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Autore: Svetli97    21/03/2013    4 recensioni
Il mio era un amore malato, fin troppo.
Sarai mio per sempre, più o meno.
Genere: Horror, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Occhi
   
Quel pomeriggio mi recai come sempre al parco, aumentai il passo, non vedevo l'ora di poter vedere la sua faccia rilassata, che forse sarebbe stata meno felice del solito, anche se ne dubitavo fortemente.

Camminavo in modo svelto pensando brevemente a cosa gli avrei detto quando sarei giunta a destinazione, come un piccolo riassunto, che si schematizzò nella mia mente. Ma no, purtroppo non c'era spazio per le idee, la mia testa era satura del suo splendido sorriso.
Mi riscaldavo le mani nella mia felpa verde scuro; amavo indossarla nei pomeriggi ancora miti di Ottobre.


'Slipknot - Dead Memories'

Ascoltai ogni nota, ogni assolo di chitarra e, come tuffata nei ricordi, guardavo distratta le mattonelle del marciapiede.
Ero arrivata.
Attraversai l'erba alta, osservai le finestre aperte dei palazzi e i fiori appassiti sui balconi.
Mi stesi sullo scivolo di quel parco nascosto tra le abitazioni dei bagnanti e gli ambulatori dei vari grandi nomi della medicina.

Aspettai, il batticuore era tanto forte che mi dava un fastidioso peso morto sullo sterno, le meningi sembravano esplodermi. L'ansia fece uscire anche una timida lacrima dall'occhio destro, mi asciugai spazientita la guancia. La rabbia, il dolore , e il sentimento che in qualche modo avrei dovuto reprimere mi facevano viaggiare con la testa; osservai il sole che faceva capolino dietro al grande platano e chiusi gli occhi.

Una mano mi sfiorò la spalla, come per farmi segno di presenza. Aprii quasi spaventata gli occhi, un bellissimo ragazzo stava al mio lato, in piedi.
Era il mio.

' Ascolta, sarò molto rapido, lo so che sono stato uno stronzo ma...vedi, il mio non è mai stato vero amore, un po' mi piacevi, sì, ma un po' la compassione...ecco'

Mi misi a fissare delle foglie per terra, travolte dal pieno autunno, giacevano morte, il loro colore era quello dell'ambra. Accanto a me stava David, aveva uno sguardo indifferente e un viso assai rilassato mentre intanto ricomponeva le sue cuffie che si erano spiacevolmente annodate.

Cercai in tutti i modi di esprimergli le mie emozioni: con i piccoli gesti, con le espressioni che caratterizzavano il mio volto, e così, silenziosamente e in modo incoerente, presi la mia borsa e le mie cuffie, me ne andai. Lui mi guardava immobile, fissato nella confusione dei miei gesti e incatenato dall'orgoglio che sembrava stare poco per uscirgli dalle orbite. Avrei voluto tanto ritornare correndo davanti a lui e dirgliene quattro, ma sapevo che questo non sarebbe bastato per soddisfarmi a pieno e placare il mio amore malato, quindi proseguii. Avrei preso il primo treno e mi sarei diretta a casa, con me, ancora il mio piccolo contenitore nero che mi trascinavo dietro già da 200 metri, stupendo. I miei occhi presero a lacrimare istancabilmente; facevano così tanto rumore i miei singhiozzi che la gente che mi passava vicino mi guardava come fossi una disadattata mentale.

Al diavolo la pietà della gente, mi ha sempre fatto schifo, non c'è niente di più falso ed egoista: ti dicono "tranquilla, passa tutto" e non si curano che dentro di te, è tutto implacabilmente morto e voglioso di rabbia. Ti verrebbe di fare a pugni contro le loro parole, ma solo in un modo puoi decretare la tua vittoria: l'appagante indifferenza e l'irrefrenabile vendetta che io, tra l'altro, avevo già attuato.
Dopo 15 minuti tra treno e camminata ero già a casa; depositai con delicatezza tutte le cose sul marmo della cucina, cenai in piedi e andai a letto, ero da sola, mamma era partita da poco per Roma.
La mattina successiva mi alzai puntuale alle sei e mezza, affamata, e mi diressi verso la cucina, accesi la fioca luce e aprii il frigorifero.


Ah, l'amore.
Le sue cornee azzurre giacevano li, su quel pezzetto di nylon nero che avevo rubato dallo scaffale, con un po' di sangue che era rimasto attaccato, erano bellissimi ed io ne ero innamorata, un amore malato, un amore ossesso, il mio.

La prossima volta impari a guardarmi con indifferenza e dirmi che ti faccio pena, stronzo!

  
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