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Autore: SilviAngel    18/03/2013    5 recensioni
Era piccolo piccolo, con gli occhioni grandi e luminosi spalancati e mai fermi, Derek pensò che lo stessero fissando concentrato – non sapeva che appena nati i bambini seguissero perlopiù udito e olfatto – le mani chiuse a pugno e la bocca aperta intenta a emettere ancora quegli squittii acuti e singhiozzanti.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 7
“Spalle al muro”
 
“Figliuolo” chiamò lo sceriffo per riportare su di sé l’attenzione di Stiles.
Prima che l’uomo potesse continuare, il ragazzo si rivolse al lupo “Derek, che cosa ci fai tu qui?”
Il moro non rispose, facendo cenno con il capo verso il padrone di casa che ancora attendeva che il minore lo prendesse in considerazione.
“Potresti spiegarmi questa?” riprovò il padre e facendo un passo nella sua direzione sventolò davanti al suo viso la fotografia sgualcita dei due bambini, ad essere precisi, la copia di Derek.
“Te l’ha ridata” constatò Stiles stringendo tra le dita l’immagine e alzando gli occhi finalmente verso il padre e decidendosi a rispondergli “Papà, ricordi che la mamma parlava di un bambino che la andava a trovare quando era in ospedale per me?”
“Sì, certo, anche se io non l’ho mai incontrato”
“Beh, era lui. Era Derek” confessò in un respiro il liceale.
“Stai scherzando? Lui? Quello che ho interrogato per la morte di quella povera ragazza?”
“Sì, quello che hai poi anche scagionato” cercò di far guadagnare punti al mannaro che in silenzio attendeva il concludersi di quel piccolo battibecco.
“E l’hai scoperto solo ora?” si decise a domandare James, dato che voleva assolutamente vederci chiaro.
“Me lo ha detto poche ore fa, anche se lui lo sapeva da un po’”
“E perché hai aspettato ragazzo?” chiese lo sceriffo rivolgendosi per la prima volta a Derek e attendendo un responso.
“Ho capito che fosse lui, solo il giorno in cui mi ha prelevato da casa per condurmi in centrale. Era arrabbiato perché suo figlio era presente e ha usato il suo vero nome per riprenderlo e lì ho scoperto la verità. Tutto ciò che conoscevo di quel neonato era il nome con cui lo chiamava la madre: Genim, ma non ho mai trovato nessuno che portasse un nome del genere” spiegò con la calma – quasi freddezza – che lo contraddistingueva.
“Ciò non spiega il passare del tempo, cosa vuoi ora da lui?” lo interrogò ancora l’uomo che manifestava il tipico atteggiamento di chi vuol proteggere con tutto se stesso ciò che gli sta più a cuore.
“Ho aspettato… non so perché ho aspettato. Forse avevo paura che non sapesse nulla di me, che sua madre mi avesse dimenticato e non gli avesse mai raccontato di me”
Un piccolo sbuffo provenne dallo sceriffo e gli altri presenti nella stanza sollevarono lo sguardo su di lui che sorridendo scuoteva leggermente la testa “Eri diventato una specie di supereroe. Ogni volta che Stiles era triste o arrabbiato o deluso, la madre gli diceva che c’era questo ragazzino che lo avrebbe protetto sempre. Ricordo una volta, avrà avuto a dir tanto cinque o sei anni, in cui avevo dovuto sgridarlo per bene e gli avevo rifilato pure uno sculaccione e lui”
“Papà” sperò di fermarlo Stiles non sapendo quale ridicolo aneddoto stesse per raccontare, ma il genitore non accennò a interrompersi.
“Lui mi si è parato dinnanzi con i pugni sui fianchi e fissandomi risentito mi ha detto Lo dirò al mio amico specialissimo… e ora sei qui, no hai idea degli arretrati che dovrai smaltire”
“Io vorrei diventare per davvero amico di suo figlio” ammise Derek senza paura, ma forse con un poco di imbarazzo a velarne la voce “me lo permetterà sceriffo?”
“Penso che non sia compito mio concedere o negare una cosa del genere e ora se non vi dispiace vorrei vedere il film western in programmazione alla TV. Voi potete andare a chiacchierare di sopra”
 
Spiazzati dalla tranquillità con cui l’uomo pareva aver reagito, i due ragazzi rimasero immobili senza dar cenno di aver compreso fino in fondo le parole del padrone di casa, che immediatamente si fece sentire ancora “Forza fuori” e accendendo il televisore sprofondò nel divano.
Stiles fece strada, attendendo che Derek lo seguisse su per le scale e poi nella sua stanza e arrivati a destinazione, il giovane si sedette in silenzio in fondo al letto.
Il moro rimase in piedi a pochi passi da lui e in rigoroso silenzio, fissandolo in attesa che parlasse, perché sapeva lo avrebbe di certo fatto per primo e così accadde, anche se il lupo di sicuro non si aspettava quel tono.
“Cosa ci fai qui?” chiese trattenendo a stento l’irritazione che lo stava divorando.
“Dovevo” provò a rispondere il maggiore, ma venne interrotto, come se Stiles non si fosse neppure accorto che avesse aperto bocca.
“Hai idea di… no, certo che non ce l’hai! Dannazione Derek! Peter? Davvero? Sono arrabbiato come non ricordo di essere mai stato. Mi spieghi perché stai con lui? È pazzo ed è un assassino, no, anzi è un pazzo assassino”
“Lo so, ma” ritentò il moro.
“Non ti azzardare a dire È l’unico parente che mi resta” e non resistendo più scattò in piedi e, portandosi a un soffio da Derek, quasi lo minacciò “Se pensassi di avere la speranza di non distruggermi le nocche, ti prenderei a pugni” grugnì dalla frustrazione e, passandosi le mani avanti e indietro sui capelli, il respirò si ruppe in mille frammenti facendo accelerare l’alzarsi e l’abbassarsi del suo petto, nonché il battito del suo cuore.
Per la miseria! Stiles sapeva perfettamente cosa preannunciassero quei segnali: gli stava venendo un attacco di panico e correndo alla finestra, la spalancò sperando che l’aria della sera avrebbe aiutato i suoi polmoni a riprendere a lavorare a un ritmo normale.
 
Il capo piegato in avanti e le mani poggiate sul piccolo davanzale, il piccolo si ostinava a tenere gli occhi chiusi cercando di isolare anche il proprio udito, come a convincersi che in camera non ci fosse nessuno a parte lui.
Il beta si avvicinò cercando di non spaventarlo ulteriormente e giunto al suo fianco, lo chiamò più e più volte, ma il liceale si ostinò a isolarsi nel suo mondo pieno fino a scoppiare del tum tum forsennato del proprio cuore.
“Stiles, stai bene?” domanda assurda visto le circostanze, ma null’altro al momento passava per la mente del lupo e come se fosse stato punto su un nervo scoperto, il figlio dello sceriffo reagì a quelle poche parole.
“Ti sembra che io stia bene? Razza di licantropo microcefalo! Certo che non sto bene. Ho paura, sono incazzato, sono preoccupato e tutto grazie a te” sbraitando, Stiles aveva sollevato il busto e aveva iniziato a picchiettare l’indice al centro del torace di Derek, rimarcando le proprie parole.
“Non devi avere paura, non gli permetterò di toccarti dovessi anche”
“Oh bene!” disse con tono esasperato “Ora pensi di scendere a patti con lui? È un mostro”
“Anche io lo sono” obiettò portando i propri occhi nei suoi.
“Non sto parlando di zanne e artigli, è la sua mente ad essere mostruosa” cercò di spiegarsi il castano.
“Lui può arrivare a chi ha massacrato la nostra famiglia” cercò di perorare la scelta compiuta di affiancarsi all’Alfa.
“Certo, seminando cadaveri dietro di sé. Pensi davvero sia una decisione giusta? Sta uccidendo innocenti” gli ricordò Stiles.
“È l’unica possibilità che ho al momento” si difese il moro.
“Non è vero, puoi continuare a  cercare una soluzione con me e Scott” ma vedendo che le proprie parole non scalfivano la convinzione del licantropo, il nervoso ebbe la meglio “Allora dimmi, se questa è la strada che hai deciso di percorrere, cosa sei venuto a fare qui? Perché hai voluto far sapere a mio padre chi sei?”
“Pensavo che”  
“Non dirmi che pensavi davvero che ti avrei appoggiato in questa follia?” spalancò le braccia Stiles, allontanandosi dalla finestra e muovendo qualche passo in giro per la camera.
“Pensavo che mi avresti concesso almeno la possibilità di spiegare, ma evidentemente mi aspettavo troppo da un banale essere umano quale sei” ringhiò alla volta dell’altro permettendo alle iridi di tingersi di blu cos’ da far arretrare ulteriormente il ragazzo.
Derek, deciso ad andarsene, posò le mani sull’infisso della finestra e sollevò una gamba per scavalcare il davanzale, ma la voce del padrone di casa non glielo permise “Fermati”
Il mannaro obbedì, colmo di speranza, che venne però delusa nell’attimo in cui l’umano continuò “Devi andartene dalla porta, mio padre sa che sei qui”
La delusione si dipinse sul volto del maggiore, ma in silenzio fece ciò che gli era appena stato detto e, uscito dalla camera, scese di sotto e congedatosi dallo sceriffo, se ne andò.
 
Stiles si sedette a terra, esattamente sotto la finestra ancora spalancata e piegate le gambe, incrociò su esse le braccia e vi poggiò la fronte, maledicendosi all’istante.
Non avrebbe dovuto urlargli contro a quel modo.
Derek era solo ed era venuto da lui, mettendosi a nudo come non mai, mostrandogli una sua debolezza o comunque un bisogno di sostegno e di appoggio che lui gli aveva ottusamente negato.
Cosa avrebbe fatto lui se qualcuno gli avesse offerto la possibilità di avere tra le mani un capro espiatorio per la morte di sua madre?
Un sorriso amaro si disegnò sulle sue labbra.
Erano tutti bravi – e lui lo era stato – a riempirsi la bocca di belle parole e sacrosanta morale, ma alla fine tutti, forse nessuno escluso, potendo, si sarebbero lasciati tentare dalla sana e antica vendetta.
Derek si era visto portare via quasi l’intera famiglia e ora gli veniva offerta l’occasione di dare sfogo alla rabbia che per anni aveva custodito in sé e alimentato facendola crescere a dismisura.
 
Questi pensieri tristi vennero interrotti da un debole bussare.
“Avanti” e il padre entrò.
“Ho visto Derek uscire e mi chiedevo se, beh, se volessi parlarne” si avvicinò lo sceriffo.
“Non c’è molto da dire. Pensavo che avremmo potuto diventare amici, ma siamo troppo diversi”
“Avete discusso?” chiese incuriosito e preoccupato al tempo stesso, visto e considerato il musetto abbattuto di Stiles.
“Sì, ma niente di che” il liceale sperò che il padre non tentasse di approfondire perché non avrebbe trovato facilmente un motivo plausibile, e fasullo, di discussione da propinargli.
“Io non so cosa lo abbia fatto scappare, ma se posso darti un consiglio, cerca di essere comprensivo e disponibile con lui, ne ha passata talmente tante” e assestandogli una pacca sulla spalla, lo lasciò al buio della sua stanza, tornandosene dai suoi cowboy.
Il ragazzino, rammaricato per tutto ciò che gli era uscito poco prima dalla bocca, raggiunse il letto e senza neppure svestirsi, si coricò.
 
Intanto in mezzo al bosco, un certo beta sfogava la collera sradicando ogni cosa che gli capitasse a tiro. Tronchi, anche abbastanza grandi, e rocce volavano attorno a lui e Peter, raggiuntolo, dovette schivarne un paio prima di poterlo avvicinare tanto da parlargli “Che ti prende nipote? Problemi con il tuo nuovo amico?”
Un ringhio poderoso e subito dopo l’intero corredo lupesco si abbatté sull’Alfa che, con un abile movimento delle braccia, come se fosse stato nulla di più che un fastidioso insetto, scansò il corpo di Derek facendolo rotolare a terra.
“Pensavo avessi imparato a contenere la rabbia, non puoi combattere come un animale. Ti serve un bel po’ di disciplina” e facendo baluginare di rosso i propri occhi si lanciò all’attacco, atterrando il beta in pochi attimi per poi rialzarsi subito dopo, riassestandosi i vestiti.
“Allora mi spieghi cosa è successo?” chiese senza ironia nella voce e incrociando le braccia al petto.
“Lui” rispose Derek mentre le zanne arretravano fino a scomparire del tutto “non vuole capire”
“Non vuole capire perché stiamo andando a caccia di cacciatori? Mi sembra naturale, è un umano e per di più parecchio intelligente, sarebbe davvero un favoloso acquisto per il mio branco”
“Non ti azzardare a toccarlo, te l’ho già detto” tornò a ringhiare il minore.
“Oh, bene, vedo che ho appena scoperto l’elemento di scambio definitivo, anche se lo avevo già intuito. Tu mi aiuterai e mi obbedirai in tutto e per tutto e io in cambio mi impegno a non sfiorare neppure per errore la pelle candida del piccolo e dolce Stiles. Affare fatto?”
Derek annuì e subito dopo sparì nel bosco.
   
 
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