Serie TV > Merlin
Segui la storia  |       
Autore: Arte84    19/03/2013    1 recensioni
Un destino che sembra già scritto, viene cambiato dal volere degli uomini. Ma un destino segnato, anche se deviato, può ritornare e decidere di far andare le cose così come dovevano essere fin dal principio. (Revisionata).
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo VII

 
Nevicava e una spessa coltre bianca e silenziosa aveva coperto i tetti del castello di Camelot e le case del villaggio.
Arthur guardava fuori dalla finestra quel meraviglioso spettacolo: non riusciva a prendere sonno nonostante fosse notte inoltrata.
Erano rientrati al tramonto, quando già le gocce di una fitta pioggerella si stava trasformando in nevischio: Artemisia, avvolta nel mantello e col grande cappuccio calato sulla testa, non aveva profferito una sola parola e nemmeno gli aveva rivolto una sola occhiata.
Dal canto suo, si sentiva confuso per le emozioni che non era riuscito a controllare. Se non fossero arrivati Gwaine e Parsifal, avrebbe perso il controllo di sé.
Cos’era? Desiderio carnale? Sfidava chiunque a non essere attratto da lei. Da uomo avrebbe potuto trovare quella giustificazione, ma sarebbe stata solo una scusa.
Desiderava il corpo di Artemisia, affondare il viso nei suoi capelli, sentire sotto le sue mani la morbidezza della pelle, così come desiderava semplicemente un suo sorriso, un suo sguardo. Quegli occhi neri, profondi e lucidi che l’avevano guardato sconvolta sotto l’antica quercia. Quegli occhi che gli sondavano l’anima ogni volta che li puntava nei suoi. Quegli occhi da cui era fuggito e che aveva cercato di evitare mentre lei era in convalescenza, per poi affogarci dentro non appena se li era trovati davanti.
Non era solo lussuria, era qualcosa di più. Quel qualcosa che dentro di lui era scoppiato quando l’aveva baciata velocemente, senza rendersi conto di cosa stava facendo. Un qualcosa che gli era esploso dentro l’anima quando con quel bacio veloce aveva spezzato l’incantesimo e si era reso conto di essere lui la persona di cui Artemisia era innamorata. Una consapevolezza diventata certezza, constatò.
Che fosse questo l’amore?
Si girò verso il letto, a guardare Gwen dormire serenamente.
Era certo che non esistesse nessun’altra regina migliore di lei. Ma l’amava? Con lei era stato tutto naturale, nonostante le difficoltà per sposarla:  ne avevano passate tante assieme, la stimava, l’apprezzava e provava un profondo affetto per lei.
Affetto? Che sia solo questo a legarlo alla moglie? Con Gwen non aveva mai provato quello che provava ora con Artemisia.
Un sentimento tenero e bruciante allo stesso tempo, dolce come il miele e sferzante come il vento freddo del nord. Un miscuglio di emozioni e sensazioni che non aveva mai provato prima per nessuna.
Nemmeno per Gwen, pensò con rammarico.
 
Arthur, seduto al tavolo, non riusciva a concentrarsi. Era la quarta volta che cercava di leggere il documento che aveva tra le mani.
Nei giorni successivi aveva incrociato Artemisia ai campi addestramento o nei corridoi del castello, sempre accompagnata da qualche cavaliere. Un mezzo sorriso, un cenno del capo, mai una parola.
Proprio quella mattina aveva saputo da sua moglie che avrebbe passato la giornata nelle stanze della principessa per aiutarla a preparare i bagagli per il giorno dopo.
“Torna a Castlesea. Non ti ha informato?” aveva chiesto Gwen alla vista dello stupore del marito. No, non l’aveva informato.
Merlin stava rassettando la stanza del re e non aveva fatto a meno di notare il turbamento di Arthur.
Qualcuno bussò alla porta: “Avanti” disse il giovane re, gettando stancamente il documento sul tavolo.
Artemisia si affacciò dalla porta e Arthur si alzò di scatto dalla sedia.
“Dobbiamo parlare” disse seria la principessa avvicinandosi al tavolo.
Arthur aprì la bocca per parlare, ma Artemisia lo anticipò: ”Poco fa è arrivato questo dispaccio da parte di mio padre” disse porgendogli una pergamena arrotolata.
 Arthur raccolse il foglio mentre ascoltava.
“La neve non ha fermato i sassoni. Le sentinelle di mio padre hanno segnalato la presenza di un grosso contingente a mezza giornata di marcia dalla roccaforte di Tintagel”.
“Tintagel? Si trova ai confini dei nostri due regni” osservò Arthur mentre scorreva il documento.
“Secondo il rapporto delle spie, pare che Odin e i suoi generali vogliano attaccare entrambi i fronti. Ho rispedito la staffetta a Castlesea con l’ordine di mobilitare l’esercito. Credo che la possibilità di un attacco congiunto da parte nostra sia l’unica soluzione” aggiunse la principessa.
“Sono d’accordo. Convocherò il consiglio per il primo pomeriggio” disse il re.
“Dovrò quindi rimandare la partenza di qualche giorno” disse Artemisia dopo un attimo di silenzio, appoggiandosi con entrambe le mani alla scrivania.
“Perché non mi ha avvisato?” chiese Arthur con tono duro.
“Te lo sto dicendo ora” aggiunse Artemisia.
Merlin fece finta di voltarsi affaccendato in qualcosa.
Arthur appoggiò istintivamente la sua mano su quella della principessa; il contatto tra la loro mani sembrò sorprenderli entrambi.
“Dobbiamo parlare. Non possiamo far finta di niente” disse sottovoce il giovane re, godendo di quel contatto furtivo. Averla così vicina e non poter far niente, lo fece sentire impotente.
Artemisia scostò la mano ed incrociò le braccia al petto: “Dobbiamo invece, non c’è niente da aggiungere. Non siamo due persone qualunque: tu sei il re di Camelot e hai una regina da amare, io sono la futura regina di Castlesea e devo difendere la mia terra e il mio popolo ora che il re mio padre non ne ha la forza. Non possiamo permettere che dei sentimenti momentanei prendano il sopravvento” e lo guardò mordendosi il labbro inferiore.
“Momentanei?” chiese in un soffio Arthur guardandola negli occhi. Ciò che ne lesse era tutto il contrario di ciò che la sua bocca diceva.
Artemisia non resistette oltre: “Ci vediamo al consiglio” disse uscendo dalla stanza, prima che il nodo che le era salito in gola si sciogliesse in pianto.
Arthur strinse le mani a pugno sul tavolo così forte che le nocche diventarono bianche. Si accorse dello sguardo serio di Merlin: “Hai sentito tutto, vero?” chiese il re sedendosi infastidito.
“Più che sentito, ho visto quello che successo nella foresta di Bamburgh” precisò Merlin.
“Non puoi avere idea, Merlin, di cosa significa essere intrappolato in un destino che non rispecchia i propri desideri” sospirò il re dopo una breve pausa di silenzio.
Merlin non rispose, ma il suo sguardo rivelava più di mille parole.
 
L’esercito di Camelot arrivò nei pressi della fortezza abbandonata di Tintagel dopo due giorni di marcia forzata. Il sole aveva assistito l’esercito, sciogliendo un po’ di neve lungo il tragitto.
Un nutrito contingente proveniente da Castlesea era arrivato già da qualche ora e stava allestendo l’accampamento.
Un soldato con le insegne di Castlesea era lì pronto ad accogliere re Arthur e la principessa Artemisia. Era alto e la stazza sotto la corazza rivelava un fisico forte e muscoloso. I capelli bruni  erano tagliati corti alla foggia militare, rivelando una fronte ampia illuminata da due acuti ed intelligenti occhi chiari; accolse gli ospiti con un grosso sorriso cordiale.
“Carleon!” chiamò entusiasta Artemisia smontando da cavallo.
Lo raggiunse ridendo per abbracciarlo e fu sollevata da terra dalle grosse braccia del cavaliere. Arthur smontò da cavallo, trattenendo a fatica un leggero pungolo di fastidio alla vista di quella scena. Chi era per avere una tale confidenza con lei?
Artemisia prese per mano quell’uomo e si avvicinò ad Arthur e agli atri cavalieri: “Re di Camelot e nobili cavalieri, vi presento Carleon di Hir, generale d’armata dell’esercito di Castlesea, soldato integerrimo e valoroso, uomo leale e grande amico” disse fiera Artemisia.
“Sarà mio onore servire il re di Camelot così come servo da moli anni il re di Castlesea” disse Carleon con voce calda e profonda, adatta alla sua figura. Aggiunse poi: “ A tal proposito, porto i saluti di re Andrew”.
“Grazie per l’accoglienza, Carleon di Hir: contraccambiamo i saluti del re di Castlesea” disse cortese Arthur.
“Come sta mio padre?” chiese apprensiva Artemisia.
“Abbastanza bene, vista la situazione. E ho un messaggio per te da parte sua”.
Carleon afferrò la treccia della principessa e la strattonò, ma senza usare la grande forza di cui era sicuramente in possesso.
“Ahio!” urlò Artemisia, portandosi le mani alla testa.
 “Torna presto, ma soprattutto torna tutta intera a casa. Mi manchi. Ti voglio bene, papà” disse Carleon telegraficamente.
“La prossima volta, fatti scrivere un messaggio!” protestò la ragazza tenendosi ancora la testa, tra le risate generali.
Anche Arthur sorrise. Il generale si congedò, mentre Merlin e i cavalieri si sparpagliavano attorno all’accampamento.
Arthur si avvicinò ad Artemisia mentre era intenta a prendere le sue cose dalla cavalcatura: “Allora il soldato dagli occhi verdi esiste. Mi hai mentito ancora” disse indispettito.
Artemisia si girò a guardare prima Carleon poi Arthur: “Non sono verdi, sono grigi. Mai stata più sincera” disse lei senza riuscire a trattenere un sorriso davanti all’evidente gelosia del re.
 
Carleon accompagnò Arthur ed Artemisia, seguiti da Merlin, all’interno della fortezza di Tintagel. Erano molti anni che non era abitata, ma il generale di Castlesea aveva tenuto che il re e la principessa non passassero la notte nelle tende dell’accampamento ma tra quelle vecchie mura di pietra.
“Andava bene anche la tenda” aveva protestato Artemisia.
“Sarò più tranquillo se vi saprò al coperto qui. Sono sicuro che stanotte nevicherà” disse Carleon in un tono che non ammetteva repliche.
 
Carleon aveva avuto ragione: appena tramontato il sole, aveva cominciato a nevicare fitto.
Arthur stava congelando, nonostante il caminetto acceso. Alloggiava in una sala molto grande che forse non era una camera da letto, per cui il calore del piccolo camino non riscaldava quelle fredde mura. Ricordò che Artemisia era stata alloggiata in una stanza molto più piccola; forse la sua veniva riscaldata bene.
Dopo un attimo di esitazione, prese la coperta di lana dal letto da campo che Merlin gli aveva preparato, se l’appoggiò sulle spalle e si avviò lungo il corridoio semibuio. Davanti alla porta della camera di Artemisia si fermò, ci ripensò e si voltò per tornarsene indietro.
Artemisia aprì la porta e s’affacciò fuori: “Ah, sei tu. Ho sentito i passi. Problemi?”.
Arthur si voltò a guardarla con l’espressione di un bambino beccato con le dita nella marmellata: “Nella mia stanza fa troppo freddo, pensavo che nella tua, forse il camino funziona meglio…”
“Su, entra” disse pacata la principessa.
Arthur entrò e notò che indossava una camiciola di lanetta bianca corta che le lasciava le lunghe gambe nude. Si sentì avvampare in volto e pensò di aver fatto un errore ad andare da lei.
“Se non hai problemi, puoi dormire sul tappeto davanti al camino: è pulito” disse Artemisia mentre si avviava al suo letto.
“Grazie” mormorò Arthur andandosi a stendere sul tappeto. Il calore della stanza lo fece sentire meglio.
Un cuscino lo colpì in faccia: “Ne ho due, uno puoi tenerlo tu” disse Artemisia.
Arthur lo stropicciò, se lo sistemò sotto la testa, si girò su un fianco e s’accorse che il profumo di Artemisia s’era impresso sulla stoffa. Sapeva di fiori.
La certezza del non dover essere lì gli era palese, mentre annusava il cuscino.
Artemisia, rannicchiata sotto le lenzuola, si dannò per averlo fatto entrare. Faceva davvero così freddo nella sua stanza? Non riusciva a non pensare che lui era li a pochi passi da lei che dormiva. Lo senti rigirarsi, e rigirarsi ancora.
“E scomodo il tappeto?” chiese Artemisia.
“No, anzi è morbido. Non riesco a dormire” sospirò Arthur, mettendosi a sedere e passandosi una mano fra i capelli.
La principessa si alzò avvolgendosi nella coperta e si andò a sedere accanto a lui: “Nemmeno io. Sei preoccupato per domani?” chiese.
“Un po’ si. Non è facile rilassarsi la notte prima di una battaglia”.
“Bhe, pensa che domani a quest’ora saremo tutti ubriachi per i festeggiamenti della vittoria. Oppure tutti morti a festeggiare nell’aldilà il trapasso” osservò sarcastica Artemisia.
Arthur rise: “Quindi, nella seconda ipotesi, questa sarebbe l’ultima notte della nostra vita”.
“E pensa: la stai passando in mia compagnia. Che fortuna, eh?” scherzò lei.
Arthur la guardò dolcemente: “E pensa: non vorrei essere in nessun’altro posto” disse.
Artemisia sentì il cuore batterle forte nel petto e distolse lo sguardo dall’azzurro penetrante dei suoi occhi.
“Quindi, quel Carleon…” prese a dire il re dopo un altro un attimo di silenzio, massaggiandosi il mento con la mano.
Artemisia roteò gli occhi: “Ancora? Lo conosco da tanti anni, è un uomo onesto e leale. No, non c’è nessun rapporto particolare tra noi che non sia pura amicizia. E si, mi ha chiesto di sposarlo un bel po’ di volte ma io ho sempre rifiutato perché non ne sono innamorata. Mentre penso, modestamente, che sia totalmente perso per la sottoscritta”.
Arthur rise di gusto, mostrandosi soddisfatto.
“Cos’altro vuoi sapere? Se ci siamo…diciamo così… divertiti qualche volta?” incalzò lei.
Arthur, a bocca aperta per lo stupore, strabuzzò gli occhi.
Artemisia strinse le labbra, impassibile: “Ebbene, si! Da ragazzi ci siamo divertiti. Ma sono passati tanti anni, ormai…”.
“Non ci posso credere…” prese a dire Arthur, scrollando la testa.
La principessa fece spallucce, non curante: “Lo sai che sono una testa calda. Come avrei fatto ad imparare a combattere, sennò? Mio padre mi definisce una ribelle selvaggia. E si danna chiedendosi da chi abbia preso e se ci fosse stato tra i nostri antenati qualche squilibrato.  Eravamo dei ragazzini, io e Carleon. Ma è finita lì”.  
“Ed è ancora al tuo servizio… Non mi piace. Decisamente, non mi piace” disse contrariato lui.
Artemisia sospirò: “Lo conosco da una vita. Mi fido di lui, Arthur. E’ il soldato più valoroso che conosca. Gli ho affidato la mia vita, così come spesse volte ha fatto mio padre con la sua. Ma il mio cuore…” s’interruppe, rendendosi conto che era andata ingenuamente a toccare un discorso che doveva restare chiuso.
“Così il mio” disse d’un fiato Arthur. Istintivamente, si presero per mano, intrecciando le dita.
“E’ tutto sbagliato” disse Artemisia.
“Ho sempre seguito il mio cuore e sono sempre stato criticato, soprattutto da mio padre. Ma non me ne sono mai pentito.”
“Arthur, non si può. Non si tratta ora di Camelot o di Castlesea. Non possiamo andare avanti con la consapevolezza di fare del male a noi stessi e a chi ci sta intorno. Vivere di nascosto ciò che proviamo? No, sarebbe troppo doloroso” disse Artemisia con la voce incrinata.
Arthur osservò i suoi occhi lucenti riempirsi di lacrime e una fitta di dolore gli attanagliò il petto. Artemisia aveva regione, ma il solo pensiero di dover rinunciare a lei lo atterrì.
La prese tra le braccia e baciò quelle lacrime, seguendo con la labbra il percorso che prendevano sul viso di Artemisia. Ne seguì una che andò a bagnarle la bocca e la baciò.
Un bacio tenero, dolce e allo stesso tempo calmo, quasi a voler dilatare il tempo ed allungare i minuti in ore, le ore in giorni.
Con un sospiro Artemisia si staccò da Arthur per rivolgergli un sorriso tra le lacrime; un sorriso così dolce e struggente che il cuore di Arthur mancò di un battito.
Artemisia, con un movimento leggero, si sfilò la camicia da notte, mostrandosi alla luce rossastra del fuoco nuda e vulnerabile. Arthur la sollevò un po’ per poi farla stendere sul tappeto.
Stette un attimo a guardarla per imprimere nella mente l’immagine del suo viso e del suo corpo nudo. Artemisia lo lasciò fare senza coprirsi.
Si piegò poi su di lei e si baciarono con passione stavolta, la stessa che li aveva travolti sotto l’antica quercia.
Come due sconosciuti, si esplorarono con la bocca e le mani. Artemisia tirò via la camicia di Arthur e quasi tremò quando sentì il calore di quel corpo a contatto col suo. Il giovane re cominciò a baciarle il collo per poi scendere al seno, assaporando il sapore che aveva la sua pelle: un sapore unico, che non aveva mai assaggiato.
Non riusciva ormai a pensare con lucidità, il desiderio di lei si era fatto lacerante ed Artemisia si abbandonò totalmente sotto di lui, pronta a farsi rubare l’anima.
Arthur si mosse sopra di lei, che quasi presa dalla paura che potesse andar via da un momento all’altro, gli circondò i fianchi con le gambe.
“Mia, solo mia” disse Arthur in un gemito provocato da quel contatto. “Mio, solo mio” gli fece eco Artemisia.
Arthur si attardò un po’ sulla soglia, voleva che quel momento durasse fino a quando avesse avuto aria da respirare e vita da vivere. Poi la penetrò, continuando a baciarla profondamente, mentre Artemisia emise un gemito soffocato quando lo sentì entrare.
“Quando sei nelle mie braccia il mondo non mi preoccupa più” disse Arthur guardandola negli occhi.
“E lì mi troverai per sempre, finchè le stelle non cadranno dai cieli” rispose Artemisia.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: Arte84