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Autore: Kitri    17/03/2013    13 recensioni
"Ancora una volta il ragazzo non rispose. Si limitò a seguire con gli occhi quella meraviglia, che passando davanti al suo tavolo non si era sottratta ad un nuovo gioco di sguardi, regalandogli l’ultima intensa emozione".
Un colpo di fulmine e una serie di coincidenze, un amore che porterà i due protagonisti a riscoprire se stessi.
La mia prima fanfiction!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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SENSO DI LIBERTÀ 
 
 
L’indomani mattina, Mamoru si svegliò piuttosto tardi, rispetto al solito.
Posò un leggero bacio sulla fronte di Usagi, che ancora dormiva placidamente tra le sue braccia. Avendo cura di non svegliarla, si alzò piano dal letto e si rivestì, pensando di dover passare a casa per una doccia veloce e un cambio di abiti, prima di correre in ospedale.
Ne avrebbe anche approfittato per salutare sua madre e per invitarla a cena quella sera. Glielo doveva!
Aveva fatto un lungo viaggio solo per vederlo e lui non si era di certo comportato bene con la donna che lo aveva messo al mondo e che non lo aveva mai abbandonato, appoggiando ogni sua scelta.
In dieci minuti, Mamoru era pronto, mentre Usagi dormiva ancora profondamente.
La guardò e sorrise divertito, pensando che neanche le cannonate avrebbero potuto svegliarla.
Decise che sarebbe stato meglio lasciarle un biglietto e, quindi, si chinò su di lei per baciarla un’ultima volta, prima di andare via.
Ma il movimento improvviso del materasso fece sobbalzare dal sonno la ragazza, che aprì gli occhi, mostrando due limpidi laghi azzurri da togliere il fiato.
«Buongiorno, Usako!» esclamò con dolcezza, cercando di soffocare il desiderio improvviso che si era impossessato di lui e che non avrebbe potuto assecondare, per via del tempo tiranno.
«Stavo andando via – le sussurrò, poi – ma tu continua pure a dormire! Stanotte hai il turno in ospedale ed è meglio se riposi il più possibile. Ci sentiamo dopo».
«Va bene, – rispose Usagi con un filo di voce – Buona giornata, Mamo».
E accolse poi le sue morbide labbra, allungando leggermente il viso verso di lui, che si era letteralmente sciolto, al solo sentire la voce della sua Usako pronunciare quel nomignolo.
 
Erano già le sette di sera e Mamoru era in ritardo di almeno mezz’ora all’appuntamento con Motoki e Heles al Crown.
Aveva incrociato Usagi mentre lei arrivava, per cominciare il suo turno, e lui andava via, dopo aver terminato il suo.
“Solo un bacio!” si era detto, mentre la rapiva per portarla nel suo ufficio, nonostante la reticenza, rivelatasi poi fievole, della ragazza.
Ma si sa che certe cose non si possono programmare. E, infatti, un bacio tira l’altro, travolti dalla passione, avevano finito col fare l’amore contro la parete dell’ufficio.
«La prossima volta proviamo la scrivania!» le aveva detto lui, alla fine, tra il malizioso e il divertito, prendendola in giro, mentre lei gli mollava un sonoro colpo sulla spalla, fingendosi contrariata e scandalizzata da tanta audacia.
«Ecco il nostro Romeo! - esclamò Heles, non appena lui si avvicinò al tavolo – Spero che i tuoi racconti siano così dettagliati da farci dimenticare il tuo clamoroso ritardo».
«Lascialo stare, Heles! – la rimproverò ironicamente Motoki – Sicuramente il nostro dottor Chiba sarà stato trattenuto da qualche impegno improvviso».
«Sì, magari un impegno che inizia con la U e finisce con la I» continuò la ragazza, volgendo il suo sguardo beffardo verso Mamoru.
Il giovane neurochirurgo scosse la testa e sorrise, sentendosi per la prima volta libero di parlare di Usagi con i suoi amici, senza imbarazzi e senza la necessità di inventare banali storielle, perché adesso tutto era più chiaro, sia nella sua mente che nel rapporto con lei.
«Eccomi, sono pronto per essere torturato!» esclamò con sarcasmo, sedendosi di fronte a loro.
Quella non era la prima volta che i tre amici vivevano una situazione del genere.
La stessa sorte era toccata sia a Heles, quando aveva conosciuto Michiru, sia a Motoki, prima, quando aveva incontrato Reika e, poi, quando aveva deciso di sposarsi.
Ma nel caso di Mamoru, si trattava di un vero e proprio evento, tanto improvviso quanto insperato, dato che il ragazzo non aveva mai dato segni di cedimento, a differenza degli altri due amici che, invece, prima degli attuali, avevano avuto altri amori, più o meno seri.
«Non abbiamo alcuna intenzione di torturarti, Chiba» disse Motoki, mentre Mamoru lo guardava con aria interrogativa, corrugando la fronte.
«Sappiamo già tutto! – aggiunse Heles – Ti conosciamo talmente tanto bene, che il tuo comportamento anomalo ci ha già dato tutte le risposte che cercavamo. In pratica, sei un libro aperto per noi».
Mamoru era rimasto sbalordito da tanta clemenza nei suoi riguardi.
E pensare che era pronto ad immolarsi, in nome dell’amicizia che lo legava a quei due rompiscatole, quella stessa amicizia che lui aveva trascurato negli ultimi tempi.
«Mi dispiace, ragazzi, se non mi sono confidato con voi e vi ho raccontato qualche bugia – disse sentendosi quasi un traditore per come si era comportato – Il fatto è che è accaduto tutto così rapidamente, che, all’inizio, ho faticato anche io a capire cosa mi stesse succedendo e, quando poi ho compreso, ho avuto paura di perdere il controllo della mia vita».
Motoki e Heles sorrisero.
«Non ti dispiacere, Mamoru! – lo rincuorò il ragazzo – Piuttosto, adesso come va?».
Mamoru sorrise al pensiero di Usagi nella sua vita e di tutto ciò che di bello aveva portato con sé, in così poco tempo.
«Sono innamorato e felice! – esclamò con una determinazione sul volto e nel tono di voce, che lasciò di stucco i due – Avevate ragione quando dicevate che la mia vita non era perfetta come credevo … adesso lo è!».
«E vissero tutti felici e contenti! – lo interruppe Heles prendendolo in giro, per non far trasparire la propria commozione  – Mamoru, siamo tutti felici per te e per la tua favolosa fidanzata, ma ti prego, così melenso non ti si può sentire! E ora, per farci riprendere dallo shock, ce lo offri o no questo drink?».
I tre amici scoppiarono a ridere.
Certo che Heles era sempre la solita! Quando faceva così era quasi odiosa, ma Mamoru adorava quel suo fare da finta dura e non avrebbe mai potuto rinunciare alla sua amicizia, come pure all’amicizia di Motoki. Loro due erano la sua famiglia, e adesso con loro c’era anche Usagi.
Dopo aver trascorso un’oretta insieme al Crown, i tre amici dovettero salutarsi, ciascuno preso dai propri impegni: Heles doveva lavorare (per quella notte la sua assistente sarebbe stata proprio Usagi), Motoki doveva correre dalla sua Reika e Mamoru aveva appuntamento con sua madre per portarla a cena.
«Io devo scappare! – esclamò Heles – Darò un bacio da parte tua alla tua bella principessa!» aggiunse, poi, ironica per stuzzicare la gelosia di Mamoru.
«Provaci e sono guai! E via gli occhi dal suo fondoschiena!» la minacciò lui scherzosamente, mentre lei andava via, conoscendo bene i suoi punti deboli.
«Vado anche io! Abbiamo ospiti a cena e chi la sente Reika, se faccio tardi – esclamò Motoki –  Comunque, se vuoi, a Natale puoi portare anche la tua Usagi, ci farebbe davvero molto piacere».
«Grazie Motoki! Ma credo che tornerà per qualche giorno dalla sua famiglia. Sarò da solo come ogni anno».
«Ok, come non detto. Allora, buona serata. Ci vediamo».
«Buona serata anche a te!».
 
L’Italian Restaurant era il ristorante italiano più rinomato della città. Era anche uno dei più cari, ma di certo le sue pietanze valevano ogni centesimo dei salatissimi conti.
Mamoru amava la cucina italiana e in quel locale si mangiava divinamente. Tranne la pizza! L’unica pizza davvero buona l’aveva mangiata durante un suo viaggio in Italia, a Napoli.
“Magari un giorno ci porterò anche Usagi!” pensò.
Sorrise, poi, per quanto la sua fantasia stesse volando. In fondo, loro due non erano neanche mai usciti insieme!
Promise che avrebbe rimediato il prima possibile, non appena Usagi avesse vinto la sua reticenza nel mostrarsi insieme in pubblico.
«Guarda quelle due ragazze che sfacciate! - esclamò sua madre riportandolo alla realtà – Ti stanno letteralmente divorando con gli occhi!».
Mamoru restò sbigottito da quella osservazione.
«Sei gelosa, mamma?» le chiese curioso.
«Io no, - rispose Kaori – lo so benissimo che mio figlio è bello e ha molto successo con le donne, ma credo che la tua fidanzata potrebbe esserlo parecchio di fronte alla sfacciataggine di certe donne».
Mamoru sorrise. Eh, sì, Usagi era davvero molto gelosa!
«Mamma, - le disse – non è che tutte possono sapere se sono impegnato o meno. E poi quelle due che dici tu non le ho neanche guardate. Da quando c’è Usagi, le altre donne non mi interessano».
Kaori Chiba sorrise. Finalmente Mamoru aveva ammesso la verità. Del resto, non le ci era voluto molto a capire quanto suo figlio fosse preso da quella ragazza. Era decisamente cambiato, rispetto all’ultima volta che lo aveva incontrato.
«A proposito di Usagi, perché non hai portato anche lei questa sera? Poteva essere l’occasione per conoscerla meglio» gli chiese Kaori.
«Aveva il turno di notte» rispose lui, conciso.
«Come te, ieri? Guarda che non sono stupida, l’ho capito benissimo che quella di ieri sera era una scusa e che hai dormito da lei».
«E allora perché me lo chiedi, se sai che ho mentito?».
«Perché mi piace vederti arrossire quando si parla di lei».
Kaori sorrise amorevolmente nel vedere suo figlio leggermente imbarazzato. Amava prenderlo in giro. La riportava a quando era ancora un bambino dolce e affettuoso, e non l’uomo freddo e cinico che era diventato, molto simile, in questo, a suo padre Hiroshi. Anche se, adesso, era diverso grazie a Usagi e al piccolo miracolo che aveva cominciato a compiere su di lui. Doveva ricordarsi di ringraziarla.
«Allora, perché non mi racconti un po’ di lei?» chiese ancora Kaori, sperando che Mamoru soddisfacesse la sua immane curiosità.
Il ragazzo sospirò.
«Cosa vuoi che ti dica? – rispose quasi seccato – È un medico, una specializzanda in chirurgia, molto intelligente e in gamba. Si è trasferita in città a settembre e non l’ho conosciuta in ospedale … beh, più o meno!».
«Ah, no?!? E dove vi siete conosciuti?».
Mamoru si era tradito da solo. E adesso cosa avrebbe dovuto raccontarle? Che avevano flirtato come due adolescenti per una settimana, prima di scoprire che lavoravano nello stesso ospedale? E che avevano passato quasi un mese a rincorrersi e sfuggirsi, in preda alle paure più stupide, prima di abbandonarsi totalmente alla passione? No, decisamente quello non era un discorso da fare a sua madre! Anzi, si era esposto fin troppo con lei e, per il momento, era più che sufficiente.
Guardò con tenerezza quei suoi occhi blu, così simili ai propri, che aspettavano con trepidazione una risposta. Sorrise.
«Sai, mamma, mi stupisce vedere che questa volta il tuo argomento preferito sia un altro.– esclamò Mamoru improvvisamente - Come mai non mi hai ancora fatto la solita fatidica domanda?».
«Mi risponderesti forse diversamente, stavolta?» gli chiese lei, con un’espressione scettica sul volto.
«La tua è una domanda retorica» si limitò a risponderle Mamoru con tono sprezzante.
«Ragion per cui ho smesso di fartela! – continuò lei – Sai già come stanno le cose. Tuo padre è pentito e gli manchi tantissimo, ma il suo orgoglio gli impedisce di ammetterlo e di affrontarti».
«E così tu vorresti che fossi io a fare il primo passo? Mi dispiace, mamma! Ma tuo marito in dodici anni non ha mai alzato il telefono per sapere come stessi. Ero solo un ragazzino e lui non ha mai avuto alcuno scrupolo a cacciarmi di casa, non si è mai preoccupato di niente».
«Non giudicarlo così male, Mamo! Lui è sempre stato fatto così».
«Ma perché cerchi sempre di giustificarlo? Dimmi la verità, tu sei mai stata felice con lui?».
Un velo di tristezza coprì gli occhi di Kaori.
« No! – rispose la donna seria - Tuo padre ha sempre messo la carriera davanti alla sua famiglia, uno come lui non avrebbe mai dovuto sposarsi. Inoltre, mi ha sempre tradito. Adesso che sei adulto, te lo posso dire! Sapevo perfettamente quando mi mentiva perché era con un’altra donna. Ne ho sofferto tantissimo, ma l’amavo e non avevo il coraggio di lasciarlo e, poi, c’eri tu, che avevi bisogno di una figura paterna. Però, nel momento in cui ha preferito lasciarti andare via, piuttosto che rivedere la sua posizione, l’ho odiato tantissimo, con tutto il cuore e con tutto il rancore che avevo accumulato in anni e anni di sofferenze e tradimenti. Sono stata sul punto di lasciarlo, perché mio figlio era la mia unica fonte di felicità e lui l’aveva allontanato per sempre da me. Se ben ricordi, sono stata sei mesi a casa di tua nonna con la scusa che era anziana e aveva bisogno di assistenza. Tua nonna stava benissimo! Ero io quella che stava male, in realtà».  
La donna fece una piccola pausa per riprendersi dai quei tristi ricordi, poi continuò la sua confessione.
«Con il tempo, piano piano, il dolore ha incominciato ad affievolirsi. Ho capito che tu stavi meglio così, che era giusto che prendessi la tua strada e che non avevi bisogno di me. Al contrario di Hiroshi, che senza di me era perso. Mi amava, anche se a modo suo e nella maniera più sbagliata che potesse esserci, ma anche io lo amavo. E così sono tornata con lui, anche se non gli ho mai perdonato il modo in cui si era comportato con te. Ma questo lui lo sa benissimo. Non posso dirti che sia cambiato, in fondo chi nasce tondo non muore quadrato, ma posso assicurarti che nel suo piccolo, in tutti questi anni, si è sforzato per cercare di migliorare e, adesso, la nostra convivenza è decisamente migliore. Per questo, ogni volta che vengo a trovarti o ti telefono, spero che ci sia qualche cambiamento anche da parte tua, nei suoi confronti».
Mamoru ascoltava quel racconto in preda alla rabbia, e più sua madre raccontava, più il suo rancore verso suo padre cresceva. Anche perché lui conosceva tutta la verità, una verità che faceva male, e aveva promesso a se stesso di tacere proprio per il bene di sua madre.
Quando poi la donna ebbe finito di parlare, le prese una mano.
«Mi dispiace, mamma! Ti credo quando dici che lui si sia sforzato per migliorare, ma non credo ai risultati. Non puoi chiedermi di riavvicinarmi a lui, soprattutto dopo che mi hai raccontato tutta la sofferenza che ha procurato anche a te. Non c’è mai stato per me, tranne che per decidere quello che era giusto o sbagliato nella mia vita. Io non posso perdonarlo. In tutti questi anni, ho avuto il pieno controllo della mia vita e non potrei tollerare più alcuna sua intromissione».
Kaori guardava suo figlio irremovibile dalla sua posizione.
Una leggera inquietudine si fece largo tra i suoi pensieri. Come avrebbe reagito Mamoru se avesse saputo quello che suo padre aveva fatto per lui, in tutti quegli anni? Pregò il cielo che non venisse mai a scoprirlo, perché orgoglioso e testardo com’era, avrebbe mandato per sempre in fumo anche quell’ultima flebile speranza di vederli riuniti.
«Ti prometto che non ti chiederò più niente, da oggi in poi – esclamò la donna - La scelta sarà soltanto tua. Ma permettimi di sperare, fino al mio ultimo respiro, che un giorno lo perdonerai e che torneremo a essere una famiglia».
Mamoru sospirò, non riuscendo a comprendere come sua madre potesse ancora amare quell’uomo, dopo tutto il male che aveva fatto, anche se quello di cui era a conoscenza era solo la minima parte di una realtà ben più dura. Strinse i pugni a quel ricordo.
«Non posso prometterti niente».
«Lo so! – disse Kaori rassegnata – Promettimi, almeno, che non farai soffrire Usagi. Quella ragazza è un dono del cielo e ti rende felice».
Mamoru sorrise.
«Questo, invece, posso promettertelo» rispose con fermezza.
Kaori sorrise, poi continuò a parlare, cambiando argomento.
«Domani parto. Mi accompagni alla stazione o devi lavorare?» chiese.
«Certo che ti accompagno! Ho il turno di notte e questa volta non mento. E, se ti fa piacere, prima di partire, ti porto anche a fare colazione in quel bar che fa i tuoi croissant preferiti» le rispose il ragazzo, tornando a mostrare il suo bel sorriso.
Kaori sorrise felice, stringendo la mano di suo figlio. Finalmente, sentiva che stava recuperando con lui un rapporto più profondo, dopo anni di distanza. Mamoru ricambiò quel sorriso e si accorse, in quel momento, quanto quella donna le era mancata.
«Ti voglio bene!» le disse, infine, baciando con tenerezza la sua mano.
 
Finalmente era sdraiato nel suo letto, dopo una lunga giornata di emozioni che l’avevano messo a dura prova: prima il chiarimento con Motoki e Heles, poi le confessioni di sua madre.
In entrambi i casi, si era esposto non poco, mettendo a nudo tutti i suoi pensieri. Non era stato facile per lui, che non era abituato a tutti questi sentimentalismi, ma, adesso che l’aveva fatto, si sentiva leggero e un senso di libertà, mai provato prima, regnava nella sua mente.
Anche questo era tutta opera dell’amore?
Prima di abbandonarsi definitivamente tra le braccia di Morfeo, aveva un’ultima cosa da fare.
Prese il suo telefono. Ma, dall’altro lato, qualcuno fu più veloce di lui.
 
“Mamo, dormi già? Beato te! Qui la nottata è fiacca, ne approfitterò per studiare. Ti auguro sogni d’oro e grazie per il bacio che mi hai mandato tramite la Tenou. Uno anche a te! Usako.”
 
Sorrise. Stava per cominciare a digitare la risposta, ma il desiderio di sentire la sua voce fu più forte. Compose il numero, sicuro che non l’avrebbe disturbata, stando a quanto aveva scritto.
«Nottata fiacca, eh? Sempre quando io non sono in servizio!» le disse, non appena Usagi rispose.
«Per ora! Ma la notte è lunga … » esclamò lei.
«Sicuramente i casi disperati arriveranno tutti domani sera».
La ragazza rise.
«Comunque, come è andata la giornata?» gli chiese curiosa.
«Bene, soprattutto dopo che sei venuta a farmi visita nel mio ufficio» rispose Mamoru con una punta di malizia, per provocarla.
«Scemo, guarda che mi ci hai portata tu con la forza!».
«Non mi sembra che ti sia dispiaciuto così tanto, anzi!».
Usagi rise ancora.
«No, infatti!» ammise, infine, con un tono maliardo, che Mamoru trovò irresistibile. Peccato che ci fosse un telefono a divederli!
«Bene, allora domani sera la mia scrivania ti aspetta!» le disse prendendola in giro (forse!).
«Ma la smetti di fare il pervertito?» esclamò lei stizzita.
Mamoru rise ancora. Adorava quando si fingeva scandalizzata.
«Ti amo!» le disse con la solita dolcezza.
«Anche io ti amo!» rispose lei.
E chiusero, poi, la conversazione augurandosi la buonanotte, pieni ormai di quel sentimento che li aveva travolti e non li avrebbe più abbandonati.
 
 
  
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