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Autore: Cassandra caligaria    21/03/2013    2 recensioni
Campi, estate del 1944. Una giovane fanciulla, figlia di un ricco proprietario di una masseria, passeggiando in un campo di grano nella tenuta di famiglia si imbatte in un giovane sconosciuto dall'accento americano. Seppur provenendo da mondi lontani e diversi, i due giovani scopriranno presto di essere spiriti affini.
La guerra, però, bussa anche alle porte della pacifica masseria e il giovane straniero cela nel suo cuore un doloroso segreto...
Tutti umani.
N.B. L'ultimo capitolo pubblicato è un extra che può essere letto anche senza conoscere tutta la storia.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Emmett Cullen, Esme Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film, Contesto generale/vago
Capitoli:
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CAPITOLO TRENTESIMO


 

 

Il dieci gennaio del 1946 era nato il piccolo Anthony. Due anni dopo, il due giugno del 1948, si erano aggiunti alla famiglia i gemelli Carlo ed Elisabetta.
Edward aveva ripreso i contatti con i suoi genitori, che fremevano dalla voglia di conoscere i loro nipotini e la moglie di Edward. Gli avevano spedito alcune fotografie, ma i giovani contavano di partire presto per l’America.
E non solo per far conoscere i bambini ai nonni Masen…
Con la fine della guerra ed il rafforzamento dei rapporti economici con gli Stati Uniti, Charlie aveva riflettuto a lungo sulla possibilità di proporre i prodotti della masseria al mercato americano e aveva visto in Edward il suo migliore collaboratore in affari oltreoceano.
Nella primavera del 1950, la giovane famiglia si trasferì in America, a Chicago, per gestire la filiale americana della Swan-Masen Oil & Wine.
Gli affari andavano molto bene e la famigliola rimase in America per un decennio, accogliendo un nuovo membro, il piccolo Thomas, nato al Chicago Hospital il trentuno luglio del 1955.


Nella primavera del 1960, una elegante automobile scura percorse il lungo viale alberato, ricoperto di brecciolina bianca, che conduce all’ingresso principale della masseria Swan. Non era cambiato nulla in dieci anni di lontananza: la masseria era sempre lì, bella, bianca e imperiosa.
Sette bambini, di età compresa fra i dodici e i tre anni, i figli di Alice e di Emmett, che avevano sposato i gemelli Hale, giocavano ad Acchiapparello. Risolini e grida riempivano l’aria già calda di aprile.
Sotto gli sguardi rapiti dei bambini, un giovane ed elegante signore scese dall’automobile e tese la mano verso sua moglie, una bellissima giovane donna, dai lunghi capelli castani. Dopo aver lisciato le pieghe della gonna con le mani, Bella si sporse con il busto all’interno dell’abitacolo per prendere in braccio il suo bambino più piccolo, che si era addormentato durante il viaggio.
L’uomo in giacca e cravatta, Edward, fece uscire dalla macchina gli altri quattro ragazzi e insieme all’autista iniziò a tirare fuori le valigie dal portabagagli.
Jane aveva raggiunto la stessa età che aveva sua madre quando aveva conosciuto suo padre, somigliava moltissimo a Bella, ma aveva gli occhi di Edward; Anthony aveva quattordici anni, ma era molto più alto di un ragazzo della sua età, i lineamenti delicati e i capelli biondi, lo rendevano simile a un cherubino - neanche a dirlo -, somigliava moltissimo al gemello di Edward; le due teste castane che si affiancarono ai loro fratelli maggiori, quasi fossero stati addestrati a prendere quella posizione simmetrica di fronte a chi li guardava, appartenevano ai due gemelli dodicenni, Carlo ed Elisabetta, due uragani di allegria e vivacità.
In braccio alla sua mamma, profondamente addormentato e con le gote rosse per via del contatto prolungato con la spalla di sua sorella, c’era il piccolo Thomas, un bimbo molto vivace ed estremamente intelligente, dai folti capelli biondi e con gli occhi verdi di suo padre. Sua nonna Elisabeth diceva sempre che era la copia di Edward da bambino e questo non faceva altro che aumentare l’orgoglio di suo padre.
“Zia?” si avvicinò stupita la figlia maggiore di Emmett e Rosalie, Susan, che aveva visto Bella l’ultima volta quando aveva solo tre anni. Gli altri bambini smisero di giocare e si avvicinarono incuriositi a quelle figure così eleganti e a quei bambini vestiti in modo così diverso da loro. Conoscevano tutti la storia degli zii e dei cugini d’America, li avevano visti anche in foto, ma di certo non si aspettavano che fossero tanto belli dal vivo, sembravano degli attori.
“Sì, tesoro, sono la zia Bella”
La fanciulla sorrise e Bella si avvicinò e la abbracciò.
“Sei diventata una bellissima signorina, somigli moltissimo alla tua mamma, ma hai il sorriso di mio fratello!” sussurrò, commossa.
“Grazie, zia. Lui è Thomas, non è vero?” domandò Susan indicando, con una carezza sulla schiena del bambino, l’unico cugino che non aveva potuto conoscere, essendo nato in America.
“Sì, lui è Thomas. Sarà felicissimo di conoscervi tutti, quando si sveglierà”
Edward e Bella salutarono tutti i bambini, molti dei quali conosciuti solo tramite le fotografie che gli spedivano, e gli presentarono i loro figli.


Quel giorno si versarono molte lacrime di commozione, per il ritorno di Edward e Bella alla masseria. Charlie e Renèe furono felicissimi di poter riabbracciare i loro nipotini, dopo aver trascorso tanto tempo lontani da loro.
Il pranzo e la cena, quel giorno di aprile, furono una grande festa per tutti: rimasero tutti a tavola dal mezzogiorno alla sera, mettendo da parte qualsiasi impegno. Sembrava quasi il giorno di Natale di tanti anni fa, quando un giovane soldato, sporco e ferito, era riuscito a ritornare a casa, tra le braccia della sua amata.
All’imbrunire, l’allegra compagnia si sciolse e ogni nucleo famigliare ritornò nella propria abitazione, salutandosi con la promessa di ritrovarsi di nuovo tutti insieme per la colazione, l’indomani.


La casa che era stata costruita per Edward e Bella non era cambiata nel corso degli anni, la presenza di un gran numero di stanze, sistemate per poter accogliere una numerosa famiglia, fece sì che tutti i bambini potessero avere una stanza per sé, proprio come nella loro grande casa a Chicago.
“Siamo a casa, finalmente” sussurrò Bella, accoccolandosi sul petto di suo marito e respirando forte l’odore di sapone di Marsiglia e citronella che emanava la biancheria. Non aveva mai trovato quell’odore di pulito in America, dove il bucato si faceva in lavatrice e i saponi utilizzati si chiamavano detersivi, prodotti chimici profumatissimi, che però perdevano la loro fragranza in poco tempo.
“Già, mi era mancata la nostra casa” aggiunse Edward, posando un bacio sul capo di sua moglie.
“Jane è stata felicissima, quando ha visto che la sua camera è rimasta esattamente come l’aveva lasciata dieci anni fa”
“Tommy era entusiasta quando l’ho portato con me e Charlie a spasso per la tenuta, non aveva mai visto un campo di grano… Avresti dovuto vederlo, non ha smesso per un attimo di ridere e saltellare!”
“Edward?”
“Dimmi, amore”
“Restiamo qui. Mi piacerebbe tanto che i nostri figli crescessero in un luogo come questo, mangiando cibi sani, respirando aria pulita, giocando all’aperto coni loro cugini… e poi, è qui che è cominciato tutto: se tu non fossi arrivato qui, loro non ci sarebbero. In America si sta bene, ma…”
“Ma questa è casa nostra” terminò Edward per sua moglie “Mi hai letto nel pensiero, stavo meditando da tempo su quale fosse il luogo migliore in cui far crescere i nostri figli e non hai idea di quanto mi sia mancato tutto questo: i sapori, i profumi, la natura, la genuinità delle persone e l’amore della nostra famiglia… In America ci sono i miei genitori, è vero, ma è qui che c’è la maggior parte della nostra famiglia. Mi sono mancati tutti così tanto… Cercherò di far venire qui i miei genitori, non possono perdersi l’atmosfera che si respira da queste parti. In America, mio cugino Seth se la caverà alla grande nel gestire l’azienda, magari ogni tanto tornerò io a controllare le cose. Ne ho parlato oggi con tuo padre e anche lui è d’accordo, sarebbe felicissimo di riaverci di nuovo qui.”
Bella si strinse più forte a suo marito e gli baciò il petto, proprio nel punto in cui il suo cuore galoppava veloce.
“Ti amo tanto”
“Anch’io, Bella, ti amo ogni giorno di più. Passeggiare di nuovo in quel campo di grano, con Tommy fra le braccia, è stato molto emozionante. Mi ha riportato indietro nel tempo… è lì che è cominciato tutto. Ti rendi conto che sono già passati sedici anni da quel giorno?”
“Soltanto? A me sembra di stare con te da una vita; dei sedici anni che precedono la tua venuta ho dei ricordi splendidi, ma da quando ci sei tu è iniziata la mia vera vita.”


“Oggi andiamo a trovare la nonna, zio Carlisle dice che per la sua età si mantiene più che bene, ma le forze la stanno abbandonando. Più volte ha espresso il desiderio di vedermi, prima di morire. Mi è mancata molto, forse più di tutti…” disse Bella a suo marito, mentre indossava gli orecchini di perle, seduta alla pettiniera, e osservava, nello specchio, suo marito vestirsi.

Edward aveva trentacinque anni e, se possibile, era ancora più bello di prima. Gli anni avevano reso i suoi lineamenti raffinati più decisi, era un uomo molto affascinante e Bella aveva dovuto più volte rimarcare il territorio in America. Lo stesso valeva per lei, gli anni e le numerose gravidanze l’avevano resa ancora più bella, le sue curve si erano fatte più dolci e il suo volto era sempre radioso. Suo marito era molto geloso e protettivo e gli americani erano piuttosto intraprendenti: neanche una fede all’anulare li aveva fatti desistere dall’avanzare proposte indecenti. Ma niente e nessuno era riuscito a scalfire la loro unione, anzi, semmai aveva contribuito a rafforzarla.

“So che vi lega un rapporto speciale, sarà felice di vedere quanto sono cresciuti i ragazzi e di conoscere l’ultimo arrivato”
Edward si avvicinò a sua moglie e iniziò ad accarezzarle il collo candido con la punta del naso, lasciandole dei baci roventi sulla pelle delicata e sensibile. Trovava ogni gesto della sua preparazione, dallo spazzolare i folti capelli, all’agganciare gli orecchini, quando era seduta alla pettiniera, estremamente sensuale.
“Edward… i ragazzi…” tentò di resistergli Bella, pur sapendo, di perdere, come sempre, quella battaglia.
“Dormono, abbiamo ancora un po’ di tempo”
Edward intrappolò le labbra di Bella tra le sue e la prese tra le braccia, per portarla di nuovo a letto.

“Sembriamo due adolescenti…” commentò Bella, ancora ansante per l’assalto di suo marito.
“Siamo ancora due adolescenti, mia cara…” la canzonò Edward.
“Spero che tutto questo non cambi mai, tra di noi. La nostra complicità, l’intesa, la leggerezza, il bisogno l’uno dell’altra, gli assalti…” ridacchiò maliziosa Bella, accarezzando il torace glabro e tonico di suo marito.
“Ti giuro che non cambierà mai nulla, tra di noi. Ti amerò per sempre. E anche gli assalti ci saranno sempre: è la promessa di un militare, quindi è sacra” terminò, sulle sue labbra, Edward.


“Dove andiamo, mamma?” domandò Elisabetta, mentre si dirigevano verso la casetta di nonna Isabella.
“A trovare la nonna, non la ricordi, vero? Eri troppo piccola, quando l’hai vista l’ultima volta.”
“Ma è tua nonna, quindi è la nostra bis… come si dice… bisnonna?” intervenne Thomas.
“Sì, Tommy, si dice bisnonna” Rispose dolcemente Elisabetta.
L’anziana Victoria aprì la porta e quasi scoppiò in lacrime, vedendo Bella e la sua famiglia.
“Siete tornati, finalmente!” esclamò, emozionata.
“Victoria cara, ti trovo bene” disse Bella e la abbracciò. Quella donna era stata una sorta di zia per lei.
“Venite, la nonna vi sta aspettando.”
“Come sta?” domandò Edward.
“Si dimentica le cose, dorme poco di notte e di giorno soffre molto per i dolori reumatici. Sarà felice di vedervi, era da tanto tempo che aspettava questo giorno. Magari, la vostra presenza le allevierà un po’ gli affanni della malattia”
“Donna Isabella, guardate chi c’è!”
“Vic, Victoria, che ore sono?” biascicò la nonna, mentre, aiutata da Victoria, sollevava la schiena dal letto.
“Bella e Edward sono tornati, aprite gli occhi, guardateli!”
“Bella? Bella è tornata?” l’anziana donna si animò d’un tratto.
“Nonna, sono qui!” Bella si era seduta sul letto e le accarezzava un braccio.
La vista della nonna col tempo era peggiorata, vedeva poco e male da lontano.
“Tesoro mio, sei tornata a casa, finalmente!”
Bella si sporse ad abbracciare la nonna e calde lacrime solcarono i loro volti.
Quando sciolsero il loro abbraccio, Edward si avvicinò per salutare la nonna.

“Edward, caro, te la ricordi quella frase che ti dissi quando ci conoscemmo?”
“Ricordo tutto quello che mi hai detto, nonna. Ne ho fatto tesoro, in questi anni.”
La nonna sorrise e Edward le sorrise a sua volta, complice. Notò che dal taschino della sua giacca pendeva una catenella dorata e gli occhi le si riempirono di lacrime di gioia e commozione.
“Hai capito, dunque? Devo dire che adesso hai trovato proprio gli abiti adatti a te.”
Edward si avvicinò a sua moglie e le accarezzò una guancia.
“Ho trovato gli abiti perfetti, ma credo di averlo sempre saputo.”
La nonna sorrise, emozionata.
“E i vostri figli? Jane deve essere diventata una signorina, ora.”
“Sono qui fuori. Ragazzi!” li chiamò Edward.
In ordine crescente, uno per volta, entrarono nella grande camera da letto e si disposero in riga di fronte all’enorme baldacchino in stile napoleonico.
“Ciao, nonna” la salutò Jane.
“Ciao, tesoro. Sei diventata una bellissima signorina. Avrai già una lunga fila di corteggiatori! Come stai?”
La fanciulla ridacchiò ed evitò di ribattere all’affermazione della nonna. “Bene, grazie. Sono felice di essere ritornata qui. E tu, come stai?”
“Adesso, molto bene, grazie. E tu, invece, Anthony? Sei proprio un bel giovanotto. Sei contento di essere tornato in Italia?”
“Grazie, nonna. In realtà non ricordavo molto di questo posto, sono contento di essere tornato”
“Somigli molto al tuo papà”
“È vero, anche caratterialmente!” intervenne Bella, facendo sorridere tutti.
“E voi, invece? Quando siete andati via di qui, camminavate appena!”
Carlo ed Elisabetta sorrisero.
“Io non ricordavo neanche di averci vissuto qui!” rispose allegro Carlo. “Però, mi piace.”
“Sì, piace anche a me. E poi, ci sono tutti i nostri cugini, qui.” Aggiunse Elisabetta. La nonna sorrise compiaciuta.
“Tu, invece, biondino che sembri tanto timido e cerchi di nasconderti dietro tua sorella, come ti chiami?”
“Thomas” sussurrò il bambino, divertito da quello che sembrava quasi un interrogatorio da caserma militare.
“Parli in italiano, Thomas?”
“Sì, poco”
“Sta imparando” intervenne suo padre.
“Molto bene, molto bene”
“Sai già leggere e scrivere, Thomas?”
“Sì, so anche fare le addizioni!”
“Ma che bravo che sei! Abbiamo qui il contabile dell’azienda, eh!”
Edward e Bella risero e ammirarono orgogliosi il volto fiero del bambino, che evidentemente, pur non conoscendo il significato della parola ‘contabile’, l’aveva percepito come un grande complimento.
“Sono molto felice di avervi conosciuto, ragazzi. Avete avuto la fortuna di avere due genitori meravigliosi: si percepisce chiaramente che siete dei ragazzi di buon cuore e di notevole intelletto. Sono certa che farete molta strada nella vostra vita.”
“Grazie, nonna” risposero in coro i due fratelli più grandi.
Uno dopo l’altro abbracciarono la nonna, alla quale non sfuggirono alcune lacrime. Edward seguì i suoi figli, avendo capito che c’era qualcosa che doveva sentire solo sua moglie. Era sempre stato così tra le due Isabelle, erano unite da un legame più profondo di quello di sangue.

“Bella, cara, sei diventata una donna. Guardati: sei andata via di qui che sembravi una ragazzina, ancora con i capelli intrecciati, e ora sei una bellissima donna che indossa i tacchi e mette il rossetto. Sono molto fiera di te, di quello che sei diventata, del meraviglioso lavoro che hai fatto con i tuoi figli.”
“Grazie, nonna, ma non è solo merito mio. Edward…”
“Lo so, lo so che Edward ti ha aiutata.”
“E mi aiuta ancora. Se non ci fosse stato lui, non credo che sarei riuscita a crescere e a educare cinque figli così bene.”
La nonna sorrise, notando che l’amore tra i due, col tempo, era diventato ancora più forte.
“E tu come stai, nonna?”
“Adesso sono in pace, finalmente. Il mio incubo peggiore era quello di andarmene senza averti salutata e senza aver conosciuto la tua famiglia, senza avervi visti tutti per l’ultima volta. Ma, ora, penso che il mio tempo in questo mondo sia finito. Posso andarmene in pace e soddisfatta della mia eredità su questa terra. Voi siete la mia eredità.”
“Nonna…” sussurrò, sull’orlo delle lacrime, Bella.
“No, tesoro, non devi piangere. Ho vissuto moltissimo, più di quanto potessi sperare. Ho avuto una vita felice, sono stata figlia, moglie, madre, nonna e bisnonna. Ho provato tanto amore e ne ho ricevuto altrettanto, sono stata più fortunata di molti perché ho vissuto due guerre, senza aver dovuto patire la fame e il freddo. Ho studiato e viaggiato tanto. Ho avuto il privilegio di vivere in due stati diversi e conoscerne la lingua e la cultura. Avrei voluto avere mio marito accanto per un tempo più lungo di quello che ci è stato concesso, ma non si può chiedere troppo alla vita. Bisogna prendersi quello che viene e cercare di viverlo al meglio. Avevo espresso un desiderio: poterti vedere per un ultima volta prima di morire e sono stata ascoltata. Se dovessi morire stanotte, me ne andrei felice.”
Bella ormai piangeva e incapace di proferir parola abbracciò la nonna forte, quasi a volerla trattenere con sé e non lasciarla andare.

Il 23 giugno del 1960, come sempre era stato e sarebbe ancora stato per molti anni a venire, il giorno prima di san Giovanni, tutta la masseria era in fermento per la preparazione dei fuochi e del banchetto di quella sera.
La nonna non aveva ancora lasciato questa Terra e, anzi, si sentiva ancora più forte quel giorno.
“Ho sognato mia madre, stanotte.” disse, rompendo il silenzio nella camera.
“Davvero, nonna? Sai, me la ricordo appena…”
“Le somiglio molto e anche tu hai preso qualcosa da lei, ma solo fisicamente” rispose fiera la nonna, che stava indossando, aiutata da sua nipote e da sua figlia Esme, l’abito più bello del suo guardaroba.
“Lei, a differenza mia e vostra, era molto superstiziosa e la notte di san Giovanni, a casa nostra, c’era sempre un gran baccano. Si suonava, si cantava e si ballava fino a tardi. Si faceva rumore con trombe, trombette, campanacci, tamburelli e qualsiasi altro strumento per allontanare le streghe che, si diceva, andassero in giro a catturare le anime”
Il racconto della festa e delle antiche superstizioni, legate al culto di san Giovanni, fu interrotto dalla voce di Jane, la figlia di san Giovanni.
“Mamma, mamma!”
“Cosa c’è, Jane? Sono qui, nella camera della nonna.” Urlò Bella per farsi sentire.
“Oh, eccovi. Ciao, nonna. Zia Esme.” La fanciulla salutò le donne presenti.
“Ciao, tesoro. Buon onomastico” rispose la nonna.
“Oh, grazie! Mamma, la nonna ha detto che hanno appena sfornato il pane e i taralli. Voleva che ti avvisassi, perché ha detto che ti piacciono molto. Carlo e Anthony credo che avranno un’indigestione stanotte! Stanno mangiando tantissimo!” ridacchiò Jane.
“Arrivo, tesoro. Spero che quei due non si sentano male davvero, sono insopportabili quando non stanno bene!” esclamò Bella, sorridendo complice a sua figlia.


“Quanto mi mancavano queste serate!” sussurrò Edward nell’orecchio di sua moglie, tentando di superare con il tono della voce quello della musica.
“Anche a me, moltissimo. Ti ricordi cos’è successo la notte di san Giovanni di sedici anni fa?”
“Come potrei dimenticarlo!” rispose Edward, con voce quasi commossa, baciando sua moglie sulla guancia e cingendole la vita con le braccia.
Rimasero lì tutta la notte, i loro figli impararono alcuni canti e alcune danze e si divertirono come matti; le cicale accompagnarono con il loro canto le melodie della serata; i fuochi accesi rischiararono la notte e l’odore del fumo si mescolò a quello a quello del vino e del pane fresco.
La nonna, seduta a capo tavola, osservò e impresse nel suo cuore tutti i volti della sua famiglia; si voltò verso la tenuta e le sembrò quasi di vedere suo padre che raccoglieva le olive e sua madre che, infaticabile, sgranava il rosario e aspettava che l’impasto del pane crescesse, al caldo sotto vari strati di coperte di lana. Vide suo marito, il suo amato marito, che rincasava canticchiando e la salutava con un bacio; vide la sua casa, colma d’amore e di gioia.
Il ritmo della musica si fece sempre più lento: qualcuno aveva iniziato a cantare la canzone più bella della sua terra.
Alcuni dei bambini erano già stati portati a letto dalle loro mamme; le giovani coppie, ebbre di vino e di amore, stavano già riscaldando i loro letti; nonna Isabella era felice e si sentiva in pace.

Chi lo sa se è vero che la notte di san Giovanni le streghe vanno in giro a catturare le anime, pensò.

Si voltò un’ultima volta verso la sua casa e poi il suo sguardo si soffermò sui fuochi, che lenti lenti si spegnevano.












Note relative al capitolo.


- Acchiapparello è un gioco per bambini, dubito ci sia qualcuno che non lo conosca, in ogni caso qui le regole del gioco;
- Il campo di grano è un riferimento al CAPITOLO II;
- La frase che nonna Isabella ha detto a Edward quando si sono conosciuti è
“Oh, Edward, vedi i vestiti sono come la famiglia: bisogna viverci dentro un po' prima di sentirceli bene.” nel CAPITOLO IV
- La canzone di cui si parla nella parte finale del capitolo è la stessa che canta Bella qui;
- Qualcosa sulla notte di san Giovanni ve l’avevo già scritta nel CAPITOLO VII;
- La catenella dorata che pende dal taschino di Edward sarà il protagonista di uno degli extra


E con questo capitolo la storia si conclude. Posto oggi, il 21 marzo, perché è la data del compleanno di Jane. Data simbolica per questa storia.

L’epilogo, che arriverà la prossima settimana, svelerà un po’ di cose e conterrà le mie riflessioni su questa storia. Quando oggi ho messo il punto finale, ho iniziato a piangere, mi mancheranno molto questi personaggi. Mi fermo qui e non scrivo altro, mi riserverò tutto lo spazio di cui ho bisogno nell'epilogo.
Grazie a tutte le persone che hanno seguito e seguono questa storia, a chi l'ha recensita, a chi è stato così paziente da attendere tanto tempo per avere questo capitolo.


Lascio qui, come ho fatto anche nell'altra storia, i link a varie one-shot che ho scritto per alcuni contest:



 
 
 
 
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Autore: Elettra989 | Pubblicata: 04/01/13 | Aggiornata: 04/01/13 | Rating: Verde | Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Capitoli: 1 - One shot | Completa
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Storia seconda classificata al contest 'About Renesmee' indetto da __Hilary__ sul forum di EFP
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Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charlie Swan, Renesmee Cullen | Note: Nessuna | Avvertimenti: Nessuno
Categoria: Libri > Twilight | Contesto: Successivo alla saga | Leggi le 7 recensioni
 



E, per chi volesse partecipare, ho indetto un contest che scade il 4 aprile: "yes I said yes I will Yes"



Alla prossima, buonanotte!

  
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