Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: ____giuls    20/03/2013    3 recensioni
Abbiamo tutti sentito gli avvertimenti e gli abbiamo ignorati.
Sfidiamo la fortuna. È la natura umana. Quando ci dicono di non toccare qualcosa, di solito lo facciamo. Anche se sappiamo che sarebbe meglio non farlo.
Forse perché infondo, stiamo solo cercando guai.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Just because we can’t be together, doesn’t mean I won’t love you”
(soundtrack )
 

 

Quella mattina l’aria era particolarmente gelida. Inspirando si faceva strada lungo tutto il mio corpo una sensazione pungente, che attraversandomi, mi tagliava in due.
La strada era liscia, pulita, segno evidente che il camion spazzaneve quella notte aveva eseguito il suo lavoro. Gli alberi erano spogli e secchi, selvaggiamente denudati del verde dei manti di foglie.

Ad alta velocità, l’auto percorreva quella stradina residenziale costeggiata da entrambi i lati da schiere di villette tutte dello stesso ordine e colore. Passai fuori la mia vecchia scuola fatta di mattoni color ruggine, desolata in quei giorni di festa e un sorriso mi comparve spontaneamente sul viso. Mi tornarono in mente solo alcuni dei tanti momenti passati tra quei banchi di legno scadente, che durante cinque lunghi anni mi avevano forgiata e plagiata fino a farmi diventare la persona che ero oggi. Non era stata una sorpresa per i miei vecchi compagni di classe sapere che stavo per diventare un avvocato. Non per loro che erano sempre pronti a prendermi in giro a causa delle infinite ore di studio passate in biblioteca, o per i party mancati, dove preferivo la compagnia di Aristotele e Cartesio a quella del quarterback di turno imbottito di steroidi fino al cervelletto. I miei amici sapevano che un giorno avrei lasciato quel paesino di periferia, sapevano che avrei coronato il sogno di una vita. Sapevano che sarei riuscita ad andare a New York e farmi accettare in una delle università più prestigiose del mondo. La NYU.

Mi sfuggì un sorriso ripensando a quante risate mi ero fatta tra quelle quattro mura.

-Tutto bene Leah?-
-Si papà- risposi sobbalzando – pensavo…- ammisi
-So che ti manca vivere qui- disse spostando per un attimo lo sguardo dalla strada per posarlo su di me – magari potres…-
-No. Non dirlo- fermai le sue parole - non mi manca nulla. ho tutto quello che mi serve a New York grazie- tagliai a corto, continuando a guardare fuori dal finestrino. Non potevo sopportare l’ennesima supplica di mio padre. Non quella mattina. Non ora che stavo per arrivare a casa, nella casa dove ero cresciuta. Non ora che stavo per riabbracciare Kathlyn, la seconda moglie di mio padre. Non ora che rimettevo piede in quella vita dove ero uscita frettolosamente tre anni prima.
Bagnai la mia mano quando cancellai i disegni fatti sul vetro appannato.
Sapevo che lo ferivo con il mio atteggiamento, che gli faceva male sapere che a sua figlia – l’unica che avesse- le stava troppo stretta la  vita “perfetta” che aveva un tempo.
 
-Allora hai deciso per quanti giorni ti fermerai?-  con voce incerta mi pose la fatidica domanda
-Non lo so ancoradipende da quanto resisto-
-Oh. Ok- mormorò. Stanco.
 
L’auto si arrestò, avvertendomi che eravamo giusti a destinazione. Trassi un bel respiro e aprii la portiera del moderno Suv, facendo attenzione a scendere da quel bestione nero. Alzai gli occhi e lentamente mi guardai intorno studiando il perimetro che mi circondava. Era tutto esattamente come me lo ricordavo … poco o niente era cambiato da quando me ne ero andata. Qualcuno aveva aperto gli infissi di legno bianco della finestra di camera mia e nel vedere la tenda color lavanda posizionata al suo interno provai una piacevole sensazione di conforto. Quasi automaticamente spostai lo sguardo sulla villa di fianco alla mia, e su l’altra finestra che affacciava proprio di fronte alla mia. La tenda nera al suo interno era chiusa.
Ripresi il controllo del mio corpo e mi affrettai ad aiutare mio padre a portare le valigie in casa.
 
-A Leah!-  urlò Kathlyn alzando un delicato bicchiere di cristallo
-A Leah!! – ripeterono in coro mio padre e alcuni familiari più intimi  
Arrossii, sfoggiando uno dei miei migliori , sorrisi ed alzai un calice contenente del costoso champagne francese mormorando un sentito “grazie”
-E’ la prima della famiglia Mercer a laurearsi ! sei l’orgoglio di tutta la famiglia piccola mia- emozionata mia nonna mi abbracciò con troppa foga
-Nonna ma non mi sono laureata ancora! Se tutto va bene alla fine di quest’anno, inizierò poi la specialistica!- spiegai alla vecchietta arzilla che mi teneva ancora stretta tra le sue forti braccia
-Sono dettagli amore della nonna. Sempre un avvocato resti!- scoppiammo a ridere entrambe.
 
Quando la cena si concluse era ormai l’una passata. Salutai e accompagnai alla porta anche gli ultimi invitati e prima di salire in camera diedi un fugace bacio a mio padre e a Kathlyn.
-Riposa bene cara, che domani ci attende una lunga giornata di shopping in centro! Ho bisogno dei tuoi consigli per i miei acquisti  lo sai-  mi informò Kath facendomi l’occhiolino
-Non vedo l’ora! Buonanotte!- risposi sorridendo
 
Riempii la vasca con dell’acqua bollente e mi immersi al suo interno abbandonandomi completamente. Ne uscii solo quando l’acqua iniziò a raffreddarsi, iniziando a darmi fastidiosi brividi. Mi avvolsi in un enorme e soffice accappatoio profumato e mi ritrovai a guardare attraverso il vetro della finestra. C’erano solo i raggi della luna ad illuminare tutto ciò che mi circondava. Ed erano proprio loro a cadere indisturbati su quella finestra di fronte alla. Mi allontanai con un sospiro e indossai il mio pigiama preferito e sistemai i lunghi capelli in una treccia comoda.
Mi guardai allo specchio, ed a stento mi riconobbi in quella figura alta dagli occhi spenti. “quanto sono cambiata” pensai accarezzandomi una guancia. Ormai della vecchia Leah era rimasto ben poco, tutto il resto se l’era portato lui.  Sentii gli occhi che iniziavano a pizzicare e quando una lacrima cadde sulla manica del pigiama mi arresi al fatto che non potevo più trattenermi. “sei una stupida” mi torturavo.
Con fatica mi portai di nuovo davanti alla finestra “Era tutto così bello un tempo... cosa ne è rimasto ora?”
Alzai gli occhi al cielo, pregando alla luna che quella pena finisse… che quel dolore iniziasse ad andare via…

Guardai un’ultima volta quella finestra prima di andare a stendermi sotto un caldo per riprendere calore e fu allora che lo vidi. Che incrociai quegli occhi. Cessai di respirare in quel preciso istante.
Stavo sognando? Non lo sapevo, eppure sembrava così reale… quel corpo alto e forte, quel cespuglio di ricci che cadeva disordinato ad incorniciare il viso dalla pelle rosea… e gli occhi… quegli occhi color “indefinito” –era così che li avevo soprannominati anni addietro- che al buio erano ancora più belli, ora mi scrutavano instancabilmente.
Sapevo che lo avrei rivisto, ma sapevo anche di non essere pronta. Probabilmente non lo sarei mai stata.
Lui infila una mano in tasca, ne estrae qualcosa che lo porta ad abbassare lo sguardo. Io resto lì a fissarlo, sono paralizzata. Una manciata di secondi e il mio cellulare vibra illuminando la stanza. Il mio cuore batte forte. Troppo forte. Ho paura di avere un infarto. Tremando lo afferro, è un sms, lo apro.

<Sei tornata…>

Alzo di nuovo lo sguardo, e lui è lì, a fissarmi ancora

<Dopo Natale riparto>

Digito velocemente e premo invio sul pallino in verde

< …. >

I puntini. Ho sempre odiato i puntini.

<Sei dimagrita>

Vorrei scendere e andare da lui. Vorrei prenderlo a pugni e calci.

<Tu invece sei sempre lo stesso>

Digito increspando un sorriso amaro

<Ti sbagli. Sono tre anni ormai che niente è più come prima>

Le lacrime iniziano a ricadere giù prepotenti, incontrollabili. Ma tanto io non voglio controllarle. Voglio che mi veda bene, e si renda conto di cosa mi ha fatto. Di cosa sono adesso

< Giusto… hai delle responsabilità adesso>

Lo guardo mentre legge il mio ultimo sms. Serra ancora di più la mascella. Se non erro vedo una lacrima scendergli sul viso

< ……..>

Di nuovo quei cazzo di puntini

< Come sta Kevin?>

Singhiozzo in silenzio, attenta a non farmi sentire dagli altri che dormono ignari di tutto

< Sta bene grazie…  E’ nel suo letto… si è da poco addormentato.>
 

Kevin William Styles. Una creatura magnifica, un angelo bianco che inconsapevolmente mi ha portato via la felicità. Un angelo dai ricci color oro arrivato come una tempesta nella mia vita.
Kevin William Styles è uno stupendo bambino  di tre anni.

<Mi manchi>

Il display si illumina ancora

< Mi manchi da morire… sempre di più, ad ogni sole che sorge e ad ogni luna che tramonta>

Mi porto una mano sulla bocca per reprimere i singhiozzi. Non può parlarmi così. Non più.

<Avevamo tutto. Vivevamo una favola ad occhi aperti, ma per te non era abbastanza!>

Lo vedo appoggiarsi con la schiena contro la finestra e tenersi la testa con le mani. Vederlo così mi uccide. So che non è felice. So che è intrappolato in una realtà che non sognava. E io nella mia, lo specchio della sua.
 
Quando Ed mi confessò che Harry che quella notte mi aveva tradita fu come un fulmine a ciel sereno. Sapevo che quella compagnia prima o poi l’avrebbe fatto cacciare in qualche guaio. Solo che non immaginavo che il guaio includesse anche me “ povera illusa che non ero altro” .  Corsi a casa sua e quando sua madre aprì la porta salii come una furia le scalinate che conducevano alla sua camera.
Mi ritrovai il suo volto divorato dalla vergogna a pochi centimetri dal mio e lo schiaffeggiai con tutta la forza e la rabbia che avevo in corpo. Rimanemmo chissà per quanti minuti fermi l’uno davanti all’altra. Non mi disse  una sola parola. Sapevo che non l’avrebbe fatto. Non era nel suo stile. Lui era l’onnipotente Harry Styles.
-Dimenticati di me. Dimentica il mio nome. Dimenticati di NOI!- gli sferrai una serie di pugni sul petto, come se quelle stupide rondini potessero avvertire il dolore, e lasciai per sempre quella camera, quella casa.
Non rimisi mai più i piedi lì dentro.
 

< Peccato che niente serva a farti tornare indietro nel tempo>

Mi sedetti per terra, troppo stanca per poter reggere la forza di quel dolore ancora un minuto di più.

<Non posso purtroppo. Dio solo sa quanto mi maledico >

Altro sms

<Ormai Kevin è parte fondamentale della mia vita. E’ il mio centro. Ma devi sapere che l’altra metà di me è morta con te quando sei partita>

 

Passarono circa una cinquantina di giorni prima della distruzione completa.
Durante quel tempo Harry provò incessantemente a farsi perdonare. Più volte me lo ritrovavo in camera mia pronto a fronteggiare un ennesimo litigio che sfociava quasi sempre nel peggiore dei modi. Finivamo per fare l’amore. E poi tornavo a cacciarlo e ad urlargli che non l’avrei mai perdonato. Mentivo. Certo che l’avrei perdonato.
Quella sera mi chiese di incontrarlo nel boschetto del paese vicino a casa. Ricordo ogni minima cosa di quel momento. Stavo percorrendo a passai svelti la stradina poco illuminata quando lo scorsi in lontananza.
Se ne stava seduto su una panchina immobile. Con la testa in giù.
Quando mi sedetti al suo fianco dovetti scuoterlo per fargli notare la mia presenza.
-Ehi! Che ti succede…? -  chiesi preoccupata. Un brutto presentimento pulsava nella mia mente
Non ebbi nessuna risposta
-Harry! – urlai – dimmi cosa succede!-
-C … Cass.. Cassidy – la sua voce rauca emanò il nome della ragazza che quella notte si era sovrapposta tra noi due, annullò ogni briciolo di speranza
Passò qualche minuto. Forse più di qualche.
-…. E’ incinta…. - sussurrai
Lui era sempre fermo nella stessa posizione. Come un vecchio spaventapasseri quando va via il vento.
Una settimana dopo partii per l’America. Non lo rividi ne sentii mai più.

 
< Ti amo che mi distrugge. So che non possiamo stare insieme per colpa mia e questo mi logora. Mi uccide ogni fottuto giorno di questa mia fottuta vita!>

Mi alzai, facendo attenzione a non perdere l’equilibrio e  avvicinai la fronte al vetro freddo accarezzandolo con una mano.

 
<Solo perché non possiamo stare insieme non significa che io non ti ami >
 

Gli scrissi prima di perdermi un’ultima volta in quegli occhi color indefinito
Lui si alzò e imitando il mio gesto poggiò una mano sul vetro.
Sorrise. Un angelo con le guance rigate. Sorrisi anch’io. Lentamente tirai le tende e mi allontanai da quella finestra. Mi distesi sul letto stringendo tra le mani il ciondolo della collanina che custodivo gelosamente. Lo aprii. Io e Harry che ci baciamo felici. Chiusi gli occhi e lentamente mi addormentai, con la speranza di incontrarlo a metà strada tra i miei sogni e i suoi.




Saaaalve :)
Sono tornata con una OS che mi è scoppiata  in testa  così, senza troppi perchè, la scorsa domenica xD 
Spero tanto che sia di vostro gradimento, e se vi va, mi farebbe molto piacere che lasciaste una recensione :D anche una piccola piccola!
Un bacione a tutte!

#PEACE    @____giuls

 

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: ____giuls