Videogiochi > Mass Effect
Segui la storia  |       
Autore: andromedashepard    18/03/2013    3 recensioni
Andromeda Shepard aveva pensato a lungo a cosa sarebbe successo dopo la Missione Suicida. Sapeva che ad attenderla ci sarebbe stato il tribunale militare dell'Alleanza, dove avrebbe dovuto rispondere della distruzione della colonia Batarian di Arathot, ma era intenzionata a ritagliarsi una piccola fetta di libertà prima di consegnarsi spontaneamente. Aveva pianificato tutto nei dettagli per quella piccola vacanza, finalmente avrebbe passato un pò di tempo da sola con Thane prima del verdetto, ma un'improvvisa sparizione complica le cose...
[IN REVISIONE]
#Dopo Mass Effect 2 #FemShep/Thane
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Comandante Shepard Donna, Thane Krios
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Andromeda Shepard '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

All is Dream and Everything is Real


 

“There's a place I dream about
Where the sun never goes out.
And the sky is deep and blue.
Won't you take me there with you.
Oh, we can begin again. 
Shed our skin, let the sun shine in. 
At the edge of the ocean 
We can start over again.
 
[x]

 
 
-          Dio, quanto mi mancava questo cielo e quanto mi mancavi tu… - Andromeda rivolse un sorriso dolcissimo a Thane, socchiudendo gli occhi alla luce accecante del sole.

Distesi sulla sabbia, intorno a loro non c’era nient’altro che dune e un’immensa distesa d’acqua alla fine della battigia.

-          Sapevo che avremmo avuto il nostro momento, Siha. Due amanti non possono restare lontani troppo a lungo – rispose lui, facendo un profondo respiro liberatorio.

I suoi polmoni non bruciavano più. Si voltò verso di lei e prese la sua mano fra le sue.

-          Grazie per averlo reso possibile.
-          Il merito è solo tuo – sorrise lei, tendendosi a incontrare le sue labbra in un bacio.

Amava il suo sapore, almeno quanto sentire la trama della sua pelle sotto le sue dita, o quanto perdersi nei suoi occhi. Non c’era una volta che non si fosse emozionata a guardarlo, che non si fosse soffermata a catturare ogni piccolo dettaglio di lui, cercando di memorizzare ogni centimetro del suo corpo.

-          Ma voi Drell non vi abbronzate? – domandò poi, con la spontaneità di una bambina.

Quella domanda lo fece ridere, era così da lei…

-          No, ma alla luce solare ci squamiamo più velocemente – spiegò, accarezzandole i capelli.
-          Fate la muta come i serpenti?

Thane rise di nuovo. Quante cose ancora non sapevano l’uno dell’altra e quanto sarebbe stato bello scoprirle insieme…

-          Non in modo così teatrale Siha, ma se sei curiosa ti farò sapere quando sarà il momento.

Andromeda si girò a pancia in giù sollevandosi sui gomiti e si mise ad osservarlo con aria felice.

-          Perché sorridi? – le domandò lui, curioso – E’ una cosa che ti mette a disagio, forse?

Lei scosse la testa e si chinò a baciarlo teneramente sulle labbra.

-          Non c’è e non ci sarà mai nulla di te che possa mettermi a disagio. Tu sei perfetto, Thane. Sei tutto quello che ho sempre voluto – rispose accarezzandogli una guancia – Sorrido perché ti amo e non vorrei cambiare questo momento per niente al mondo.

Thane la tirò a sé e la abbracciò forte, stringendola come se fosse la cosa più preziosa che avesse. Poi la allontanò dolcemente e fece per alzarsi.

-          Vieni Siha – disse – Dammi la mano.

Lei obbedì e si alzò insieme a lui. Iniziarono a camminare verso la distesa d’acqua di fronte a loro. Era limpida e cristallina, di un blu intenso in lontananza.

-          Pensavo odiassi l’acqua – constatò lei, scostandosi i capelli dal viso mossi dalla brezza marina.

Lui si limitò a voltarsi e a sorriderle pacificamente mentre la spuma marina lambiva i suoi piedi.

-          Thane, dove vai? – domandò lei, sorpresa.

Lui continuò ad addentrarsi finché non si immerse fino all’altezza dei polpacci. Si voltò ancora una volta verso di lei.

-          Devo andare, Siha – disse, lasciandole la mano.

Lei capì, d’un tratto.

-          No! – il suo urlo una richiesta disperata mentre cercava di trattenerlo in tutti i modi.
-          E’ l’Oceano che mi chiama e io devo obbedire. Quando chiamerà anche te ci rivedremo Siha. Te lo prometto.
-          Ti prego! Ti prego non andartene! – un grido straziante, mentre i suoi piedi franavano sulla sabbia.

Ogni tentativo di fermarlo fu inutile. Una forza malvagia e misteriosa la teneva ancorata alla spiaggia, costringendola a guardare l’uomo che amava scomparire negli abissi, inevitabilmente.

Andromeda cadde sulle ginocchia, gli occhi al cielo gonfi di lacrime, il cuore svuotato da ogni cosa.

 



-          Shepard! Shepard! – una voce femminile, conosciuta, la costrinse a voltarsi. Poi, il buio più totale.

Shepard riaprì gli occhi. Il suo factotum stava lampeggiando nell’oscurità, impostato su risposta automatica. Si era addormentata alla sua scrivania, dopo aver passato un pomeriggio a rileggere vecchi rapporti militari per puro passatempo.

-          Liara – rispose, schiarendosi la voce – Dimmi tutto.

-          Ann, io e Feron abbiamo trovato una pista. Aria non ha saputo dirci niente di nuovo, se non che proverà a cercare informazioni, ma Anto Korragan, il suo Batarian leccapiedi, ci è sembrato piuttosto agitato quando abbiamo fatto il nome di Thane.

Shepard si accarezzò il mento con una mano, pensierosa e al tempo stesso preoccupata, nonché ancora turbata per il sogno che aveva appena fatto.

-          Perché c’entrano sempre quei dannati Batarian, in un modo o nell’altro? – esclamò – Parti da lì, Liara. Potrebbe essere coinvolto davvero. Indaga sui suoi rapporti di parentela e scava a fondo nel passato di Thane. Gli assassini di Irikah erano Batarian… - si passò una mano sulla fronte, sospirando.
-          Pensi ad un regolamento di conti, Shepard? – la domanda di Liara giunse acuta come uno schiaffo.
-          Io… non e ho idea. Per quanto ne sappiamo potrei essere io la causa di tutto. Non c’è un Batarian che non mi voglia morta per via di quello che è successo su Arathot. Avranno saputo di me e Thane e avranno pensato di usarlo per arrivare a me. O… - la voce di Shepard si incrinò mentre la sua mente inevitabilmente pensava al peggio, rivedendo davanti agli occhi Thane che scompariva nell’oceano  - …o gli hanno dato la caccia per farmela pagare. Liara, io… Se a Thane è successo qualcosa per colpa mia, io…

La frase di Shepard arrivò all’orecchio dell’Asari come un sussurro disperato.

-          Vedrai che riuscirò a fare luce su questa faccenda. Tu, intanto, cerca di stare calma.

Shepard annuì, benché Liara non potesse vederla, e fece per chiudere la comunicazione.

-          Ah, Liara… - si ricordò.
-          Si, Ann?
-          Grazie.

 


 
Andromeda scese al piano di sotto, dopo essere passata in bagno a sciacquarsi il viso. Trovò James seduto al divano della cucina che armeggiava col suo factotum, probabilmente stava navigando su Extranet. Lui le rivolse un’occhiata apprensiva e lei rispose con un sorriso appena accennato. Indugiò davanti al frigorifero, alla ricerca di qualcosa che potesse colmare la voragine in fondo al suo stomaco, pur consapevole che non si sarebbe mai riempita del tutto. Finché quel pezzo di cuore non sarebbe tornato al suo posto, non avrebbe potuto che rassegnarsi ad andare avanti con un senso di mancanza sempre presente che scavava nel profondo di lei ogni giorno di più. Chiuse lo sportello del frigorifero, sospirando. James la guardò aspettando che lei parlasse. Lei capì di sentirsi smarrita. Avrebbe voluto mettere sul fuoco il bollitore e poi riempire la sua tazza, appoggiarsi alla finestra e sorseggiare lentamente del the, posando le labbra dove un tempo si erano posate anche quelle di lui. Avrebbe chiuso gli occhi, cercando di ricordare gli ultimi momenti passati insieme, gli ultimissimi istanti prima di prendere la nave diretta verso la destinazione che rappresentava il loro futuro. Un posto che lui non avrebbe mai raggiunto. Ma quella tazza non c’era più, seppellita sotto strati di paura e dolore. Paura di non rivederlo mai più, dolore per la sua mancanza.

Rassegnata, Shepard si buttò sul divano accanto a James. Lui non le domandò se avesse qualcosa che non andava, sarebbe stato superfluo.

-          Partita a poker? – domandò, facendo un tentativo.

Shepard scosse la testa in un no, piegò la schiena in avanti e si appoggiò alle ginocchia con i gomiti, la testa bassa a guardarsi i piedi. Stava cercando di trovare qualcosa dentro di sé, qualcosa che potesse farla sentire meglio almeno per un momento. Le tornò alla memoria il sogno fatto poco prima, così terribilmente reale, così maledettamente crudele… Il mare. Il mare se l’era inghiottito, senza lasciarle possibilità di replica. E, in un atto di esasperato masochismo, provò il bisogno di visitarlo, quel mare. Di sfidarlo, faccia a faccia, di guardarci dentro.

-          James – disse, sollevando leggermente il capo, come se pesasse una tonnellata – voglio andare sulla costa.

Lui la guardò con aria stranita, poi si rese conto che faceva sul serio.

-          Shepard…  - si sgranchì i muscoli del collo, assumendo una postura più rilassata sul divano – se vuoi il mio benestare, non lo otterrai.
-          Bene. Volevo solo avvisarti… - rispose lei, alzandosi nervosamente dal divano – Posso avere le chiavi della tua Harley?

Vega allargò le braccia, un gesto che indicava perplessità.

-          Supuesto que no, Lola – esclamò lui, alzandosi in piedi per affrontarla faccia a faccia – Si può sapere perché oggi hai deciso così?

Shepard strinse le mascelle facendo un passo indietro, gli occhi ancora fissi sui suoi piedi.

-          Ne ho bisogno James. Dammele – disse allungando una mano, il palmo aperto.
-          Non puoi uscire da qui, lo sai… E il mio compito è quello di sorvegliarti e impedirti di fare stronzate – replicò lui, poggiandole le mani sulle spalle.
-          Dobbiamo discuterne per forza? Lo sai che lo farò. Facciamola finita subito e dammi le chiavi.

Andromeda sollevò lo sguardo e incontrò i suoi occhi. Era compassione quella? Vega restò in silenzio e incrociò le braccia. Sapeva che lei avrebbe vinto, in un modo o nell’altro. Non sarebbe stato lui ad impedire al comandante Shepard di uscire, se quello era il suo desiderio. Si fidava troppo di lei per opporsi apertamente.

-          Sono già passati a controllare, James. Non se ne accorgerà nessuno. Per favore, lasciamelo fare – continuò lei.

James scelse di non rispondere, ancora una volta. Infilò la mano nella tasca dei pantaloni ed estrasse le chiavi. Le sventolò a mezz’aria, prima di consegnargliele.

-          Vedi di non rovinarmela, Lola.
 
 



Shepard uscì fuori alla luce ambrata del pomeriggio. Indossava solo un paio di pantaloni neri, una canotta e un giubbotto di pelle, i lunghi capelli rossi stretti in una coda di cavallo. Fece il giro del cottage e si avvicinò alla moto di Vega, titubante. Non aveva mai guidato un veicolo simile prima d’ora, anche se James probabilmente lo dava per scontato in funzione della stima che nutriva per il comandante. “Se posso pilotare un Mako, questo dev’essere uno scherzo in confronto”, pensò.

Riuscì a salire agilmente sulla sella mentre tentava di reggersi in equilibrio sulle punte dei piedi. Più o meno sapeva come metterla in funzione, ma non era certa di saperlo fare nel modo giusto. Infilò la chiave e accese il quadro, poi provo a mettere in moto. Il rombo del motore la fece sussultare, così come la spinta che diede al veicolo, catapultandola mezzo metro più avanti con uno scatto. Shepard puntò bene i piedi per terra e si preparò a ritentare la partenza. Il polso, saldo sul manubrio, compì un leggero movimento in avanti. Il rumore rispose ringhiando debolmente. Lei aumentò la spinta e il veicolo iniziò a muoversi in avanti con dolcezza. Ci stava riuscendo. Spinse più forte col polso, sollevò i piedi da terra e partì.

Era meraviglioso. La sensazione del vento tiepido che le solleticava il viso, portando alle narici odori sconosciuti che sapevano di natura e di selvaggio, l’ebbrezza dello sfrecciare in mezzo alle stradine sterrate di campagna, scansando i rami più lunghi degli alberi che invadevano la strada, il brivido di accelerare sulla strada asfaltata che costeggiava il mare, col Sole che sbatteva sui suoi capelli e illuminava le sue iridi… Shepard sorrise, incomprensibilmente.

Posteggiò la moto sul ciglio della strada alla bell’e meglio. Non c’era anima viva e lei ne fu immensamente sollevata. Ad est un vecchio faro, ormai abbandonato, svettava su un promontorio roccioso a strapiombo sul mare; le sarebbe piaciuto salire fin lassù, slegarsi i capelli e lasciarli ondeggiare al vento, ad occhi chiusi… e chissà, magari un giorno l’avrebbe fatto davvero. Indugiò, osservando il mare che si dipanava di fronte a lei, facendosi portatore di una melodia antica e rasserenante, quella delle onde che si infrangono sugli scogli e sul bagnasciuga. Poi si decise e si chinò a sfilarsi gli stivali. Lo fece lentamente, aprendo una fibbia alla volta, proprio come aveva fatto lui il giorno del suo compleanno, la prima volta che lei aveva toccato la sua pelle. Provò un brivido ripensandoci e si domandò se lui avesse ricordato spesso quell’episodio. Avrebbe voluto riviverlo perdendosi nella sua voce, in una delle sue memorie.
Lasciò gli stivali accanto alla moto e iniziò a camminare verso il mare, rivolgendo lo sguardo al cielo dorato che si preparava a dare la buonanotte al Sole. Si disfece del giubbotto di pelle e lo appoggiò sulla sabbia a mo’ di coperta sulla quale adagiarsi, poi si coricò e chiuse gli occhi. Tanti ricordi sbiaditi di Thane iniziarono ad affollare la sua mente, in particolare l’ultimo, il più recente di tutti…
 


 



 

8 Maggio 2185
Normandy SR-2


 

Il ronzio incessante del nucleo ad eezo si spense d’un tratto, facendo piombare la cabina di Shepard in un silenzio inusuale. Le sue orecchie, abituate al bisbigliare continuo del motore, si misero subito sull’attenti e lei si svegliò poco dopo. Non c’era un muscolo che non le facesse male, a ricordarle dell’impresa titanica che lei e la sua squadra avevano compiuto poche ore prima. Sorrise in risposta al dolore dei suoi muscoli per via di ciò che rappresentava, e cercò con la mano quella di Thane. Lui, a quel contatto, si volse immediatamente verso di lei, girandosi tra le lenzuola fresche. La cabina era illuminata solo dalla flebile luce dell’acquario che nel buio faceva risplendere d’azzurro la pelle candida di Shepard. Grandi occhi neri si agganciarono a dolci occhi verdi, prima che le loro labbra s’incontrassero nel primo bacio di quel nuovo giorno. Shepard fu subito sopra di lui, a solleticargli il viso con i suoi capelli. Lui fece scivolare le mani sui fianchi di lei e risalì lentamente lungo la curva della sua schiena. La tirò a sé con una mano dietro la nuca e le diede un bacio appassionato, prima di buttarla giù e salire delicatamente su di lei, con una mano ad accarezzarle i capelli. Shepard sorrise, gli occhi ancora semichiusi e i sensi ovattati dal sonno. Lui appoggiò la sua fronte a quella di lei e le sfiorò il naso con il suo.

-          Buongiorno Siha – le disse dolcemente, accarezzando il lobo del suo orecchio con le labbra.
-          Thane… - riuscì a mormorare lei, il corpo attraversato da una cascata di brividi.
-          Come stai?
-          Dolori a parte, sto benissimo… e tu? – mormorò.
-          Sto bene – un altro bacio a solleticarle il collo.
-          Lo vedo…
-          Mi mancherai, Shepard – una serie di baci lungo la clavicola sinistra.
-          A-anche tu… ma fra quattro giorni… Bekenstein… - farfugliò lei.

Lui annuì, continuando a baciarla. Sollevò delicatamente la sua maglietta, percorrendo con le labbra la linea dall’ombelico allo sterno, e poi risalendo lungo il suo collo.

-          Thane… - l’unica cosa che riusciva a dire, che aveva voglia di dire, era il suo nome.
-          Siha? – le sue mani l’accarezzano.
-          Avrei… avrei un equipaggio di cui occuparmi… - disse lei, mordendosi un labbro.
-          Hai ragione – rispose lui, affondando la testa nell’incavo tra il suo collo e la spalla.

Shepard ridacchiò, le creste sul viso di Thane le solleticarono il collo e lei non riuscì a resistere. Si scostò e gli prese il volto tra le mani.

-          Non me ne andrei se non sapessi che tra qualche giorno staremo di nuovo insieme, lontano da… tutto questo – sospirò, indicando sommariamente la cabina.

Lui sorrise teneramente, annuendo. La lasciò libera, facendo attenzione a non gravare ulteriormente sui suoi muscoli indolenziti e poi la guardò rivestirsi nella penombra, memorizzando ogni singolo dettaglio, ogni singola curva del suo corpo. Sapeva che si sarebbe perso in quel ricordo, più tardi… e ne era felice. Per un istante il pensiero della morte si trovava distante anni luce dalla sua mente, piena solo dalla voglia di stare con lei il più a lungo possibile.

Si alzò, rivestendosi lentamente mentre lei era in bagno. Diede un’ultima occhiata a quella cabina, il luogo in cui aveva affrontato le sue paure dopo dieci anni, sconfiggendole insieme a lei. Si preparò a dirle addio mentalmente, sapendo che, comunque fossero andate le cose, non ci sarebbe stato più posto per lui su quella nave.

-          Che c’è? – domandò lei, facendolo sussultare. Non l’aveva sentita uscire dal bagno, immerso com’era nei ricordi.

Lui si voltò e prese le sue mani fra le sue.

-          Grazie… per tutto – disse, semplicemente, lo sguardo carico di gratitudine.

No, era lei a sentirsi immensamente grata per ogni singola emozione che lui le aveva regalato e non sarebbe mai riuscita a quantificare quello che provava, non sarebbe mai riuscita a trovare le parole giuste. Lo strinse forte a sé, sentendo ogni singolo muscolo del suo corpo pulsare dolorante, e poggiò le labbra sulle sue, perdendosi in un ultimo, lunghissimo bacio. Poi si allontanarono, a malincuore. Thane aveva già preparato una valigia con tutti i suoi averi ed era pronto a raggiungere il figlio per passare un po’ di tempo insieme. Lei si sarebbe incontrata in via ufficiosa con Anderson per una chiacchierata e poi sarebbe partita alla volta di Bekenstein.

-          Siha… - disse lui, un attimo prima di varcare la soglia della sua cabina.

Lei lo guardò con il sorriso appena accennato sulle labbra. Perché quello sembrava un addio? Lui esitò, riformulando mentalmente quello che voleva dirle all’infinito, per poi arrendersi e lasciar perdere. Avrebbe avuto tanto tempo.

-          Ci vediamo presto – sorrise, alla fine.
-          A presto, Thane – rispose lei, appoggiandosi alla scrivania mentre il portellone si richiudeva.


 



 
Shepard riaprì gli occhi. Il mare era ancora lì, davanti a lei, ma stranamente non le faceva paura. Sapeva nel profondo del suo cuore che prima o poi l’avrebbe rivisto. “E’ solo questione di tempo”, pensò, giocando con la sabbia. Non poteva essere così crudele, il destino. Lei, che aveva messo a disposizione la sua vita per salvare l’intera Galassia, meritava più di questo. Raccolse un po’ di sabbia in un pugno e, lentamente, la lasciò scivolare, mentre il vento la sparpagliava lontano… Riaprì il palmo e si accorse che una piccola conchiglia era riuscita a sfuggire al suo destino. Sorrise, portandosela al petto… l’avrebbe amato per sempre.









 



Un capitolo intitolato: come allungare il brodo. O, in alternativa: come farvi venire il diabete in un nanosecondo.
Sorry, but... I regret nothing.


 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Mass Effect / Vai alla pagina dell'autore: andromedashepard