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Autore: michiyo1age    19/03/2013    4 recensioni
Era diventato capoclan senza neanche essersene accorto.
Aveva sempre pensato che sarebbe arrivato ad una veranda età senza doversi prendere mai la briga di occuparsi dei numerosi familiari dal cognome Nara che circondavano sempre la casa quando c’era bisogno di qualcosa. La bellezza di non essere come gli Hyuuga era che almeno non vivevano tutti vicini in un unico palazzo e questo salvava il capoclan dal voler scomparire in un posto molto lontano. Shikamaru aveva sempre creduto che ad un certo punto, il vecchio gli avrebbe ceduto la carica e solo in quel momento lontano sarebbe stato alla testa del clan.
[Buona festa del papà]
Attenzione: spoiler (dopo capitolo
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Shikamaru Nara, Temari | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Oyaji

Era diventato capoclan senza neanche essersene accorto.

Aveva sempre pensato che sarebbe arrivato ad una veranda età senza doversi prendere mai la briga di occuparsi dei numerosi familiari dal cognome Nara che circondavano sempre la casa quando c’era bisogno di qualcosa. La bellezza di non essere come gli Hyuuga era che almeno non vivevano tutti vicini in un unico palazzo e questo salvava il capoclan dal voler scomparire in un posto molto lontano. Shikamaru aveva sempre creduto che ad un certo punto, il vecchio gli avrebbe ceduto la carica e solo in quel momento lontano sarebbe stato alla testa del clan.

E invece ora, nella lunga marcia verso Konoha, veniva continuamente interpellato da vari zii e cugini che, come lui, erano riusciti sopravvivere alla guerra e all’ultima estenuante battaglia. Alcuni erano feriti, altri erano stati inviati come messaggeri per annunciare il loro ritorno e preparare il loro arrivo. Ora lui doveva preoccuparsi di tutto e di tutti senza poter aver il tempo di pensare a quello che era accaduto.

Suo padre era morto. Aveva dedicato a questo pensiero non più di due minuti perché c’era stata una battaglia da vincere, perché c’erano stati tutti i grandi eventi a cui aveva assistito, perché…perché…perché non ci voleva pensare.

Ora la guerra era vinta, gli amici non erano più in pericolo e non dovevano essere salvati, ma l’atmosfera festosa dei primi giorni era svanita. Ora si tornava alla normalità, a casa, ma nulla sarebbe stato normale, nulla avrebbe avuto lo stesso aspetto  perché non tutti avevano potuto fare ritorno. Anche Neji, come suo padre,  non avrebbe più rivisto casa sua e molti altri come loro non avrebbero più calpestato la polvere delle vie del villaggio.

A  Kumo avevano salutato gli shinobi di Iwa, i samurai del Paese del Ferro e i padroni di casa, tra molti “arrivederci” e “alla prossima volta”. Avevano proseguito nel paese del Fuoco insieme ai ninja di Kiri prima di separarsi anche da loro e finalmente erano giunti prossimità del villaggio natio accompagnati dagli inseparabili alleati della Sabbia che avevano diviso il loro esercito in due parti delle quali la più piccola li avrebbe accompagnati. Gaara voleva aiutare il nuovo Hokage a sistemarsi e ad aiutarlo a crearsi una posizione solida, nonché velocizzare la ricostruzione del paese già molto avanti rispetto a ciò che era stato pianificato. Anche Tsunade purtroppo  rientrava nella lunga lista di caduti che la pazzia di Madara e Tobi avevano causato e Gaara le doveva la vita. La sua intenzione era quella di ripagare subito il grande debito  verso Konoha e verso Naruto Uzumaki.

Shikamaru si scoprì felice di questa notizia. Aveva realizzato che la compagnia di Temari della Sabbia lo faceva star bene come se fosse stata un balsamo agli eventi recenti. Non pretendeva da lui più di quanto non avesse preteso prima e non gli rivolgeva sguardi compassionevoli o parole accorate come se fosse un appestato. Sapeva come prenderlo e cosa dirgli e cosa omettere, il che gli permetteva di scambiare qualche parola senza irritarsi o sentirsi a disagio. Ino e Chouji capivano come si sentisse, ma proprio per questo non riusciva a starci troppo vicino: parlare con loro avrebbe reso tutto molto più complicato visto che non c’era solo il suo di dolore, ma anche il loro. Non riusciva a sopportare le lacrime di Ino perché anche lui avrebbe voluto piangere e liberarsi, ma ora doveva far vedere a tutti di essere cresciuto e  di valere come capoclan. Non era riuscito neanche a consolare la sua migliore amica, ma dopotutto non era mai stato bravo in queste cose e gli davano fastidio coloro che gli mettevano una mano sopra la spalla e gli dicevano “mi dispiace per tuo padre, deve essere dura”. Voleva essere lui e lui solo, nella sua mente e nel suo corpo ad occuparsi della spinosa faccenda di pensare che non aveva più un padre a cui rivolgersi, un padre da guardare ad esempio.

Il passo gli divenne pesante, come se non volesse tornare a casa. C’era sua madre lì ad attenderlo, sua madre che aveva ricevuto la notizia  non da lui, ma da qualcuno di meno importante, di meno vicino, da un estraneo. Se aveva avuto problemi come Ino, con Yoshino la situazione si faceva molto più difficile: non era pronto a fronteggiarla, non sapeva cosa avrebbe trovato, come l’avrebbe trovata. Non aveva mai visto sua madre disperarsi o essere triste senza ogni speranza e aveva paura di non riconoscere quella donna autoritaria e seccante che era sempre stata. L’aveva vista preoccupata, arrabbiata, felice e aveva imparato a trattarla in maniera differente in base al cambiamento di umore, ma ora si trovava di fronte all’ignoto. Non sapeva quali fossero le parole giuste in una situazione del genere e non sapeva neanche se ci fossero parole giuste.

In più doveva pensare al funerale, alla tomba, non era riuscito neanche a riportare il corpo… era lui il capo clan, era lui che avrebbe dovuto occuparsi di tutto. Man mano che le responsabilità cadevano sulle sue spalle, il ritmo rallentava fino a quando, in mezzo alla colonna si fermò.

Non poteva essere, non poteva essere: Shikaku Nara non poteva essere morto. Era stato troppo veloce e subitaneo come l’era stato per Asuma. Ora era più grande, era cresciuto e ed era diventato un adulto però proprio grazie alla sgridata e agli insegnamenti di suo padre. Non c’era più nessuno ora che lo avrebbe raddrizzato se avesse preso una via sbagliata.

-Che fai?- gli chiese Temari.

Non le rispose, ma  le bastò un solo sguardo in quegli occhi smarriti e increduli per capire ogni cosa. Erano stati sempre fianco a fianco da quando l’alleanza trai loro due villaggi era stata ristabilita e in guerra si era spalleggiati in ogni momento, ormai si conoscevano a mena dito.

Temari gli prese la mano e strettala con forza, si trascinò il pesaculo per  i restanti kilometri.

 

Arrivarono alle porte salutati da un’enorme ovazione da parte degli abitanti del villaggio che li avevano attesi per ringraziarli e accoglierli nella miglior maniera possibile. C’erano tutti in quella miriade di volti da Teuchi a Yoshino Nara che batteva le mani insieme alla signora Yamanaka e alla signora Akimichi.

Le grida e le risate si mischiavano ai pianti ti quella folla che continuò ad applaudire  fino a quando l’ultimo shinobi non venne abbracciato dalle mura del villaggio. I ninja vennero congedati dai loro capitani che avrebbero avuto un meeting con i Kage la mattina seguente. La marcia era stata lunga e stancante e ora che cominciava ad imbrunire potevano andare ad abbracciare i loro cari e trascorrere finalmente una notte tranquilla. Shikamaru si congedò da Gaara e trascinò con sé Temari nella folla che fece un cenno al fratello: sarebbe tornata dopo. Suo fratello annuì brevemente prima di dirigersi verso il palazzo dell’Hokage.

Yoshino arrivò davanti a suo figlio e con un sorriso mesto e gli occhi leggermente commossi, gli accarezzò la guancia: -Bentornato a casa-

Temari si allontanò da lui: non era il suo posto lì, nel dolore di una famiglia.

S’inchinò:-Le porgo le mie condoglianze signora Nara, suo marito è stato per me un modello da seguire-

-Ti ringrazio. Temari, giusto? Sei piuttosto famosa a casa nostra-

Shikamaru le rivolse uno sguardo stranito e un po’ imbarazzato, mai una parola gli era uscita dalla bocca su nessuno dei suoi incontri con la ragazza.

La kunoichi invece prese i ringraziamenti come un gesto di congedo e fece per andarsene quando sentì nuovamente Shikamaru arpionarle la mano. Non voleva rimanere solo, non voleva vedere sua madre piangere, voleva che ci fossero dei testimoni.

-Andiamo a casa?- propose a Yoshino senza aggiungere altro.  Sua madre guardò con intensità Temari che cercava di esprimere con gli occhi tutte le scuse per quell’intrusione insensata: era chiaro come il sole che quella ragazza non voleva né essere coinvolta in affari non suoi né essere invadente. L’egoismo di suo figlio l’aveva messa in una posizione spiacevole, ma lo stesso fatto che non si stesse tirando indietro ,nonostante volesse essere in qualsiasi altro posto della Terra men che lì, le faceva capire che suo marito ci aveva visto giusto. Shikaku le aveva raccontato di quella volta in ospedale quando Shikamaru aveva fallito la sua prima missione come caposquadra, come lei l’avesse rimproverato per la sua debolezza e come avesse cercato di dargli una raddrizzata. Ogni volta che a Shikaku era capitato di incontrare l’ambasciatrice insieme al figlio aveva subito fatto rapporto alla moglie tra sogghigni e ammiccamenti. “Avrà molte seccature per il resto della sua vita, se continua di questo passo” aveva commentato una mattina di meno di un anno prima quando si era accorto che Shikamaru era uscito all’alba per accompagnare Temari fuori dal villaggio. L’ultima volta che l’argomento era stato toccato, se non si ricordava male, era stato proprio al suo ritorno dal Paese del Ferro. Non era stato per niente stupito che Gaara avesse scelto la sorella maggiore  come guardia del corpo  e consigliera per il Consiglio con gli altri Kage.

-Come stanno i tuoi fratelli?- chiese dopo un po’ di tempo non sopportando  il silenzio imbarazzato che si era venuto a creare nella loro piccola combriccola.

-Stanno bene- perché sembrava così indelicato dire che i suoi fratelli erano sani e salvi? –Alloggeranno insieme dall’Hokage stanotte, Naruto ha promesso una bella cena per tutti, non che ne sia molto entusiasta- aggiunse per evitare di sembrare brusca.

-Puoi fermarti a cena da noi!- propose guardando per qualche nanosecondo il figlio che non sembrava aver nulla in contrario.

-N-non vorrei disturbare- tentò disperata.

-Ma che disturbo, sono abituata a cucinare per tre- il sorriso della signora Nara era un po’ tirato e Shikamaru incassò le spalle, ma eccetto questo null’altro venne detto.

 

La cena più triste e sofferta a cui  Temari avesse mai dovuto assistere era finalmente terminata. Aveva cercato di dare una mano ad apparecchiare, ma Yoshino aveva spedito il figlio a prepararle un bagno, dopotutto era appena ritornata da un lungo viaggio, per poi far fare tutto a lui. Ora, Shikamaru era in cucina che lavava i pianti borbottando qualcosa che somigliava ad un “anch’io sono appena tornato, dannata seccatura”.

-Mi scuso per tutto questo- le disse Yoshino cogliendola completamente alla sprovvista. –So che per te non deve essere piacevole- Temari tentò di discolparsi, non sapeva neanche lei di che cosa, ma non riuscì neanche ad aprire bocca –Mio figlio è troppo grande per essere consolato dalla mamma. E anche un po’ codardo alle volte- le lanciò un sorriso un po’ triste, ma che non nascondeva dell’ironia verso quello smidollato che ci stava mettendo anni per lavare quattro piatti.

-Suo padre era un po’ più forte sotto quest’aspetto, ma so che è migliorato tanto in questi ultimi anni e lo devo a te.- Le rivolse un altro mezzo sorriso So tutto di te, signorina, mio marito ti considerava un’ottima kunoichi e un’ottima persona.-

Ora davvero non sapeva cosa dire tranne mormorare un “Non ho fatto proprio nulla” a cui Yoshino non badò proprio. Si alzò dopo averla osservata per bene un’ultima volta, nonostante sembrasse con le spalle al muro, non esitava a guardarla negli occhi. Ghignò internamente per l’assurdo destino che univa sua marito e suo figlio nella scelta delle ragazze.

Ottima scelta, ma alla fine forse un po’ seccante .

-Io vado a letto. Stagli vicino per stanotte- e si girò un’ultima volta prima di sparire dietro alla porta –Tranquilla dopo me lo riprendo- Quello che Temari  non sentì fu il “ancora per un po’ di tempo” che Yoshino  mormorò subito dopo.

Rimase ad osservare la porta pensando a quanto dovesse essere  forte e decisa quella donna per comportarsi con così grande naturalezza, ma poi le attraversò la mente anche il pensiero su quanto stesse reprimendo il suo stato attuale a causa di un’estranea in casa. Tutto perché il suo unico figlio non voleva trovarsi davanti a scene spiacevoli!

-Vuoi smetterla di fare il bambino?- gli disse, una volta arrivata in cucina, cercando di moderare la voce nonostante fosse piena di rabbia.

-Eh?-

-Dovresti stare con tua madre in questo momento- lo rimproverò.

-Ma sto lavando i piatti-

-Non fare il finto tonto. Io non dovrei essere qui e tu dovresti essere in camera con tua madre-

 Non rispose, ma si tolse i guanti e lasciò il lavoro a metà. –E’ andata letto?-

-Si e…-

Shikamaru tornò in sala per prendere una scatola di legno sulla mensola sinistra del mobile che si trovava davanti al tavolo e la mise dentro lo zaino sporco di fango. Allo sguardo interrogativo della ragazza alzò le spalle,  sorridendo leggermente: -Una cosa tra me e mio padre-

Temari gli si avvicinò:-Shikamaru, tua madre…-

-Mia madre è mia madre, decido io come comportarmi con lei, ok?- le sbraitò addosso –Perché ti interessa tanto?-

-Perché se io avessi ancora una madre le starai vicino il più possibile! Soprattutto ora-

Calò il silenzio.

-Scusa- rantolò il ragazzo gettandosi sul divano e coprendosi gli occhi.

-Non è con me che ti dovresti scusare- dicendo questo gli si sedette accanto per evitare di parlare ad alta voce. Non avevano acceso la luce quando erano usciti dalla cucina da dove ora proveniva  un debole  fascio che illuminava appena un quarto della stanza.

-Non ce la faccio, non ce la faccio. Qui non è com’è , in quel momento. Qui posso vederlo camminare per la stanza, appoggiarsi allo stipite proprio lì e guardare il bosco in cerca di qualche cervo. Già per me è…già per me è così, non voglio pensare per mia madre…- chissà quali erano i ricordi di Yoshino quando vedeva la sedia a cui di solito si sedeva Shikaku che quella sera era stata occupata da Temari, chissà quali ricordi l’assalivano vedendo il lato destro del letto vuoto per sempre. Non voleva pensarci, sapeva che indugiare su questi pensieri l’avrebbe solamente fatto sentire peggio e lui non voleva. Suo padre si era congedato con il sorriso, l’aveva sentito nelle pieghe della voce, fiducioso e felice di aver lasciato la prossima mossa a lui.

Suo padre non aveva avuto rimpianti, né aveva avuto paura della fine, ma questo pensiero non riusciva a consolarlo del tutto. Sapeva che anche sua madre avrebbe dovuto sapere tutto questo, ma non riusciva neanche a guardarla negli occhi per paura di rivedere lo stesso dolore riflesso.

-Non ti sembra di essere un po’ troppo egoista?-

Kizutsuke wa kowai no ka                                                                                                                                                                                                                    Hai paura di farti male?

Fece per alzarsi e scappare anche questa volta dalle domande troppo dirette e troppo giuste di quella dannata quando venne riportato di peso al suo posto.

-Non vorrai parlare più di tuo padre? Farai finta che non sia successo nulla?-  cercò di attirare la sua attenzione, ma continuava a guardare il pavimento –Te lo dico per esperienza: non serve a nulla-

Alzò gli occhi per incontrare quelle perle acquamarina così scure nella penombra –Se provi a dire “scusa” un’altra volta comincio a picchiarti sul serio-

-Che seccatura…-

-Nella mia famiglia non abbiamo mai parlato di nulla. Mio padre non parlò mai della morte di mia madre: me lo venne a dire mio zio. Kankuro era ancora più piccolo di me e non capova di che cosa si stesse parlando. Per noi fu cancellato tutto perché l’unica persona che poteva raccontarci di nostra madre era proprio mio zio che passò tutto il tempo con Gaara fino a quando la stupidità di mio padre non lo uccise. Tu invece hai ancora tua madre ed  è, lasciamelo dire, fantastica. Shikamaru, è stata la moglie di uno shinobi per anni, sapeva che un giorno come questo sarebbe potuto arrivare-

-Anche Kurenai-sensei lo sapeva- replicò asciutto –So che effetto fa una notizia del genere. Le sono stata accanto e so cosa significa leggere negli occhi la pura disperazione di aver perso metà della tua vita-

La notizia l’aveva colta di sorpresa perché non sapeva molto dell’affare con Hidan e Kakuzu tranne quello che Shikamaru aveva raccontato alle riunioni. Pensava forse di parlare ancora al ragazzino che non voleva più fare lo shinobi perché la sua prima missione era risultato in un fallimento?

-Ma se l’hai fatto per lei, perché per tua madre no?-

-E’ difficile…-si lamentò.

-Sai cosa direbbe tuo padre vero?- lo incalzò.

-Che ne puoi sapere te di quello che avrebbe potuto dire…-

-Ti avrebbe detto che è inutile scappare e che anche se tu non farai  nulla, le cose non potranno migliorare. Invece tu puoi far sentire meglio tua madre-

Era vero, dannatamente vero. Suo padre l’aveva sempre spronato a non rinunciare e a non abbondare nulla, che fosse la sua vita da ninja o che la morte del suo sensei rimanesse impunita lasciando due ricercati a piede libero per il paese. Gli aveva lasciato il comando della missione, ma forse gli stava dicendo che gli lasciava anche la responsabilità di fare la cose giusta in ogni situazione. Shikaku si era fidato di lui e gli aveva lasciato tutto.

Una lacrima solitaria gli scese lungo la guancia, ma l’asciugò subito senza farsi notare Temari che stava attendendo ancora la sua risposta.

-Grazie-

Temari rispose con quel suo sorriso particolare tutto denti, strizzando gli occhi soddisfatta. Ora che aveva fatto capire a quella larva cosa doveva fare, poteva levare le tende e dormire fino a giorno inoltrato.

-Hai detto, prima, che mio padre è stato un esempio per te:  è vero?-

-Perché avrei dovuto mentire?- ma la ragazza non ricevette in risposta altro che un’alzata di spalle –Certo che è vero. Tuo padre era un uomo formidabile, una mente brillante che sapeva capire la situazione in un lampo , scegliere la tattica migliore e agire di conseguenza. L’ho sempre stimato e ammirato da quando…-

Ma lasciò cadere la frase, distogliendo lo sguardo da Shikamaru per la prima volta in quella serata.

-Da quando?-  Non capiva che cosa potesse averla fatta bloccare e abbassò il capo incrociare il suo sguardo che si era fatto pensieroso.

-Da quando ti ha rimproverato dopo la missione di recupero. All’inizio pensavo che fosse stato troppo duro con te, dopotutto era la tua prima missione e il tuo amico era sotto i ferri, ma poi ho capito quanto ti volesse bene e quanto neanche lui volesse dirti quelle cose, ma voleva che capissi e crescessi. Io…involontariamente lo confrontai  con mio padre e non sai quanto tu sia stato fortunato ad avere un qualcuno del genere nella  vita. Qualcuno che si preoccupasse di non farti finire sulla strada sbagliata, guarda cos’era successo a Gaara…-

La verità era che fino a quando non aveva assistito a quella scena tra padre e figlio, Temari non aveva mai capito l’importanza dei genitori. Non aveva potuto sapere quale aiuto e guida potessero essere nell’educazione dei figli e quale supporto nei momenti più difficili. Fino a quando non aveva sentito Shikaku Nara gridare contro suo figlio nel corridoio di un ospedale, non aveva realizzato che un genitore non è solo colui che ti mette al mondo e colui a cui devi obbedire.

-Lo so- Shikamaru sorrise –Era un ottimo esempio vero? Quello che mi fa…insomma, quello che è strano è che era convinto di essere stato un pessimo padre, lo sai?- La guardò con gli occhi lucidi ridendo ancora delle stupidità del suo vecchio –Spero solo di avergli fatto capire che si sbagliava di grosso-

-Gliel’hai dimostrato- sussurrò Temari colta da un improvvisa voglia di riposare la testa sulla sua spalla. Gli si appoggiò sul braccio destro e gli strinse la mano lasciando che si sfogasse come meglio credeva.

Rimasero in silenzio nel buio per molti minuti o forse anche ore prima che Shikamaru ricambiasse la stretta. Con quello Temari capì che il suo ruolo era veramente finito e che poteva tornarsene finalmente dai suoi fratelli. Fece per alzarsi, ma un’altra volta quel giorno, i suoi movimenti furono bloccati dallo stesso shinobi. Lo guardò negli occhi e non riuscì a capire ancora grazie a quale forza comprese quello che le stesse chiedendo. Si fece guidare al buio per il lungo corridoio passando numerosi fusuma  che lasciavano intuire la luce della luna fino a quando non furono entrati in camera sua. Si tolse coprifronte e giubbotto in silenzio mentre Shikamaru le lanciava una delle sue magliette. Per riguardo si era voltato e non assistette al lento srotolarsi della banda bianca che le aveva contenuto il seno.

Shikamaru era già a letto con il viso rivolto alla finestra chiusa. Entrò lentamente sotto le coperte e l’abbracciò da dietro sentendo con un orecchio il battito del suo cuore che rimbombava nella cassa toracica. Faceva un bel calduccio là sotto e si rannicchiò meglio contro di lui.

-Togli quei piedi gelati-

-Dormi e stai zitto- sibilò distendendo le labbra in un sorriso maligno.

 

La mattina dopo si era alzata come un fulmine conscia di avere riunioni a cui attendere e fratelli con cui scusarsi. Si assicurò che anche l’altro fosse sveglio: gli tolse le coperte e le scaraventò nell’altro angolo della stanza. Uscì di casa lasciandosi dietro di sé il fantasma della sua ultima frase: -Guarda che iniziamo tra mezz’ora. Muoviti!-

Shikamaru, a dispetto delle così detta “urgenza” della cosa, se la prese comoda facendo seguire molto lentamente un piede all’altro nell’approdare sul pavimento. Scese in cucina ritrovandosi sua madre con il grembiule che gli porgeva una tazza: -Prossima volta falla rimanere anche a colazione, eh-

Vide nei suoi occhi una nuova luce maliziosa e canzonatoria che non aveva mai notato.

-Mamma, papà mi aveva detto dirti…-

-Non preoccuparti, so tutto- lo interruppe Yoshino il cui ghigno si accentuò –E rimetti quella scatola di legno dove l’hai trovata, mi piace vederla lì-

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Ed eccomi qui dopo quasi un mese di assenza da EFP!
Per la festa del papà mi sono sentita in obbligo a scrivere qualcosa che parlasse di Shikaku e del padre di Temari: infatti il titolo Oyaji è il termine con cui sia Temari che Shikamaru si riferiscono ai loro genitori. Potrebbe sembrare strano "dedicare" la fic anche al Quarto Kazekage che non si meriterebbe nulla di nulla, ma volevo proprio mettere a confronto le due figure paterne nel dialogo dei nostri eroi.
Ringrazio Tikkia per aver suggerito il titolo che, come avete visto, cade proprio a pennello!
Alla prossima!
   
 
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