può immaginarsi che quello che Quinn dica possa essere vero. Quinn non può essere in contatto con l’A.P. più di quanto Santana possa presenziare come ospite ad una delle cene di stato del presidente McKinley a Washington D.C. . Santana si chiede se Quinn ha intenzione di farsi una risata o se sta semplicemente fingendo di essere un inviato tanto per giocare.

“Pensavo fossi qui perché tuo papà potrebbe comprare metà del circo dal sig. Adams,” Brittany dice schiettamente, aggrottando le sopracciglia a Quinn, scettica.

Quinn alza gli occhi al cielo. “Beh, sì,” dice, la sua voce che inizia a perdere la pazienza. “Apparentemente, sono venuta qui con mio padre perché potesse negoziare l’accordo per la vendita con il sig. Adams, ma dato che sono qui, ho deciso di cogliere l’opportunità per fare un reportage. Nessun inviato degno del suo comunicato rinuncerebbe ad una così rara e vera opportunità come questa.”

“E scrivi veramente per un giornale?” chiede Brittany, il suo volto ancora carico di scetticismo.

Quinn emette un suono di scherno, ma ancora una volta sembra beccata. I suoi occhi si muovono in continuazione da Brittany alle tende. Santana può dire che Quinn non si aspettasse che Brittany contestasse così tanto la sua storia. L’intera interazione fa sentire Santana a disagio; non sa qual è lo scopo di Quinn qui.

“Beh, sì,” dice Quinn freneticamente. “Cioè, un giorno. Un giorno scriverò per un giornale.”

“Come?” domanda Brittany e Santana è grata del fatto che dica qualcosa perché Santana vuole sapere anche lei la risposta di Quinn a quella domanda.

Ci sono regole, dopotutto.

“Posso scrivere con uno pseudonimo,” risponde Quinn, quasi più per convincere se stessa che Brittany e Santana. C’è disperazione nelle sue parole adesso. “Non avrebbero mai bisogno di conoscere che sono… la mia vera identità. La qualità del mio lavoro li convincerà che la mia storia è adatta alla pubblicazione. Mi assumeranno come inviato per posta. Non avranno nemmeno mai il bisogno di vedere la mia faccia. È per quello che mi faccio chiamare Quinn, vedi.”

Sembra un’idea impossibile per Santana e si aspetta che Brittany dica qualcosa a Quinn a quel proposito, ma non è così. Invece Brittany sorprende Santana – e a quanto pare anche Quinn, giudicando dallo sguardo sul volto di Quinn quando Brittany inizia a parlare.

“Non ti darà fastidio il fatto che Quinn riceva tutto il riconoscimento che ti meriti?”

Quinn rimane a bocca aperta e non potrebbe rimanere più esterrefatta se avesse appena scoperto che Brittany fosse la sua sorella perduta da lungo tempo. Per un momento, la sua espressione diventa leggibile e Santana vede dubbio, e una strana sorta di gelosia evidente dietro gli occhi di Quinn, ma poi lei si richiude di nuovo, proteggendo i suoi pensieri.

“Io sono Quinn,” ribatte. “È il mio secondo nome. E quale danno c’è ad assumere un nome? Lo sai che non leggerebbero mai i miei lavori se sapessero che sono una donna.” Il suo tono si addolcisce. “Ma leggeranno quello che Quinn scrive. E sarà buono. Lo pubblicheranno”

Quello che dice Quinn suona come una promessa a se stessa più che qualcos’altro.

“Cosa possiamo fare per lei, dunque,  signorina Fabray?” chiede Brittany. Non suona per nulla spaventata da Quinn, anche se Quinn le ha appena risposto in malo modo. Invece, suona veramente disponibile. Qualcosa nella gentilezza del suo tono dà uno strattone a Santana.

(Santana si chiede se non fosse questo quello che Puck voleva dirle la sera scorsa quando le ha detto che Brittany era strana: che non si comporta allo stesso modo degli altri.)

(Che non sembra temere nessuno.)

Quinn  sembra sbalordita, ma poi profondamente grata. Fa un piccolo sorriso esitante. “Gradirei molto se potessi intervistarti,” dice nella sua esile voce. “Ho l’intenzione di includere nel mio articolo la testimonianza diretta di quanti più artisti circensi possibili, per il bene dell’autenticità.”

“Va bene,” dice Brittany semplicemente.

“Va bene?” ripete Quinn, il suo piccolo sorriso che sboccia interamente. Sembra sorpresa di fronte alla disponibilità di Brittany a farle una cortesia, amabilmente sorpresa. “Perfetto,” dice. “Ok.” Apre il suo libretto e appoggia la matita sulla pagina, eccitata di avere quest’opportunità.

(Santana ha l’impressione che questa sia la prima intervista condotta da Quinn Fabray.)

“Pronta?” chiede Brittany, un sorriso felino stampato sul suo volto, la leggerezza di Quinn che la diverte.

“Sì,” inizia Quinn. “Ok, allora qual è la tua occupazione al circo?” chiede.

“Essere umano non-un-bersaglio,” risponde seriamente Brittany.

Sia Quinn che Santana sussultano, ma poi Santana capisce: Brittany intende quello che ha detto come uno scherzo. Santana si trova ad adorare la comicità di Brittany, proprio come ha fatto prima, godendo ugualmente di questo indovinello, di Brittany e del semplice fatto che Brittany abbia indovinelli. Ride alla genialità di Brittany e sente qualcosa dentro di sé avvolgersi verso Brittany come farebbe un gatto con un raggio di sole, riscaldato e contento in ogni modo.

Quinn appare semplicemente confusa.

Ancora mentre sta ridendo, Santana risponde, “Chiromante gitana.”

Il tenore della conversazione cambia non appena Santana parla, come se una nuvola si fosse appena frapposta davanti al sole, oscurando all’improvviso quello che era un giorno di sole. Quinn fissa Santana e in un istante Santana si ricorda della regole. È solo allora che Santana realizza che Quinn voleva intervistare solamente Brittany – che Brittany è quella che conta.

“Scusami,” dice Quinn, il tono della sua voce più tagliente di quanto Santana l’abbia finora sentito. “Voglio intervistare la signorina – ”

Guarda Brittany affinché le fornisca il suo cognome.

(Vagamente, a Santana viene in mente che deve ancora conoscere anche lei il cognome di Brittany.)

“Anche Santana lavora per il circo,” afferma Brittany fermamente.

“Beh, sì,” Quinn farfuglia, offesa. “Sono sicura che sia così, ma non sono veramente interessata a intervistare…”

La sua frase si disperde nell’aria. Guarda di nuovo Brittany affinché le fornisca quello che non riesce a dire. Stringe il suo libretto con una certa disperazione. La sua bocca graziosa rimane leggermente socchiusa, i suoi begl’occhi che catturano quelli di Brittany. Aspetta.

Brittany semplicemente la fissa.

(Il cuore di Santana batte alla velocità di una corsa nel petto. Anche lei aspetta Brittany.)

“Non penso di essere veramente interessata a concedere un’intervista,” dice Brittany alla fine, nel suo modo semplice. Scrolla le spalle, “Mi dispiace.”

(Suona veramente dispiaciuta, ma non a causa sua.)

La bocca di Quinn si apre ancora di più. “Sono – ” inizia, ma poi si interrompe di nuovo. Fa un suono derisorio, totalmente stupefatta.

“Voglio aiutare Santana con l’orlatura,” dice Brittany sommessamente. “Abbiamo molto da fare.”

Quinn chiude finalmente la bocca, improvvisamente conscia di se stessa. “Capisco,” dice a voce sommessa. “È meglio che vada. Mio padre mi starà probabilmente cercando.” Suona stordita, come se stesse parlando senza pensare alle sue parole, come la sua mente fosse rimasta ferma al momento in cui Brittany ha rifiutato e non avesse ancora raggiunto questo momento. Guarda in tutte le direzioni, ma non verso Brittany e Santana.  “Sono…” inizia, ma non finisce mai la sua frase.

Invece va via, allontanandosi frettolosamente tra le tende.

Santana si sente sconvolta quasi come Quinn appariva.

Vuole credere che Brittany ha appena mandato via Quinn Fabray a causa sua, ma perfino il pensiero che una cosa del genere possa succedere sembra sorprendentemente irreale. Le persone non fanno cose del genere per gli altri. Le persone come Brittany non fanno cose del genere per persone come Santana. Ci sono regole – a centinaia – e Brittany le ha appena infrante quasi tutte.

(Il battito del cuore di Santana non riesce a rallentare.)

“Devo andare,” dice Brittany improvvisamente, distogliendo lo sguardo da Santana. Appoggia il suo ago sul kit da cucito e scatta sui suoi piedi. I suoi occhi incontrano quelli di Santana, il loro blu perfetto ed inimitabile. Santana non riesce a leggere la sua espressione. Brittany dice, “Grazie, Santana.”

Suona come lo intendesse davvero, anche se Santana non riesce ad immaginare per quale motivo Brittany debba ringraziarla.

E con quello, Brittany se ne va improvvisamente così come era arrivata.

(Il suo grazie si sofferma dentro Santana.)

(Santana pensa che sia perché è sorpresa.)

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Santana impiega un altro quarto d’ora a finire di fare l’orlo all’ultima gonna. Mentre lavora, il sole allunga le ombre ma le restringe sopra di lei; tutto quello a cui pensa è Brittany.

Santana non si è mai sentita così fervidamente incuriosita da nessuna persona in vita sua. Si ritrova a ripensare ad ogni sua conversazione con Brittany, riflettendo su che cosa voleva dire Brittany con questa piccola parola o quel labile sorriso. Santana sente una forte eccitazione, tutta per Brittany, Brittany, Brittany, ma anche una grande ammirazione.

(Perché Brittany doveva andare?)

Completato il suo lavoro d’orlatura, Santana ritorna alla mensa. Appena entra la zona della cucina, alcune delle ragazze di Ma la fissano e Santana si ricorda improvvisamente degli eventi della mattinata per la prima volta da quando Brittany si è seduta con lei vicino alle tende. Guarda davanti a sé, evitando di proposito i loro sguardi, ma vergogna colora comunque le sue guance. Anche se tenta di non farlo, non può fare a meno di richiamare alla memoria lei che imprecava contro le ragazze e diceva loro cose che non sono minimamente vere.

(Santana non può più andare e venire come le pare in questo campo più di quanto possa saltare sul primo treno diretto a New York e ritornare a vivere nel cottage.)

Si sente la più grande idiota del mondo.

“Samuel Evans, ti ho detto di startene fuori dalla mia cucina prima della campana del pranzo o altrimenti avrei colpito il tuo didietro da clown con un cucchiaio!” tuona Ma Jones, uscendo dal carro dispensa brandendo il suo cucchiaio. Sembra che abbia confuso Santana con Sam. Quando capisce il suo errore, abbassa il suo cucchiaio. “Oh, sei tu” dice, delusa.

“Ho finito di cucire,” inizia a parlare Santana prima che Ma possa trovare qualcosa da gridarle contro. Mostra le gonne sulle sue braccia affinché Ma le esamini.

“Hai finito tutto?” chiede Ma, chiaramente sorpresa. “Tutto da sola?”

Santana scuote la testa. “No,” dice onestamente. “Brittany mi ha aiutata.”

(Santana percepisce un fremito nel dire il nome di Brittany.)

Per un secondo, Ma pare confusa e Santana si chiede se Ma non conosca Brittany, nonostante l’affermazione di Brittany di conoscere quasi tutti al campo. Santana pensa di spiegarle che Brittany è la figlia del lanciatore di coltelli, ma poi Ma parla di nuovo.

“Brittany Pierce ti ha aiutata a cucire?” ripete, come se in qualche modo avesse capito male la prima volta.

Santana si sente improvvisamente nervosa. Forse ha infranto una regola senza saperlo accettando l’aiuto di Brittany.

“Sì,” dice, stringendosi nelle spalle di fronte a Ma.

(Spera più di qualunque cosa che Ma non la faccia finire nei guai.)

Per la seconda volta di oggi, un’espressione intellegibile passa velocemente sul volto di Ma mentre guarda Santana.

Ma fissa Santana, cercando. Santana non sa se Ma trova quello che vuole trovare. Forse sì perché, nel momento successivo, Ma ritorna attenta, determinazione e vigore che tornano nei suoi occhi.

“Bene,” dice severamente. “Porta le gonne alla signora Schuester e affrettati, e togliti il tuo costume prima di pranzo. Non ti esibirai allo spettacolo diurno comunque, essendo nuova e tutto, quindi è meglio che tu indossi i tuoi abiti normali così da non confondere i clienti. Muoviti prima della campana del pranzo! Vattene! Sciò!”

Spinge Santana nella direzione dei camerini, le cui cime Santana riesce a vedere mentre spuntano dietro i manifesti che separano il campo dalla zona del circo vero e proprio. Santana si affretta, contenta di allontanarsi da Ma, per paura di offenderla in qualche modo.

Mentre cammina, Santana pensa a Brittany ancora di più di prima.

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Il percorso dalla mensa ai camerini è a dire il vero molto scorrevole, tanto che Santana non ha alcun problema a trovare la strada verso la sua destinazione.

Adesso, il sole splende alto nel cielo e Santana si immagina che sia quasi mezzogiorno. L’aria è carica di umidità, una calura opprimente attorno a lei, e un leggero strato di sudore si forma sulla sua fronte al di sotto dell’attaccatura dei capelli, sul retro del collo sotto i capelli, e sulle sue braccia dove porta le pesanti gonne da equitazione. Strizza gli occhi di fronte alla chiarezza di giugno e si sente sempre più assetata; spera che arrivi in fretta l’ora di pranzo.

Il campo non è minimamente affollato o indaffarato com’era nel trambusto della mattina; con le tende montate e la città bianca in ordine, Santana ipotizza che la maggior parte dei lavoratori e circensi si siano tenuti nascosti ad aspettare il pranzo e lo spettacolo pomeridiano.

Dopo aver lasciato le gonne ai camerini ad alcune delle sarte di Theresa, Santana ritorna alla tenda sua e di Puck usando la bandiera in cima al tendone come sua stella guida. Scopre che la tenda non è occupata, Puck da nessuna parte lì intorno. Sapendo che potrebbe ritornare in qualsiasi momento, fa in fretta a togliersi il suo costume e a mettersi i suoi abiti civili, coprendosi velocemente per evitare che Puck la trovi anche in minima parte svestita.

Nella calda, pesante aria dentro la tenda, la camicetta di Santana rimane attaccata alla sua pelle e i suoi capelli sono appiccicati sul retro del collo. Quasi immediatamente, i motivi floreali di pizzo ai polsi e sul colletto le danno fastidio. Anche se non l’avrebbe mai ammesso di fronte a sua nonna, a Santana manca avere le spalle scoperte e scambierebbe i suoi abiti modesti con il suo costume in un batter d’occhio se non fosse per l’avvertimento di Ma che non dovrebbe indossare i suoi abiti da gitana allo spettacolo diurno, nel caso in cui confonda i clienti.

Come lo avesse in qualche modo invocato pensando al suo nome, Puck arriva fuori la tenda proprio mentre Santana esce. Anche se indossa ancora il suo costume, porta il suo solito cappello nero sul capo. Il contrasto tra gli abiti e il cappello in qualche modo pare divertente a Santana, ma Puck non sembra preoccuparsi di indossare qualcosa così appariscente insieme a qualcosa così ordinario.

Saluta Santana con il suo sorriso ebete. “Ehi, coccinella! Eccoti!” Sfiora con le dita il suo gomito quando la affianca. “Mi dispiace di non averti trovata prima,” si scusa.

“Fa lo stesso,” dice onestamente.

(Spera che magari le chieda come abbia trascorso la mattinata, ma non lo fa.)

(Santana vorrebbe più occasioni per poter sentire il nome di Brittany sulle sue labbra.)

“Beh, dopo che abbiamo sistemato i recinti, il sig. Adams ha chiesto a me e Finn di accompagnare lui e il sig. Fabray in città per pranzo. Finn è rimasto per riportarli al campo per lo spettacolo e ha tenuto il carro, così sono dovuto tornare a piedi,” le spiega Puck, come per giustificare la sua scusa.

Sentire Puck menzionare il sig. Fabray, Santana coglie l’opportunità per porgli una domanda: “Chi è il sig. Fabray?” dice, permettendo a Puck di unire le loro braccia insieme e inizia a guidarla lontana dalla loro tenda, di nuovo in direzione della mensa.

Puck abbassa l’orlo del suo cappello sopra i suoi occhi, il suo volto che cade in adombrato sollievo. Pare cupo quando le risponde, “Uomo d’affari. Magnate. Possiede un mucchio di ferrovie tra l’Ohio e l’Illinois. Il sig. Adams vuole che diventi il suo socio.”

Santana non può fare a meno di notare che Puck sembri deluso. “Beh, non è una buona cosa?” chiede, non molto sicura sul perché Puck sembri biasimare così tanto il sig. Fabray.

“Forse,” dice Puck, una punta di amarezza nella sua voce. Sospira. “Le cose stanno cambiando, coccinella. È stata abbastanza dura per noi per un po’. Il sig. Adams non è P.T. Barnum e la nostra compagnia non è così grande come alcuni dei circhi viaggianti più ad est. Il sig. Adams sente di non poter permettersi di mantenere tutto da solo, così vuole portare qualcuno che lo aiuterà a finanziare lo spettacolo. Il sig. Fabray ha sicuramente soldi da offrire per lo spettacolo, ma non è un intrattenitore. Vorrà trasformarlo in un sette piste.”

“Quante piste ha adesso il circo?” chiede Santana, curiosa.

“Tre,” risponde Puck

“Beh, non sarebbe meglio averne sette?” ribatte Santana, non riuscendo a vedere il problema nel voler espandere il circo per includere più spettacoli.

Puck fa voltare Santana, indirizzandola lungo l’ultima stradina verso la mensa. Scuote fermamente la testa. “Sarebbe di sicuro più grande,” dice. “Ma più grande non è quello che importa. Quando ci sono sette piste, le cose diventano superficiali. Riduce l’abilità e la teatralità. Tre piste è arte d’alto livello, ma sette? Semplicemente kitsch.”

Sebbene sputi l’ultima parola come se fosse sporca, suona più triste che arrabbiato. Santana non si era mai resa conto di quanto Puck ci tenesse al circo. Sinceramente, non si era mai accorta che Puck potesse tenere a qualsiasi cosa. Si ritrova un po’ incantata da questo nuovo Puck, ma anche sconvolta dal sapere che esiste.

(Rende le cose più facili credere che Puck sia semplicemente superficiale.)

“È per questo che il sig. Fabray è qui?” chiede. “Per comprare metà del circo?”

Puck annuisce mentre raggiungono la mensa. “Le trattative non sono ancora state completate. Il sig. Fabray vuole essere certo di fare un investimento redditizio prima di sborsare qualcosa. Il sig. Adams continua a tentare di fare una buona impressione, offrendo lauti pasti. Spera di raggiungere un accordo in fretta.”

La campana della mensa trilla rumorosamente nell’aria, distraendo Puck dalla conversazione. Santana rimugina su tutto quello che Puck le ha detto.

Non si era accorta che il circo avrebbe potuto iniziare a morire proprio nel momento in cui si era decisa ad unirsi.

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Ma Jones serve alla compagnia un pranzo di salsicce fritte e patate, un piatto che Santana non ha mai assaggiato prima. Il suo stomaco si è calmato dalla colazione e si ritrova abbastanza affamata da mangiare l’intera porzione, anche se non è abituata a questa pietanza.

Mentre mangia, Santana osserva attentamente la compagnia alla ricerca di Brittany, ma, stranamente, non la trova da nessuna parte nel mezzo della folla. Dopo un po’, perfino Puck sembra notare la preoccupazione di Santana.

“Dovresti andare da qualche parte, coccinella?” scherza Puck, confondendo la sua ricerca per una brama di andarsene.

(.)

Santana borbotta qualcosa riguardo il desiderio di avere un altro sorso d’acqua e Puck la accontenta, prendendo il suo bicchiere per riempirlo. Santana vede Sam, il clown vagabondo dal cappello di feltro, Theresa Schuester, e i Chang, ma non vede Brittany da nessuna parte. Si chiede se Brittany ha deciso di saltare il pranzo.

(Santana non ha mai sentito la mancanza di qualcuno che ha appena incontrato prima di adesso.)

Questo pasto si svolge velocemente come la colazione, con tutti che mangiano e poi si disperdono in meno di mezz’ora, correndo per mettersi i costumi, ritoccare il trucco, e posizionarsi per quella che Puck chiama la “fiera mattutina”.

Prima di abbandonare la mensa insieme a Puck, Ken la ferma.

“Avrai bisogno di questi, giovane signora” dice, porgendo a Santana due piccoli biglietti di carta, uno per la fiera e l’altro per lo spettacolo diurno. “Stai lontana dai clienti paganti,” le spiega scortesemente, un dito d’ammonimento di fronte al suo volto. “Cerca di startene lontana e tranquilla, capito?”

Santana annuisce. Soddisfatto della sua deferenza, Ken lascia Santana alle cure di Puck, borbottando riguardo biglietti gratis e zingari appena Puck e Santana si allontanano. Santana fa del suo meglio per non ascoltarlo e trova veramente semplice scordarsi di Ken una volta che si dedica a pensare di nuovo a Brittany.

(Si domanda che cosa faccia la figlia del lanciatore di coltelli durante la fiera mattutina.)

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Puck lascia Santana da sola per preparare la sua esibizione come mangiafuoco per la fiera, abbandonandola sul ciglio del viale centrale. Anche se Santana è già passata per questa parte del campo mentre andava e tornava dalla tenda dei camerini, non ha mai visto il viale centrale in piena mostra fino ad adesso.

Una fila di larghe tende non residenziali e banchi sono situati lungo entrambi i lati di un grande campo adiacente al tendone da circo, tutti che conducono alla spaziosa tenda rettangolare per l’evento secondario alla fine della stradina. Invece, cartelli vivaci indicano la strada per il serraglio, situato di fianco al tendone sul lato opposto del campo, lontano dall’evento secondario.

Vari circensi stanno al di fuori delle tende e dei banchi, urlando la natura dei loro numeri ai clienti, che giungono a frotte, la maggior parte di loro che ancora indossano gli abiti per la messa, genitori che controllano i loro figli, ragazzini che gironzolano con i loro amici, e coppie che passeggiano su e giù per la via.

Urla e strilli riempiono l’aria, insieme a risate, musica, e i versi degli animali.

Santana non hai mai visto così tante persone in un unico luogo allo stesso tempo, e non ha mai nemmeno visto una così estesa raccolta di variegate e inusuali visioni collocate in un’unica località. Si sente come se fosse finita in una scena de I Viaggi di Marco Polo. I colori e le meraviglie le tolgono il fiato, ognuna sempre più stravagante e più immaginifica della precedente.

Mentre cammina, Santana attira l’attenzione di alcuni degli altri clienti lungo il viale centrale, che fissano i suoi occhi, labbra, e capelli, di sicuro contrariati di vedere una diversa come Santana nel mezzo di tutti quelli simili a loro. Santana si sente come se dovesse scusarsi solamente per esistere, ma non sa nemmeno da dove partirebbe. Cerca Brittany nella folla, disperata di trovare speciale invece di diverso, ma se Brittany è presente alla fiera mattutina, Santana non riesce mai a localizzarla.

All’interno della tenda del serraglio, Santana si imbatte in un branco di zebre recintate dalle strisce che corrono come delle linee sballate lungo le groppe e i fianchi. Nitriscono e fischiano, emettendo degli strani strilli acuti che non hanno nulla a che fare con i profondi, rochi sbuffi dei cavalli. Gli asini maculati nel recinto dall’altro lato ragliano in risposta, parlando una lingua diversa, ma sempre non meno strana di quella delle zebre. L’intero recinto odora di erba polverosa e trattata.

Più lontano, dei serpenti sibilano, alcuni in teche di vetro, altri che si contorcono sulle braccia dei loro sorridenti ed estasiati addestratori. Santana non può fare a meno di sussultare vedendo i pitoni e boe muovere le loro teste a forma di diamante di qua e di là, tastando l’aria con le lingue assetate, osservando il mondo attraverso i loro occhi marrone smorto e giallo.

Tra alcune chiare originalità, come una tartaruga a due teste e una grande, grassa rana toro in un serbatoio di vetro etichettato “Dan’l Webster di Calaveras County,” Santana osserva i grandi felini della giungla: tre vigorosi leoni africani e una tigre del bengala sdraiati in una gabbia a sbarre di ferro al termine del serraglio. Anche se nessuno dei felini sembri particolarmente attivo, tutti e quattro indossano spessi ferri sulle zampe, che li incatenano al loro recinto.

(Santana sente una stretta al cuore.)

Un giovane uomo siede su un treppiedi all’interno della gabbia, senza alcuna paura, anche se bestie selvagge lo circondano. Santana pensa di riconoscere l’uomo dal campo: ha una corporatura solida e un volto spavaldo. Tiene i suoi lunghi, chiari capelli tirati all’indietro e indossa un’elegante giacca militare rossa con parti dorate di fronte e degli stivali col tacco impeccabilmente lucidati.

L’uomo siede con le mani raccolte in grembo, appoggiandosi contro le sbarre della gabbia, la sua postura pigra e noncurante. Sorride come se le persone che lo guardano a bocca aperta attraverso le sbarre gli interessassero di più dei leoni e la tigre che siedono a una distanza da cui potrebbero azzannarlo. Una frusta di pelle è appoggiata allo sgabello, non toccata.

Un cartello attiguo alla gabbia lo identifica come JESSE ST. JAMES, DOMATORE DI LEONI.

“Esattamente,” Jesse si rivolge alla folla, voce perfettamente annoiata e perfettamente pomposa. “Fate un passo avanti e osservate i re di tutti i bestiari, innocui come gattini! Non ha bisogno di svenire, signora! La assicuro che non sono in pericolo. Queste bestie selvagge fanno affidamento su di me con la loro stessa vita e preferirebbero morire prima di far del male al loro padrone, vede.” Per evidenziare il suo punto, Jesse accarezza la testa di una delle magre, irritabili leonesse al suo fianco. “Posso dormire insieme a queste belve, cadere nel sonno, senza avere alcuna paura che possano trattarmi male. Le ho domate del tutto. Mi temono più di quanto io tema loro.”

Quando il grande leone dalla folta criniera apre le sue fauci per sbadigliare, sicuramente a disagio nella calura, alcune delle donne attorno a Santana strillano, ma Santana non sussulta nemmeno o si accorge veramente delle dimensioni dei denti del leone; invece, i suoi occhi rimangono fissi sui ferri attorno le zampe dei felini. Ha un senso di oppressione al torace.

(Qualcosa quasi come la paura, ma non riesce a capire cosa.)

Di nuovo all’aperto nel largo viale centrale, Santana sente di poter ricominciare a respirare di nuovo. Immediatamente, cerca Brittany, ma fallisce nel trovarla una seconda volta. Santana scrolla via le immagini dei leoni dalla mente e si avvia lungo il viale, oltrepassando un giovane giocoliere dai tratti dolci che lancia in aria anelli di legno per la delizia di diverse famiglie insieme a piccoli bambini, in aggiunta a vari venditori di caramelle che porgono popcorn e caramelle morbide a ragazzetti innamorati. Infine si ferma al di fuori di un’alta tenda scoperta con un padiglione sopra l’architrave.

LO SPETTACOLARE HIRAM DI PRAGA, MAESTRO DELLE ARTI DELL’OCCULTO.

Una folla di circa trenta persone stanno raccolte attorno alla tenda. Quando Santana si unisce a loro, si ritrova a dover stare sulle punte dei piedi per vedere oltre le loro spalle. Deve faticare per avere una buona vista dello spettacolo nella tenda, ma una volta che lo vede, rimane a bocca aperta.

Rachel Berry si trova in cima ad una tavola, abbassandosi in una scatola con l’aiuto di un mulatto con un quarto di sangue nero dalla pelle olivastra. Il mulatto tiene una delle mani di Rachel serrata nella sua mentre la sua altra mano regge la sua schiena mentre la guida all’interno di quella che sembra una lunga bara sgargiante. Rachel indossa un intricato busto lucido del colore dell’assenzio con dei graziosi fiocchi viola sui fianchi, insieme ad una leggera gonna come quella di una ballerina; i suoi capelli ricadono in morbidi boccoli attorno al suo volto. Sorride il suo più ampio sorriso con superiorità, salutando la folla.

Il mulatto indossa il tipo di costume di cui Santana ha letto in Kipling, un’accozzaglia di colori accesi e cambrì a fiori, con gialli, verdi, e indaco che segnano distintamente la sua lunga tunica, i suoi ampi gambali, e un piccolo cappello dalla forma bizzarra. Attende affettuosamente Rachel, assicurandosi che sia a proprio agio all’interno della scatola, tirando indietro le ciocche di capelli ribelli che rimangono sopra i bordi quando Rachel è distesa. Lei appare totalmente a suo agio con lui.

Di fronte alla tavola si trova l’uomo che Santana può solo supporre sia lo Spettacolare Hiram, il padre di Rachel, il famoso illusionista di Praga, di cui Rachel ha parlato così tanto stamattina sul treno.

Proprio come Rachel, Hiram è scuro di carnagione, presenta forti tratti europei, e occhi scuri. Come il mulatto, i suoi capelli sono grigi. Indossa occhiali rotondi e un raffinato abito su misura con una fantastica redingote nera. Un orologio da tasca dorato penzola da suo taschino. Il suo volto e fronte hanno un aspetto severo. Sembra come un falco, astuto, come se vedesse qualsiasi cosa.

Hiram parla con una voce tonante e un impeccabile accento europeo.

(Santana si chiede brevemente se il suo accento sia genuino o finto per l’esibizione, come il suo.)

“Come potete vedere, signore e signori, la scatola è chiaramente pesante ed impenetrabile.”

Mostra un grande lucchetto al pubblico affinché lo osservi proprio mentre il mulatto chiude il coperchio della scatola dove si trova Rachel, nascondendola agli occhi. Santana rimane a bocca aperta di fronte alle sue azioni, sconvolta, ma nessun altro sembra sussultare; suppone che Hiram debba aver spiegato le logistiche del suo trucco al pubblico prima di iniziare.

“I lucchetti,” dice, scuotendo quello che tiene in mano, “sono sicuri e funzionano perfettamente. Se volesse preoccuparsi di esaminarli, signore” – passa l’oggetto in avanti ad un uomo in prima fila che Santana non riesce a vedere dalla sua posizione – “e verificare per tutti che sono davvero di normale fattezza” – l’uomo deve annuire perché Hiram continua a parlare – “così poi li metterò sulla scatola, sigillando la mia giovane assistente all’interno.”

Avanza verso la tavola e, con un magnifico gesto plateale, fissa il lucchetto su una maniglia che lega la scatola al suo coperchio. Sorride e si gira, muovendosi verso l’altro lato del palco, il mulatto che lo segue con passi svelti.

Come parte del movimento, Hiram si piega leggermente, bisbigliando le ultime istruzioni all’uomo, premendo il suo volto così vicino all’orecchio del mulatto che pare quasi che stia per baciarlo. Il mulatto sorride a Hiram, affettuoso e vigile, quasi come se avessero uno scherzo privato insieme, e poi si affretta verso il retro del palco dietro la tavola. Quando ritorna davanti, porta con sé una scatola nera laccata, che porge a Hiram con un leggero inchino.

Dalla scatola laccata, Hiram estrae una larga, vistosa chiave dorata. Rotea indietro di fronte alla tavola.

“Signore e signori,” annuncia, infilando la chiave nel lucchetto e girandola, “Vi mostro la magia!”

Spalanca il coperchio della scatola e due colombe bianche ne fuoriescono, incastrandosi nelle travi della tenda in un turbinio di piume e versi eccitati. Si posano in cima ad una trave della tenda e si accomodano mentre la folla urla di gioia. Hiram e il mulatto rovesciano la scatola in avanti cosicché il pubblico possa vederne l’interno. La scatola chiaramente non contiene Rachel, e, per di più, appare totalmente solida, senza alcuna apertura visibile o scompartimenti segreti di alcuna sorta.

Gli uomini e le donne raggruppati fuori la tenda applaudono sonoramente; sia Hiram che il mulatto sembrano compiaciuti del loro successo. Sorridono l’uno all’altro, occhi colmi di affetto, e stringono le mani, facendo un inchino all’unisono per ricevere ancora applausi.

(Santana si dimentica di battere le mani. Non ha idea di che cosa abbia appena visto.)

Sapendo che il suo tempo sul viale centrale si sta esaurendo, Santana corre verso la tenda degli eventi secondari, ansiosa di vedere i fenomeni da baraccone e le meraviglie promesse dai manifesti prima che inizi lo spettacolo diurno.

Trova la tenda debolmente illuminata e popolata per lo più da ragazzetti e scapoli, con ognuno esposto barricato in stand di stoffa, arrangiati in modo simile alle gabbie del serraglio. Nel primo stand, Santana trova la Donna Barbuta, che indossa un grazioso vestito da saloon e tiene in mano un ventaglio di piume mentre siede su uno sgabello, guardando fuori in modo distaccato oltre le persone che la osservano. È alta e con una corporatura simile a quella di uno scaricatore di porto. Da questa distanza, la sua barba sembra vera, anche se Santana non riesce a immaginarsi che sia vera, considerando che ha visto la Donna Barbuta con il volto pulito ieri.

(La Donna Barbuta pare che soffra della solitudine da circo. I suoi occhi sono piccoli e tristi.)

Oltre la Donna Barbuta, Santana trova la sua amica, la signora rotonda, presentata come “la Famosa Gigantessa di Akron,” insieme ad un uomo che sembra pensare di essere un cane, una famiglia di piccole persone che prendono il tè ad un tavolo piccino, e un uomo che discute amabilmente con le persone che rimangono a bocca aperta di fronte a lui.

Insieme all’intrattenimento in carne ed ossa, Santana vede rarità in bella mostra lungo la tenda, che comprendono una testa rinsecchita dal Borneo, l’esoscheletro di una tarantola gigante delle dimensioni di un gatto contenuta in un barattolo di vetro, e qualcosa che un cartello identifica come “Veri resti di sirena!” che sembrano più la fusione essiccata del torso di una scimmia e la coda di un pesce cucite con suture chirurgiche che il genere di eleganti sirene che uno incontrerebbe in Wagner.

Santana si accorge che disprezza l’evento secondario non tanto perché la spaventa, ma perché la fa rimpiangere qualcosa senza sapere cosa sia quel qualcosa.

Proprio mentre Santana ritorna all’esterno sotto la luce, sente il rintocco di una campana a segnalarle l’inizio dello spettacolo; si affretta ad unirsi alla fila diretta al tendone.

(Non ha mai visto il circo prima d’ora.)

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Dopo che gli uscieri si occupano di lei, Santana si ritrova seduta in una delle panche più elevate del tendone in una sezione di posti che è a malapena allineata con il palco, circondata da altri diversi come lei, mentre i simili occupano i posti migliori più vicini al terreno.

Aria calda si alza e Santana si ritrova soffocata nelle parti più alte della tenda, sudando sotto la sua gonna e camicetta, il suo volto accaldato e intriso di sudore lucido. Gli altri clienti del circo seduti attorno a lei paiono ugualmente miserabili, ma nessuno di loro si lamenta. Invece, si fanno aria con fazzoletti e i programmi piegati. Alcuni di loro lanciano sguardi furtivi verso Santana; non appartiene più a questo luogo più di quanto appartenesse al viale centrale.

Il circo inizia con un eruzione di musica, proprio come una delle gare delle bighe rappresentate in Ben Hur. La banda suona Sousa e poi un’altra marcia che Santana non riconosce. I suoi occhi si dilatano appena vede gli stessi elefanti che aveva incontrato questa mattina nella parata nella tenda, non più indossando semplici cavezze, ma splendidi copricapo ricoperti di piume, coperte ricamate, e campane avvolte attorno ai loro grandi arti simili a tronchi d’albero, sembrando più maestosi di qualsiasi cosa Santana abbia mai visto prima.

Mentre un unico uomo guida gli elefanti attorno alla pista principale in cerchio, le grandi bestie che si aggrappano alle code dell’altro come funi solo grazie alle punte nodose delle loro proboscidi, un gruppetto di clown irrompe da una tenda sul retro, eseguendo capriole e inciampando sotto i riflettori. Santana vede Sam e il vagabondo con il cappello di feltro, insieme ad un altro clown dai capelli biondi che ipotizza sia il sig. Evans, in aggiunta ad un’altra dozzina di clown, tutti di età e dal trucco diversi.

I clown si spintonano l’un l’altro e inciampano sulla pista. Si lanciano in numeri di giocoleria e fanno facce divertenti per il pubblico. Santana tiene i suoi occhi fissati su Sam perché è l’unico clown che conosce per nome e guarda con curiosità mentre tenta di unirsi agli altri clown per giocare a baseball usando una mazza che è troppo corta per prendere qualsiasi tiro e una palla da baseball in miniatura che è a malapena grande a sufficienza per essere vista da Santana quando il lanciatore la mostra al pubblico.

Sam continua a picchiettare la spalla del coach della terza base, impiegando numerosi minuti per avere la sua attenzione. Una volta che il tipo guarda Sam, Sam gesticola che vorrebbe unirsi alla squadra alla battuta, ma il coach lo prende malamente dalle spalle, strattonando l’abito logoro di Sam, e lo allontana dalla linea che collega le basi, facendolo roteare e spingendo in basso la sua testa cosicché Sam si regge in piedi con il suo posteriore all’aria. Con un gesto esagerato, il coach dà a Sam un potente calcio teatrale nel didietro con una delle sue enormi scarpe fuori misura e Sam salta, afferrandosi il posteriore in finto dolore, allontanandosi in fretta.

Anche se Sam porta una faccia triste dipinta e si è appena beccato un calcio finto come parte dello spettacolo, sorride radiosamente, il suo sorriso che va da un orecchio all’altro, felice e spensierato mentre corre attorno al diamante per provare ad unirsi alla squadra avversaria. Santana può dire che Sam dovrebbe fingere di essere triste – e specialmente dopo che l’arbitro clown lo lancia fuori dalla partita – ma appare totalmente eccitato, il suo enorme sorriso impertinente in contrasto con il suo trucco piangente. Lei ride alle sue pagliacciate per dei motivi completamente sbagliati, divertita dal clown triste che non può fare a meno di sorridere.

Quando i clown finiscono il loro numero di baseball – Sam non ha mai avuto la possibilità di unirsi – le luci convergono sulla tenda dietro alla pista principale e la banda suona un rullo di tamburi che aumenta d’intensità per quasi un minuto intero prima che un uomo vestito in un’elegante redingote rossa e un cappello a cilindro emerga nella pista centrale di corsa. Così lontana, Santana fatica a distinguere i tratti dell’uomo, tranne per la sua faccia rettangolare e mento marcato. L’uomo si leva il cappello e fa un profondo inchino alla folla, rivelando i suoi biondi capelli ricci. È più vecchio di Puck, ma più giovane del sig. Adams. Sorride al pubblico e si rimette il cappello.

“Signore e signori, grandi e piccini, benvenuti al più eccezionale spettacolo di questa nazione tra due oceani! Il mio nome è William Schuester e sarò il vostro presentatore questa serata per il J.P. Adams & Son Travelling Circus & Menagerie! Preparatevi a provare emozioni che non avete mai immaginato! Oggi i migliori artisti del mondo sono giunti qui per sorprendervi e divertirvi con le loro buffonate, il loro fegato, carisma, e perfino la loro volontà di sfidare la morte! Vedrete uomo e belva compiere imprese di forza, abilità, e sfilate! Adesso sedetevi, rilassatevi, e godetevi lo spettacolo!”

Nel tendone scoppiano scrosci di applausi appena William, il presentatore, fa un passo indietro, indicando la valanga di circensi che si riversano nelle tre piste dal retro del sipario.

“Vi offro un radiante panorama di regale magnificenza!” urla William al di sopra del frastuono della folla e il rumore del circo in pieno assetto. “lasciate che vi presenti la più talentuosa compagnia del J.P. Adams & Son Travelling Circus!”

Santana riesce a malapena ad apprezzare il totale caleidoscopico fulgore della visione.

Ci sono troppi artisti da vedere, troppi animali, troppi colori, troppo movimento, e troppo rumore. Il gruppo delle cavallerizze portano i loro pony al galoppo attorno alle piste, guizzando in sprazzi di rosso vivido. I clown saltellano vicino agli elefanti, variopinti in sfumature arcobaleno. Acrobati, tra cui i Chang Dragoni Volanti, si ribaltano e fanno ruote lungo il centro delle piste come stelle cadenti vestite di blu. Giocolieri lanciano birilli e palle in aria, indossando argenti brillanti e ori splendenti.

Santana vede Puck e Rachel Berry nella pista più lontana da lei e fissa il suo sguardo su di loro; Rachel fa volteggiare bastoni, ancora indossando il suo corsetto verde, le fiamme che quasi lambiscono il suo corpo e colorano l’aria intorno a lei in strisce serpentine di arancio e bianco. Puck volteggia verso la parte anteriore della pista, calciando e ruotando con un bastone infuocato alle estremità che ruota attorno a lui. Si muove con più sprezzo del pericolo di Rachel, apparendo quasi spericolato. Anche dalla sua distanza, Santana sa che ha il suo sorriso malevolo stampato in volto, compiaciuto appena la folla risponde con ooh stupefatti al suo temerario abbandono.

È il suo primo spettacolo dall’incidente.

Per un momento, Santana è sicura che Puck la veda – guarda in alto verso il posto in cui siede – e specialmente una volta che il suo sorrisetto malevolo diventa ancora più pericoloso. Sorride, misterioso e subdolo, e porta un’estremità del suo bastone alla bocca respirando in un fiume di fiamme. Santana rimane a bocca aperta appena il fuoco attraversa le labbra di Puck nella sua bocca ed emette un urlo soffocato quando soffia il fuoco nell’aria in una grande fiammata, come se fosse il drago di Redcrosse in Spenser.

Santana non può fare a meno di chiedersi come Puck non mostri alcuna paura del fuoco, considerando come si sia ustionato prima. Se Santana fosse in lui, non avrebbe mai voluto maneggiare di nuovo del fuoco, figurarsi mangiarlo – ma, poi, Santana suppone che ci siano un mucchio di cose che le differenziano da Puck.

Per la durata di un intera canzone della banda, il circo al completo intrattiene il pubblico, con quasi cento artisti circensi e un numero pari di animali che corrono di qua e di là attraverso le piste, esibendosi in trucchi per la delizia e grande intrattenimento del pubblico. Santana si ritrova a trattenere il respiro, così presa dalla confusione che la colpisce quando succede.

Trova Brittany.

In un mare di colore burrascoso, Brittany è vestita in bianco, il logoro prendisole blu cambiato in favore di una corta sottoveste, delle calze abbinate, e quelle che sembrano delle scarpette da ballo. La luminosità del costume di Brittany fa spiccare le tonalità dorate del sole sul suo viso; i suoi capelli brillano come dei gioielli finemente lucidati e le sue labbra sembrano di una sfumatura più scura di primula rispetto a stamattina. Santana trattiene di nuovo il respiro, quasi colta da vertigini.

Prima di accorgersi di quello che sta facendo, Santana si alza dal suo posto per offrire a Brittany un applauso privato, portato da un’ondata di leggera eccitazione, battendo così forte le mani che i suoi palmi vibrano a causa della percussione. Guarda Brittany che si mette in posa, alzando del tutto una gamba in aria, premuta contro il suo corpo, mentre l’altro piede rimane piantato a terra. Brittany sta in un perfetto equilibrio, la punta della scarpetta rivolta verso la cima del tendone. Santana applaude ancora più selvaggiamente, senza fiato come se avesse appena corso una gara, la sua eccitazione che rimane incastrata in gola.

Con la sua totale attenzione verso Brittany, Santana si accorge a malapena quando la musica cambia fino a quando Brittany esce dalla pista centrale insieme al resto della compagnia, lasciano il presentatore William ancora una volta solo sotto i riflettori.

“Dirigete gentilmente la vostra attenzione alla fune per assistere all’intrepida prova aerea dei Chang Dragoni Volanti di Pechino, i più abili equilibristi e trapezisti dell’Oriente, che vi lasceranno a bocca aperta non appena sfideranno gli stessi principi della fisica!”

Le luci si spostano da William al tetto della tenda, dove Santana si accorge della presenza di due piattaforme una di fronte all’altra con una serie di funi che rimangono sospese tra di esse. Scale conducono alle piattaforme, che si trovano a quasi cinquanta piedi d’altezza. Santana riconosce i Chang Dragoni Volanti, l’uomo sulla piattaforma a sinistra, la donna a destra, insieme ad un’altra ragazza, leggermente più giovane di Santana, che lei non ha mai visto prima, anche lei di origine cinese. Il trio indossa quelli che Santana crede siano dei costumi cinesi, blu brillanti e con motivi decorati, anche se slanciati e aerodinamici. All’introduzione di William, salutano la folla con un cenno.

In verità, Santana può a malapena guardare i Chang – non dopo che l’uomo afferra l’altalena più vicina alla sua piattaforma e fa un grande balzo in aria, sedendo lungo la sbarra senza nulla tra lui e il terreno cinquanta piedi più in basso se non l’aria e le sussurrate preghiere del pubblico. Anche se Santana non conosce l’uomo oltre la sua apparenza, non potrebbe sopportare di vederlo cadere. Si dondola avanti e indietro, guadagnando slancio fino a quando la sua altalena non oscilla ad un ritmo regolare.

Evidentemente, le donne lo prendono come il loro segnale e quella che Puck dice sia o la moglie dell’uomo o sua sorella afferra la sua altalena e dondola sopra il nulla, tenendo la sbarra tra le mani, invece che sedendosi sopra. Il suo corpo si muove con una cadenza ritmica, la banda che suona della musica in accordo con la sua originale acrobazia. Santana sente il suo stomaco in subbuglio non appena la donna molla la presa del trapezio, eseguendo un salto mortale nell’aria, sospesa per un momento senza nulla a reggerla. Prima di potersi fermare, Santana si copre gli occhi con le mani.

Non riesce a guardare.

Ascolta la folla rimanere senza fiato e poi sente un diffuso ooh. Deduce che quello significhi che la donna è sopravvissuta e dà una sbirciata in tempo per vedere l’uomo acchiapparla dagli avambracci mentre lei dondola come un pendolo sotto di lui, lui completamente sottosopra, attaccandosi alla sbarra solo grazie alla forza nelle sue gambe. Santana sente di nuovo il suo stomaco in subbuglio appena guarda l’uomo lanciare di nuovo la donna verso il suo trapezio, lei che si contorce nell’aria come una foglia d’acero svolazzante colpita dal vento. Afferra la sbarra e lo stomaco di Santana si rivolta. All’altezza della sua oscillazione verso l’alto, i piedi della donna ritrovano la piattaforma; l’altra ragazza acrobata le rivolge il bentornato.

Santana trascorre l’intero numero dei Chang Dragoni Volanti in uno stato di disagio, mai del tutto fiduciosa che sopravvivranno a tutte le loro acrobazie, nonostante aumenti l’evidenza della loro competenza. Rimane senza fiato e applaude, caduta nella comune ansia della folla.

Quando William ricompare nella pista centrale, Santana si sente rinfrancata, ma anche dopo che l’esibizione dei Chang finisce ufficialmente, il suo respiro impiega vari minuti a tornare alla normalità.

William inizia a introdurre un numero delle cavallerizze, solo per essere interrotto dai clown non appena si riversano di nuovo nel tendone, spuntando quasi dal nulla, il clown che Santana sospetta sia il sig. Evans che ruba il cilindro di William e tenta di squagliarsela con quello mentre William gli urla contro i più ridicoli insulti, perfino quando gli altri clown iniziano a creare guai attorno alla pista, arrampicandosi su dei palchi chiaramente utilizzati come piedistalli per gli animali e tentando di sistemandosi l’uno sulle spalle dell’altro per formare una scala umana che raggiunga i trapezi.

“Vieni qui, perfida canaglia!” urla William, inseguendo il sig. Evans. “trasformerò il tuo naso rosso in un pomello per la porta!”

Il pubblico ruggisce di risate.

(Santana si accorge che la voce di William sembra stanca.)

Una volta che William riesce a scacciare i clown – minacciandoli con dei calci se non si comporteranno bene – fa un’introduzione completa al gruppo delle Cavallerizze Sylvesteri di San Pietroburgo, di altissimo livello ed espertissime, che cavalcano nel tendone attraverso le tende da entrambi i lati del tendone, sedendo diritte e altezzose sulle loro selle, indossando le gonne che Santana e Brittany hanno orlato per loro questa mattina.

Le ragazze incitano i cavalli a camminare sulle zampe posteriori, appoggiandosi distese lungo i dorsi dei cavalli, le loro teste che rimangono sospese vicine al terreno, e poi si raddrizzano, dilettando molto la folla. In seguito, fanno trottare i loro cavalli, facendoli girare aggraziatamente attorno alle piste. Alcune delle ragazze fanno saltare i loro cavalli sopra gli stessi piedistalli di cui i clown si erano prima appropriati. Si muovono con grande precisione, guidate dalla donna con il frustino, eleganti nei loro abiti rossi da cavallerizze. Santana ammira enormemente il gruppetto, anche se sa che non diventeranno mai sue amiche, non importa quante gonne possa cucire per loro o per quanto tempo viva nel campo.

Dopo le cavallerizze è il turno del sig. Jesse St. James il Domatore di leoni, di cui William sembra andare particolarmente fiero. William loda di fronte alla folla la giovinezza e l’abilità nella professione del sig. St. James e spiega che il sig. St. James ha addestrato i suoi animali fin da quando erano cuccioli, fissando i suoi metodi per domarli al suo tocco.

Santana è lieta del fatto che i leoni e la tigre non portino le catene per il loro numero, sebbene la spaventino ogni volta che ruggiscono o guardano verso la folla. Si chiede che cosa Jesse St. James farebbe se una delle sue belve sfuggisse alla sua frusta e balzasse verso i clienti. È lieta, almeno in questo momento, di essere seduta nella parte più alta delle gradinate e non più vicina alla pista.

Jesse infila la sua testa per intero tra le fauci della tigre e fa saltellare i suoi leoni sopra dei grandi palloni di gomma, facendoli rotolare con le loro poderose zampe. Più la folla lo acclama, più Jesse diventa compiaciuto di sé. Quando fa l’inchino alla fine del suo atto, pare così inorgoglito che Santana non riesce a credere che il suo sorrisetto scomparirà, anche dopo essere andato a dormire.

Giocolieri, contorsionisti, un branco di zebre, e lo Spettacolare Hiram – questa volta senza l’assistenza di Rachel e solo con l’aiuto del mulatto – riempiono tutti il palco, offrendo spettacoli sia audaci che divertenti, prima che William annuncia un atto che cattura l’attenzione di Santana molto di più degli altri che ha visto fin’ora.

“Signore e signori, dalle più misteriose regioni dell’Europa, vi presento un paio di gitani estremamente esperti nell’arte della pirotecnica! Per loro, il tocco di una fiamma non è altro che un’amorevole carezza! Si nutrono di fuoco e si lavano nello zolfo! Non preoccupatevi per quello che state per vedere. I nostri gitani sono a prova di fuoco! Guardateli domare le fiamme!”

Per un secondo, le luci si affievoliscono e quando si alzano, Santana vede Puck e Rachel al centro della pista, all’inizio voltati di spalle. Quando la banda fa partire la prima nota tremolante di una canzone misteriosa e tintinnante, come monetine che sbatacchiano in una borsa, Puck e Rachel si voltano per mettersi di fronte alla folla, entrambi stringendo oggetti già illuminati dalle fiamme.

Mentre Rachel tiene un correggiato con una palla di fuoco alla sua estremità, Puck tiene in mano due corte torce, una con entrambe le estremità accese, l’altra spenta da un lato. Rachel balza in avanti, facendo roteare il suo correggiato in lenti, continui cerchi attorno alla sua testa, lasciando figure a otto bruciare nell’aria dietro di lei, il loro caldo fantasma vivido contro l’oscurità della pista.

Da parte sua, Puck gira intorno a Rachel muovendosi molto più velocemente di lei. Puck si lancia in cerchi come cicloni, abbassandosi, gambe piegate alle ginocchia, quasi come se cavalcasse un cavallo invisibile. Fa roteare le sue torce nelle mani, ombre confuse di scintille arancio e gialle che si muovono in forma ellittica attorno alla sua testa. Si esibisce in prestazioni ginniche, lanciandosi in ardite ruote e atterrando con un gesto plateale, e scaglia le sue torce in aria, afferrandole di nuovo per la delizia del pubblico.

Il bagliore del fuoco dipinge Puck più diabolico del solito; il suo sorrisetto sembra assolutamente malvagio. Tiene stretta l’estremità accesa della torcia semi illuminata e fa scorrere un paio di fiamme lungo il bastone, muovendole da una torcia all’altra in un unico abile movimento. Il pubblico resta a bocca aperta, ma il fuoco non sembra minimamente bruciare Puck.

Appena il ritmo frenetico della musica si solleva, Puck e Rachel si avvicinano, ancora più vicini, danzando quella che Santana può solo supporre sia una danza gitana – o forse ebrea – , Puck che si scatena e Rachel che ruota le spalle e i fianchi. Lei e Puck fanno cerchi concentrici l’uno attorno all’altra, roteando i loro strumenti ancora più velocemente di prima.

Il pubblico grida estasiato appena il correggiato di Rachel arriva a diversi pollici di distanza dal volto di Puck e lui non batte ciglio né si sposta minimamente. Anzi, come se volesse provare quanto poco il fuoco lo preoccupi, Puck  traccia i suoi bastoni lungo le gambe, le fiamme che lambiscono i suoi nudi polpacci; numerose donne del pubblico urlano.

(Santana pensa che debba essere il trucco da cui è derivata la lesione di Puck e che l’ha portato alle cure di suo padre. )

Puck e Rachel raggiungono la parte anteriore della pista appena la musica attacca con un crescendo. Perfettamente all’unisono, Rachel fa un ultimo notevole movimento sventolando il suo correggiato proprio appena Puck porta le sue torce al volto e soffia un’ondata di fuoco numerosi piedi in aria con un potente sbuffo in direzione del pubblico. Tra il frastuono di urla e applausi, Puck e Rachel spengono velocemente i loro strumenti in alcuni profondi secchi riempiti d’acqua che sono allineati lungo i margini della pista, che Santana non ha notato si trovassero lì prima.

Per un momento, il tendone si fa nero, ma poi ritornano le luci. Puck fa un inchino e Rachel una riverenza prima che Puck corra fuori dalla pista verso il fondo, William il presentatore che ritorna al suo posto sotto il riflettore. Rachel passa il suo correggiato a un clown che emerge dal bordo del palco e poi scompare di nuovo rapidamente, ma d’altro canto rimane ferma, trascinando i suoi piedi contro il terreno, come se aspettasse qualcosa.

“Un altro giro d’applausi per i nostri fantastici gitani mangiafuoco!” William dice, offrendo il suo applauso nella direzione in cui Puck è scomparso.

È allora che Rachel sembra attirare la sua attenzione.

(Santana si chiede che cosa stia facendo Rachel. È così vanesia che non abbandonerà il palco, perfino dopo che il suo atto ha raggiunto la sua naturale conclusione?)

“Woah,” dice William. “Che cosa ci fai ancora qui fuori, signorina?”

Rachel guarda William con adorazione; anche se Santana non riesce a vedere chiaramente i tratti di Rachel da quest’altezza, pensa che forse Rachel sbatte le ciglia. Per lo meno, Rachel stringe fortemente le sue mani come un’innamorata sognante e traccia un cerchio sul terreno col suo piede, muovendosi come se volesse adulare William per ottenere qualcosa.

( È solo allora che Santana capisce che il comportamento di Rachel è tutto parte dell’atto. )

(Santana sussulta; non le piace sentirsi ingannata.)

“Hai bisogno di qualcosa?” chiede William, la sua recitazione che diventa sempre più esagerata e chiaramente falsa.

Rachel fa un cenno verso il pubblico, mimando l’azione di offrirgli un regalo. Lancia un altro sguardo amorevole a William.

“Vuoi dare qualcosa al nostro pubblico?” chiede conferma William.

Rachel saltella e annuisce con esagerazione, con un sorriso così ampio che Santana non ha problemi a vederlo, anche da tale distanza. “Beh, perché non l’hai detto subito?” William dice impassibile e il pubblico ride.

“Vorresti cantare per loro?”

Rachel annuisce con ancora più entusiasmo di prima, perfino roteando in una piccola piroetta per mostrare la sua eccitazione.

William si rivolge al pubblico, “Beh, in questo caso, signore e signori, vi presento la nostra Piccola Malibran di Siviglia, istruita nelle arti liriche dai maestri europei! La sua voce è così chiara e pura che può frantumare il cristallo grazie solamente al suo tono perfetto! Maestro,” dice Will, rivolgendosi al trasandato capo banda che siede a fianco del suo armonio al margine più distante del palco, “accompagneresti gentilmente la nostra piccola Malibran?”

Il riflettore si sposta momentaneamente al capo banda seduto sul suo sgabello. L’uomo annuisce, annoiato; il pubblico non sembra accorgersi del suo scarso entusiasmo.

“Eccellente!” esulta William. “Dacci un po’ di Rossini, per favore! Adesso, dove sono i miei pigri compagni?”

Al segnale, tre clown, tra cui il vagabondo dal cappello di feltro, arrivano di fretta in pista, uno portando uno sgabello, l’altro portando un alto piedistallo avvolto in stoffa blu, e il vagabondo con un calice per il vino di cristallo, che mostra al pubblico. I clown sistemano lo sgabello direttamente di fronte al piedistallo, su cui il vagabondo dal cappello di feltro posa in modo cerimonioso il calice, atteggiandosi in modo ridicolo, come se stesse per far cadere il calice prima di appoggiarlo al sicuro sul suo piedistallo. Tutti e tre i clown fanno capriole per la gioia della folla.

Uno dei clown – un tipo alquanto massiccio – osserva la disposizione come una persona potrebbe osservare un quadro che necessita di essere raddrizzato sul muro. All’ultimo momento, si avvicina di soppiatto a Rachel e la solleva da terra con le sue braccia rigide sui fianchi. Le sue sopracciglia si alzano fin quasi all’attaccatura dei capelli e la sua bocca si spalanca, aperta in modo comico, appena il clown cammina verso lo sgabello, trasportandola di peso, e la sistema lì sopra. Il clown sorride, soddisfatto della sua aggiunta, e offre al pubblico un segno d’approvazione. Rachel pare sconvolta, ma poi fa un cenno di ringraziamento al clown.

(Santana deve ammetterlo: Rachel è veramente una commediante talentuosa.)

“Perfetto,” dice William, facendo un gesto con le mani per mandarli via come una persona potrebbe scacciare dei tafani da un picnic. “Basta così, pezzenti piantagrane! Via, sciò! Lasciate da sola la nostra povera signorina!”

William agita il suo cappello verso i clown e si disperdono, apparentemente spaventati da lui. William sorride al pubblico.

(Sembra proprio, oltre che a suonare, stanco.)

“Signori e signore, senza ulteriori indugi, vi presento la famosa Piccola Malibran di Siviglia!”

La musica parte. Santana può dire che la canzone melodiosa che attraversa la tenda dovrebbe essere suonata con un piano, non un armonio, e arriccia il naso, contrariata dal cambio di strumenti, che in qualche modo fa sembrare il pezzo sdolcinato e comico quando dovrebbe essere drammatico e rigido.

Poi, però, Rachel inizia a cantare e all’improvviso Santana si scorda della sua irritazione.

Rachel Berry ha la voce di una dea.

Santana ha già sentito cantare prima – suo padre cantava, come sua nonna, e a volte suo padre invitava dei colleghi al cottage per i giochi da salotto e Santana li ascoltava intonare vecchie ballate con delle stecche sulla balaustra mentre lei rimaneva nascosta al piano di sopra con Abuela, tenendosi fuori dalla vista – ma non ha mai sentito qualcuno cantare come Rachel Berry.

La voce di Rachel gorgoglia, quasi come una risata, brillando oltre quei generi di note che non esistono nelle canzoni di San Juan o le canzoncine che cantano i dottori brilli dopo aver bevuto sherry e birra. Fa delle facce orribili, esasperate al limite del grottesco, ma emette i più alti e chiari suoni che Santana abbia mai sentito prodotti da voce umana. Rachel canta in una lingua che suona quasi familiare a Santana, solo un po’ differente dallo spagnolo, ma le sue parole non contano nemmeno; la sua voce è grandiosa.

Canta con una destrezza tale che quasi sembra che la musica fatichi a starle dietro. La sua voce si alza e si abbassa in abili e improvvise salite e cadute, passando dalla pienezza a una stratosferica quintessenza. Mentre ascolta, Santana sente qualcosa muoversi dentro di lei e lacrime le pungono gli occhi; trattiene il respiro.

La canzone accresce fino all’ultima nota e Rachel squilla, cogliendo quella che Santana può solo pensare sia il mi della sesta ottava di cui si era vantata sul treno dal firmamento, calandola dal paradiso per essere divisa con la terra.

Il calice per il vino scoppia sul suo piedistallo, il vetro che si crepa e si rompe del tutto.

Rachel completa la sua nota.

Il tendone esplode in un turbolento applauso e il pubblico si alza in piedi. Santana si unisce a loro, battendo così forte le mani che le braccia le dolgono, il suo cuore che batte forte per l’eccitazione. L’ovazione dura per numerosi minuti. Rachel si alza dal suo sgabello e si inchina graziosamente davanti al pubblico. Sorride, puramente grata, ma Santana non può fare a meno di notare che pare anche triste, una vena di malinconia che passa sul suo volto, poi scomparsa in un istante.

(Non è esattamente tristezza da circo. È qualcos’altro a cui Santana non riesce a dare un nome.)

I tre clown si precipitano di nuovo nella pista e rimuovono gli strumenti di scena, il vagabondo dal cappello di feltro che porta con sé una scopa e una paletta, che usa per spazzare via e rimuovere quel che rimane del calice spezzato e poi scompare insieme ai clown dietro le quinte, salutando il pubblico mentre si allontana.

William compare nella pista centrale. “Grazie, grazie! Grazie alla nostra Piccola Malibran!” esulta, assorbendo l’applauso prolungato per conto di Rachel. “Adesso che abbiamo avuto la nostra musica, che ne dite di un po’ di pericolo? Signore e signori, lasciate che vi introduca a un pioniere specializzato nell’arte del lancio del coltello, la cui precisione è ineguagliabile nei nostri Stati Uniti! Vi presento il sig. Daniel S. Pierce e la sua meravigliosa figlia, Brittany, direttamente dal cuore dell’Appalachia fino al J. P. Adams & Son Travelling Circus!”

Santana si dimentica come respirare.

Numerosi sovrintendenti entrano in pista, trasportando una larga tavola di legno e quello che sembra uno stipite fuori misura. Sistemano la tavola di legno in modo che rimanga verticale nel centro della pista, usando lo stipite per tenerla su. Una volta che hanno finito, Santana nota la sagoma di una figura umana disegnata sulla tavola.

Un essere umano non-un-bersaglio.

Il riflettore si sposta dalla tavola appena Brittany e suo padre emergono da dietro le quinte nella pista. D’impulso, Santana congiunge le sue mani, come in un gesto di preghiera. Brittany sorride al pubblico, salutandolo allegramente. Porta una borsa a tracolla sulla spalla e cammina saltellando, quasi danzando lungo il palco. Una luce chiara cattura il costume bianco di Brittany, donandole un’aura come al circo. Il suo sorriso arde, brillante come il mezzogiorno. I suoi occhi studiano il pubblico e il cuore di Santana si ferma non appena Brittany guarda nella sua direzione. Si chiede se Brittany la vede.

(Vuole che la veda più di ogni altra cosa.)

All’inizio, Santana si concentra così tanto su Brittany che si dimentica di vedere il suo padre, ma poi non appena Brittany occupa la sua posizione davanti al bersaglio di legno e suo padre si mette di fronte a lei, Santana prova un’immensa curiosità nei suoi confronti.

Il sig. Pierce indossa un vestito di daino, come un uomo delle montagne, perfino con un berretto di procione. Una bandoliera piena di pugnali è posizionata sulle sue spalle. È alto e biondo, come Brittany, ma non condivide per nulla l’indole solare della figlia; appare scontroso e cammina come se portasse un grande peso invisibile. Ha le sopracciglia aggrottate, il volto duro e non rasato, e non si sforza nemmeno a impressionare la folla o perfino farle dei cenni. Santana si chiede come un padre possa essere così differente rispetto alla figlia.

Brittany posa la sua borsa nel centro della pista, poi si avvicina al bersaglio di legno e si appoggia ad esso, stendendosi come una stella umana cosicché i suoi arti si allunghino fino ai bordi del bersaglio. Il sig. Pierce sta di fronte a lei, incrociando il suo sguardo.

“Che ne dite di contare qualche passo per il nostro eroe, eh?” William spiega alla folla. “Uno, due, tre, quattro…”

Il sig. Pierce prende lunghe falcate allontanandosi da Brittany, una per ogni numero. La folla si unisce al richiamo di William, portando il sig. Pierce a dieci passi. Dopo aver completato il conto, si trova a circa quindici piedi dal suo bersaglio – da Brittany. Santana non si è mai sentita così nervosa riguardo qualcosa nella sua vita, ma, da parte sua, Brittany sembra calma. Sorride al padre e saluta di nuovo il pubblico appena la banda fa partire un motivo drammatico.

Passa un battito e poi, senza avvertimento, il sig. Pierce impugna uno dei coltelli dalla sua bandoliera, scagliandolo in un unico, repentino movimento verso Brittany contro il bersaglio. In un secondo, Santana vede il coltello sfrecciare nelle luci del palco per poi incastrarsi nel legno del bersaglio con un forte tun, così vicino all’orecchio destro di Brittany che Santana rimane a bocca aperta, anche se la lama è stata precisa. Il sig. Pierce afferra un nuovo pugnale e lo capovolge, tenendolo dalla parte della lama invece che del manico, piatta nelle sue mani. Brittany non sussulta appena tira il coltello con la stessa brusca, sicura mossa come prima. Il pubblico sobbalza appena la lama trova la sua casa, incastrandosi nel bersaglio di legno appena sopra la spalla di Brittany.

Il sig. Pierce accelera il suo ritmo e Santana è certa che non respira fino a quando l’ultimo coltello non si conficca nel bersaglio, inoffensivo, lungo il fianco di Brittany. L’ha contornata con i suoi coltelli, seguendo la sagoma sulla tavola. Santana vorrebbe improvvisamente che sua nonna fosse con lei a iniziare a ringraziare i santi con il suo rosario. Applaude più rumorosamente di tutti quelli nella sua sezione – forse più rumorosamente di chiunque nell’intero circo – per la sicurezza di Brittany, sentendo qualcosa sorgere dentro di lei, caldo, riconoscente, e preoccupato.

Ma il numero non è finito, come si era aspettata Santana.

Invece, Brittany stacca i coltelli dal bersaglio, liberandoli con un deciso, forte strattone, e poi li riporta tutti quanti – una mezza dozzina in tutto – a suo padre prima di precipitarsi verso la sua borsa ed estrarre un oggetto da questa, rivolgendo le spalle al pubblico. Quando si trova di nuovo di fronte alla folla, Brittany mostra una brillante mela rossa, grande e matura. Sorride mentre ritorna alla tavola, sistemandosi in modo da rimanere nella prima posizione di una ballerina. Con un sorriso a illuminarle il volto, Brittany posa la mela sulla sua testa.

“A quanto pare abbiamo un moderno Guglielmo Tell!” William, il presentatore del circo, dice dai margini. “Oh oh, Brittany! È meglio se stai attenta!”

Santana non pensa di riuscire a guardare, ma, allo stesso tempo, non riesce nemmeno a distogliere lo sguardo. Siede, paralizzata, e porta una mano al petto, controllando il suo cuore per sentire se è ancora lì perche non riesce più a percepirlo sotto il suo seno.

Brittany si sposta, contorcendosi in modo da avere una delle sue gambe contro il suo corpo, rimanendo in piedi in una spaccata verticale. Il sig. Pierce scaglia un coltello, che si conficca dove la sua gamba stava fino ad un momento prima. Brittany si muove di nuovo, posizionandosi in una posa aggraziata, con una gamba distesa dietro di lei mentre sta di profilo contro la tavola. Suo padre lancia un coltello contro di lei, che si pianta vicino alla punta del suo naso. Per tutto il tempo, la mela rimane perfettamente in equilibrio sulla testa di Brittany.

Uno, due, tre pugnali trovano il loro posto appena Brittany si sposta, fluida ed esperta, mettendosi in nuove pose, il suo corpo che si muove in un modo che Santana non ha mai visto prima.

(Brittany si muove come Rachel canta.)

Alla fine Brittany si raddrizza, rimanendo in piedi con le braccia semplicemente ai fianchi. Il sig. Pierce ha un unico coltello rimasto.

“Che ne dite di vedere il sig. Pierce prendere la mela?” William chiede alla folla, ricevendo urla d’approvazione in risposta.

Come se rispondesse all’incitamento del pubblico, il sig. Pierce si ferma e prende una benda rossa da una delle sue tasche all’altezza della vita. Il sig. Pierce alza la benda per farla vedere al pubblico, poi la porta alla faccia. Con orrore di Santana, la lega attorno al volto, bendandosi gli occhi.

“Sant’Iddio…” qualcuno vicino a Santana sussurra e Santana è sorpresa di non essere la persona ad averlo detto.

Con la benda stretta al suo posto, il sig. Pierce allinea il suo coltello, piegando il braccio e prendendo la mira. Brittany lo guarda fermamente, mai esitante. Santana sente l’ansia; vuole che l’intero circo smetta di respirare e stia perfettamente fermo, per paura che qualsiasi piccola cosa disturbi il punto più critico del numero.

Il lancio.

Santana sussulta e chiude gli occhi, ma li riapre quasi immediatamente per vedere la mela tagliata sopra la testa di Brittany, il suo succo e polpa che gocciolano sui suoi capelli, ma la testa di Brittany è fortunatamente, perfettamente intera. Il sig. Pierce si toglie la benda sotto lo scroscio di applausi. Il presentatore del circo William dice qualcosa, ma Santana non riesce a sentire: il battito del suo cuore è troppo rumoroso.

Brittany e suo padre fanno dei passi in avanti, tenendosi per mano, e ricevono gli applausi mentre i sovrintendenti emergono dal retroscena per portare via il bersaglio e gli strumenti. Santana applaude così rumorosamente che è sicura che Brittany debba sentirla particolarmente sopra perfino il frastuono del resto del pubblico. Guarda Brittany correre verso la sua borsa, prendendola e tirando fuori un asciugamano in un unico movimento elegante mentre si ritira in seguito al padre dietro le quinte, asciugandosi i capelli con l’asciugamano mentre cammina. Santana continua ad applaudire anche dopo che Brittany è scomparsa nell’oscurità.

Dopo quello, Santana presta a malapena attenzione all’esibizione finale dello spettacolo, che include un domatore di elefanti che fa stare in equilibrio le enormi bestie, le fa camminare sulle gambe posteriori, e strombazzare canzoni da fanfara che il direttore della banda suona sul suo armonio. Tutto quello a cui riesce a pensare è Brittany, Brittany, Brittany.

Il circo si conclude con un altro numero, tutti i circensi che occupano il palco per un giro finale attorno alle piste, in cui Brittany e il padre paiono stranamente mancare. Santana applaude ed esulta così sonoramente che si domanda se non perderà la sua voce o si infiacchirà, troppo stanca per sollevare le sue braccia, domani. Sente un’ondata di affetto per l’intera compagnia, ma non può fare a meno di chiedersi dove Brittany sia scomparsa di nuovo.

(Santana ha finalmente visto il circo.)

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: themostrandomfandom