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Autore: fraVIOLENCE    17/03/2013    1 recensioni
"E.. dio, non so nemmeno perchè io stia dicendo questo, non è da me! Io.. Io sono Tom Delonge, diamine! Non ho bisogno di dire queste cose!"
Ambientata nell'estate 1999, dopo l'uscita di Enema of the State.
La protagonista è Jennifer, la migliore amica dei tre ragazzi californiani, una ventunenne che presto si ritroverà a fare i conti con un nuovo mondo: quello dell'amore.
Genere: Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Hoppus, Nuovo personaggio, Tom DeLonge, Travis Barker
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Jennifer.
Aprii lentamente gli occhi e mi voltai verso la sveglia: segnava le 7.58.
Mi alzai, mi rifugiai in bagno e mi feci una doccia calda, dopo essermi lavata i denti.
Dopodichè entrai in camera e mi vestii.
Indossai un paio di jeans stretti, una canottiera bianca con sopra una camicia a scacchi rossa e nera con le maniche a tre quarti e le immancabili vans nere.
Scesi le scale e mi recai in cucina: l'odore dei biscotti caldi di mia madre mi fece brontolare lo stomaco, ma di mangiare proprio non me la sentivo.
"Buongiorno" - salutai mia madre con un bacio sulla guancia.
"Come stai oggi?" - mi chiese lei, sfornando un vassoio di biscotti con le gocce di cioccolato.
"Meglio, sì.. Strano a dirsi, ma oggi sto meglio" - accennai un sorriso.
Lei mi sorrise dolcemente, scrutandomi.
"Come mai ti sei alzata così presto? Hai deciso di andare all'aereoporto?" - mi chiese.
Scossi la testa, abbassando lo sguardo e sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"No, mamma. E' finita. Non posso perdonarlo" - sospirai.
Appoggiò il vassoio rovente sul tavolo e si avvicinò a me, appoggiandomi una mano sulla spalla e sollevandomi il mento con le dita dell'altra.
"A tutti è concessa una seconda possibilità, tesoro. Non ti sto dicendo di andare a prendere quell'aereo, però magari potresti andare da lui adesso e dirgli cosa provi. Magari potreste riprovarci quando tornerà dall'Australia, no?" - mi disse.
"Lo so.. Però non voglio perdonarlo perchè non mi fiderei più. Non sarebbe più la stessa cosa, ormai la magia che ci univa è stata rovinata e io non me la sento di stare con una persona che mi ha già tradito una volta. Non sopporterei un secondo tradimento. E vivrei sempre con la paura e l'ansia, non sarei felice. Lo dovrei controllare sempre. Non voglio stare con una persona così, piuttosto rimango da sola" - sospirai.
"Va bene. Ricordati che qualsiasi cosa tu decida, avrai sempre la mamma dalla tua parte" - mi sussurrò.
A quelle parole sorrisi e la abbracciai forte.
"Grazie" - mormorai, per poi sciogliere l'abbraccio poco dopo.
"E di cosa? E' questo che fanno le mamme!" - mi pizzicò amorevolmente la guancia - "Comunque, dove vai di bello adesso?" - mi chiese.
"Ho riflettuto molto stanotte. Stare a letto a piangere e guardare la tv non cambierà le cose, anzi, le peggiora solamente. Ho deciso di tenere la mente occupata e andrò in biblioteca a vedere se il comune offre qualche corso gratuito di fotografia o di pittura. Voglio fare una delle due cose, almeno penso ad altro e conoscerò nuove persone, no?"
"Sono fiera di te, piccola" - sorrise mia madre, per poi offrirmi dei biscotti.
"No mamma.. Di mangiare ancora non me la sento" - accennai un sorriso.
"Jennifer, sei pallida, non mangi da giorni e fuori fa caldo. Fallo per me, prendi un biscotto. Almeno uno solo"
Sospirai, afferrando un biscotto e baciandole una guancia.
"A più tardi, mamma!"


Entrai in biblioteca e mi chiusi la porta dietro le spalle, guardandomi intorno e cercando la bacheca comunale.
Mi morsi le labbra, concentrandomi a cercare qualche annuncio interessante, finchè non andai a sbattere contro un ragazzo, facendogli cadere i libri dalle braccia.
"Oddio scusami! - gli dissi, abbassandomi sulle ginocchia e raccogliendo i suoi libri, per poi porgerglieli.
"Non dovrebbero essere i ragazzi a raccogliere i libri alle ragazze?" - mi disse lui, ridacchiando e afferrando i suoi libri.
"Beh, sì, di solito dovrebbe essere così" - arrossii, ridendo a mia volta.
"Piacere, sono Erick" - mi porse la mano, e io gliela strinsi.
Aveva i capelli biondi non troppo corti e ricci. I suoi occhi erano grandi e verdi e subito mi colpirono.
Era abbastanza alto e aveva un po' di muscoli: mi sentivo così piccola vicino a lui.
"Io sono Jennifer" - ricambiai la stretta di mano, sorridendo.
"Che fai di bello qui, Jennifer? Oltre ad abbordare i ragazzi andandogli addosso e facendogli cadere i libri?" - scherzò lui.
"Hei, sei tu che ti sei presentato!" - piagnucolai, per poi scoppiare a ridere insieme a lui.
"Comunque sto cercando dei corsi di pittura, disegno o di fotografia e sulla bacheca dovrebbe esserci qualche annuncio" - sorrisi.
"Capiti proprio a fagiolo! Io ne frequento uno di disegno! Tra venti minuti circa inizia la lezione, ti va di venire a dare un'occhiata? E' dietro il comune" - mi chiese lui.
"Certo!" - mi sistemai la borsa a tracolla e uscimmo insieme dalla biblioteca, parlando del più e del meno.
"Quanti anni hai?" - mi chiese, guardando dritto davanti a sè.
"21, tu invece?" - mi voltai a guardarlo, sorridendo.
"Ne ho compiuti 22 ieri" - rispose lui, ricambiando il sorriso e camminando vicino a me.
"Auguri allora!" - sorrisi, infilando una mano nella borsa e afferrando il cellulare.
Sospirai, guardando l'ora: erano le 9.03. Chissà cosa stavano facendo Mark, Travis e Tom.
Ricacciai il telefono nella borsa e la chiusi, tornando a guardare davanti a me.
"Tutto bene?" - mi chiese Erick, probabilmente dopo aver notato il mio improvviso sbalzo d'umore.
Annuii poco convinta, fingendo un sorriso.
"Sì, tutto bene!"
"Siamo arrivati comunque" - disse lui, aprendo la porta d'entrata del comune e facendomi entrare.
"Grazie" - sorrisi, entrando e guardandomi intorno - "Dove sarebbe la stanza?"
"Primo piano, vieni" - mi fece cenno di seguirlo e ripresi a camminare vicino a lui, salendo lentamente le scale.
Erick mi guidò alla stanza in cui si sarebbe tenuto il corso e mi aprii la porta, sfoderando un sorriso mozzafiato.
Ricambiai il sorriso, anche se il mio paragonato al suo non era nulla. Era proprio un bel ragazzo.
"Ragazzi vi presento Jennifer, è venuta a dare un'occhiata al corso!" - esclamò lui, entrando nella stanza dopo di me.
Tutti mi salutarono cordialmente e io ricambiai i saluti.
"Siediti pure vicino a me, vieni" - disse Erick, prendendo posto su dei banchi in seconda fila.
Mi sembrava di essere tornata a scuola: l'aula era abbastanza grande e aveva le pareti dipinte di avorio, c'erano due blocchi di banchi da tre file ciascuno, una grande cattedra davanti ad essi, una lavagna e una specie di leggìo.
Presi posto vicino ad Erick e appoggiai la borsa sul banco, guardandomi intorno.
"Stai tranquilla, non ti mangiamo mica" - rise Erick, guardandomi.
Risi anche io, annuendo.
"Lo so, lo so. E' che mi sembra di essere tornata a scuola"
"La prima volta ha fatto lo stesso effetto anche a me, ma quando conoscerai il professore ti renderai conto che tutto questo non c'entra assolutamente niente con la scuola. L'insegnante è un tipo alla mano, spiega bene e ci si può scherzare. E' veramente simpatico!" - mi sorrise lui, rassicurandomi.
"Va bene, mi fido" - risi.


Erick aveva ragione, il professore era molto simpatico ed anche molto bravo a spiegare, ma quel corso non faceva per me.
Non lo so, non mi piaceva poi così tanto. Sarà perchè avevo la testa piena di pensieri.
La lezione era iniziata da poco più di un'ora ed avevo già scollegato l'audio, avevo il mento appoggiato sul palmo della mano destra e non badavo a quello che succedeva intorno a me.
Non riuscivo a non pensare ai ragazzi in aereoporto, continuavo a chiedermi se avessi fatto la scelta giusta.
Presi la borsa e la aprii, ricontrollando il telefono: le 10.15.
Sospirai e scossi la testa, rinfilando il telefono nella borsa e chiudendola. Mi passai le mani sul viso e quel gesto catturò l'attenzione di Erick.
"Qualcosa mi dice che ti stai annoiando" - bisbigliò, ridendo a bassa voce.
"Ma no.." - sussurrai.
"Dai, ammettilo, non mi offendo mica!" - mi sorrise.
"Beh, un po'.. Diciamo che questo posto non fa per me" - feci una smorfia.
"Dovrai sopportare ancora mezz'oretta e poi sarà finito" - rise piano.
Sorrisi e voltai lo sguardo verso la lavagna: il professore stava spiegando come disegnare un volto e aveva riempito la lavagna di appunti e piccoli schizzi.
Mi piaceva molto disegnare, ma quel corso non faceva per me.
Non ero fatta per quel tipo di cose: ero abituata a fare altro per occupare il tempo.
Guardare film con i miei amici, suonare, andare ai concerti, fare piazza pulita di schifezze e cibo messicano e andare al lunapark.
Tamburellavo distrattamente con le dita sul banco, pensando e ripensando a come la mia vita sarebbe cambiata, finchè la voce del professore che annunciava la fine della lezione non mi fece sobbalzare.
Raccolsi le mie cose e mi alzai, riponendo la sedia sotto il banco.
"Mi dispiace che tu ti sia annoiata!" - fece Erick, seguendomi verso l'uscita dell'aula.
"Non è colpa tua, non preoccuparti" - gli sorrisi, uscendo dall'aula e iniziando a scendere le scale.
Lui mi camminava di fianco e uscii con me fuori dal comune.
"Adesso cosa fai?" - mi chiese, sorridendo.
Scrollai le spalle.
"Penso che andrò a casa" - risposi.
"Ti va di andare a mangiare qualcosa insieme?" - mi domandò lui, arrossendo.
"Veramente io.." - borbottai, cercando di trovare una scusa plausibile per non uscire con lui.
"Tranquilla!" - disse lui, mettendo le mani avanti - "Non ti voglio forzare, se non ti va basta dirlo" - sorrise amaramente.
Ma sì, al diavolo. Tom non poteva rimanere il mio chiodo fisso per sempre.
"No no! Hai frainteso" - risi - "Mi va! Potremmo andare al sombrero!" - proposi, sorridendo.
"Certo! Perchè no!" - ricambiò il sorriso e ci incamminammo verso il ristorante messicano.
Iniziare ad uscire con nuove persone non poteva che farmi stare meglio.
  
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