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Autore: Little Fanny    20/03/2013    2 recensioni
Era un Signore del Tempo, per amor del cielo.
Lui si mangiava un Dalek a colazione, faceva pranzo con un Cyberman e per il dopo cena mandava in scena la tragicommedia dell’Angelo Piangente.
Non poteva farsi mettere al tappeto da un paio di pattini.
Ne andava della sua stessa reputazione.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10 (human), Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Falling
Fandom: Doctor Who
Personaggi: Tenth Doctor (The Duplicate), Rose Tyler
Rating: PG13
Genere: romantico, comico
Parte: 1/2
Avvertimenti: post Journey’s end, Pete’s World
Riassunto: Era un Signore del Tempo, per amor del cielo. Lui si mangiava un Dalek a colazione, faceva pranzo con un Cyberman e per il dopo cena mandava in scena la tragicommedia dell’Angelo Piangente. Non poteva farsi mettere al tappeto da un paio di pattini. Ne andava della sua stessa reputazione.
Note: scritta per la big damn table con prompt 19. Bianco.
Disclaimer: La storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto.


Falling



“John! Vieni?” lo esortò Rose facendogli cenno di raggiungerla.
John si guardò attorno: tutti sembravano divertirsi, non pareva ci fossero pericoli imminenti. Si sistemò meglio il cappellino sulla testa e tirò su la cerniera della giacca, in modo che non uno spiffero potesse penetrare la cortina di tessuto. Sollevò il volto al cielo, dove le nuvole iniziavano ad addensarsi in un grigiore che preannunciava neve. Inspirò l’aria a pieni polmoni: era fredda e frizzantina. C’era proprio la condizione giusta per avere una bella nevicata con i fiocchi.
Magari, se avesse continuato a tentennare lì sul posto la neve sarebbe venuta in suo soccorso. O il Torchwood. Si disse, sfregandosi con foga le braccia già intirizzite dal freddo. Il Torchwood sarebbe stata la scusa perfetta. Non c’era niente di meglio che una catastrofe imminente per salvarlo da quella situazione.
“John?” lo chiamò nuovamente Rose, sbuffando appena il suo nome in una nuvoletta di fumo.
L’uomo guardò la ragazza che lo attendeva con un sorriso incoraggiante sul volto e le gote arrossate dal freddo.
John si fece coraggio e tentò qualche passo traballante in direzione della pista. Raggiunse, con uno sforzo ragguardevole la balaustra e ci si aggrappò a peso morto.
“Come va?” gli domandò Rose, dopo averlo raggiunto con passo aggraziato.
L’uomo sollevò un sopracciglio che a suo parere parve esaustivo a rispondere alla domanda della ragazza e, difatti questa ridacchiò sotto i baffi, zittendosi subito dopo per aver ricevuto un’occhiata non troppo amichevole.
“Vuoi una mano?” chiese sorniona, mentre John arrancava verso il cancello che lo divideva dal mondo infernale del ghiaccio.
“No, grazie, Rose. Me la cavo benissimo da solo.”
“Come vuoi tu.” Ribatté la ragazza, prima di fare una piroetta sul posto e buttarsi in mezzo alla mischia.
John maledì la sua lingua da orgoglioso Signore del Tempo. Ex Signore del Tempo. Precisò la sua mente puntigliosa. Umano con la mente da Signore del Tempo e, da quello che aveva potuto vedere, sembrava che, quest’umano, non avesse affatto il senso dell’equilibrio.
John mise un pattino sul ghiaccio, rilasciando un sospiro di sollievo quando la gamba non mostrò particolari segni di spostamento improvviso. Tenendosi ben aggrappato alla balaustra e facendo leva su quel piede già sul ghiaccio, che sembrava un punto abbastanza stabile, si fece coraggio e portò anche l’altra gamba sulla lastra liscia. Ondeggiò appena ma, con un colpo di reni e facendo forza con le braccia riuscì a mettersi dritto.
Fiero del proprio operato sollevò il volto dai propri pattini che sì, avevano un intreccio di stringhe a dir poco sublime, ma non era nulla di particolare se confrontato al sorriso della sua Rose e ricercò il volto della ragazza. Era bellissima con il cappellino in testa che lasciava sfuggire solo qualche boccolo biondo. Le sue gambe, fasciate da un paio di jeans, si muovevano sicure sui pattini; le sue movenze erano aggraziate, come se la sua mente stesse seguendo una musica tutta sua.
John fece per andarle incontro, muovendo piano le lame sulla lastra ghiacciata, ma precipitò a terra travolto da un’orda di bimbi impazziti.
“John? Tutto bene?” gli domandò Rose, raggiungendolo velocemente.
L’uomo mugugnò una risposta da sotto il corpo di un bambino rotondetto che la ragazza si affrettò a spostare, ammonendo poi lui e i suoi amici per quella corsa sconsiderata.
“Ah, è inutile che ci provi, Rose.” Sospirò John, mettendosi faticosamente seduto sul ghiaccio. “Si stanno divertendo, non ti ascolteranno di certo.”
“Ma dovrebbero imparare la buona educazione.” Si impuntò la ragazza offrendogli una mano per rimetterlo in piedi.
“Era quello che facevi tu alla loro età?” ribatté John, indicandole i ragazzini che sfrecciavano tra gli altri pattinatori, facendo mirabolanti gare di slalom.
Rose arrossì e borbottò qualcosa che si perse tra la stoffa della sua sciarpa, facendo ridere John di gusto e rischiando di mandarlo a terra. Di nuovo.
“Ehi, stai attento!”
“La fai facile te, sembra che tu abbia vissuto tutta la tua intera vita sui pattini.”
“Tu invece mi ricordi un orso.”
“Gentile.”
“È sempre un piacere.”
John le fece una linguaccia, trovando la stessa espressione sul volto della ragazza. Scoppiarono a ridere entrambi, ma, questa volta, lui si ancorò per bene al braccio della compagna, memore della caduta precedente.
“Ecco, aggrappati qui.” Disse Rose, trascinando il ragazzo fino al bordo della pista. Lo scollò dal proprio braccio e gli fece posare una mano sulla balaustra, mentre lei si chinava veloce ai suoi piedi per sistemargli meglio i pattini.
“Prima volta, eh?”
“Già.” Confermò lui, grattandosi la nuca con la mano sbagliata, rischiando di cadere di nuovo per terra.
Rose si rialzò strabuzzando gli occhi, mentre il mezzo Signore del Tempo recuperava il poco equilibrio che aveva e la guardava col volto imbarazzato.
“Davvero?”
John annuì con la testa, provocando una leggera oscillazione del proprio corpo. Avrebbe dovuto dare un’occhiata nel proprio orecchio: gli pareva che il controllore del proprio equilibrio fosse leggermente difettoso .
“Ci sei rimasta male?” domandò John con una vocina piccina.
“Beh, no. Solo che non me lo aspettavo.” Ammise la ragazza, mostrandogli i movimenti giusti da fare. “Ho sempre pensato che tu fossi un asso in tutto. Credevo che tu sapessi fare ogni cosa.”
“Oh, Rose. Non sono così infallibile. Anche i Signori del Tempo hanno un limite.”
“Non lo credevo possibile.” Rispose la ragazza, arrossendo per il pensiero che le si era formato in testa. John la osservò inclinando il volto di lato e arrossì anche lui, quando lo stesso pensiero attraversò la sua mente.
“E poi dici che sono io quello che pensa sempre al ses-”
“Shhh!” lo apostrofò Rose, piazzandogli svelta una mano sulla bocca.
“Cosa?”
“Non si parla di queste cose in pubblico.” Sbottò la ragazza sentendo le proprie guance scottare.
“No?” rispose lui a metà strada tra l’ingenuo e il malizioso.
“No! Siamo inglesi.” Spiegò Rose considerando il caso chiuso.
John alzò le spalle, stupendosi ancora una volta di quanto non sapesse cogliere tutta la stranezza del genere umano nonostante i suoi più di novecento anni di vita.
“Hai capito?” disse Rose, strappandolo dai propri pensieri.
“Che non si parla di sesso in pubblico. Sì, ho afferrato il concetto finale, non ho capito il procedimento, ma ho compreso che l’ipotesi di partenza dell’essere inglesi fa passare tutto il resto in secondo piano. Quindi credo sia un assioma, giusto?”
Rose si batté una mano sulla faccia, divenuta di una tonalità tendente al bordeaux allorché una mandria di ragazzini li superò con risatine al loro indirizzo.
“Ho sbagliato qualcosa?” domandò l’uomo, non riuscendo ad afferrare il motivo dell’improvviso imbarazzo della compagna.
“No, tesoro.” Sospirò la ragazza, prendendogli una mano tra le sue. “Hai spiegato perfettamente il senso.”
John annuì soddisfatto ed abbassò il volto per posare le sue labbra screpolate dal freddo su quelle morbide della compagna. Si gustò il dolce calore della bocca della ragazza che si aprì subito ad accogliere la sua lingua e si godette la morbidezza di quei fili dorati stretti tra le sue dita. Avrebbe approfondito ancora il bacio, se non fosse stato per Rose che, prudentemente, lo aveva allontanato da sé prima che giungessero al punto di non ritorno. John si staccò di malavoglia dalla sua bocca invitante ed accennò a un movimento in avanti, finendo, inevitabilmente, al suolo.
“Non una risata.” La ammonì, guardandola dal basso mentre il cappellino con il pom-pon gli ostruiva la visuale completa della ragazza che si mordeva le labbra pur di accontentarlo.
“E non dirlo a nessuno.” Si fece promettere ancora, allorché fu di nuovo in piedi ed al sicuro tra le braccia della compagna.
“Nessuno, tranquillo.” Promise Rose, mentre i suoi occhi divertiti urlavano il contrario.
“E adesso spiegami come si fa ad andare con questi cosi.” sbottò John infastidito per l’assurdità della situazione.
Era un Signore del Tempo, per amor del cielo. Lui si mangiava un Dalek a colazione, faceva pranzo con un Cyberman e per il dopo cena mandava in scena la tragicommedia dell’Angelo Piangente. Non poteva farsi mettere al tappeto da un paio di pattini. Ne andava della sua stessa reputazione. Si disse, tentando di farsi un discorso di incoraggiamento.
“John?” lo richiamò Rose già a pochi metri da lui, vedendo che il suo allievo non la stava minimamente ascoltando. “Ancora il discorso di incoraggiamento con i Dalek che ti portano il the?”
L’uomo sorrise, scoprendo ancora una volta quanto Rose ormai lo conoscesse bene.
“Li mangio a colazione, non mi portano il the.” Puntualizzò lui, mentre la ragazza liquidava la faccenda con un movimento della mano.
   
 
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