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Autore: Rosie Bongiovi    19/03/2013    5 recensioni
"Ci insegnano a scrivere una lettera da quando siamo alle scuole elementari.
Ci dicono “Qui va la data, lì l'emittente, là il destinatario”. I maestri più puntigliosi insistono su altre cose, come il contenuto. “Lì i saluti, poi il testo e ciò che volete raccontare, alla fine un semplice 'Arrivederci' o 'A risentirci'!”. Per me, invece, scrivere una lettera è sempre stato un modo come un altro per sfogarmi".
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questo capitolo a tutte le persone che continuano a seguire questa storia, nonostante i miei ritardi esagerati. 

Spero di riuscire ad ottenere il vostro perdono con quello che state per leggere.

 

Erano passate tre lunghe settimane dalla prima uscita tra Clarice e Richie. Si erano visti altre volte, ma non al karaoke e nemmeno sulla spiaggia a mangiare un sandwich al tonno. 
Richie aveva stupidamente temuto il peggio a causa di quella sua confessione. Pensava che Clarice fosse quel tipo di ragazza che, dopo aver saputo una cosa simile, avrebbe iniziato ad organizzare il matrimonio, fare collage con le loro foto e progettare la culla per il loro primo figlio. Non accadde nulla di tutto ciò e, per questo, Richie dovette decisamente ricredersi. Quella giovane donna continuava a stupirlo; era imprevedibile, era diversa da qualsiasi altra ragazza con cui Richie fosse mai stato. Certo, sembrava una frase da libro, una di quelle affermazioni scontate che fanno venire il latte alle ginocchia e il diabete o le carie per tutti coloro che affermano di non credere nell'amore, ma era sincero quando lo confessava a se stesso, mentre la abbracciava o la teneva per mano. Eh sì, avete letto bene: abbracci e non baci. Clarice, e questo era un altro particolare che la distingueva dalla massa, era dell'idea che se avevano aspettato per ben tre mesi a vedersi, potevano sicuramente dedicarsi alla loro amicizia prima di addentrarsi in una relazione a tutti gli effetti. E poi c'era tutto il tempo possibile e immaginabile: Richie non aveva impegni perché i coniugi Bongiovi volevano trascorrere più tempo possibile insieme e Clarice, essendo un'insegnante, sarebbe tornata a lavoro a settembre. Quest'ultima si era appena svegliata e, suo malgrado, lasciò il letto. Erano le 10 di mattina e non aveva nessuna intenzione di rimanere stesa a contemplare il soffitto, nonostante non avesse alcun programma per quella giornata.. Nessun programma, a meno che Richie non avesse escogitato qualcosa per passare il tempo. Si stiracchiò e sbadigliò davanti allo specchio, storcendo il naso e domandandosi come facessero i suoi capelli a spettinarsi così tanto durante il sonno. Non riuscì a trovare una risposta nemmeno quella mattina; qualcuno, alla porta, aveva appena suonato il campanello. La giovane donna prese il pettine che utilizzò per rendersi presentabile mentre scendeva le scale. Col nastro intorno alla vita chiuse la leggera e comodissima vestaglia che aveva indosso, coprendosi come se avesse su una maglia con uno scollo a V. Infine aprì la porta, ritrovandosi di fronte a Richie che con la mano destra reggeva un vassoio con su dei pasticcini di ogni tipo e nella sinistra aveva un sacchetto di plastica, giallo.

"Appena comprati dal pasticcere vicino alla tua scuola. Posso entrare?". Le rivolse un sorriso infantile e sincero, cosciente del fatto che così Clarice avrebbe accettato di fare qualsiasi cosa. 

"Certo, accomodati". Il chitarrista varcò la soglia. Era già stato in quella casa e per questo, senza aver bisogno di alcuna indicazione, si diresse in soggiorno. Sapeva che la proprietaria della casa amava fare colazione seduta sul divano con della musica in sottofondo. "Che cos'hai in quel sacchetto?" gli chiese, aiutandolo a sistemare il vassoio sul tavolino di vetro sotto al quale vi era un tappeto rosso rettangolare. In attesa di una risposta di Richie, Clarice corse in cucina e tornò dopo qualche secondo con due piattini bianchi. 

"La tua dose quotidiana di buona musica" le rispose il moro, estraendo il vinile di "Deep Purple in Rock". 

"Perfetto! Mettilo sul giradischi, io torno coi cappuccini tra un minuto". Scomparve nuovamente in cucina e, essendo la stanza adiacente al soggiorno, sentiva perfettamente la prima traccia, Speed King, diffondersi nell'aria, raggiungendo i suoi timpani. Richie si appoggiò contro lo stipite della porta, osservando Clarice mentre preparava il caffè.

"Sarà una giornata intensa" affermò, creando curiosità nell'animo della sua interlocutrice, che non tardò a chiedere delucidazioni. "Jon e Dotty torneranno dalla luna di miele, così io, David, Tico ed Alec avevamo pensato di organizzare una piccola festa di bentornato".

"E' una bellissima idea" commentò la donna, girandosi verso Richie e sorridendogli. Lo osservò di sfuggita, prima di aprire il frigo e prendere il latte, il tempo necessario per apprezzare la sua maglietta nera con sopra l'immagine di John Lennon. 

"Così avrai modo di conoscere i due quinti dei Bon Jovi che ti mancano". Al matrimonio Clarice li aveva visti sia in chiesa, sia al ricevimento, ma non aveva avuto modo di parlare con Alec e Tico. David, invece, frequentava la sua stessa scuola di musica e si erano conosciuti lì prima di andare al liceo. Se lo ricordava come il timido pianista riccioluto che sognava di diventare famoso ed era sicura che non fosse cambiato nulla, ad eccezion fatta per quel desiderio che era finalmente diventato realtà. "Sono certo che andrete d'amore e d'accordo" aggiunse Rich, annuendo con convinzione. "Certo, tu sei abituata a me ed io, modestamente, sono il componente migliore, ma..".

"Non vantarti troppo, Sambora, o dirò a tutti che hai avuto gli incubi dopo aver visto Psycho assieme a me" lo interruppe, agitando minacciosamente un cucchiaino davanti al suo naso. 

"Oh, avanti, non era un incubo!".

"Sognare di andare in un hotel e venire accoltellati da uccelli impagliati non è avere un incubo, certo che no" confermò la ragazza, scuotendo la testa fingendosi concorde. 

"Non provocarmi, Anderson, altrimenti..".

"Altrimenti cosa? Hai intenzione di cadere in un'altra buca nella sabbia?" azzardò ella, con un sorriso strafottente sulle labbra. Richie le tolse il cucchiaino di mano, lasciandolo cadere nel lavandino, poi la sollevò, caricandosela sulle spalle, e tornò in soggiorno. "Esibizionista! Guarda che non serve trasportarmi per casa mia per farmi sapere che hai dei bicipiti".

"Non mi interessa" replicò lui, facendola cadere sul divano. "Questa me la paghi, punto". E la vendetta più temuta di Clarice venne messa in atto: il solletico. Mentre rideva in maniera convulsa e tentava disperatamente di spingere via il chitarrista, il profumo del caffè pronto si fece sentire prepotentemente. Avrebbe dovuto togliere la moka dal fuoco. Richie fu costretto a sospendere la tortura, ma solo temporaneamente. La giovane donna, lasciando il divano e minacciando il moro di mettere del cianuro nel cappuccino, ringraziò il caffè per averla salvata dal singhiozzo. 

Sì, sarebbe stata una lunga giornata.. E se anche Alec e Tico avevano lo stesso gene della follia esattamente come Jon, Richie e David, poteva ritenersi spacciata.


"E' tutto pronto, mi pare" commentò Alec, sistemando i popcorn sul tavolo, accanto a dei salatini che, ormai, David e Tico avevano quasi finito. E meno male che dovevano aspettare Jon e Dorothea. 

"Mancano solo Clarice, Richie e i due sposini" aggiunse il batterista, sprofondando sul divano di casa Bryan. 

"A questo proposito.. Vogliamo parlare di quanto sia cambiato il Sambo?" chiese il bassista, assumendo un'espressione divertita e maliziosa al contempo. "Sembra essersi rimbambito tutto d'un colpo". 

"Capiterà anche a te, Such. Se, e ripeto, se troverai una donna che ti sopporti" il proprietario di casa ricevette un pugno scherzoso sulla spalla e, ridacchiando, aggiunse "Comunque non è che di solito Richie sia meno disperato eh. Anche se l'altro giorno, quando l'ho incontrato nel negozio di dischi, non ha smesso di sorridere neanche per un istante. Probabilmente se gli avessi detto che ho avuto un incidente d'auto e mi sono rotto un braccio, avrebbe continuato a ridere e darmi amichevoli pacche sulla schiena". 

"A questo punto sono davvero curioso di incontrare questa Clarice" commentò Alec, pensieroso, per poi bere un sorso di Coca-Cola. 

"Se non è cambiata dall'ultima volta che l'ho vista" rispose Dave, stiracchiandosi, "allora conoscerete una ragazza con un bel caratterino, ha una personalità forte. Per farla breve, è il netto contrario di tutte le ragazzine frequentate da Richie in precedenza". Si interruppero a causa del campanello di casa.

"Parli di Sambora..". Il tastierista si alzò di scatto, correndo all'entrata. Tico ed Alec fecero altrettanto, ma con meno fretta. 

"Buonasera!" esordì Richie, usando qualche decibel di troppo. L'attenzione dei presenti fu però catturata inevitabilmente dalla presenza di Clarice, che sorrideva tentando di mascherare l'imbarazzo. Quando incontrò gli occhi di David, si sentì più sollevata dall'aver riconosciuto un viso familiare che non vedeva da così tanto tempo.

"Anderson, non sei cambiata di una virgola!".

"Nemmeno tu, Rashbaum" gli si avvicinò per abbracciarlo ed il chitarrista disintegrò il compagno di band con lo sguardo, costringendolo ad allentare la presa solo dopo qualche secondo. 

"I ricci sono aumentati, ma per il resto no, non è cambiato assolutamente nulla" accennò una risata e fece segno di accomodarsi agli ospiti. "Clarice, questi sono Alec e Tico, rispettivamente bassista e batterista del nostro meraviglioso, affascinante e fantastico gruppo". I due diretti interessati sorrisero sinceramente, porgendo la mano alla nuova arrivata, che si affrettò a stringere. I cinque varcarono la porta del soggiorno, occupando Richie e Clarice un divanetto di tessuto blu a due posti, David la seggiola più vicina alla cucina e Tico ed Alec due poltrone accanto alla tv. 

"Devo chiederti un favore, Clarice" disse Alec, osservandola con fare pensieroso. 

"Se posso aiutarti, più che volentieri".

"Come diavolo fai a sopportare quell'uomo che ti ritrovi di fianco?". 

Il chitarrista prese parola prima che la ragazza potesse rispondere: "Such, ci vedi? E allora vedi di andare a..".

"Campanello! Sono arrivati Jon e Dorothea!". E gli insulti, con conseguente rissa, vennero rimandati. David corse nuovamente di fronte all'entrata, mentre gli altri lasciarono i loro posti per fare lo stesso, Alec con una trombetta alla bocca. Spalancata la porta, i due coniugi vennero accolti da applausi e urla prevalentemente di David e Richie. Tico non tardò a lanciare addosso alla coppia del riso, avanzato dal giorno del matrimonio. Il portico di casa Rashbaum non fu contento della cosa, ma dovette arrendersi. 

La prime due ore passarono tranquillamente, tra lattine di coca-cola, bottiglie di birra, salatini di ogni genere, cartoni della pizza ed altri cibi poco sani, davanti ai quali qualsiasi dietologo sarebbe fuggito. Richie finalmente ebbe l'occasione per rovesciare il contenuto di una lattina sulla testa di Alec, per vendicarsi della simpatica frase rivolta a Clarice poco prima, e Jon e Dorothea furono felici di raccontare ogni singolo particolare della loro luna di miele, da quando Jon aveva litigato con una ragazza spagnola pensando che fosse un'americana che si era rifiutata di dirgli come arrivare all'hotel, a quando Dorothea lo aveva ritrovato appisolato sulla terrazza, in pieno giorno, con un'ustione di secondo grado. 

"Ecco perché sei così abbronzato" constatò il chitarrista, ridacchiando. 

"Non costringermi a chiedere a Clarice qualche curiosità imbarazzante su di te" replicò il biondo, con aria scherzosa, mentre teneva la moglie accanto a te, cingendole la vita con il braccio.  

"Che ne dite di giocare a qualcosa?" propose David, d'un tratto, seduto - o meglio disteso - su uno dei due divani. 

"Qualcosa tipo?" chiese Alec, in piedi di fronte alla finestra semiaperta, dove stava fumando una sigaretta. 

"Ci dividiamo in due squadre e su una lavagnetta bisognerà far indovinare alla propria squadra un disegno" rispose, rimettendosi in piedi, sperando di riuscire a coinvolgere gli amici, che annuirono concordi, soprattutto per non dare dispiaceri al proprietario di casa. Il tastierista, quindi, corse in un'altra stanza con la stessa velocità con cui era saltato su dal divano. Se non avesse fatto il musicista, avrebbe potuto intraprendere una carriera nel mondo dello sport.

"Ti stai divertendo?" sussurrò Richie all'orecchio di Clarice, che gli sorrise dandogli una risposta affermativa e ricevendo un tenero bacio sulla guancia. Jon sorrise nel vederli, pensando al fatto che avrebbe dovuto tempestare di domande il chitarrista il prima possibile. Oh, sì che avrebbe dovuto farlo.

"Eccomi qui" annunciò David, trascinando con sé una lavagna circondata da una cornice di legno chiaro. 

"Da quanto tempo ti occupi di svaligiare scuole?" domandò Tico, curioso, mentre si grattava la nuca. 

"L'importante è che non rubi nella mia" osservò Clarice, ridendo. 

"Simpatici! Ora dividetevi in squadre. Anzi, le faccio io, così non potete brontolare: Jon, Dorothea e Tico; Richie, Clarice e Alec. Io faccio l'arbitro". 

"Non è valido!" sbottò Alec, alzandosi di scatto dalla poltrona. "Jon e Dorothea hanno Tico, lui è bravissimo a disegnare!". 

"Finiscila, Such, o la tua squadra perde dieci punti" lo zittì il tastierista, con un gesto allusivo della mano.

"Ma se non ne abbiamo ancora neanche mezzo!".

"Dettagli". 

"Chi comincia?" domandò Dorothea, sapendo che, se non fosse intervenuta, quei due sarebbero andati avanti a discutere per il resto della serata. 

"I capitani della squadre sono Jon e Richie. Devono sfidarsi a braccio di ferro e il vincitore avrà il gesso per iniziare" spiegò David, pacatamente. I due ragazzi nominati si sedettero al tavolo. 

"Sappiamo entrambi che vincerà il sollevatore di chitarre per eccellenza, biondino" mormorò Richie, con aria di sfida, mentre si tirava su la manica della camicia fino al gomito.

"Vedremo, Sambora. Vedremo". 

"Al mio 3 iniziate. 1, 2, 3, massacratevi!" strillò David. 

"Scommetto venti bigliettoni sul moro" disse Alec a Tico. 

"Coraggio amore, fai vedere di che pasta sei fatto!" esclamò Dorothea, ma, ahimè, inutilmente. 

"Avanti, Bongiovi, ripeti insieme a me: Richard Stephen Sambora è l'uomo più forte che io abbia mai conosciuto ed io sono una femminuccia che non sa piegare un braccio". 

"Poco fiero di te, mi dicono dalla regia" osservò Jon, ridendo e alzando le mani in segno di resa, per ammettere la sconfitta. 

"A questo punto la squadra di Richie, Clarice ed Alec acquista due punti bonus e ha il gesso!". Richie sghignazzò soddisfatto e si avvicinò alla lavagna, iniziando a tirare una riga orizzontale.

"Una chitarra! Un basso! Un tavolo! Un letto! Un giaguaro!" iniziò a urlare Alec, al che il chitarrista dovette interrompersi e girarsi verso di lui.

"Perché hai detto 'giaguaro'?". 

"Non lo so" fece spallucce e riprese "potrebbe anche essere un pollo, per quel che ne sappiamo. Andavo a tentativi". Come se non avesse sentito nemmeno mezza parola, Richie tornò a disegnare, facendo un quadrato ed iniziando a tracciare i contorni di un viso.

"La copertina di Deep Purple in Rock?" azzardò Clarice, mordendosi il labbro.

"Signore e signori, questa donna mi legge nella mente" lasciò il gesso nelle mani di David e si precipitò di fronte alla ragazza, inginocchiandosi e ridendo "Clarice Anderson, vuoi sposarmi?". 

"In assoluto la proposta peggiore che abbia mai visto in vita mia" commentò Jon, scuotendo la testa, con un sorriso divertito dipinto sulle labbra. 

"Guastafeste che non sei altro, Bongiovi" replicò Richie, offeso, per poi alzarsi da terra e sedersi di fianco a Clarice, che non riusciva a smettere di ridacchiare, soddisfatta di se stessa. Quando fu il turno di Jon, a Dorothea e Tico ci vollero tre minuti buoni per capire che il suo disegno non era altro che un posacenere. 

"Ringrazia il cielo che almeno hai dote canore, altrimenti staresti facendo il cameriere in un bar" scherzò David, punzecchiandogli il braccio. 

"Gente, ma che ore sono?" domandò poi il bassista, sbadigliando e stiracchiandosi le braccia in aria. 

"Mancano dieci minuti alla mezzanotte" rispose Tico, guardando l'orologio da polso. 

"E io sono a pezzi" mormorò Alec, sbadigliando nuovamente, seguito da David e poi da Jon. 

"Stiamo invecchiando.. Una volta non eravamo così.. Così" osservò Richie, ridacchiando.

"Beh, ora che i Bongiovi sono tornati dalla luna di miele ci toccherà ricominciare a scrivere canzoni" aggiunse Tico, i cui occhi, si notava lontano un miglio, erano assonnati tanto quanto quelli degli altri presenti. 

"Domani vi farò sentire quello che ho preparato.. Ora lasciamo casa libera a Lemma e andiamocene tutti a dormire.." propose il cantante, prendendo la mano di Dorothea e lasciando quel comodissimo e sofficissimo divano. "Grazie ancora per la festa" aggiunse poi, ormai di fronte alla porta, verso la quale si stavano avviando gli altri quattro.

"E' stato un piacere riempire casa mia - e il mio stomaco - di schifezze!" rispose David, mostrando il suo solito sorriso smagliante. "Ed è stato un piacere rivedere te, Clarice" aggiunse. 

"Anche per me è stato un piacere rivedere te, Jon e Dorothea" rispose la ragazza, inarcando gli angoli della bocca nel tentativo di sorridere senza mostrare la sua evidente stanchezza. 

E completata la parte di congedi, baci e abbracci, Clarice si ritrovò a camminare accanto a Richie. 

"Dovresti andare a casa tua, io so raggiungere la mia senza problemi.." mormorò, sapendo che non sarebbe servito a molto chiedergli di andarsene a dormire. 

"Non ci penso nemmeno". Appunto. 

"Sapevo che avresti risposto così" ridacchiò e chiuse gli occhi per qualche secondo. 

"A che cosa stai pensando?". 

"A tutto e a niente. A tutto perché è stata una bella giornata movimentata. A niente perché questo è l'effetto rilassante della birra sulla sottoscritta".

"Capisco, capisco.. Allora godiamoci un po' di silenzio" le suggerì, sussurrando, e intrecciando le dita della mano con quelle di Clarice. 

"Aggiudicato" mormorò anch'ella sottovoce, lasciando che fosse il suono dei loro passi a riempire il silenzio. 

Mille parole le rimbalzavano nella mente, ma nessuna di loro faceva male. La pace era sovrana, in quell'esatto momento della sua vita, e il merito era anche e soprattutto di quel gigante buono che le camminava al fianco. Avrebbe potuto ringraziarlo, ma la banalità non le era mai piaciuta. Era pur sempre una ragazza che preferiva le lettere alle telefonate, e questo bisogna tenerlo presente. 

I loro respiri controllati accompagnavano il suono che producevano le suole sul marciapiede, finché, dopo una manciata di minuti, si ritrovarono di fronte alla porta della casa di Clarice. 

"Posso tornare per la colazione, magari portandoti un nuovo vinile?" le propose. La voce calda, in netta contrapposizione con il vento fresco che sfiorava la loro pelle. 

"Certo che sì, non devi nemmeno chiedermelo" fu la risposta, immediata. Richie sorrise, rivelando due piccole fossette sulle guance. 

"Non hai risposto alla mia domanda, quando eravamo là con i ragazzi" le fece osservare. La giovane donna inarcò un sopracciglio.

"A cosa ti riferisci?".

"Quando mi sono inginocchiato e ti ho chiesto di sposarmi" le disse, con un velo di sarcasmo nella voce. Clarice sorrise abbassando lo sguardo. 

"Non posso rispondere di sì".

"Come mai?".

"Prima di tutto.. non ci siamo baciati nemmeno una volta" rispose, con un fil di voce. Aveva forse osato troppo? Non ne aveva la più pallida idea, era da troppo tempo che non provava dei sentimenti per qualcuno. 

Il chitarrista annuì, ritrovandosi d'accordo con quell'affermazione.

"Hai completamente ragione. Forse.. Forse dovremmo rimediare almeno questa parte". In quel momento Clarice non poteva scrivere lettere disegnandovi sopra l'immagine di due labbra. Non poteva nascondersi dietro ad una busta firmata con tanta cura. Non poteva bagnare il retro di un francobollo e lasciar cadere le sue speranza in una cassetta rossa, che da lì a poco sarebbe stata svuotata da un postino ritardatario. Era arrivato il momento di agire, di agire davvero, abbandonando lo scudo dietro il quale riusciva a difendersi senza alcun problema, in silenzio, immersa nell'inchiostro nero o blu. Si avvicinò a Richie, facendo un piccolo passo in avanti. Sentì le mani del chitarrista stringersi attorno ai suoi fianchi, con decisione. Poi, alzando lo sguardo e sorridendo nel vedere quelle due fossette, lo baciò.

 

 

Nota dell'autrice: 
Eccoci qui con questo nuovo capitolo. Finale sdolcinato, ma alla fine se lo meritavano Clarice e Richie e ve lo meritavate anche voi!

Inutile ririririririririririspiegarvi quanto la scuola mi uccida l'ispirazione, ma sono viva e vi dico sin da ora che non ho la minima intenzione di abbandonare questa storia.

 

Grazie per aver letto, un bacione a tutti quanti e.. Stay tuned.

 

Rosie

 

  
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