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Autore: Keros_    21/03/2013    7 recensioni
[Future!Seblaine]
Blaine, dopo anni di matrimonio con Sebastian e aver messo su una famiglia, decide di divorziare dal marito a causa di un tradimento subito da quest'ultimo. Così va a vivere con suo fratello Cooper e la sua compagna Elizabeth, facendo fare ai bambini avanti e in dietro da una casa all'altra; ma affrontare un divorzio non è mai così facile come si pensa, sopratutto se si provano ancora dei sentimenti profondi verso colui che dovrebbe diventare l'ex.
Abbiamo: Cooper che è stufo d'avere il fratello in giro per casa, Elizabeth che non ne può più di ascoltare i suoi monologhi depressi, Grant che è furioso con entrambi i genitori, Juliette che vuole la felicità dei due uomini, Sebastian che decide di riconquistare Blaine, Tony innamorato di Sebastian, John che vorrebbe creare una relazione con Blaine e quest'ultimo che vorrebbe continuare ad andare avanti con il divorzio.
Ma lo sappiamo tutti, ottenere ciò che si vuole non è mai così facile.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2




L’avvocato rientrò un paio di minuti dopo, ricominciando a parlare dal punto esatto in cui si erano interrotti, portando i due uomini a sedersi ai rispettivi posti. Il moro scombussolato e Sebastian con un ghigno impercettibile in volto.

Per tutta l’ora successiva avevano continuato a parlare animatamente di varie faccende, alcune delicate ed altre meno. Sebastian restava impassibile a tutto ciò che gli veniva proposto, annuendo o mugugnando qualcosa, fregandosene di tutto ciò, perché il moro ad ogni tema che si affrontava sembrava incupirsi sempre di più e la sua determinazione scemare.

Il biondo aveva scoperto ciò che gli serviva, non aveva più bisogno d’interessarsi ulteriormente a quelle cose, di cui lui sicuramente non aveva di che farsene. Come Blaine, anche lui aveva preso la sua decisione e non sarebbe ritornato indietro, si era stufato di giocare.

Uscirono dall’ufficio e si diressero all’ascensore e Sebastian si ritrovò ad imprecare nel trovarlo pieno e non poter stare da solo con Blaine.

Quest’ultimo si mise dalla parte opposta alla sua e Sebastian capì che voleva evitarlo nel momento in cui si apri l’ascensore e questi percorse l’androne del palazzo quasi di corsa, scomparendo in strada tra la folla, prima ancora che potesse dire “Allora li prendo io i bambini a scuola.” Che poi, anche se doveva preoccuparsi di quel comportamento, non ci riusciva, continuando invece a sorridere tra sé e sé.

Guardò l’orologio notando come fosse tardi, era quasi l’ora di pranzo e da lì a poco Grant e Juliette uscivano da scuola.

Si diresse in macchina, aprì lo sportello e gettò la valigetta sul sedile posteriore, si allacciò la cintura mettendo in moto, per poi infilarsi nel traffico.
 
 

 
 


Parcheggiò fuori dall’edificio scolastico, nel solito punto e accese la radio per tenersi compagnia. Odiava dover aspettare, era una cosa che non gli era mai piaciuta ma per aiutare Blaine avrebbe fatto quello ed altro e soprattutto non avrebbe mai lasciato Juliette ad aspettarlo in strada; magari Grant sì, ma la piccola proprio no.

Con  lui le cose non andavano rose e fiori da tempo, fin da prima del divorzio. Grant diceva che era Sebastian a sbagliare, Blaine che erano entrambi orgogliosi, prima di lanciare un occhiataccia al marito; Juliette che erano tutti e due innamorati di papà e quindi erano gelosi l’uno dell’altro e Sebastian che erano semplicemente uguali e quindi due idioti e che, purtroppo, se Grant non fosse cambiato, sarebbe diventato esattamente Sebastian-adolescente-idiota.

Non che con gli anni fosse cambiato.

Però negli ultimi tempi il rapporto padre-figlio tra i due stava andando sempre più sgretolandosi. Ma purtroppo non solo con Sebastian, ma anche con Blaine, in maniera meno evidente. Grant era diventato irrispettoso, rispondeva male ai genitori e non voleva mai parlare, perlomeno con loro.

Avevano provato a chiedergli se fosse in disaccordo alla decisione dei due adulti ma lui come risposta dava sempre un “Devo andare” o

“Non m’importa niente, vi odio entrambi allo stesso modo” o “Quando finirete con questa farsa fatemi un fischio.”

Sebastian cacciò via quei pensieri, sostituendoli con ciò che avrebbero mangiato lui e i suoi figli per pranzo. Non aveva cucinato niente, il giorno prima aveva avuto un pranzo di lavoro e di sera mangiare era stato il suo ultimo pensiero.

Decise che avrebbero mangiato fuori o avrebbero comprato del cibo da asporto dove più i bambini preferivano.  Poi sentì bussare al finestrino della macchina, si girò per trovare fuori occhi azzurri a fissarlo. Sbuffò e tirò giù il finestrino, pronto a  dirgliene quattro.

“Tony, cosa vuoi ancora?”

“Capire cos’è successo stamattina!” rispose allegro lui, non facendo caso al tono annoiato e quasi arrabbiato di Sebastian. “Non ci siamo salutati e non ti sei presentato all’ufficio.”

“Non sono affari tuoi, adesso sparisci che i miei figli stanno per arrivare.”

“E’ andata male?” Chiese Tony, rattristato.

“Al contrario,” rispose prontamente Sebastian, ghignando al ricordo di ciò che lesse nelle iridi caramellate. “è andata benissimo.”

“Allora divorziate!”

Sebastian lo fulminò con lo sguardo e fortuna che a dividerli c’era lo sportello dalla macchina, la sua pigrizia e il fatto che lo reputasse un idiota, o sarebbe sceso e lo avrebbe volentieri preso a calci li stesso.

No, lui e Blaine non avrebbero divorziato.

“Sparisci.” Sibilò, disgustato da tutto quell’entusiasmo, alzando il finestrino. Ma Tony lo bloccò in tempo infilando una mano dentro l’abitacolo e portando Sebastian ad avere pietà di essa. “Che vuoi ancora?”

“Stai aspettando i tuoi figli? Posso conoscerli?”

Sebastian alzò un sopracciglio, disgustato ancora una volta. Poi, continuando a guardarlo negli occhi, alzò il finestrino, fregandosene che le sue mani  potessero venire schiacciate. Tony le ritirò immediatamente e unì la labbra in una smorfia dispiaciuta; poi iniziò a indicare un punto dietro la testa di Sebastian e questo si girò a guardare, vedendo Grant e Juliette avvicinarsi alla macchina con la manina.

“Va via!” Disse a voce alta, per farsi sentire da quell’idiota. Fortunatamente questi obbedì, dandogli le spalle e attraversando la strada mentre Sebastian tirava un sospiro di sollievo.

Mise in moto e abbassò la musica, sistemandosi meglio sul sedile. Grant aprì lo sportello dell’auto e salì di fianco a Sebastian, gettando la cartella a casaccio nel sedile posteriore.

“Ciao pà,” lo salutò allacciandosi la cintura di sicurezza.

Juliette salì nei sedili posteriori, in modo ordinato e si sedette al centro, sporgendosi nello spazio tra il sedile del guidatore e quello passeggiero.

“Ciao, papì!” Disse, mentre Sebastian si girava verso di lei per farsi dare un bel bacino sulla guancia.

“Ciao, principessa.” Rispose lui, tornando  composto e mettendo la prima. “Ciao anche a te, campione.”

Grant non rispose.

Sebastian entrò nella carreggiata, tamburellando con le dita sul volante. “Che avete fatto a scuola?”

“Niente di speciale, la maestra ha corretto i compiti e io ho preso ottimo! Ah e David e Lucy si sono dati un bacino.”

“Come se t’interessasse realmente.”

“Cosa, giovanotto?” Domandò Sebastian, alzando un sopracciglio a quell’accusa.

“Non t’importa niente di ciò che abbiamo fatto a scuola. Perché non ci dici tu cos’hai fatto oggi?”

“Se volevi sapere com’è andata dal’avvocato, potevi direttamente chiederlo. Senza accuse, giri di parole o fare scoppiare una lite.”

Grant girò la testa dall’altra parte. Era l’orgoglio a farlo reagire così e Sebastian lo sapeva fin troppo bene. Aveva preso da lui, infondo.
Gli poggiò una mano sulla gamba, per rassicurarlo, per dirgli che stava andando tutto bene, ma il ragazzo gliela scostò poco gentilmente e Sebastian si dovette trattenere per non sbottare e non irrigidirsi troppo.Continuando a tenere gli occhi sulla strada disse: “E’ andata.. bene e andrà bene. Non devi preoccuparti.”

“Certo, lo dici sempre. E nel frattempo noi facciamo un po’ qua e un po’ la perché tu sei troppo impegnato a correre dietro l’uomo sbagliato o a divertirti in qualche gay bar squallido!”

“Calmati.” Lo rimproverò Sebastian, cercando di riprendere in mano la situazione. Era pur sempre suo padre e maledizione a quell’idiota, aveva visto Tony. “Io non corro dietro nessun uomo.”

“Neanche dietro papà.” Sussurrò Grant, nella speranza di non farsi sentire. Ma anche se Sebastian capì benissimo quelle parole fece finta di niente, sentendo un peso sul cuore.

“Papà, posso dormire con te oggi pomeriggio?” S’intromise Juliette, nella speranza d’allentare la tensione tra padre e figlio.

“Certo, zucchero.” Rispose Sebastian, ammiccandole dallo specchietto retrovisore, vedendola arrossire un poco a quel gesto. Poi senza accorgere le parole gli sfuggirono dalla labbra, “Però prima devo cambiare le lenzuola.”

Quella mattina era uscito di casa di fretta e nello spronare Tony a muoversi, si era dimenticato di cambiarle.

“No-o, però! Io non le voglio le lenzuola nuove! Non profumano di te.” Si lamentò la piccola, abbracciando malamente il collo del padre. “Mi sei mancato tanto!”

Sebastian ridacchiò, per poi ritornare subito serio quando si ricordò che Blaine faceva esattamente così quando rientrava a casa dopo alcuni giorni passati fuori per lavoro. “Anche tu, principessa. Ma sono sporche e vanno lavate.”
Ma prima che Juliette potesse aprire la bocca per controbattere, fu un altro a parlare.

“Nel letto tuo e di papà. C’era da aspettarselo, sei il solito. E poi ti lamenti perché Blaine ti ha lasciato.”

“Grant non è-“

“Come penso? Vorresti dire che ho torto? Papà ha fatto bene, non lo meriti.”

“Grant, adesso stai esagerando. Io amo tuo padre.”

“Non lo dimostri.”

“E’-“

“Non dirmi che è complicato, papà. Perché non lo è! Non così tanto. Invece di andare incontro a papà e dimostrargli ciò che dici di provare, continui a scoparti chi ti capita prima. Sei un idiota!” Grant urlò quelle parole, tremante di rabbia.

“E tu sei in punizione!”

“E tu non sei mio padre, mi rifiuto di essere come te.”


L’unico motivo per cui Sebastian non si piantò a centro di strada per controllare se quelle iridi troppo simili ai suoi dicessero la verità o
meno, erano le macchine che frecciavano a tutta velocità in quella stessa strada. Camuffò un respiro profondo con uno sbuffo infastidito, cercando di far capire che quelle parole non ebbero nessun impatto su di lui, ma la verità era che si sentiva completamente sbagliato e un pessimo genitore; perché Grant non aveva ragione su tutto ciò che aveva detto, ma sulla maggior parte sì.

“Juliette dove vuoi andare a mangiare?” Chiese dopo un paio di minuti di silenzio, alzando lo sguardo sullo specchietto retrovisore. La bambina aveva il viso rigato dalle lacrime mentre piangeva silenziosamente. Le prese un braccio con una mano, facendola ancorare a sé.

“Hey, non piangere, va tutto bene.” Le sussurrò, baciandole delicatamente la fronte.

“Non volevo farvi litigare...” Rispose lei flebilmente.

“Non è colpa tua, nanetta.” Le sussurrò, lasciandole un altro bacio, questa volta sulla guancia però; sapendo come amasse quando la prendeva in giro. “Ti va se prendiamo un bel Happy Meal e pure il gelato?”

Juliette annuì, baciandolo sulla guancia, per poi asciugarsi il viso con la manica del giacchino.

“Grant, tu lo vuoi il gelato?”

“Non ho fame.”
 

 





Blaine era seduto sul divano in modo scomposto, i piedi sul tavolino, la schiena contro lo schienale, un pacco di patatine sul grembo e una birra per tre quarti piena in mano. Una smorfia inconsolabile sul volto.

Non beveva mai, tranne durante la cena o una serata con i colleghi di lavoro, forse era per questo che aveva quella bottiglia da quando era rientrato a casa, all’ora di pranzo. Ed erano le sei e mezza di pomeriggio.

Era salito a in macchina di corsa per evitare Sebastian, poi aveva guidato a velocità controllata fino ad arrivare a casa del fratello, si era fatto una doccia non sapendo bene se ciò che gli bagnasse il viso fosse solo acqua oppure ci fosse in mazzo anche qualche lacrima. Si era vestito, frizionato i capelli, acceso la tv, preso una birra dal frigo, le patatine dalla credenza e poi si era accasciato sul divano.

Non si era mosso, nemmeno di un centimetro. Aveva visto diversi programmi televisivi in tutto il pomeriggio, ma non ne ricordava nemmeno uno. Aveva passato il pomeriggio a rimuginare su tutto ciò che gli aveva detto l’avvocato, il “Ti amo” di Sebastian, il suo ghigno dopo avergli detto che non ricambiava il suo stesso sentimento.

Andava tutto male e lui era un idiota, non doveva rispondere e non doveva guardarlo negli occhi e soprattutto non doveva trovarli così irresistibili e belli da morire. Ogni volta era la stessa storia, più li guardava più sentiva un calore all’altezza del cuore, come la prima volta. Dio, era un adulto ma continuava a comportarsi come un ragazzino difronte a suo marito. Ex-marito, si corresse mentalmente.

Ma la verità era che non era colpa di Sebastian, cioè la maggior parte sì, ma era anche sua e l’amore che continuava a provare per lui. Nonostante cercasse di nasconderlo e continuasse a ripetersi che era finita, che non potevano tornare insieme.

Ma non era così semplice, non si fidava più di lui e il ricordo di Sebastian nel suo letto con un altro uomo gli faceva fin troppo male.
Ma perché lo aveva fatto? Perché aveva trasformato una semplice litigata, un po’ pesante, in qualcosa di così grosso?

Era stato fuori di casa per meno di una settimana e quando si era presentato alla porta con un mazzo di fiori e la faccia di uno che sta per
dire “ti prego, scusami e andiamo a fare l’amore nel letto,” voleva solo quello, prima di un tenero bacio di Sebastian e magari le scuse anche da parte sua per avergli urlato contro. Invece aveva bussato alla porta e nessuno aveva aperto, i bambini erano con Cooper e così decise di entrare, magari per fargli una sorpresa, aveva girato la chiave nella toppa, spalancato la porta e diretto in camera da letto, non ci fu nemmeno bisogno di aprire la porta visto che era aperta, così la vista di Sebastian  avvinghiato ad un altro lo colpì come uno schiaffo in pieno viso. Gli oggetti gli caddero dalle mani e i due uomini si accorsero di lui soltanto nel momento esatto i fiori toccarono terra. Uscì correndo via, inseguito da Sebastian ancora nudo.

 Blaine venne destato dai ricordi dal tintinnio di chiavi provenire dal pianerottolo e delle risate. Si portò la birra alla bocca sentendo la porta aprirsi, e ne bevve un sorso quando la sentì richiudersi e degli schiocchi di baci riempire la stanza.

Com’era bello essere felici con il proprio partner e avere sempre voglia di fare l’amore.

“Cooper, ma che fai?” Una risata divertita e lo schiocco di un bacio, “Rimettimi giù.”

“Va bene,” un altro bacio, “Però in camera da letto.”

Entrambi i due amanti scoppiarono a ridere e Blaine sorrise amaro mentre Cooper prendeva a camminare diretto in camera da letto.

“Aspetta, torna indietro.” Disse Elizabeth e Cooper obbedì,  facendo qualche passo indietro per fermarsi davanti al salone dove era Blaine.

“Ciao,” salutò quest’ultimo, rivolgendogli un sorriso appena accennato.

“Tutto bene?” Chiese la ragazza, stringendosi all’uomo per non cadere.

“Si, sta bene. Adesso però andiamo. Ciao Blaine.” Intervenne Cooper, ma al posto di dirigersi in camera da letto restò lì, conscio di come sarebbe andata a finire.

“No, aspetta,” Elizabeth lo baciò sulle labbra, per poi fargli capire di voler scendere e lui la lasciò andare, alzando gli occhi al cielo. “Va tutto bene?”

“Si,” Rispose lui, sedendosi composto sul divano e scendendo i piedi. “Continuate pure, io sto bene.”

Lei lo guardò per un attimo, poi guardò il suo ragazzo per poi riguardare Blaine. Si avvicinò a quest’ultimo e si sedette accanto a lui, prendendogli una mano per stringerla forte tra le proprie. Cooper fece un giro su se stesso, imprecando a bassa voce, poi si avvicinò a loro. Si sedette accanto alla compagna, passandole un braccio sulle spalle.

Blaine distolse lo sguardo da quei due occhi azzurri che sembravano guardarlo dentro, restarono in silenzio per qualche secondo, fin quando El non iniziò a parlare.

“Blaine… vuoi dirci ch’è successo?” Lui si sentì come Grant quando cercava di farlo aprire con lui, stesso tono gentile e un po’ allarmato, e la cosa non gli piacque molto. “Puoi sfogarti con noi, è successo qualcosa con l’avvocato?”

“No, non sono un bambino.”

“Lo sappiamo, Blainey. Ma noi avremmo dell’altro da fare e non abbiamo tempo da perdere con te, quindi sputa il rospo.” Intervenne Cooper, beccandosi due occhiatacce da parte degli altri due. “Ok, però parla.”

“Sei molto incoraggiante, Cooper.” Ribatté con ironia Blaine.

“Ho capito, me ne vado.” Rispose il fratello maggiore, alzandosi in piedi e dirigendosi verso la cucina. Poi proprio sulla soglia si voltò verso Blaine e guardandolo negli occhi disse: “Questa storia non può più andare avanti così.

Poi uscì dalla stanza e Blaine ed Elizabeth si scambiarono uno sguardo eloquente, Cooper lo aveva appena minacciato. Il moro si portò una mano alla fronte e chiuse gli occhi, respirando profondamente; Chissà cos’avrebbe combinato suo fratello.

“Blaine?” La voce calma e dolce della ragazza lo costrinse ad aprire gli occhi, per vederla chinata su di lui. “Vuoi raccontarmi?”

Blaine annuì piano, ma restò per un attimo in silenzio a raccogliere le idee.

Elizabeth non era soltanto la fidanzata di suo fratello, era anche un amica fidata con cui si conoscevano fin da quando si era trasferito a New York e frequentava la NYADA. Si volevano bene e faceva parte al cento per cento della famiglia Anderson ed Anderson-Smythe, anche se ancora non sposata con Cooper. Per Grant e Juliette era più che una zia, era un’amica, una psicologa e una madre persino; non che ne avessero bisogno, ma era quella figura femminile di cui tutti avevano bisogno, persino Blaine e talvolta Sebastian. Per loro era più come una sorella anche se quest’ultimo non l’avrebbe mai ammesso. Tentare di nasconderle qualcosa era come tentare di far diventare Blaine orripilante agli occhi di Sebastian: Impossibile.

Lei sapeva ogni segreto di Blaine e lo consigliava nel modo migliore possibile, anche se a volte i suoi consigli facevano male.

“Oggi siamo stati dall’avvocato.” Esordì Blaine, “E non è andata come pensavo.”

“In che senso?” Chiese lei, avvicinandosi ancora di più a lui.

“L’avvocato ha detto che… beh la custodia dei bambini molto probabilmente andrà per paternità, quindi Juliette con me e Grant con Sebastian; e il giudice potrebbe non prendere ulteriori provvedimenti, così non avrei nessun obbligo a vedere Grant e Sebastian a vedere la piccola.”

Elizabeth si limitò ad annuire, assimilando ciò che le veniva detto.

“E dovremmo essere io e Sebastian a prendere una decisione in merito. Solo che... lui non vuole far separare Grant e Juliette e come al solito abbiamo litigato..” Blaine lasciò la frase in sospeso, la voce sempre più flebile.

“E tu vorresti farli crescere separati?” Il tono  della donna non era accusatorio, ma Blaine si sentì comunque ferito e oltraggiato da quella domanda.

“Certo che no!” Rispose subito, allontanandosi da lei. “Non vorrei mai una cosa del genere! Ma… ma sarà il giudice a deciderlo e non potremo farci niente. Che poi.. insomma, l’avvocato ha detto che io e Sebastian potremo fare un accordo tra di noi per poter stare con i figli, è legale.”

Lei sbatté le palpebre un paio di volte, poi alzò le sopracciglia e disse: “Allora qual è il problema?”

“Il problema è-“ Blaine s’interruppe da solo, non sapendo come dar voce a ciò che lo turbava. Elizabeth si riavvicinò a lui e gli prese una mano, intrecciando le dita.

“Il problema è che lo amo.” Disse con un fil di voce, sentendo gli occhi pizzicare. “L’avvocato ci ha lasciati da soli cinque minuti e lui si è avvicinato.”

Elizabeth si poggiò con la schiena al divano, poi tirò Blaine, facendolo accoccolare contro il suo petto, “Ti ha baciato?”

Blaine tirò su col naso, cercando di non lasciarsi andare. “No,” balbettò contro la maglia scura della ragazza, “No, ma avrei voluto.”
“Non è una cosa brutta essere innamorati del proprio marito.”

“Si, ma noi stiamo divorziando.” Disse, stringendola bisognoso. “Vorrei solo non sentirmi così impotente quando c’è lui, vorrei essere più forte e non come Grant alla sua prima cotta.”

Elizabeth ridacchiò al paragone con il nipote e passò una mano tra i riccioli liberi dal gel dell’uomo.
Poi tornò subito seria e anche se Blaine non poteva vederlo, gli rivolse un sorriso.

“Non dovete divorziare, se non lo vuoi.”

“Lo sai, ne abbiamo già parlato.” Rispose lui, scuotendo la testa. “Andrò avanti in questa storia.”











Don't worry, be happy !
Sappiamo tutti che Blaine non è poi così determinato come crede. 

Il prossimo capitolo sarà meno Angost, promesso :3

"Calmati" Non me la sento di commentare e dire cosa mi ha ricordato, proprio no ç_ç 

Grazie a tutti per aver letto, recensito e messo la long nelle preferite\ricordate\seguite ecc.. nel capitolo precedente! Awww vi adoro <3

Un bacione e a Giovedì !

Keros_ 




P.s. Ninnicicci grazie e I LOVE YOU. 
   
 
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