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Autore: CassandraBlackZone    19/03/2013    3 recensioni
«Noioso.»
«Che?»
«I freni. Li hai tolti.»
Asia si girò verso la consolle e sbottò un sorriso. «Be’… si cambia.»
Senza girarsi, la siluriana soffocò una risata, salutò con una mano e chiuse la porta sempre dando le spalle. Di nuovo, Asia girò intorno agli innumerevoli comandi della macchina del tempo e in pochi secondi era già all’interno del vortice del tempo. Con una mano sfiorò la leva dei freni. «Dici… noioso?» con fare nostalgico, la ragazza camminò tra i corridoi del TARDIS giusto per aspettare che il suo ospite si svegliasse. Quell’ora la passò a pensare al passato.
Genere: Fluff, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Doctor - 1, Doctor - 11, Nuovo personaggio, River Song
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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«Sarah! Sarah! Guarda che bello questo fiume!»
«Sì, hai ragione! È davvero stupendo!»
«E guarda quanti pesci! Sarah, perché brillano così tanto? Sono magici?»
«Ti rivelo un piccolo segreto. Ma mi devi promettere che non lo rivelerai a nessuno.»
«Ok!»
«Questi pesci sono il riflesso delle stelle che dormono di giorno:e qualcuno dice che i pesci rispecchino anche la loro libertà di muoversi nel cielo.»
«Davvero? Ma è davvero bellissimo!»
«Ricordati. Un giorno anche noi vedremo le stelle,saremo così tanto vicini a loro che quasi potremmo toccarle.»
«Voleremo nello spazio?»
«Prenderemo lo shuttle come noi prendiamo l’autobus.»
«Ahahahaha non vedo l’ora!»
«Anche io.»
«Sarah! Sarah… Sarah….» 
 
«Sarah. Il teletrasporto è avvenuto con successo.»
La ragazza cibernetica riprese le sue solite funzioni accendendo i suoi controlli e lo schermo virtuale: senza accorgersene si era temporaneamente spenta. Di sicuro non per stanchezza e l’unica cosa a cui poteva pensare era che qualcosa l’avesse colpita e avesse così attivato l’arresto d’emergenza.
«Oh,diamine Sarah. Non hai una bella cera.»
«Ciao Rey.» Sarah guardò davanti a sé: un ragazzo biondo vestito con un camice bianco osservava preoccupato il suo fianco e a bassa voce contemplava i danni scrivendoli velocemente sul suo tablet virtuale.
«Pistola laser. Mancato di striscio. Danno che va riparato subito. Vai in infermeria, ho già inviato un avviso di emergenza.»
La ragazza toccò il suo fianco destro. Era sì rovente, ma non sentì poi così tanto dolore. «Non preoccuparti, sto bene.»
Con un passo uscì dalla capsula di teletrasporto e prese a camminare per la stanza cilindrica, ammirando il suo amato pianeta dalla finestra. Ai suoi occhi era un paesaggio bellissimo.
Enormi piattaforme galleggianti su cui poggiavano innumerevoli edifici bianchi e cilindrici, collegate fra di loro da una serie di tunnel. Spacecraft e Shuttlecraft che tempestavano il cielo indaco-violaceo. Sarah d’impulso sbottò un sorriso, poiché contenta di essere ritornata a casa.
«Ora però mi devi spiegare per quale motivo hai voluto usare un’arma antiquata come quella! Guarda qui, hai sporcato la capsula di polvere nera!» l'ammonì Rey.
«La capsula si può pulire. Ad ogni modo mi è stato dato l’ordine di non ucciderlo: ho solo voluto avvertirli.»
«Non ti smentisci mai. Sarà più divertente! Stavi per dire questo?»
«Mi hai tolto le parole di bocca.»
«Aspetta un attimo… ucciderlo?» il ragazzo un po’ perplesso armeggiò di nuovo il dito sul suo tablet tra cartelle e file. Un fascio di luce materializzò dal tablet l’immagine virtuale di una ragazzina atterrita con in braccio un ragazzo alieno. «Tu mi hai inviato delle informazioni arrivata sul posto e che la persona da uccidere era lei e non un lui.»
Sarah scosse la testa e spiegò al subordinato. «No, la ragazzina non è quello che ci serve. I dati forniti dell’Alto Consiglio erano corretti: Matt Smith, è l’elemento mancante.»
«Aspetta… ma lui non ha niente di speciale! È un… essere umano!»
«È proprio quello che dobbiamo scoprire. C’è qualcosa di diverso in lui, non solo ha quell’alone di tempo ma ci nasconde qualcosa che quasi sicuramente ci serve.»
Lui sbuffò. «Capirai. Sarà un altro buco nell’acqua.»
«Pensa positivo, Rey. Magari potrai vivisezionarlo a tuo piacimento.»
Rey ridacchiò beffardo sfregandosi le mani. Solo l’idea di poter finalmente usare i suoi nuovi attrezzi, lo eccitava parecchio. «Allora incrocio le dita»
Entrambi si scambiarono dei sorrisi
«Be', allora vado farmi riparare il fianco. Ci vediamo dopo.»
«Ah, Sarah»
«Che c’è?»
«Fai ancora quei sogni?»
Sarah era pronta ad uscire dalla stanza quando si fermò a quella domanda. Senza girarsi, lei annuì.
«Io continuerò a tenerlo segreto, anche perché tu sei il miglior guerriero fin’ora, perciò…»
«Grazie.»
Un’imbarazzante silenzio calò tra i due, lasciando che la voce di un uomo riecheggiasse nella stanza attraverso gli altoparlanti. Sarah, sei attesa nell’infermeria per la riparazione.
«È meglio… che ora vai.» la ragazza lo salutò con un mano e varcata la soglia della porta, quella si chiuse automaticamente con un leggero suono metallico. «I sogni… sono cose da umani. Ricordatelo, Sarah.»
 
«Allora? Com’è la situazione?»
«Benissimo, River. Pare che la nave di salvataggio della famiglia di Anciar si sia salvata: il ragazzo può tornare da sua madre.»
«Hai sentito, Anciar? Tornerai a casa.»
Il giovane alieno abbracciò prima River e poi Vastra ringraziandole tra le lacrime. «Grazie! Grazie davvero! Sono felice! Non vedo l’ora di vedere mia madre!! Le racconterò che…»
«Frena frena giovanotto! Devo dire che parli troppo, ma… è comprensibile.» River baciò sulla fronte il Nitan arruffandogli anche i capelli, quest’ultimo sorrise e corse al primo piano per dare la grande notizia ad Asia e Matt.
«Signorina Asia! Signorina Asia! Torno a casa! La mamma è viva!»
La ragazza finì il suo ultimo boccone di torta e si avvicinò ad Anciar per abbracciarlo. «Ma è fantastico! Sono contenta per te!»
«Grazie! Dov’è il signor Matt?»
«È andato a cambiarsi.»
«Eccomi.»
Anciar e Asia si girarono di scatto ed entrambi rimasero a bocca aperta. Matt si era presentato non più con una camicia strappata e sporca di sangue, ma con dei pantaloni scuri arrotolati, delle bretelle blu, una camicia bianca, una giacca marrone di tweed e degli stivaletti neri ai piedi. Per qualche strano motivo, l’uomo in quelle vesti si sentiva decisamente a disagio e la cosa fu ancora più insostenibile quando vide le espressioni attonite dei due ragazzi.
Matt si schiarì la voce, sistemandosi ulteriormente il colletto della camicia. «Be'? Come… come sto?»
Asia gli si avvicinò sorridendo. «Stai benissimo così.»
«Sì signor Matt! Proprio bello!»
«Grazie.»
«Signor Matt! Sa la novità? Ritorno dalla mia mamma!»annunciò per l'ennesima volta Anciar.
«Oh, ma è una grande notizia! Sono davvero contento per te!»
Dall’esaltazione, Anciar abbracciò anche Matt che con uno slancio si aggrappò a lui. «Oh! Lo sai che sei davvero leggero,Anciar?»
«Ricordati Matt Smith.»
In un attimo il sorriso di Matt scomparve. Pensò per un momento a quella voce nella sua testa; la voce della sua coscienza. Ma la paura lo assalì quando capì che quelle parole uscirono dalla bocca del giovane alieno che stava bisbigliando nel suo orecchio «Che…cosa?»
«Ricordati e vedrai che tutto andrà per il meglio.»
«Ricordare cosa?»
«Bene! Signorina Asia! Signor Matt! Io vado a prepararmi!» il giovane Nitan saltò giù da Matt e corse nella stanza da letto per prendere le sue cose, mentre Matt rimase immobile e ripensò alle parole di Anciar.
Che mi sia… immaginato tutto?
«Matt?» la quattordicenne appoggiò una mano sulla spalla di Matt facendolo trasalire. «Tutto bene?»
L’uomo sorrise timidamente «Sì sì! Scusami.»
«Scusa tu, piuttosto. Credo che… ora ti debba delle spiegazioni.» il giovane attore ed Asia si sedettero sul divano del salotto. Entrambi si sentivano terribilmente in imbarazzo, ma la ragazza partì subito col raccontare la storia della sua nascita. «Be'… a dirla tutta non so davvero dove cominciare. Potrei dirti che mi chiamo Asia perché sono nata in Giappone.»
«Ah bene. Aspetta un momento, in Giappone?!» domandò sorpreso Matt.
Annuì.«In breve mamma stava per partorire e dal panico mio padre a impostato una qualsiasi data pur di atterrare. Per puro caso… sono atterrati in un bosco di bambù nel periodo Edo, quindi intorno al 1600…»
«Oh… wow.»
La ragazza si fermò un attimo per soffocare una risata con una mano «Che c’è?»
«No, be' ecco… per la verità mi sono ricordata di una cosa buffa.»
Quella graziosa risata di Asia, scaturì una curiosità in Matt tale da iniziare a ridere anche lui. «Allora non trattenerti! Che è successo?»
«La mamma mi ha raccontato che appena disse a papà che le acque si erano rotte… è svenuto!»
«No! Sul serio?»
«Sì, è la verità! E mi ha detto anche che aveva una faccia davvero ridicola!»
«Ma che strano. Un dottore, che si impressiona di certe cose!»
«Già, l’ho pensato anche io!» Asia e Matt si lasciarono andare in una fragorosa risata dimenticandosi del disagio. «Per fortuna erano di passaggio due vecchietti e la aiutarono. Mamma mi raccontò anche che nacqui in un modo davvero strano.»
«In che senso?»
«Per qualche strana ragione ero completamente avvolta dall’energia del TARDIS: secondo lei era per colpa del viaggio nel vortice del tempo.»
«Caspita…»
«Infatti i vecchietti, appena mi hanno vista hanno cominciato a correre e a urlare come dei pazzi: è la figlia degli dèi! È la figlia degli dèi! E così dalla foga, svegliò mio padre con uno schiaffo e ripartirono.»
Finito di raccontare, Matt ancora non riusciva a smettere di sorridere e ad immaginarsi la scena. Proprio non avrebbe mai immaginato una figlia tra River e il Dottore. «Non posso crederci… un’altra figlia»
«Che? In che senso un’altra?»
«Come, non lo sai? In teoria tu dovresti essere la seconda, no? Tuo padre non te lo ha mai detto?»
Asia scosse la testa confusa. «Ti posso assicurare che io sono la prima.»
«Ma… ero convinta che ci fosse anche Jenny….»
«Jenny? La nostra?»
«No no! È un’altra Jenny! La figlia-clone del Dottore.» Asia guardò ancora più perplessa Matt. Quest’ultimo capì che davvero non sapeva niente e arrivò ad una conclusione. «Vuoi dire che… non esiste?»
«Mia madre mi avrebbe detto tutto e mio padre faceva altrettanto con lei perciò… temo proprio che non esista.»
«In un mondo parallelo, per definizione, ci sono persone, fatti e cose diverse rispetto ad un altro» River entrò nel salotto con una tazza di caffè fumante e si sedette su una poltrona accanto al divano.
«Come da te il Dottore è un semplice telefilm fanta-scientifico, da noi è reale. Se qui non c’è questa Jenny è molto probabile che nel tuo mondo non c’è mia figlia.»
Matt annuì sforzandosi di non guardare River. Il ricordo del suo schiaffo di benvenuto ancora lo perseguitava, ma la donna accortasi della sua titubanza sogghignò.
«Asia, ti dispiace lasciarmi da sola con Matt? Vorrei parlargli a quattrocchi.»
La ragazza fece per aprire bocca, ma si trattene e uscì dalla sala in silenzio. Rimasti soli, River sorrise al giovane attore.
«Ti aspettavi che l’avrei sgridata?»
L’uomo si meravigliò della domanda finendo col rispondere un po’ balbettando. «Be', I-in… un certo senso.»
«Oppure il problema sta nel fatto che ti ho schiaffeggiato appena svegliato.» Matt annuì leggermente con la testa abbassata, divertendo la donna.«Lo immaginavo! Be', in tal caso ti chiedo scusa. Era giusto per vedere se eri cosciente. Ad ogni modo non l’avrei picchiata per nessun motivo. La decisione che ha preso Asia era più che ragionevole.»
«Intendi… quella di salvarmi?»
«Esatto. Confesso che però ero indecisa se darle una punizione per questo viaggetto che ha fatto alle mie spalle ma… odio dare punizioni.»
«Certo che però… non ti freni quando si tratta del Dottore.»
River roteò gli occhi schioccando la lingua. «Lui di botte ne riceve anche quando fa qualcosa di buono, e lo sai perché? Prima della cosa buona c’è sempre di mezzo la sua testardaggine e voglia di fare l’idiota. Quel vecchio pazzo non sa far altro che far preoccupare gli altri!»
«Tu ora dici così… ma la verità è che dietro a queste parole c’è una moglie apprensiva per suo marito.»
L’archeologa appoggiò la tazza vuota sul tavolino, cercando di nascondere i suoi occhi spalancati dallo stupore. «Che… cosa vuoi dire?»
«Questi vestiti. Sono del Dottore, vero?»
«E con ciò?»
«Voi qui siete tutte donne e per ovvio di cose non avevate altri vestiti della mia taglia da darmi e perciò non avevate altra scelta se non darmi questi.»
«E questo che cosa ti fa capire che a me manchi quell’imbecille di mio marito?»
«Il farfallino.»
River sbatté freneticamente le palpebre osservando il colletto della camicia. Aveva ragione. Il farfallino non c’era.
«Non so se lo hai fatto di proposito o per sbaglio. Ma ho pensato che se io mi fossi messo il farfallino tu non saresti riuscita a guardarmi negli occhi.»
La donna vagò con lo sguardo nella stanza cercando invano di non ascoltarlo. Non riusciva nemmeno a sopportare il suono della sua voce. Così simile. Così… vera.
«Ecco perché quello schiaffo.»
«Smettila.» mormorò River a denti stretti.
«Ecco perché quelle lacrime.»
«SMETTILA!» River si portò le mani alle orecchie intenta a non sentire più una parola. Si inginocchiò a terra e iniziò a piangere ignorando totalmente la presenza del giovane attore. Era furiosa, stanca e frustrata. Gli mancava dannatamente quel vecchio pazzo di suo marito.
Le sue mani ancora tremavano, ma vennero fermate da delle grandi e rassicuranti mani calde. Un bacio sui dorsi la fece rabbrividire. «Mi dispiace… Mi dispiace tanto.»
Gli occhi verdi di Matt si rispecchiarono in quelli di River, che erano ormai velati di lacrime e rossi. «Mi manca. Mi manca quella sua stupida faccia da dodicenne! Mi mancano quelle maledette braccia che non stavano mai ferme ogni volta che ci baciavamo! Mi manca quella faccia da perfetto idiota quando prese per la prima volta Asia tra le braccia! Mi manca… tutto di lui! Questi otto anni… sono stati i più lunghi della mia vita, e io lo aspetto e aspetto… Perché non torna?!»
Il giovane attore appoggiò la testa dell’archeologa sul suo petto e lasciò che si sfogasse tra pianti e urla: io lo amo. Tra un insulto e l’altro River non faceva che ripeterlo. Tre parole colme di nostalgia e tristezza. Matt non poteva fare altro se non consolarla accarezzandole i capelli e anche lui lasciò che una lacrima gli rigasse la guancia fino al mento.
 
«Hm… è davvero squisito sarà la miglior cena di sempre! Oh, Asia! Chiama tua madre e Matt che… Ehi, cosa succede?» Asia entrò in cucina con lo sguardo verso il basso e si sedette su una sedia senza dire una parola, mentre Jenny lasciò l’enorme mestolo di legno e si avvicinò alla ragazza preoccupata. «Piccola mia, va tutto bene?»
La ragazza annuì appoggiando sul tavolo una cornice blu e forzò un sorriso: con un dito sfiorò la fotografia al suo interno. «Questa… è stata l’ultima foto che abbiamo fatto. Eravamo in Norvegia. Quanto eravamo ridicoli con questi elmetti da Vichinghi»
Jenny baciò Asia sulla fronte e osservò assieme a lei quella bellissima cornice: era la piccola Asia a sei anni, sorretta come una principessa dal suo strambo padre di 1105 anni e dalla sua affascinante madre archeologa. Tutti e tre sorridevano all’obbiettivo, in mezzo a dei Vichinghi sdentati.
«Eravate davvero bellissimi»
La ragazza sorrise «Volevo mostrarla a Matt. Ma ora sta ancora parlando con la mamma.»
La donna sorrise dolcemente alla ragazza. «Be', gliela farai vedere dopo cena. Ora vai a chiamarli.»
«Ok» prima di lasciare la stanza, Asia accarezzò per l’ultima volta il volto sorridente di suo padre e tirò su col naso cacciando indietro le lacrime. «Ti troveremo papà… Aspettaci»

 
   
 
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