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Autore: deliventor0989    20/03/2013    0 recensioni
Ho trascritto il mio dolore in parole. Spero vi piaccia.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Le mille lacrime di pioggia mi trafiggono la pelle, perforandomi la carne; facendomi tremare. Mi racchiudo in me stesso, piegandomi sui ginocchi doloranti cercando perdono ma senza fiatare e rimanendo lì a sorbire quella punizione che mi tormenta da quando sono nato; getto occhiate voraci al cielo che senza battere ciglio, da lassù, mi deride e si prende gioco di me. Stramazzo al suolo, invocando un’indulgenza che mai mi sarà concessa e mentre gemo di dolore, mentre rido di follia, mentre capisco che il mio solo destino è la morte, rivedo quel volto che tempo addietro mi aveva ferito nell’orgoglio e nel profondo dei miei sentimenti facendomi innamorare. Scaccio quel viso. Scaccio quei capelli bruni e quegl’occhi così verdi da ricordare un’ombrosa foresta. Rivivo quella vita rubata da Dio, fatta di baci, di passione, di un amore così corrotto e sincero. Sputo mentre fiumi di acqua calda sgorgano dagli occhi e muoiono in pochi secondi, mischiandosi a quelle lame di acciaio così voraci di peccati. Batto i pugni nel fango e mi ritrovo ad urlare un “Perché te ne sei andata? Perché?” Le parole si perdono nell’aria, trasportante con nonchalance dal vento, che traditore qual è, mi deride anche anch’egli. E allora passo una mano tra i capelli fradici; tutto il mio corpo urla parole sconnesse di rabbia e umiliazione. La mia mente si chiede cosa io abbia fatto per meritarmi questo ed io, povero sciocco, mi ritrovo sdraiato, nel fango. Tra i sassi, tra l’erba non curata di quella campagna abbandonata, ove spesso consumavamo il nostro amore, tra il dolore e il dispiacere di qualcosa che si è perso definitivamente. Respiro. A fondo. Continuo a guardare il cielo ma non invoco più pietà per la mia anima e accennando un sorriso alzo una mano, la muovo nell’aria, disegnando cerchi e le fattezze di un viso cristallino. La pioggia cessa di battere, smette di violentarmi, finalmente. Desidero rannicchiarmi e dormire, dimenticare ogni cosa, ritornare a quei giorni precedenti, dove vigevano solo i suoi ed i miei sorrisi. Sembravano così sinceri, i suoi. Eppure mi aveva abbandonato. “Mi amavi” biascico con la bocca impastata “ L’avevi giurato, ma sei andata via.” Rimango lì mentre le braccia perdono le forze, cadendo con un tonfo, sull’erba bagnata.
“Torna! Se puoi.. torna! Le promesse si mantengono, me lo dicevi sempre, ricordi? Mi dicevi spesso “Edgar le promesse che ci facciamo le manterremo per sempre” e allora perché hai promesso di restare per l’eternità con me se alla fine te ne sei andata a soli sedici anni? Perché ?”
Mi rompo in un pianto, in uno sfogo come se avessi avuto cinque anni invece che diciassette. Prendo la testa tra le mani, singhiozzo, mi alzo e ricado senza forze. Sporco, malconcio mentre ho piena sicurezza che giù in paese, preoccupati per me, mi stanno cercando come forsennati. Ma a malapena respiro. Forse sarei morto anche io da lì a tre minuti. Abbasso il capo confuso e frastornato,  la fronte poggiata sulle mani. Mi sembra quasi di sentirla mentre mi accarezza i capelli, mentre scandisce il mio nome, cullandomi e sussurrandomi un “andrà tutto bene” come era solito fare.
“Edgar” mi volto agitato; mio padre in piedi mi tende la mano.
“Pa..papà” Ha gli occhi rossi di non pianto. Sorride a malapena. Un sorriso falso, di finta comprensione.
“Andiamo a casa, non è giusto che ti tormenti così. Sai che non è colpa tua, era malata e .. lo sapevi.”
“Papà..papà..lei..lei..non può essere..no.. non è  vero” scuoto la testa, quasi convinto dalle mie false parole. Lui ancora con la mano testa. Gli occhi grigi così simili ai miei, così spietati in genere ma così malinconici in quel momento.
“Papà..papà..” mi alzo a fatica, senza forze. “Io..io diventerò medico, come te..lo giuro” lo dico mentre mi faccio abbracciare da mio padre, per l’unica volta nella mia vita.
Ci incamminiamo sorreggendoci a vicenda mentre in lontananza un timido arcobaleno nasce, morendo in pochi secondi. Vedo una sagoma su quell’arcobaleno. E’ una ragazzina dai capelli corti e gli occhi di tenebra, sorride ingenua e mi saluta. La saluto anche io sotto lo sguardo sospetto di mio padre, che non vede nessuno in quel punto. E allora rido. “Ci vediamo, non subito. Ma tu aspettami”. La ragazzina, diviene quella bambina dei giochi degli anni precedenti, poi ritorna normale. Il colore delle guance è rosa pesca,da tempo non era così. Annuisce e scompare nella luce filtrata del sole. “Andiamo..andiamo a casa, papà.” Non getto più lo sguardo dietro ma continuo a camminare avanti a me, in vista dell’orizzonte

Spazio a me u.u Ciaoooo :) commentate e riferitemi se vi è piaciuta o meno, per favore :*
  
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