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Autore: Veruska Marija    19/03/2013    1 recensioni
Due gemelle, due principesse separate da piccole. Tre regni, una strega malvagia e un'antica profezia.
Estia, la strega, vuole impadronirsi dei tre regni e dichiara loro guerra. Riusciranno le due principesse a unire le loro forze e sconfiggerla?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli occhi delle gemelle


Non c’era una nuvola in cielo, il sole splendeva e l’aria rendeva sopportabile il caldo estivo. Due bambine giocavano nel giardino del castello. Sorridenti si rincorrevano e nessuno aveva il coraggio di avvicinarsi a loro. Non per il rispetto che si porta alle figlie del sovrano, bensì per paura. Erano gemelle ed erano identiche. Avevano solo due differenze: il suono della voce e il colore degli occhi. Erano soprattutto quest’ultimi a spaventare il popolo. Quelli di Angela erano azzurri, ricordavano il ghiaccio, mentre quelli di Giada erano bicromatici, quello destro grigio come il fumo e quello sinistro verde  come la pietra di cui portava il nome. Nel regno si credeva che fissando i primi si sarebbe morti per ipotermia e fissando i secondi si sarebbe rimasti soffocati. Già dalla loro nascita si credeva che fossero l’incarnazione del male a causa di un’antica profezia.

“Nasceranno in due, ma il trono è solo uno.
Un sovrano lo sa, tra bene e male bisogna scegliere.
Nasceranno in due, ma solo una potrà vivere.
Dagli occhi si vede l’anima, il numero giusto è uno.
Nasceranno in due, arriverà la sofferenza.
Bisogna mantenere la pace, non hanno innocenza.”

Quando si seppe che erano nate due principesse queste parole furono velocemente sulla bocca di tutti, dal primo dei nobili all’ultimo dei contadini. Tutti si aspettavano che il re facesse giustiziare la seconda bambina: era quello che diceva la profezia. L’amore paterno, però, fu più forte. Il giovane re le amava entrambe e non poteva sopportare un’altra perdita, la regina, infatti, era morta dando alla luce Giada, la seconda bimba. Questo, ovviamente, non aveva fatto altro che incrementare la credenza che il male fosse annidato in loro, soprattutto nella più piccola.
Nei loro cinque anni di vita, però, le bambine erano sempre state come tutte le altre con l’eccezione di essere le eredi del Regno di Zefiro. Solo avevano il giardino più grande in cui correre, proprio come stavano facendo quel pomeriggio.
“Ti ho preso! Adesso tocca te!”
Appena la sorella ebbe finito di parlare Angela si girò e la rincorse. Il gioco, però, finì quando arrivarono in una zona che non avevano mai esplorato. Quella parte del giardino aveva aiuole di rose e tulipani disposte a cerchio attorno ad un maestoso salice piangente. Le principesse si presero per mano e si inoltrarono tra i rami  dell’albero. Erano incantate dalla bellezza di quel luogo e non si accorsero di nulla. Si sentirono afferrare e tirare una da una parte e una dall’altra. Non riuscirono a tenere unite le loro manine e tutto quello che poterono fare fu guardarsi negli occhi finché si dimenavano tra le braccia dei due sconosciuti che le stavano separando.
Quando il re venne a sapere del rapimento delle figlie rimase sconvolto. Non c’erano tracce, solo un’ala e una stella, rispettivamente i simboli dei due regni rivali, quello di Pallade e quello di Urania, incisi nel tronco dell’unico salice piangente del giardino.
Il re dichiarò guerra ai due regni, ma il suo esercito non poteva combatterne due contemporaneamente. Nonostante gli uomini fossero stremati e pian piano le periferie del regno venissero distrutte, egli non si volle arrendere: voleva poter riabbracciare le proprie figlie.
Nemmeno un anno dopo il Regno di Zefiro non esisteva più. Quel luogo, che era stato un ricco e prosperoso, era diventato una landa desolata. Non vi abitava più nessuno, solo gli animali. L’unico segno della precedente presenza dell’uomo era il castello, ormai decadente e ricoperto di rampicanti.
Dopo la guerra che vide la caduta del Regno di Zefiro la pace regnò per tredici anni, finché una notte di agosto il male tornò a insidiarsi nei cuori della gente.
Nel Regno di Pallade era il diciottesimo compleanno della principessa. Era stata organizzata una grande festa a palazzo: cibo, musica, danze, giullari e decorazioni, non mancava nulla. Tutto procedeva per il meglio finché una donna entrò improvvisamente nella sala. Teneva le braccia protese verso l’alto e la testa all’indietro, gli occhi le si erano girati e ne si poteva vedere solo la parte bianca. Si avvicinò alla principessa quasi fluttuando sul pavimento e la pietra incastonata nella collana della futura regina si illuminò. Il diamante diventò dello stesso colore dei suoi occhi, azzurro. Tornò subito alla normalità, ma dentro rimase una figura azzurra in movimento. Sembrava la fiamma di una candela e tutti la riconobbero come il simbolo del regno caduto.
La straniera poi, poté guardare in faccia la giovane e le rivolse la parola.
“Angela, erede al trono del Regno di Zefiro e del Regno di Pallade, sei scampata alla mia maledizione una volta, ma non riaccadrà! Volevo il regno di tuo padre, ma ora non mi accontenterò di uno, ne prenderò tre! Voglio la guerra!”
Detto questo scomparve.
Il caos prese il sopravvento, quella che avevano visto era la maga Estia, una donna malvagia e potente, assetata di sangue e di ricchezze.
Pochi istanti dopo, nel Regno di Urania, si stava verificando la stessa scena: Estia faceva il proprio ingresso, il ciondolo si illuminava, la donna dichiarava guerra ai due regni rimasti, pretendeva di ottenere anche quello ormai decaduto e poi scompariva.
 
Dopo la comparsa della strega, nel Regno di Urania non si era perso tempo: l’esercito al completo era stato radunato, si stavano reclutando nuovi uomini e gli ufficiali cercavano di prepararli al meglio nonostante l’incombenza del pericolo. Tutti erano in fermento, l’agitazione e la paura si percepivano nell’aria, si respiravano. L’unica persona calma era la principessa Giada. Mentre tutti cercavano di prepararsi per riuscire a sopravvivere all’imminente guerra, lei guardava tutto questo dal proprio balcone. Vedeva donne, uomini e bambini correre per le strade alzando la polvere e rimaneva lì, impassibile. Una mano appoggiata alla balaustra e l’altra che tormentava il ciondolo della collana che indossava. Ipnotizzata da tutto quel movimento, solo la voce della propria serva la riportò alla realtà, aveva finito di scaldare l’acqua e aveva riempito la vasca. La ragazza si allontanò dal proprio strano rifugio e si diresse verso il bagno che l’aspettava. I granelli di sabbia sul pavimento le sfregavano la pianta dei piedi nudi mentre si spostava, ma non se ne curò. Arrivata davanti all’enorme bacinella di marmo si tolse la misera veste che indossava lasciandola cadere al suolo e si immerse nell’acqua calda. Chiuse gli occhi bicromatici che incutevano tanto terrore e tornò nel proprio universo. Una visione, però, la disturbò. “Un albero. Un salice piangente. Tutt’attorno solo terra bruciata e cenere. Una bambina con il vestitino tutto strappato e sporco di sangue lo stava fissando. Lentamente si girò. I suoi occhi azzurri erano pieni di collera. Alzò entrambe le braccia e iniziò a pronunciare parole incomprensibili. Freddo, troppo freddo. Tutto il calore corporeo di Giada se ne stava andando e attorno alla bambina stava nascendo un incendio. Il fuoco non consumava né la piccola, né il salice, ma distruggeva sempre di più il terreno attorno. Mentre quegli occhi ghiacciati non smettevano di osservarla, cercò di avvicinarsi alle fiamme per scaldarsi, ma era sempre peggio. Ormai le sembrava che il sangue nelle proprie vene fosse diventato solido. Cadde a terra.”
Aprì gli occhi di scatto e istintivamente con un movimento brusco portò il busto e la testa in avanti facendo traboccare l’acqua che si spanse sul pavimento della stanza. Si guardò attorno, tutto era come prima che la sua mente venisse scaraventata in quel luogo desolato e dimenticato.
 
Anche nel Regno di Pallade tutti si stavano preparando all’imminente scontro. Angela si stava allenando assieme alle proprie guardie. Affondava la spada nel manichino ad una velocità impressionante. I capelli neri volavano mossi dal vento che creava ad ogni singolo movimento. All’ennesimo colpo sferrato perfettamente vide il manichino davanti a sé scomparire. “Un giardino con delle aiuole piene di fiori. Un albero, un salice piangente. Una bambina giocava tra i suoi rami. Ci correva attorno. Quando si accorse della presenza della principessa si arrestò immediatamente. I suoi occhi, uno verde e uno grigio, la fissavano in modo inquietante. All’improvviso la vestaglia della bimba si macchiò di sangue e Angela si sentì soffocare, più il vestito diventava cremisi, più a Angela mancavano l’aria e il respiro. Quando i suoi polmoni furono completamente vuoti non poté fare altro che accasciarsi al suolo. Il volto toccò la terra diventata secca e arida e la polvere le entrò nella bocca.”
Tossì e si ritrovò inginocchiata davanti al manichino da addestramento. Nessuno si stava preoccupando per lei, nessuno aveva notato che, per pochi minuti, lei aveva lasciato il campo.
 
Quella sera, in entrambi i regni, una voce risuonò nell’aria. Era Estia.
“Cinque giorni. All’alba inizierà la guerra. Aspetterò alle Pianure dell’Ovest.”
E poi com’era arrivata, la voce svanì.
 
Cinque giorni dopo, all’alba, le Pianure dell’Ovest ospitavano il maggior numero di uomini che avessero mai posato piede su esse. Due eserciti al completo erano pronti a combattere, ma la paura e la tensione si potevano percepire, al minimo rumore tutti scattavano, pronti ad attaccare qualcosa di sconosciuto. Si diceva che l’esercito di Estia fosse composto da migliaia di mostri, uomini decaduti a causa dei propri vizi. Le leggende narravano di esseri ripugnanti dalla pelle verdastra, quasi squamosa, alcuni con le corna, alcuni alati, ma tutti con la forza di venti dei migliori guerrieri.
Le prime file videro una piccola macchia nera avvicinarsi. Era Estia. Si avvicinò e lo stesso fecero le due principesse.
“Dov’è il tuo esercito?”
“Non ne ho bisogno, state a vedere.”
La maga alzò entrambe le braccia al cielo e poi le fece scendere disegnando un cerchio: contro la loro volontà i soldati si lanciarono contro quelli dell’altro regno.
“Fermali subito!”
“Perché dovrei? Mi sono solo d’intralcio, la mia guerra è contro di voi, piccole gemelle!”
Le due si guardarono e si accorsero di essere identiche con l’unica eccezione degli occhi. I ricordi riaffiorarono: i pezzi dei loro primi cinque anni di vita, di cui non avevano mai avuto memoria, comparvero. Estia si passò una mano davanti al volto e le tre si ritrovarono in un altro luogo.
“Lo riconoscete? Questo salice è l’unica cosa rimasta del castello in cui siete nate e ora lo distruggerò con voi!”
Angela si gettò con la spada sulla nemica, ma questa con un altro incantesimo ruppe l’arma. Rimasero solo piccoli frammenti di metallo.
“Se volete davvero combattere prima di arrendervi dovete farlo con la magia!”
E in un attimo le due principesse furono scaraventate contro la il tronco dell’albero.
“Noi non conosciamo la magia! E la famiglia reale non la può praticare!”
Angela urlò con tutta la rabbia che aveva in corpo. Non sapeva cosa fare senza la propria spada.
“Non vi ha detto nessuno che le gemelle possono? Nessuno vi ha insegnato quest’arte? Povere piccole, allora siete spacciate.”
All’ultima parola aveva già scagliato l’ennesimo sortilegio: la corteccia dell’albero iniziò a frammentarsi e a staccarsi dal tronco. Ogni piccola parte iniziò a vorticare nell’aria per poi impiantarsi nella carne delle principesse.
“ZVIET!”
Giada urlò puntando il palmo aperto verso Estia e la terra attorno alla maga cominciò a bruciare.
“Non male, ma speravo in qualcosa di meglio.”
In risposta al fuoco la donna scagliò un colpo alla testa di Giada. Le procurò una ferita alla fronte che iniziò a sanguinare copiosamente.
Estia continuò a scagliare i colpi indistintamente contro le due. Erano veloci, una raffica, rendevano impossibile qualsiasi tentativo di contrattacco e le indebolivano sempre di più, ferendole ovunque.
“Dammi la mano. Angela, veloce dammi la mano!”
Angela strinse la mano della gemella e la guardò negli occhi. Le ferite di entrambe pulsavano e non sarebbero resistite ancora per molto. Giada iniziò a recitare parole incomprensibili alla sorella. I due ciondoli iniziarono ad illuminarsi, un fascio di fuoco e ghiaccio si sprigionò e andò a colpire Estia. Tutte caddero a terra, due prive di sensi e una morta.
Avevano vinto.
 
Alcune ore dopo i corpi vennero ritrovati, quello di Estia venne lasciato agli uccelli necrofagi, mentre le due principesse vennero portate ai rispettivi palazzi. Completata la guarigione  Giada e Angela unirono i due regni formando il nuovo Regno di Zefiro che governarono insieme.




Se siete arrivati fino alla fine della storia non posso fare altro che ringraziarvi per averla letta! Spero che vi sia piaciuta e che spendiate due minuti per recensirla, mi farebbe molto piacere. :)

Dedicata a te, mia Cioccococcopuffagiangel ♥

Veruska Marija

   
 
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