Fanfic su attori > Josh Hutcherson
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Autore: Crypbeast14    17/03/2013    1 recensioni
Una storia fin troppo complicata, così complicata da sudarsi il lieto fine.
La storia di una ragazza, Sarah Murray e Josh Hutcherson nel Kentucky.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sono davanti questa porta gia' da due minuti buoni. La guardo con disprezzo.
E' un mondo che non mi appartiene, questo. Sospiro, stringendo la mia borsa ed entro.
La professoressa e' seduta alla cattedra, le braccia conserte poggiate sopra.

< Buongiorno, scusi per il ritardo. > La guardo. Lei mi sorride.
- Non ti preoccupare. Siedi dove vuoi, tanto oggi manca molta gente. -
C'è un aspetto positivo di tutta questa situazione? Sì, uno. Questa e' una di quelle professoresse buone e simpatiche di sostegno.
Nella classe ci sono a malapena dieci studenti. Le persone presenti sono tutti colpevoli, hanno fatto qualcosa che non dovevano fare.
E' la classe pomeridiana punitiva. Ti prendi una bevanda dalla macchinetta dei professori? Classe punitiva. Rispondi ad un professore? Classe punitiva. Bruci? Classe punitiva. Usi il cellulare? Classe punitiva. Finisci dalla preside? Finisci nella classe punitiva. Fai rissa? Classe punitiva.
Ed è stato proprio questo il mio sbaglio.
Veramente non so se tirare uno schiaffo e essere spinte poi, sia fare una rissa. 
Michelle. Una delle mie migliori amiche di sempre.

Avremmo continuato, se non fossero intervenuti i professori. 
Mi siedo al secondo banco della fila di sinistra e in modo silenzioso tiro fuori una penna e un quaderno. Ne approfitto per guardarmi un attimo intorno.
Un equazione matematica e' scritta chiara sulla lavagna. Vedo Michelle, seduta dall'altra parte della classe con lo sguardo basso.
Un'altra ragazza, mora e riccioluta seduta accanto a lei. Non si parlano. Forse non si conoscono nemmeno.
Dopo aver dato un'altra occhiata agli altri colpevoli, abbasso lo sguardo.
I quadretti del quaderno mi fanno venire mal di testa. Io e questa materia esistiamo in due mondi differenti. Non la capisco.
Incomincio a ricopiare comunque l'espressione. << 2x, parentesi quadra.. >>

< Scusa, sai che ore sono? >
Alzo lo sguardo, ancora con la penna in mano e una faccia da ebete. < Sono le tre e un quarto. >
Faccio una smorfia, abbastanza seccata. Mi sorride e si rigira, continuando a concentrarsi sull'espressione scritta su un foglio volante.
La nostra scuola e' una rispettabile. Gia' e' tanto che non ci fanno portare le divise.
Cerco di concentrarmi ma gia' al terzo passaggio ci rinuncio. Maledetta matematica.
Suona la campanella. Sono la prima ad alzarmi. Arrabbiatissima. 
Sembra che vada tutto male oggi. E per giunta, diluvia! 
Mi fermo sull'uscio dell'edificio, tiro fuori l' ombrello a quadri rossi e gialli e lo apro. 
Un lungo respiro per cercare quel coraggio, quella forza, quella pazienza esauritasi ormai da tempo e sento qualcuno tossire, come se stesse cercando attenzione.
Mi giro curiosa. A primo impatto non lo riconosco. Poi il mio cuore fa un balzo, arriva in gola e torna indietro scivolando lento sul mio esofago.

Josh Hutcherson. Si vede raramente a scuola perchè è un attore a quanto pare troppo impegnato per frequentarla. Mi è anche capitato di vedere qualche suo film nel corso degli anni come " Innamorarsi a Manhattan" o " Viaggio al centro della terra".
Le poche volte che si presenta a lezione è sempre circondato da amici. O per meglio dire "amiche". E' amato da tutti i professori, bidelli, preside.
C' è chi dice che nonostante la fama sia rimasto un ragazzo con i piedi per terra, estremamente dolce e disponibile con gli ammiratori.
Io non credo: prima o poi, i soldi danno alla testa e cominci a tirartela. 
< Ehy. > mi fa con tono pacato.
< Ciao. > rispondo io, con tono fin troppo diffidente. 
Devo avere proprio una faccia da idiota, perche' fa una spece di smorfia.
Un attimo di silenzio. < Aspetti che ti vengano a prendere? > chiedo.

E' seduto in un angolino, sembra che lo abbiamo costretto a fare cinque minuti di vergogna. 
< In realtà sto aspettando che finisca di piovere. Non ho l' ombrello. > Sorride leggermente.
< Non credo che smetterà presto, sai.. > ne approfitto per distogliere lo sguardo dai suoi occhi magnetici per soffermarmi sulla pioggia che cade creando delle enormi pozzanghere sul cemento.
Quando si alza e si mette dritto, prende a camminare lento verso di me. < Lo so, ma che posso farci? >

Mi guarda da capo a piedi, in un modo strano. Poi si passa la lingua sulle labbra, bagnandole. < Come ti chiami? >
Presente quando una persona famosa lo chiede, prima di scribacchiarlo su un foglio di carta seguito dalla sua firma? Ecco, il suo tono mi da quell' impressione. < Sarah. > rispondo, tentando invano di rimanere impassibile.
< Io sono Josh. > ma va? Giuro che non lo avrei pensato.
< Senti, se vuoi posso accompagnarti. Dove devi andare? > Odio il mio essere una brava ragazza, perchè mi porta a fare scelte di questo genere.
Dopotutto non lo conosco. E' famoso, io non sono niente. Mi guarda perplesso per qualche istante, poi annuisce.
Gli porgo il mio ombrello. Lui lo afferra e incominciamo a camminare, vicini. < Non molto lontano. Mi aspettano in quel bar laggù. >

Attimo di silenzio. < Come mai a scuola? >
< Punitiva. > Rispondo velocemente. Evito di voltare la testa verso la sua figura.
< E perchè? > Continua. 
Faccio spallucce. Saranno affari miei no? 
Data la mancanza di risposta, sospira e mi parla come se fossi una sua normale conoscente < Io rimarrò qui con la mia famiglia per un pò. Non so quanto precisamente. Sono venuto ad avvertire la preside che fino a nuovo ordine frequenterò, cercando così di rimettermi a pari con gli studi. Sono importanti anche quando fai l' attore, sai? > Mi gratto il mento, poi scuoto la testa. E' una situazione assurda.
< Senti.. mi sono ricordata che devo andare da mia nonna, per cui io giro. Tieniti pure l'ombrello. > Sforzo un sorriso.
< Dici sul serio? Ti accompagno dai. >
< No grazie.. ci vado da sola. Ciao. > Metto il cappuccio in testa e me ne vado. Dallo zaino prendo l'ipod e mi ficco le cuffie nelle orecchie.
Ho appena detto una bugia. L'acqua mi bagna le gambe, la faccia, la felpa nuova.
Perchè l'acqua non lava via questo senso di oppressione che ho dentro? Arrivo a casa fradicia, come farsi la doccia vestita.
Mi tolgo le scarpe all' entrata e vado in cucina. Mamma si affaccia dalla porta < Come mai così tardi oggi? >
< Oh, sì.. Ho fatto un'altra strada, credevo fosse più corta e invece.. > Devo reggere la bugia, in qualche modo.

< Sarah, questo è un paesino minuscolo. Come mai sei bagnata? >
< S'e' rotto l'ombrello. >  Senza aggiungere altro sgattaiolo dentro la mia stanza, chiudendo la porta dietro di me.
  
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