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Autore: Morwen_Eledhwen    17/03/2013    5 recensioni
E se le cose fossero andate diversamente?
Storia ambientata durante e dopo la battaglia alla barricata, con un nuovo personaggio (che, diciamolo, ha una pesante cotta per Enjolras): Angèle, che si reca alla barricata in cerca di Éponine.
Gli si avvicinò e quella fastidiosa sensazione di inferiorità si impossessò di lei come tutte le volte in cui aveva assistito ai suoi pedanti comizi: si sentiva inutile in quella rivoluzione, inutile per il popolo francese, inutile per il povero Gavroche. Enjolras, invece, pareva un angelo portatore di salvezza.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Enjolras, Grantaire, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VI. On My Own

 




«Sveglia, sveglia!»
Angèle aprì gli occhi con grande sforzo, ma fu costretta a richiuderli subito con una smorfia perché un accecante fascio di luce le inondò il viso.
Madame de Lamartine aveva scostato le tende, permettendo ad un abbagliante sole mattutino di illuminare la stanza in cui Angèle aveva passato la notte.
«Hai intenzione di rimanere a letto tutto il giorno? Il tuo amico ha chiesto di te.»
Quelle parole ci misero un po’ prima di raggiungere il cervello della ragazza, ma, non appena lo fecero, lei si alzò subito a sedere, non senza rimpiangere quella gradevole sensazione di comodità che il morbido cuscino e la calda coperta le avevano offerto per l’intera notte.
«Quale amico?», chiese con voce assonnata, giocherellando con un lembo della coperta.
«Quello con i ricci scuri...»
«Ah.»
Era abbastanza ovvio. Perché aveva fatto una domanda simile? Pensava forse che Enjolras avrebbe mai chiesto di lei? Povera illusa. Avrebbe voluto prendersi a schiaffi da sola.
«Ho già portato la colazione ai due giovanotti.»
Angèle non la stava ascoltando. Era nel bel mezzo di un solenne giuramento, un giuramento che stava facendo a se stessa: mai più avrebbe pensato ad Enjolras come a qualcosa di più di quello che era, ovvero “il leader della rivoluzione, che era stato ferito alla barricata”. Nulla di più. Doveva doveva smettere di comportarsi da stupida. Lui non l’avrebbe mai considerata nulla di più di una poveretta che si era ritrovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. E faceva bene! Che altro era lei, se non una miserabile? Che diritto aveva di guardare un ragazzo intelligente, coraggioso, colto e di buona famiglia come lui con occhi pieni di bramosia? Quanto era stata stupida. Quanti schiaffi avrebbe voluto darsi!
«Ma mi ascolti? Non hai fame?»
Angèle alzò lo sguardo confusa e vide che la signora le indicava un bicchiere di latte ed un piatto con del pane caldo.
«Sappi che è il latte di Monsieur Beaumont, un dono molto prezioso che mi fa un paio di volte all’anno.»
«Grazie», farfugliò la ragazza afferrando il bicchiere per bere un sorso di latte.
Madame de Lamartine assunse un’espressione compiaciuta e si diresse verso la porta, ma, quando vi fu davanti, si fermò e si voltò di nuovo verso Angèle, che, seduta sul letto, stava addentando la pagnotta.
«Ecco cosa volevo dirti, me l’ero scordato.»
Angèle sollevò lo sguardo.
«Le vesti di quel povero ragazzo che è stato ferito sono sporche di sangue. Potresti andare alla Senna a lavarle.»
«Cosa?! Non ci penso nemmeno. Non sono la sua domestica», sbottò Angèle con la bocca piena.
«No, hai ragione, ma... Almeno la giubba.»
Angèle fece una smorfia. Si sentiva davvero trattata come una miserabile domestica. La domestica del nobile Enjolras.
«Se è perché ti vergogni, sappi che non ce l’ha più addosso. Il moro gliel’ha fatta togliere e l’ha messa sulla sedia.»
«Non mi vergogno!», esclamò Angèle irritata.
Notando che Madame de Lamartine la stava ancora osservando, aggiunse: «E va bene, vado a lavargliela.»
«Brava ragazza», le disse con un sorriso gioviale.
«Ah, già che vai fuori, potresti andare a chiedere ad un paio di famiglie di mia conoscenza se puoi lavorare un po’ per loro, in modo da guadagnare i soldi che ti servono per pagare il medico. So che a volte molte famiglie hanno bisogno di qualcuno che lavi la biancheria, rammendi i vestiti, pulisca i pavimenti... Ti scrivo nomi e indirizzi su un foglietto.»
Angèle, sconsolata, si chiese quanto altro avrebbe dovuto fare per Enjolras e, notando il suo sguardo malinconico, Madame de Lamartine le si avvicinò.
«Lo sai che si tratta di un brutto periodo. Molte stanze sono sfitte e non ci sono entrate. Non posso aiutarti, mi dispiace tanto», le disse accarezzandole il viso con fare materno.
«Ma tu hai aiutato un ferito che altrimenti sarebbe morto, e il buon Dio ne terrà conto», aggiunse.
Angèle evitò di dire ad alta voce che in quel momento non le importava assolutamente nulla di cosa avrebbe compiaciuto il “buon Dio” e rimase in silenzio.
 
Dopo alcuni minuti Madame de Lamartine ritornò con un foglietto su cui aveva scritto i nomi Giroux e Léfevre con i rispettivi indirizzi.
«Passa prima dai Giroux e, se ti dicono che non ne hanno bisogno, vai dai Léfevre. Poi sarai già sulla strada per la Senna e potrai andare a lavare la giubba.»
Angèle annuì e, senza dire una parola, si recò nella stanza dove Grantaire ed Enjolras stavano discutendo allegramente.
«Oh, eccoti qui», esclamò Grantaire con uno sguardo traboccante di buonumore.
«Stavo raccontando ad Enjolras di quanta fatica abbiamo fatto per trasportarlo fino a qui. Che bisonte!»
Angèle si limitò a sorridere mestamente, lanciando un’occhiata furtiva in direzione di Enjolras, sul viso del quale era appena comparso uno straordinario sorriso che avrebbe fatto sciogliere persino una statua di marmo.
«Siediti qui», le disse Grantaire lasciandole la sedia.
«No grazie, devo uscire per delle commissioni. Già che ci sono posso andare a lavare questa», balbettò senza troppe spiegazioni, afferrando la giacca rossa di Enjolras.
Grantaire parve deluso.
Se ne andò frettolosamente, senza voltarsi a guardare le espressioni dei due ragazzi, ma, non appena si trovò sulle scale, sentì dietro di sè la porta della stanza che si apriva di nuovo. Si voltò e vide Grantaire in piedi sul pianerottolo.
Con un piede su un gradino e l’altro sul gradino inferiore, si mise ad osservare il ragazzo, in attesa.
Lui parve esitare un attimo, poi disse: «Stai alla larga da soldati e poliziotti, potrebbero riconoscerti.»
«Sì, non preoccuparti», gli rispose Angèle perplessa. Poi si voltò per scendere le scale.
«Aspetta.»
Si voltò di nuovo verso Grantaire, che aveva mosso alcuni passi verso di lei.
Angèle lo guardò con aria interrogativa.
«Tutto bene?», gli chiese.
«Sì. È solo che io... Ecco... Tu... Io...», balbettò giocherellando con il colletto della camicia.
Angèle attese.
«Non fa niente.»
Dopo aver pronunciato quelle parole confuse, il ragazzo se ne tornò rapidamente nella stanza, chiudendo la porta dietro di sè.
Lei rimase ferma per un po’ sulla scala con aria confusa, chiedendosi cos’avesse voluto dirle Grantaire, ma poi decise che probabilmente non era niente di importante ed uscì dall’edificio.
 
La lunga camminata per le assolate vie di quel borgo parigino non le giovò per nulla, anzi, la fece sentire ancora più sola. Si guardava intorno e vedeva gruppetti di bambini che giocavano sui marciapiedi e persone che passeggiavano chiacchierando spensieratamente: le pareva di essere solo un’ombra che nessuno notava. Per quanto altro tempo ancora avrebbe dovuto sentirsi così? Non aveva una famiglia: l’avevano abbandonata davanti all’edificio gestito da Madame de Lamartine a pochi giorni dalla sua nascita. Aveva trovato un’amica, Éponine, e la morte gliel’aveva portata via. Ora aveva persino trovato qualcuno che le aveva fatto perdere la testa, ma...
Cercò di non pensarci. Aveva fatto un giuramento.
Ma poi, a che serviva un giuramento? In realtà non le importava assolutamente nulla di quel presuntuoso, capace solo di mettere nei guai se stesso e i propri amici. Si ricordò che per colpa sua Les Amis de l’ABC erano tutti morti, tranne Grantaire.
 
Giunse davanti alla porta di quella che doveva essere la dimora della famiglia Giroux. Una donna stava spazzando la porzione di marciapiede davanti all’entrata della casa, canticchiando una melodia allegra.
«Mi scusi... i Giroux abitano qui?», azzardò.
«Sì, cosa desiderate?»
«Vorre parlare con loro per chiedere se hanno bisogno di un aiuto in casa...»
«Che genere di aiuto?»
«Non saprei. Lavare, cucire...»
«Sono cose che faccio io. Lavoro qui da poco e i padroni sembrano soddisfatti. Non hanno bisogno di un’altra persona.»
«Oh. Capisco», mormorò Angèle scoraggiata.
La donna ricominciò a spazzare il pavimento ignorandola, cosicché Angèle capì che la sua presenza non era desiderata.
Al secondo indirizzo fornito da Madame de Lamartine le cose non andarono meglio, poiché il padrone, il signor Léfevre, le riferì che gli affari andavano malissimo e non poteva permettersi una domestica e, per di più, la invitò ad andarsene in maniera poco cortese.
Con il morale a terra, Angèle si diresse verso la riva della Senna dove le donne erano solite recarsi per lavare i panni, stringendo con forza la giacca di Enjolras.
Quando giunse poco lontano dal basso argine di pietra sul quale cinque donne stavano chinate verso l’acqua del fiume, si accorse di stare tenendo la giacca stretta al petto, quasi la volesse abbracciare per trovare conforto. L’allontanò subito combattendo contro il desiderio di prendersi a schiaffi e si posizionò a fianco del gruppetto di lavandaie.
Mentre immergeva la giacca ancora ornata dalla coccarda francese, non poté fare a meno di origliare la conversazione delle donne.
«E’ naturale che lo troveranno.»
«Già, non sarà facile sfuggire all’ispettore Javert.»
«E poi c’è una bella ricompensa per chi lo trova!»
«E una brutta sorte per chi lo sta aiutando a nascondersi...»
«Ma potrebbe essere fuggito chissà dove, ormai.»
«Io ho sentito dire che è stato ferito. Quindi non può essere andato lontano.»
Un terribile sospetto cominciò a farsi strada nella mente di Angèle. Raccolse tutto il coraggio che aveva per domandare timidamente: «Di chi parlate, se posso chiedere?»
«Del giovane che ha guidato la rivolta alla barricata di via Chanvrerie. Un bel biondino, se non ricordo male», disse una di loro con un sorriso malizioso a cui mancavano un paio di denti.
«Si chiamava Enjorant, Enjorras, Enjolas... Qualcosa di simile», intervenne un’altra.
«Ah, non lo conosco», mentì Angèle immergendo sempre più a fondo la giacca rossa per nascondere la coccarda tricolore, simbolo della rivoluzione.
«Parli del diavolo e spuntano le corna. Guardate chi c’è laggiù», disse la donna che aveva parlato per prima.
Si voltarono tutte nella direzione indicata dalla donna e scorsero in lontananza la sagoma di Javert che, insieme ad altri due poliziotti, stava avanzando verso di loro con passo cadenzato.
Angèle fu scossa da un’ondata di brividi che le percorsero tutta la spina dorsale ed iniziò a sentire il sudore che le bagnava la fronte. Abbassò lo sguardo per non farsi riconoscere e mantenne la giacca immersa nell’acqua, sempre attenta a non far affiorare la coccarda.
Attese in silenzio, cercando di non far vedere che stava tremando come una foglia.
Il cuore le batteva all’impazzata, quasi volesse sfondarle il petto e gettarsi nella Senna.
«Oh, ha svoltato in quella via», disse una delle donne.
Angèle fece un sospiro di sollievo.
«Non ne posso più. La famiglia per cui lavoro vuole la biancheria pulita quasi ogni giorno. È un incubo!», disse una donna cambiando argomento, mentre strizzava una camicia.
Per tentare di dimenticare lo spavento che la vista di Javert le aveva fatto prendere, Angèle chiese: «Sapete dove potrei trovare lavoro? Conoscete famiglie che hanno bisogno di qualcuno che lavi o rammendi vestiti?»
«Eh, di questi tempi è molto difficile.»
«Già, io ho dovuto lavorare per strada per molto tempo prima di trovare qualcosa di onesto e dignitoso», disse una di loro che non aveva ancora parlato.
«Quando non si trova nulla, l’unica alternativa per non morire di fame è soddisfare gli uomini, purtroppo. É l’unico mestiere ben pagato.»
Angèle iniziò a capire.
Questo mai, pensò con orrore.
Dopotutto Enjolras veniva da una famiglia benestante. Avrebbe potuto benissimo pagarsi da solo il suo medico! Perché si stava rovinando la vita per lui? Perché non gli aveva parlato del problema? Che stupida!
Quando ebbe finito di lavare la giacca salutò le lavandaie e tornò a casa pensando a quali parole usare per chiedere ad Enjolras dove abitasse la sua famiglia, in modo da poter andare a chiedere il denaro ai suoi genitori. Questo pensiero le risollevò il morale, salvandola dal terrore che il mostruoso consiglio delle lavandaie aveva suscitato in lei.
 
Mentre sollevava la giacca dall’acqua, però, non si era accorta della donna che, con sguardo indagatore, aveva scorto di sfuggita la coccarda francese.

  
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