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Autore: DarkRose86    05/10/2007    6 recensioni
Lei somigliava a un petalo di rosa, candida e pura come il più bel fiore esistente sulla terra.
Lo era, prima che iniziasse la sua caduta; inevitabilmente.
Basta scrivere un nome su un quaderno, per sconvolgere la vita di una persona.

' Mentre seguo ricordi intermittenti in questo mondo immobile...
la realtà comincia a nascere dentro di me insieme alla tragedia.
Migliaia di tristezze, migliaia di bugie, migliaia di desideri, migliaia di...
Migliaia di amori, migliaia di occhi, migliaia di reali disperazioni. '
~ {Matt/Mello} {Matt/Sarah} {L/Sarah} ~
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri personaggi, L, Matt, Mello, Near
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Con un pochino di ritardo, eccomi di nuovo qua, con il terzo capitolo di questa mia nuova storia.
Innanzitutto, ci tengo a ringraziare una per una le mie lettrici:

Shirahime88: Ti amo sempre di più! >< Sono felice che tu abbia apprezzato anche il secondo capitolo, e spero che sia lo stesso con questo. ^^
Sei stata davvero gentilissima bel tuo commento *_* mi chiedo se mi merito davvero tutti questi complimenti. Grazie!

JunJun: Kami-sama? °_° Ma nuu, adesso esageri! X°D Non sono così brava... me profondamente commossa. ;_;
Io ti adoro! Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto, e che il personaggio di Sarah ti piaccia. *_* Continua a seguirmi! Me ti adora! ><
Sei un tesoro! :*

Marghe88: Come sono felice... *.* anche tu adori Sarah, e questo mi fa moltissimo piacere, essendo un personaggio di mia invenzione. Sono contenta che la storia ti appassioni e che la trovi originale. *_* prometto che sarà lunga! ^^ Un bacione :*

Kyah: Mille grazie anche a te... sei troppo gentile. *_* Lo so che è triste ( ç__ç ), ma in fondo la scrittrice sono io. XD Che volete farci? Amo leggere e scrivere storie tristi... chiedo veniaaaaa! >< Continua a seguirmi!

Freija: Ma che gentile che sei *_* ma nuuuu, non piangere. ;_; uffi, faccio sempre commuovere i miei lettori T_T
Sono felice che la storia ti piace... spero che ti piacerà anche questo terzo capitolo! Un bacio8 :*

Lenus: Che dire, se non che sei un tesoro? *_* Sono felicissima che la storia ti piaccia! Ti voglio tantissimo bene! **

Beh, che dire...  buona lettura, e recensite mi raccomando! ^^

PICCOLO AVVISO: Questo capitolo, e anche il successivo, saranno incentrati soprattutto su Sarah, discostandosi dalla storia di DN. Ma ovviamente, i riferimenti ci saranno sempre e comunque. ^_^



< Che farai adesso, Sarah? >

< Non lo so... forse farò come Mello, prenderò il primo autobus domani mattina, e me ne andrò lontano da qui. >
< Perchè vuoi andartente anche tu? >
< Tu vuoi restare, Matt? >
< Io... non lo so... >


< Io me ne andrò Roger; domani mattina, all'alba. >
< Dove andrai? E' pericoloso per una ragazzina della tua età andarsene in giro da sola, te ne rendi conto? >
< Perfettamente; ma ci sono tante cose che voglio fare, e non mi fermerò davanti a nulla, nessun ostacolo mi spaventa. >
< Cosa vuoi fare? >
< Innanzitutto, crescere. >


Capitolo III - Il Calore di una Famiglia


Avevo deciso di andarmene dalla Wammy's House appena Roger ci dette quella terribile notizia; da allora, la rabbia albergava dentro di me e minacciava di venir fuori con tutta la sua furia, per questo me ne andai; non volevo rischiare di trattare male chi mi voleva bene. Dovevo necessariamente allontanarmi da loro.

Per crescere e abbandonare il desiderio di vendetta.

Quella mattina pioveva a dirotto, ma questo non mi fermò; mi alzai all'alba e preparai la mia valigia in fretta e furia, gettandovi dentro un pò di vestiti, scarpe e la mia unica foto, che mi fu scattata appena arrivai nell'istituto. La odiavo, ma decisi di portarmela dietro per non lasciare troppi ricordi in quella piccola stanza. Mi infilai un paio di jeans scuri e una maglietta, poi il mio giaccone preferito; presi il denaro che mi era stato dato da Roger il giorno prima, poi usciì dalla stanza cercando di non fare tanto rumore. Di soldi non ne avevo molti con me, e per una ragazza della mia età non era certo facile trovarsi un'occupazione; ma non m'importava. Volevo semplicemente rompere col passato. Fui davvero crudele, a pensarci bene: varcata la soglia del grande portone, mi sentiì chiamare.
< Sarah! Sarah! Ma allora... te ne vai davvero? >
Feci qualche passo sotto il temporale, poi mi voltai e mi specchiai negli occhi del mio migliore amico; mi parve che stesse piangendo, ma non era facile accertarsene, sotto la pioggia battente che gli bagnava il viso.
< Sì, Matt. Non ho più motivo di restare qui. > dissi, abbassando lo sguardo.
< Come sarebbe, non hai più motivo di restare? E io... io non esisto? E Roger! E... > esclamò, strattonandomi per un braccio; mi sforzai di non piangere, ma fu tutto inutile.
< Matt... > singhiozzai, abbracciandolo, < ...cerca di capirmi, ti prego... >
< Capirti? Capire che cosa? >
Guardai verso il portone, e vidi Roger, lo sguardo fisso su di noi, triste; ma non disse una parola.
< Io non voglio... farvi soffrire... > continuai, aggrappandomi con forza alla sua maglietta. La ragione mi gridava prepotentemente di scappare via, ma il cuore non voleva starla a sentire.
< Tu ci farai soffrire se te ne andrai, lo capisci questo? >
< Sì... ma se io rimango, potrebbe essere ancora peggio... > affermai, allontanandomi.
< Ma che dici? >
Non capiva; non poteva capire. Solo io sapevo cosa stava accadendo dentro di me, e soltanto io potevo rimediare.
< Matt... ti voglio bene. > sussurrai, avvicinandomi di nuovo, e posando un dolce bacio sulla sua guancia destra; un bacio che sapeva di pioggia autunnale, di amicizia, di calde lacrime. Poi mi voltai, avviandomi verso il grande cancello che avrebbe lasciato alle mie spalle tutto ciò che avevo amato di più. Il mio amico Matt, Roger, Near, la Wammy's House, le rose di quel giardino, le corse in cortile... tutto.
Matt non disse altro, e si limitò ad osservare i miei incerti movimenti, i miei passi lenti sotto la pioggia, la titubanza con la quale apriì il cancello e poi lo richiusi, volgendo un ultimo sguardo a quella che era stata la mia vera casa; guardai la grandi finestre, cercando chissà che cosa al loro interno, quando vidi una piccola figura, candida come fiocchi di neve, con lo sguardo rivolto verso di me, ad esplorare la mia anima.

Near...

Chissà se anche a lui dispiaceva; non ero mai riuscita a capire ciò che pensava di me. Raramente mi parlava, e mai mi aveva mostrato un sorriso, o uno sguardo complice. Ma nonostante ciò, volevo bene anche a lui; era uno dei pochi che non mi guardava con disprezzo quando camminavo per i corridoi dell'istituto, con lo sguardo sempre abbassato, e il corpo avvolto in abiti sempre di un unico colore: il nero.

Mi allontanai in fretta, correndo, inciampando spesso nelle pozzanghere, guardando di fronte a me, perdendomi nelle luci accecanti dei fari delle auto, e tra gli enormi palazzi che mi circondavano; chi si alzava presto per andare al lavoro e camminava tranquillo per quelle strade, riparato da un ombrello, mi osservava incuriosito, osservava una bambina correre nel traffico di quella grande città. Ad un certo punto mi fermai di fronte alla vetrina di un negozio, cercando riparo, ma era ancora chiuso; faceva freddo, ma dovetti accontentarmi dell'abbraccio del mio giaccone, anche se non era molto. Mi specchiai nel vetro che mi separava da quel caldo e accogliente locale, e realizzai che avevo veramente un aspetto orribile: gli occhi arrossati per le lacrime che avevo versato, i capelli bagnati che mi ricadevano sul viso, il corpo tremante. Avevo veramente fatto bene ad andarmene? Cominciai a dubitarne, quando mi voltai a osservare con attenzione la realtà che mi circondava.

Non era fatta per me.

Poi guardai nuovamente la vetrina, e immaginai di gustarmi alcune delle leccornie che vi erano esposte, magari assieme a Mello e Matt, o ad L; mi sedetti sull'asfalto bagnato e nascosi il volto tra le mani, maledicendomi infinite volte, e pensando di meritarmi di restare lì, senza nessuno che mi aiutasse, a morire di freddo e di stenti. Ma quando una calda voce mi chiese se stavo bene e se avevo bisogno d'aiuto, il mio orgoglio si ristabilì, leggermente; e pensai che non ero ancora finita. Avevo ancora un obiettivo da raggiungere, e non dovevo neanche lontanamente pensare di abbandonarlo.

L'avrei condannato, prima o poi.

< Oh, poverina... ma che ci fai qui? Stai bene? > chiese una voce gentile; alzai lo sguardo e vidi una signora di mezz'età, con tutta probabilità la proprietaria del negozio. Aveva i capelli corti e biondi, e un bel paio di occhi verdi nascosti dietro delle sottili lenti; mi stava guardando preoccupata, in attesa di una mia risposta.
< Oh... sì, mi scusi, non volevo disturbare... è solo che... non so dove andare. > risposi, quasi a voler suscitare compassione, anche se non era quello il mio scopo.
< Vuoi dire che ti sei persa? Dove sono i tuoi genitori? Mi sembri molto giovane... >
< Io... non ho più i genitori... io me ne sono appena andata dall'orfanotrofio in cui stavo. > affermai, nonostante avessi paura che quella signora chiamasse la polizia; in quel caso, mi avrebbero di certo riportata indietro.
< Ma non possiamo parlare qui... vieni, entra! > mi invitò ad entrare dentro al suo negozio, sebbene fossi bagnata fradicia e decisamente poco presentabile.
Non appena entrai, un piacevole tepore mi avvolse, e mi beai del delicato e dolce aroma dei dolci che la signora vendeva; mi invitò a sedermi, e mi aiutò a togliermi la giacca, completamente inzuppata d'acqua.
< Allora... mi dicevi che sei orfana... perchè te ne sei andata dall'orfanotrofio? Non ti trovavi bene? Scommetto che si tratta di quell'istituto qui vicino... >
< Sì... la Wammy's House... > annuiì, < ...io mi trovavo bene, ma c'è una ragione... per cui ho deciso di andarmene. Solo che sono troppo piccola... io vorrei trovarmi un lavoro e un posto dove stare, ma ho solo quindici anni... >
Una lacrima mi rigò la guancia.
< Mmmh... forse potrei esserti d'aiuto, se mi prometti di fare la brava ragazza. >
< Perchè è così disponibile nei miei confronti, signora? Lei... non mi conosce neanche... >
< Avevo una figlia della tua stessa età... anche lei era pieno di forza d'animo e di orgoglio proprio come te. > sorrise la donna, < Io posso offrirti di lavorare qui nella mia pasticceria; ti pagherò bene, se lavorerai sodo. Inoltre, per il posto dove stare, potrei chiedere a mia sorella; fra l'altro lei ha una figlia che ha quindici anni proprio come te, e penso che vi trovereste molto bene insieme. Adesso loro sono all'estero per una settimana, ma quando torneranno, gliene parlerò. > concluse, aspettando una risposta.
Si accese una luce, davanti ai miei occhi; possibile che fossi veramente così fortunata?
< Per... per me è perfetto! Io... non so come ringraziarla signora... >
< Mi basta che tu mi faccia compagnia; sono sempre sola, qui in questo negozio. > disse, sorridendo, lasciando comunque trasparire un velo di tristezza.

Da allora, iniziai a lavorare per la signora Angela; più avanti, seppi che suo marito e sua figlia erano morti qualche anno prima in un incidente stradale, e nonostante avesse avuto più di un'occasione per rifarsi una vita, era rimasta fedele ai suoi cari che l'avevano lasciata troppo presto. Il mondo è davvero crudele, con alcune persone.
Per una settimana abitai con lei, assaporando la felicità che aveva dovuto provare sua figlia nell'avere una madre tanto gentile e premurosa; poi, il sabato, sua sorella tornò dal viaggio che aveva fatto con il marito e la figlia. Mi sentivo particolarmente nervosa, a pensare che Angela gli avrebbe parlato di me, e chiesto di ospitarmi: mi chiesi più volte il perchè volesse affidarmi per forza a sua sorella. Forse pensava che avessi bisogno anche di una figura paterna, e di una " sorella " con cui poter condividere le stesse passioni, e con cui crescere assieme. Questo non mi dispiaceva, sebbene fossi sempre stata un tipo piuttosto solitario; inoltre, avrei continuato a vedere Angela ogni giorno, visto che lavoravo nella sua pasticceria.

< Ma... ma sei tu! > esclamò la mia coetanea, Casey Sheridan, non appena mi vide. Non avrei mai immaginato che avrei incontrato di nuovo quella ragazza, e soprattutto, che fosse la nipote della signora Angela; non mi aveva mai parlato di lei in quei giorni, mi aveva detto solo che aveva la mia stessa età.
Jennifer, sua madre, inizialmente mi guardò storto.
< Tu sei quella ragazzina... quella dell'orfanotrofio... >
< Ma vi conoscete? > chiese Angela, ignara del nostro " incontro " un anno prima.
< Diciamo... di vista. > rispose la sorella, corrugando le sopracciglia.
< Beh, ti posso assicurare, Jennifer, che Sarah è una ragazza d'oro; lavora sodo, ed è molto gentile. >
La signora Jennifer però, era alquanto titubante; l'affermazione che feci quel giorno, evidentemente, non l'aveva dimenticata.

" I miei genitori sono stati uccisi. Sto bene, da quando sono qui... "

Certo, per una madre modello come lei, sentire una ragazzina dire una cosa del genere, era una cosa inaccettabile; ma le belle parole di Angela e i sorrisi di Casey, che aveva sempre desiderato una sorella, la convinsero a darmi una possibilità. Così, trovai una famiglia.

< Lo sai, Sarah... > esordì Casey, < ...io l'ho sempre saputo che i nostri destini si sarebbero intrecciati; dalla prima volta che ci siamo parlate, ho sentito che presto saremmo state molto unite. >
O era una veggente, oppure era molto più ingenua di me; optai poi per la seconda ipotesi. Avendo vissuto ogni giorno della sua vita in una calda atmosfera familiare fatta di regali e sorrisi gentili, non poteva capire come mi sentivo dentro. Quanto mi sentivo grande, nonostante non lo fossi realmente.
Fatto sta che diventammo inseparabili, molto di più di quanto lo possono essere due sorelle di sangue; nonostante avessimo gusti totalmente diversi, ci intendevamo alla perfezione. In poche parole, mi sentiì felice; anche se nel mio cuore albergava ancora il desiderio di vendicarmi. Non l'avevo abbandonato, non avrei mai potuto farlo.
Orgoglio? Pazzia? Non saprei dirlo.
E poi pensavo ai mie amici, giorno e notte, quando non riuscivo a dormire; chissà dove si trovava Mello, in quel momento. Chissà se era stato fortunato come me. E Matt... mi chiesi se fosse rimasto alla Wammy's House, o se avesse anche lui deciso di andarsene per inseguire un sogno. E Near... chissà...
Ogni tanto piangevo in silenzio, maledicendo Kira e sognando L, immaginandolo ancora in quel grande giardino, vicino alla pianta di rose, mentre io lo guardavo dalla finestra; poi i suoi sorrisi, e il mio cuore che batteva forte ad ogni sua parola, ogni suo gesto. Mi mancava.

< Sì, pronto? > chiese la voce del distinto signore che tanto aveva fatto per me.
< Roger... sono io, Sarah. >
< Sarah? Non avevi fatto sapere nulla... ero preoccupato. Dove sei adesso? Come stai? >
< Sto benone Roger; ho un lavoro, e una famiglia. Sono stata adottata, sebbene non " ufficialmente ". >
< Sul serio? >
< Sì... senti, Roger... posso parlare con Matt, per favore? >
< Oh... ecco, vedi... Matt se n'è andato... subito dopo di te. > asserì Roger.
< Immaginavo... tu non sai dov'è andato... vero? >
< No, non so nulla... mi dispiace, Sarah... >
< Non fa niente... grazie Roger, ti richiamerò >
Riattaccai.

Anche Matt se n'era andato; pregai perchè stesse bene, e pensai che molto probabilmente in quel momento stava cercando Mello disperatamente, rendendosi conto di aver fatto un errore, a permettergli di andarsene da solo. Ma anche io avevo sbagliato, perchè ero stata capace di dirgli, semplicemente: " Non voglio che tu te ne vada... ". Le parole possono avere una grande presa per gli esseri umani, oppure possono allontanarli da te. E le mie avevano fatto esattamente questo; perchè avevo solo parlato, senza corrergli dietro come aveva fatto Matt con me. Forse, se l'avessi fatto, Mello ci avrebbe ripensato; perchè lui era diverso da me, o almeno così credevo.
Io ero nata sbagliata, e su questo non avevo alcun dubbio.

Ma la mia nuova famiglia mi amava nonostante tutto; le serate nascoste al caldo di quel camino in quel grande salone mi scaldavano il cuore, sebbene esso continuasse silenziosamente a soffrire. Non volevo renderli partecipi del mio costante dolore.

Ma questo dannato destino ha sempre qualcosa di negativo in serbo, per ognuno di noi.



Fine Capitolo Tre
  
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