Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: L Change the World    18/03/2013    2 recensioni
Quando Remus Lupin riceve la sua lettera dalla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, per un attimo è come se vedesse una piccola, pallida luce in fondo a quel tunnel buio e senza fine che lo tiene prigioniero da alcuni anni: essere un lupo mannaro. Per un attimo la speranza prende il posto della tristezza, l'euforia prende il posto della sofferenza. Ma è solo per un attimo...
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Era stata una notte orribile. Una di quelle che non si dimenticano. Non riusciva a definirla per quanto fosse stata brutta e terribile. Una notte fredda. Una notte senza fine, senza via d’uscita. Una notte di luna piena. Remus Lupin era sdraiato sul soffice terreno del suo stesso giardino, fissando il cielo, inebetito. Era sconvolto. Le due grosse cicatrici sulle guance gli facevano male, i capelli castani erano unti e disordinati, i suoi occhi apparivano stanchi, aveva due grosse e profonde occhiaie blu che gli solcavano il volto smunto, privo di espressione. Un’altra notte era passata, questo era l’unico pensiero felice nella mente di Remus. Si rannicchiò nell’erba, chiudendo gli occhi e riposando la mente ancora scossa. Essere morso dal lupo mannaro più feroce di tutta l’Inghilterra era la cosa peggiore che gli potesse capitare, e, ovviamente, gli era capitata. Era un anno e più che, ogni mese, subiva la stessa, medesima tortura, senza che potesse fare niente, senza che potesse evitarlo, senza rendersene conto. Il bambino tranquillo e solitario che era in lui cedeva il posto ad un vero ed autentico mostro, con tanto di fastidiosi peli in tutto il corpo e, cosa peggiore, di una mente che non gli apparteneva, di cose che non voleva affatto pensare, di un istinto che andava contro la sua volontà, e che lo rendeva vittima di un’immane sofferenza. Ma era destino. Era arrivato a pensare perfino che se si fosse tolto la vita, le cose sarebbero state molto più semplici. Ma no, non poteva uccidersi. Ogni volta che questo pensiero gli inondava la mente, lui lo respingeva, pensando alla sua famiglia, ai suoi genitori che lo amavano più di loro stessi, che non avrebbero retto ad un simile dolore. E poi, lui non era cattivo. Lui non voleva uccidere. Lui voleva vivere, e il più normalmente possibile, anche se era un risultato abbastanza difficile da ottenere. Riaprì gli occhi, e, lentamente, si mise a sedere. Aspettò, poi, con immenso sforzo, riuscì ad alzarsi e a camminare. Finalmente era di nuovo in sé. Anche quella notte aveva rischiato di ammazzare nel più terribile dei modi una persona innocente, ma ora non ci doveva pensare. Adesso era Remus, Remus Lupin, no? Era lui? Sì. Bene. Si diresse verso la casa alle sue spalle, attento a non cadere. Quando ormai fu vicino alla porta, senti dei singhiozzi provenire dal soggiorno. Era suo padre. Ogni volta lo stesso pianto allucinante, ogni mese lo stesso lamento. E tutto perché aveva regalato a suo figlio un dei morsi più letali di Fenrir Greyback, solo perché aveva umiliato ed offeso il lupo mannaro, che si era ferocemente vendicato, rovinando una famiglia altrimenti felice. Sentì la voce di suo padre, rotta dai singhiozzi e dai rantolii: ”Che cosa ho fatto? Che cosa ho fatto!” e sua moglie lì accanto che gli cingeva le spalle e lo  accarezzava, rassicurandolo con parole consolatorie e lasciandosi sfuggire anche lei dei singhiozzi. Remus era ormai abituato a quel genere di cose, così entrò senza dar segni di sorpresa e si diresse verso la sua camera, ordinando a se stesso di dormire. Non fece in tempo a mettersi seduto sul suo letto soffice e ancora intatto, quando la porta si aprì, piano.                                    
“Buongiorno, Remus”. Un uomo di bell’aspetto fece capolino dalla porta, il volto ancora rigato dalle lacrime. Si asciugò velocemente il viso con la manica della maglietta, e disse:” Indovina”.                                                                                           
“Indovina cosa, papà?” disse Remus, cercando di nascondere la sua stanchezza e guardando curioso gli occhi del padre.                                                                                          
“E’ arrivata una lettera…” disse il padre, compiaciuto, e trasse dalla sua tasca una lettera gialla con un grosso stemma in ceralacca verde smeraldo. Remus balzò in piedi troppo velocemente, perché si ritrovò per terra, ma i suoi occhi brillavano, fissi sulla lettera stretta fra le mani del padre, che si precipitò in suo aiuto.   
“S-stai bene, figliolo? Ti porto qualcosa, un bicchiere di succo di zucca, o qualcos’altro?” disse il padre, apprensivo, ma Remus non rispose tanta era la sua sorpresa. Non poteva essere vero, no, quello era soltanto un bellissimo sogno che stava facendo, sì, si era addormentato improvvisamente e quindi sembrava vero. O era vero? C’era solo un modo per scoprirlo. Il piccolo Remus prese gentilmente la lettera dalle mani del papà, dicendo:” Ma questa non è mica…?” Girò la lettera e l’indirizzo risultò giusto. Eh, già, era proprio lui. La aprì delicatamente, come se fosse sacra.“Sì, Remus, esatto! E’ la lettera di Hogwarts! Sei stato ammesso, tesoro!” e il padre scoccò un bacio sulla fronte del figlio, bagnandolo con le lacrime non ancora asciugate. Ma Remus lo tirò a sé e lo abbracciò con tutta la forza che aveva in quel momento. Poi, padre e figlio lessero la lettera e la lista dei libri da comprare. Non poteva essere vero, eppure eccola lì, splendente tra le sue dita. Non l’aveva creduto possibile. Molti, tra cui anche i suoi genitori, gli avevano detto che, per la sua condizione, non avrebbe avuto la possibilità di andare a Hogwarts, sia per i problemi che avrebbe avuto con gli altri ragazzi, sia per la reputazione della scuola stessa. Parliamoci chiaro, chi avrebbe mandato più suo figlio in una scuola che ospitava un lupo mannaro?                                                                                                          
“Sei felice?” chiese l’uomo a suo figlio, guardandolo con amore e tenerezza.                                                                                       
“Non puoi immaginare come mi senta adesso, papà. E’ una cosa fantastica!” esultò Remus. Era come se tutta la felicità del mondo fosse racchiusa nella carta che teneva in mano. Non poteva non smettere di ridere. Poi la porta si aprì di nuovo, ed una donna dai capelli a caschetto si fece avanti, ridendo anche lei alla vista del marito e del figlio, stesi a terra con la lettera in mano che si guardavano e ridevano.                                                                                                               
“Cosa ci fate voi due sul tappeto?”                                                                                                                                                                                                  
“Mamma, guarda cosa ci ha portato il gufo! Guarda, mamma, guardala bene!”                                                                                      
“Tu non lo sai, Remus, ma il gufo me l’ha consegnata in mano direttamente a me.”                                                                                     
“Davvero?” disse Remus, sorpreso.                                                                                                                                                                              
“Certo, te lo giuro!” disse la donna, baciando a sua volta il figlio sulla guancia. Remus non poteva essere più felice. La cosa che desiderava di più fin da quando era piccolo era di studiare a Hogwarts, di avere degli amici e delle persone che gli volessero bene, ed ora i suoi sogni erano realizzati appieno. Poi, all’improvviso, un pensiero raggelante gli esplose in testa, facendo svanire ogni pensiero felice. Scoppiò in lacrime così velocemente che i genitori assunsero un’aria preoccupata ancora prima di smettere di sorridere.                                                                                                                      
“Cosa c’è, Remus, non ti senti bene? Ha bisogno di riposo.” Disse il padre alla madre, e subito i due si alzarono.                                
“C-come farò lì a-a Hogwarts per t-trasformarmi?” ululò Remus, in preda agli spasmi “T-tutti m-mi prenderanno i-in g-giro! N-non avrò a-amici lì! Tutti m-mi e-viteranno e mi f-faranno le boccaccie, e mi u-urleranno contro s-solo p-perché sono un b-brutto e c-cattivo LUPO MANNARO!” Remus era disperato. Un attimo prima era il ragazzo più felice sulla faccia della terra, e ora, tutto finiva ancora prima di cominciare. Il padre e la madre si guardarono. Non sapevano che dire. Il figlio aveva ragione, non gli avrebbero permesso di toccare neanche una bottiglietta d’inchiostro, povero. La situazione degenerò. Remus continuò a piangere ininterrottamente e silenziosamente, mentre i genitori ancora si fissavano l’un l’altra, comunicando tra loro attraverso gli sguardi e pensando intanto ad una soluzione. Alla fine l’uomo rizzò la schiena e, dirigendosi fuori dalla camera con passo deciso, esclamò:”Mandiamo una lettera a Silente”.   
“A Silente? John, sei impazzito? Quello lì ha già abbastanza problemi con tutte le lettere che deve mandare, e i bambini, la scuola, e le famiglie. John! Mi stai ascoltando?“ gridò a gran voce la donna, seguendo il marito per tutta la casa, con Remus che, anche lui, modesto, cercava di fermare il padre, ancora con le lacrime agli occhi.                                             
“E’ per il bene di Remus, per il bene di nostro figlio!” esclamò per giunta John Lupin, prendendo una boccetta d’inchiostro ed una piuma e iniziando a scrivere…
 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: L Change the World