Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: La Mutaforma    20/03/2013    1 recensioni
Quanta tristezza hai dovuto affrontare, amico mio? Quanto valgono adesso le tue fughe, il tuo imbarazzo?
Dov’è l’amore?

Feliciano pianse più forte, perché tanto Ludwig era dietro di lui e non poteva vederlo.
O forse perché era solo un bambino, e per i bambini non c’è vergogna a piangere.  
Qualcuno ha creato il mondo, bello come niente. Ci ha regalato il cielo, le stelle, il sole, il mare, la musica. Abbiamo inventato l’amore.
Eppure ci facciamo la guerra. 
Genere: Guerra, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Chibitalia, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ungheria strizzò le garze bagnate nella bacinella.

“Un anno intero, Prussia” mormorò lei, tra i denti “Un anno e anche più. A uccidere”

“A difendere ciò che è giusto” la corresse l’albino, osservandola mentre gli medicava le ferite brucianti.

“Sono quasi del tutto sicura che tu non l’abbia fatto senza un valido motivo”

“Sono semplicemente un assolutista come tanti in Europa” digrignò i denti quando lei gli strinse apposta le fasce più forte intorno al braccio. “La cosa ti turba?”

“No. E nemmeno mi sorprende” lo guardò negli occhi. Quei grandi occhi rossi che avevano visto tante battaglie quante ferite aveva riportato. “Mi dispiace”

“Il Magnifico si riprenderà”

“…Mi dispiace per quella gente”

Prussia fece un sorrisetto, sconfitto, ma non ancora arrendevole.

“Non hai nulla da dirmi, oltre alla solita paternale?”

Lei sospirò. “Sono stanca di fasciarti le ferite, Gilbert. Non siamo più bambini”

Ci fu un momento di silenzio. Poi si prolungò a lungo, e nessuno parlò più.

 

In quei giorni, la ragazza si accorse che Italia era irrequieto; più del solito.

La presenza di Prussia lo agitava, senza dubbio, ma lo incuriosiva anche. Da quando aveva sentito che era il fratello di Sacro Romano Impero, sembrava voler riconoscere nei tratti dello sconosciuto il viso del suo vecchio amico.

Ungheria dubitava che ci sarebbe mai riuscito, anche solo se avesse desiderato parlare con lui. L’ultima volta che aveva nominato il piccolo defunto, Prussia si era alterato al punto da spaventarla sul serio.

Il dolore nei suoi occhi era qualcosa di incancellabile, persistente.

“Hey ragazzino!” cominciò Prussia, rivolgendosi ad Italia “Portami un bicchiere di birra, velocemente

Il bambino lasciò cadere la scopa, spaventato, e si nascose dietro la gonna di Eliza. Lei gli accarezzò con dolcezza i capelli rossi, prima di rivolgere lo sguardo sull’albino.

“Lascia stare Feliciano, Prussia. Non ammetto un simile comportamento da parte tua”

Lui fece un sorrisetto sfrontato.

“Ho il diritto di rivolgermi come voglio con i domestici”

Elizabeta sostenne fieramente il suo sguardo rosso sangue “Non con i miei amici”

“Vuoi forse andare tu a prendermi della birra?”

La ragazza si chiese se in fondo non fosse quello il suo obbiettivo principale.

Sciolse Italia dal suo abbraccio e si allontanò, senza voltarsi indietro.

Mai come allora ubbidire ad un ordine le era sembrato più faticoso.

 

Italia lo guardava di sfuggita, con gli occhi bassi.

Il suo timore sembrava divertire l’albino, che gli fece segno di avvicinarsi, approfittando anche della temporanea assenza dell’altra domestica.

“Che ti guardi ragazzino?”

Il bambino deglutì con violenza, ma si fece coraggio.

“Sei il fratello di Sacro Romano Impero, giusto?”

Seguì un istante di silenzio, in cui il ragazzino credette di aver detto qualcosa di sbagliato.

“…Chi sei tu?” chiese Prussia, diffidente.

Lui allungò la mano, per presentarsi. “Sono Italia. Mi chiamo Feliciano”

L’albino prese la piccola mano tra le sue grosse e ruvide, incredulo. Poi, inspiegabilmente, sorrise. E anche un sorriso, su quel volto straziato dal dolore e dalla guerra, sembrava una smorfia di cattiveria.

“Mio fratello ti voleva bene. Penso che abbia pensato a te… quando…”

Feliciano sentì delle lacrime antiche, vecchie di quasi sessant’anni, già piante, trattenute, spesso nascoste, tornare a pizzicargli gli occhi castani.

Si liberò dalla presa del condottiero e scappò via, recuperando lo spazzolone da un angolo, e singhiozzando con violenza.

Ungheria entrò in quel momento, con un boccale di birra tra le mani.

Fissò i suoi occhi verdi e rabbiosi sul tedesco, le labbra che tremavano in preda ad un nervosismo furioso.

“Eliza, calmati, non gli ho fatto nulla!” si difese lui, scattando in piedi.

La ragazza si bloccò, un impulso glacialmente razionale.

“Non avvicinarti mai più a Feliciano. È tutto ciò che mi resta”

“Eliza..” provò a replicare il tedesco, prima che lei gli versasse la birra addosso.

Una macchia dorata e schiumosa si espanse sul pavimento liscio; lenta, come si espande la guerra.

 

In effetti, Gilbert non si avvicinò più a Feliciano.

Era Feliciano ad essere inconsciamente attratto dalla rude forza di quell’uomo, ormai una presenza solenne e opprimente a corte.

Mai la reggia era stata più silenziosa.

Persino il pianoforte di Austria talvolta sembrava taciturno.

Italia ci aveva riflettuto per giorni. Poi si era armato di coraggio e si era avvicinato a lui, in giardino, lontano dagli occhi materni e protettivi di Eliza.

“Ah, sei tu ragazzino, che vuoi?” Prussia non era più insolente del solito “Sai che non sono ancora riuscito a togliere la macchia di birra dalla giubba?” 

“Non sono qui per chiedere scusa”

Il tedesco notò nello sguardo del ragazzino un fuoco vivo che vibrava nelle sue iridi come fiamme che la sua superbia non poteva spegnere.

“Sono qui per sapere di lui”

Gilbert strinse furiosamente le labbra, voltando lo sguardo altrove. “Vai via ragazzino, e ti risparmierò”

“Non mi importa di quello che succederà, non mi importa di niente!” Feliciano lo afferrò per i lembi della giubba blu, anche se la sua era una presa molto debole “Io devo sapere di lui, devo sapere cosa gli è successo… come gli è successo!”

Prussia gli staccò con malagrazia le mani dalla giubba. Attese, sospirando, poi pensò che non si sarebbe mai liberato di lui, e si sedette nell’erba.

“Tu mi chiedi cosa sia successo…te lo spiegherò, ragazzino pestifero. È successo che mio fratello è stato sconfitto. Dicono che sia stata la Francia rivoluzionaria. Ma non è vero. Mio fratello me l’ha ucciso la guerra. La guerra scoppiata perché tutti abbiamo troppe pretese, e ci sentiamo grandi”

Era strano sentito dire da quel condottiero impavido e senza cuore.

“Io stesso, non mi sento grande. Non mi sento abbastanza magnifico. Quando l’ho visto, gli ho preso la mano, ma non si è stretta intorno alla mia. Credo ti abbia cercato. Credo che non abbia mai smesso di cercarti”

Feliciano tirò su con il naso, gli occhi secchi per aver pianto troppo su una storia che non conosceva.

In effetti se l’era sempre chiesto.

Come cade un Impero?

Facendo rumore.

Io invece non sono nemmeno una nazione, nessuno mi può sentire quando piango.

Gilbert lo prese con delicatezza in braccio e lo fece accoccolare sulle sue ginocchia. La pace quiete del giardino sembrava burlarsi della loro inquietudine.

Feliciano pianse liberamente sulla giubba blu che puzzava di sangue e di birra.

Gilbert strinse i denti, e singhiozzò tra i capelli rossi del bambino.

Sperò che non lo capisse.

È una tendenza formalmente umana vergognarsi del proprio dolore.

 

 

Era quasi una settimana che Prussia non si vedeva a corte.

Ci fu grande agitazione quando il suo cavallo bianco, nervoso e sbuffante, si ripresentò ai cancelli della corte imperiale.

Aveva un’espressione seria e rabbiosa, non più il ghigno malevolo e sprezzante che era suo uso sfoggiare.

Ungheria lo riconobbe subito, e si sorprese di come lui non si fosse fermato, come al solito, ad importunarla.

Era rabbioso. Ma di un furore contenuto. Quasi premeditato.

Stringeva tra le mani una lettera, mentre si dirigeva nella stanza dove Austria suonava con una quiete apparente il suo pianoforte.

La domestica lo seguì fino alla porta, senza farsi notare.

Poggiò l’orecchio sulla toppa, ma non capì nulla del loro discorso frettoloso.

Quando stava per staccarsi dalla porta con tiepida rassegnazione, sentì chiaramente la voce altisonante di Prussia parlare con un vigore battagliero.

“Che anno è?”

“1864”

“Bene. Allora si dica in tutta Europa, si scriva nel libri di storia, che nell’anno del Signore 1864 la Prussia ha dichiarato guerra alla Danimarca”

Ungheria spalancò gli occhi nel vuoto.

 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: La Mutaforma