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Autore: Macaron    22/03/2013    9 recensioni
“ Sher… cos’è?” Si sente un po’ a disagio a chiederglielo, non vorrebbe nemmeno offenderlo ma non ha alternative.
“ E’ la tua colazione. Tu la mattina preferisci sempre uova e pancetta. Queste sono le uova.”
“ Non sembrano uova. Non sembrano nulla di conosciuto, e sicuramente non sembrano uova.”
“ John, davvero ti aspettavi che preparassi due uova all’occhio di bue? Con chi credi di convivere? Le uova all’occhio di bue sono noiose e prevedibili. Queste sono uova cucinate con la tecnica della gastronomia molecolare.”
“ Gastronomia molecolare?” Di cosa sta parlando? Possibile che anche la colazione diventi assurda con quell’uomo?

Di influenze improvvise, coinquilini che s'improvvisano chef di gastronomia molecolare, vecchie puntate di Doctor who e prendersi cura l'uno dell'altro. O almeno provarci.
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Caring is an advantage'
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Otto e mezzo del mattino. Sherlock rientra in casa, è uscito presto quella mattina per controllare un alibi, e rimane qualche attimo in attesa, sulla porta. Le tende non sono state tirate, due tazze di tè, preparato evidentemente da Mrs. Hudson come ogni mattina, sono a raffreddarsi sul tavolo. Non ci sono post-it minacciosi riguardo alle dita umane nel porta uovo. Conclusione: John non si è alzato per andare al lavoro quella mattina. Ora generalmente Sherlock non ci troverebbe nulla di male, per la maggior parte del tempo si stupisce del fatto che John continui a dedicarsi a quei pazienti affetti da morbillo e raffreddori invece di dedicarsi ai suoi casi nettamente più interessanti, ma la sera prima il dottore si è dilungato in noiose spiegazioni riguardo a un certo convegno. Lui non ha ascoltato, noioso, ma l’informazione gli si è incollata addosso, suo malgrado. Come ogni cosa che riguarda John. Quindi che John non si sia alzato è quantomeno sospetto e degno di attenzioni. Non delle stesse attenzioni di un triplo omicidio ma almeno al pari di un rapimento. O di una violenza domestica.

“ John? Per una persona con problemi d’insonnia stai dormendo da davvero tante ore.”

Sente il letto cigolare. Sente i passi del dottore sul pavimento, piedi nudi e nessun segno di zoppia, e poi la porta della camera di Sherlock si apre. John è in piedi davanti a lui con una vecchia maglietta dei Beatles e i pantaloni del pigiama, prima o poi dovrà pensare a un esperimento che implichi la distruzione del guardaroba di John, ed ha un aspetto orribile.

“ John?”

“ Febbre” risponde il suo coinquilino laconico.

“ Hai un aspetto orribile” Probabilmente ci sarebbero frasi più adatte da dire in questo caso, ma se Sherlock le conoscesse non sarebbe Sherlock.

“ Febbre. “

Dovrebbe chiedergli se può fare qualcosa per lui? Andiamo nessuno potrebbe aspettarsi qualcosa di simile, soprattutto qualcuno che lo conosce così bene. John ha un’espressione così avvilita che per qualche momento Sherlock si chiede se non possa fare un’eccezione, non possa provare a far finta che i sentimenti siano un po’ anche il suo campo.

“ Stai male?” Forse constatare l’ovvio certe volte può essere un valido compromesso.

John sorride, non è abituato a frasi del genere, a simili ovvietà da parte di Sherlock e probabilmente c’è una parte di lui a cui piace non essere sempre quello meno intelligente. “ Febbre. Brividi. Stomaco sottosopra. Mal di testa. I normali sintomi dell’influenza, in ambulatorio negli ultimi giorni avrò visitato almeno venti persone che li accusavano. “

“ Se smettessi di andare in ambulatorio e ti dedicassi unicamente a farmi da assistente come ti ho sempre suggerito non ti saresti ammalato…”

“ Avevo fatto il vaccino e se non continuassi ad andare in ambulatorio nessuno pagherebbe le bollette quando i casi che ti arrivano dal sito ti annoiano e…” Tutto come al solito. “ Maledizione perché finisco ogni volta a iniziare surreali discussioni con te? “

“ Perché quando non discuti con me ti annoi.”

John sa benissimo che è vero, ma non è il caso di dargliela vinta anche questa volta. E’ già abbastanza sicuro di sé stesso. Sente il corpo tremare di nuovo per i brividi, probabilmente girare per la casa a piedi nudi non è stata una scelta vincente ma Sherlock l’ha chiamato e lui si è alzato quasi in trance, senza pensare a nulla. Come sempre. Maledizione a lui.

“ Sherlock ho semplicemente l’influenza, non morirò. Vado a letto e tu puoi anche far finta che io non esista, e quando potrò esserti di nuovo utile ricomparirò in soggiorno.”

John chiude la porta della stanza e Sherlock rimane lì appoggiato sullo stipite fino a quando sente il suo respiro farsi più pesante.

 

 

 

Si sveglia dopo un tempo indefinito. Potrebbero essere ore, potrebbero essere minuti. Il letto è umido, segno che nel sonno ha sudato e si è agitato e chissà se la febbre si è alzata. Ha male dappertutto e si sente profondamente stupido. John è un dottore ed era un soldato. E’ abituato al dolore fisico. Gli hanno puntato la pistola alla tempia diverse volte negli anni di vita che ha diviso con Sherlock Holmes, e le occasioni in cui è stato rapito non si possono più contare sulle dita della mano. Quando gli hanno sparato in guerra l’infermiere che l’ha assistito lo ha descritto come coraggioso e a John è piaciuto pensare a se stesso in quel modo, almeno ogni tanto. Eppure adesso è a letto, messo ko da una banale influenza. Sbuffa ricordandosi di quando sua madre lo accudiva da bambino e ridendo gli diceva che gli uomini sono tutti così, che appena vedono la lineetta di mercurio superare i 37 gradi si credono in punto di morte. Probabilmente è un po’ così anche lui. E mentre lo pensa sente la mancanza di quei momenti, quelli in cui stavi male, in cui magari ti trovavi a vomitare fino a sentire la gola bruciare e c’era qualcuno che ti teneva la testa, ti accarezzava i capelli e ti diceva “ Non preoccuparti, è solo influenza”. Forse è quello il motivo per cui non ha il coraggio di smettere di andare in ambulatorio, non  per i soldi, non  unicamente per i soldi. E’ che gli piace essere la persona che ti dice “ Non preoccuparti, è solo influenza”. E per tutto il resto, per tutte le altre persone che gli piacerebbe essere, quelle coraggiose che non urlano quando gli sparano, c’è la vita con Sherlock Holmes.

 

 

 

 

Quando si sveglia di nuovo è ormai pomeriggio inoltrato. La febbre è scesa, come spesso succede, e John si trova ad ammettere di avere una certa fame. Uno dei primi sintomi dell’influenza è la mancanza di appetito ma John pensa di esserne immune. Potrebbe mangiare in qualsiasi situazione. Ha mangiato quando si è svegliato dall’operazione in Afghanistan, e ha chiesto ad Harry di aiutarlo a preparare i pancakes la domenica mattina in cui suo padre se n’è andato di casa. Ha mangiato durante gli appostamenti e ha sbocconcellato panini su scene del crimine con il suo coinquilino impegnato a lanciargli occhiate di disappunto. L’unica volta in cui non ha mangiato è stato dopo la caduta. Quella volta non ha mangiato per due giorni interi limitandosi a rifiutare tutti gli inviti della signora Hudson con un finto sorriso di circostanza. E’ stata l’unica volta in cui non ha sentito l’appetito, dopo la caduta, quasi a simboleggiare che dopo la morte di Sherlock ogni parte del suo corpo fosse impossibilitata a sentire ogni cosa. Fame, sete, paura, emozioni. Nulla.

Però quei giorni sono passati e quando John Watson si sveglia ha di nuovo un po’ di appetito e, nonostante la testa gli pulsi così tanto da farlo impazzire, prova tirarsi a sedere e progetta di andare in cucina a prendere qualcosa. Sempre che nel frigorifero ci sia ancora qualcosa di commestibile, qualcosa che non siano resti umani. Un po’ di prosciutto magari, dei pomodori, qualcosa di fresco e leggero non gli dispiacerebbe.

Apre la porta della stanza di Sherlock, prima o poi dovrà decidersi a chiamarla la loro stanza ma sicuramente oggi non è quel giorno, e si trascina in cucina. Sherlock è in piedi dietro al tavolo con gli occhiali protettivi, i guanti e un disordine eccessivo perfino per Baker Street che lo circonda.

Sospira. La testa gli scoppia e notare che nelle poche ore di sonno il suo coinquilino preferito non ha perso l’occasione di cercare di distruggere il loro appartamento non aiuta.

“ Sherlock cosa diavolo stai facendo? Ti riesce così difficile non far esplodere la cucina mentre provo a dormire? Non c’è qualche contratto dei coinquilini a cui posso appigliarmi?”

Sherlock non si degna nemmeno di alzare lo sguardo dal tavolo o di togliersi gli occhiali, come se non esistesse.

“ Mi ascolti?  Cosa stai cercando di fare alla cucina?”

“ John, sei in piedi. Non dovresti essere in piedi. Perché sei in cucina? Dovresti essere a letto, e se questo te lo devo dire io che non sono un medico vuol dire che non sei così bravo nella tua professione.”

Se John si aspettava una piccola dose di gentilezza o almeno una diminuzione del sarcasmo giusto perché è malato stava facendo dei sogni ad occhi aperti evidentemente.

“ Dovremmo seriamente risolvere questa tua strana patologia che ti porta a non rispondere mai a una dannatissima domanda che ti faccio. Mi sono svegliato e avevo fame. Tu cosa stavi facendo?” Se non gli risponde nemmeno questa volta potrebbe pensare di farla esplodere lui la cucina.

“ Ti stavo preparando la colazione. Non avevi fatto colazione e tu non salti mai la colazione. Salti il pranzo quando hai troppi pazienti, perché non vuoi essere costretto a finire il turno in ritardo e rischiare di perderti qualcosa d’interessante a casa. Salti la cena quando durante un appostamento mi lancio fuori dal ristorante thailandese. Ogni tanto rifiuti i biscotti al burro della nostra padrona di casa se a pranzo hai esagerato. Ma non salti mai la colazione.”

Vivere con Sherlock è questo. Passa due ore a riempirti di frasi sarcastiche, non si accorge nemmeno di quando sei a casa, a volte non ti parla per giorni e poi ti dice una frase come questa e nella sua voce c’è una certa morbidezza. E ti ritrovi a dimenticarti di tutte le volte che ha fatto esplodere la cucina e a concentrarti solo su quei momenti in cui ha fatto esplodere la cucina per prepararti la colazione. Se John non stesse così male in quel momento avrebbe voglia di correre per la stanza, così senza motivo. Solo perché è felice. E poi lo abbraccerebbe. E lo trascinerebbe sul divano a fare l’amore e al diavolo la colazione.

“ Siediti, è pronto.”

John cerca a fatica di liberare il tavolo dalle provette, chiedendosi se davvero un cibo preparato in quella stanza possa essere commestibile.

Sherlock appoggia davanti a lui un piatto con qualcosa. Perché insomma quel piatto non è vuoto, c’è sicuramente qualcosa dentro. Solo che John non saprebbe definire cosa. E’ giallo chiaro, e sembra un po’ gommoso e un po’ spugnoso. Ed ha una forma tipo di un pentagono o di una stella. Forse più di una stella, usando molta fantasia. Davvero molta fantasia. John fissa il suo piatto con un certo terrore.

“ Sher… cos’è?”  Si sente un po’ a disagio a chiederglielo, non vorrebbe nemmeno offenderlo ma non ha alternative.

“ E’ la tua colazione. Tu la mattina preferisci sempre uova e pancetta. Queste sono le uova.”

“ Non sembrano uova. Non sembrano nulla di conosciuto, e sicuramente non sembrano uova.”

“ John, davvero ti aspettavi che preparassi due uova all’occhio di bue? Con chi credi di convivere? Le uova all’occhio di bue sono noiose e prevedibili. Queste sono uova cucinate con la tecnica della gastronomia molecolare.”

“ Gastronomia molecolare?” Di cosa sta parlando? Possibile che anche la colazione diventi assurda con quell’uomo?

“ Gastronomia molecolare, John, sì. Non pensavo potesse succedere ma a quanto pare la febbre ti rallenta.” Alza gli occhi al cielo, come se stesse parlando con Anderson. “ Sono uova che vengono denaturate e poi coagulate con l’uso di alcool etilico. Questo permette di ottenere un risultato simile a quello che si avrebbe con la cottura senza perdere l’aroma dell’uovo crudo. Si cambia la struttura conservando l’essenza del prodotto stesso. Gastronomia molecolare. Per una persona che mangia così tanto non sei proprio aggiornato, sai?”

In quei momenti John si chiede se sia possibile ascoltare Sherlock Holmes parlare e non innamorarsi di lui. E’ qualcosa che va oltre alla naturale bellezza di Sherlock, che va oltre ai suoi zigomi così pronunciati, che va oltre ai suoi occhi di ghiaccio che fanno tremare le gambe a Molly. Quando Sherlock inizia a parlare di qualcosa, di qualcosa che lo appassiona, che sia questo un nuovo esperimento, un serial killer, o anche un tuorlo d’uovo coagulato, è come se i suoi occhi smettessero di essere di ghiaccio e avessero una luce speciale. Brillano e a John sembra che tutto il mondo si racchiuda dentro di loro.

In quei momenti John si chiede come ha fatto a vivere senza un tuorlo d’uovo denaturato. E senza quell’uomo.

“ Sherlock sono atroci.” A quanto pare è sopravvissuto senza quell’uomo perché prima di allora un piatto di uova non ha mai cercato di ucciderlo. Sono disgustose. Non è tanto la consistenza, anche se ricorda quella dell’albume quando viene lasciato nella padella per un giorno intero, ma è il sapore che è terrificante. Alcool allo stato puro. E uova andate a male. Ma più alcool.1

“ Sono terribili” Ribadisce “ Terribili. Sono alcool allo stato puro, penso che potresti consigliare a Mycroft di usarle in tutte quelle strane cose di spie. Non le hai assaggiate?”

“ Ti pare che io possa mangiare delle uova a colazione? Mi hai mai osservato? Le ho preparate e poi mi sono annoiato. Devo aver ignorato qualche passaggio perché l’ho ritenuto poco significativo. Però sono a forma di stella, a te piacciono le stelle. Ho usato un tagliapasta della nostra padrona di casa. Ed è stato abbastanza umiliante chiederglielo, accontentati ”

Eccolo di nuovo. Ti sta per avvelenare con delle uova imbottite di alcool e poi scopri che le ha fatte a forma di stella perché a te piacciono le stelle. Probabilmente ricordano un pentagono perché le stelle lo annoiano e non le ha mai disegnate da bambino. A John sembra che la testa non faccia poi così male.

“ E il bacon?”

“ Non ho trovato ricette di bacon casalingo e davvero non puoi aspettarti che io perda tempo in attività noiose come la spesa. Ho preparato della bresaola di tacchino. E’ in frigo a perdere i liquidi. Vicino ai campioni di urina. Sarà pronta fra una decina di giorni. La bresaola. L’urina è già pronta in teoria. 2

John rimane a giochicchiare per qualche istante con quelle simil stelle di uova tossiche e poi non resiste più. “ Sherlock, chi è che servirebbe a una persona con l’influenza uova e pancetta? Formaggio molle, prosciutto, qualche verdura. Volendo una pasta in bianco, ma uova e pancetta?”

“ Noioso”

E ci sono le risate. Ci sono i loro momenti. Quelli in cui dimentichi anche la febbre e rimani semplicemente a ridere perché va bene così.

“ C’è anche del gelato comunque, nel frigorifero. Limone e fragola.”

“ Ti prego dimmi che non l’hai preparato con l’azoto liquido?”

Sorride. “ Mrs. Hudson è andato a comprarlo per me.”

Risate.

 

 

 

 

“ John quando ho accettato di vedere qualcosa alla televisione  con te non pensavo di dover ribadire che le puntate di Doctor Who erano escluse”

“ Ti sei offerto tu!”

“ Non mi sono offerto, me l’hai evidentemente estorto lamentando un aumento della tua temperatura corporea che t’impediva di dormire. Devi ancora fornirmi un collegamento sensato tra la visione di un qualche programma spazzatura e la diminuzione della febbre.”

“ Non è un programma spazzatura, è Doctor who. E io ho la febbre!”

“ E me n’ero accorto già la decima volta che l’hai detto questo pomeriggio. E poi è sempre la stessa puntata. E non ha mai senso.”

“ Silence in the library è la miglior puntata di sempre.”

“ E non ha senso! Intanto è ambientata in una biblioteca, come dice anche il titolo, e la biblioteca in questione nemmeno esiste. Poi ci sono degli archeologi che ti fanno sembrare credibile quello che fa Indiana Jones e girano con una tuta spaziale che è il tipico abbigliamento da archeologo. E la ricciolona? Davvero dovrebbe essere credibile in qualsiasi ruolo? E perché ha la pistola di Jack, e soprattutto perché io mi ricordo ancora della pistola di Jack? Quante volte mi hai fatto vedere questa cosa?. Non ha senso. Nulla di questa puntata ha senso. Come me lo spieghi, John?”

“ Wibbly wobbly timey wimey... stuff?”3

“ Quand’è che ti passa l’influenza?”

 

 

 

John sta avendo un incubo. E’ la prima notte che passano separati da mesi e John sta avendo un incubo. Se Sherlock avesse bisogno di una qualche conferma di quanto la sua presenza sia fondamentale per il suo dottore quella è sicuramente una bella dimostrazione. Eppure non ha voglia di esultare, non quando si tratta di John, mai quando si tratta di John.

Si avvicina al suo letto, gli passa piano una mano sulla fronte. La febbre è evidentemente aumentata e se si trattasse di lui a stare male probabilmente John saprebbe cosa fare. Sherlock è quasi tentato di svegliare John per chiedergli cosa può fare per aiutare John a far scendere la febbre, a far passare gli incubi.

Sherlock Holmes non è una persona sentimentale. Tra le tante parole che potrebbero descriverlo sicuramente sentimentale non è una di quelle, eppure mentre accarezza piano la fronte del suo coinquilino si rende conto di non aver mai pensato che potesse ammalarsi. E’ riuscito a lanciarsi da un palazzo e a tornare dal regno dei morti ma non sa cosa fare davanti al suo migliore amico con l’influenza. Razionalmente, e Sherlock Holmes in quello, nell’essere razionale è bravo, sa benissimo che John non sta morendo, che è semplicemente l’influenza e che con l’influenza la febbre spesso sale durante la notte e che deve solo aspettare qualche ora perché l’antipiretico faccia effetto che in ogni caso anche se non succedesse John starebbe comunque meglio nel giro di un paio di giorni. Sherlock Holmes sa benissimo queste cose eppure mentre sente la pelle del suo migliore amico scottare sotto le sue dita non sa comunque cosa fare. Non ha mai pensato che John potesse ammalarsi, nemmeno d’influenza. Lui è lì. Lui è sempre stato lì, anche nei giorni in cui l’ha volutamente ignorato, anche nei mesi in cui non gli ha potuto parlare per cause di forza maggiore. John è sempre stato lì. Nei tre anni che hanno passato distanti Sherlock ha accettato l’ipotesi di poter tornare alla sua vita di tutti i giorni e scoprire che John è andato avanti, scoprire che è arrabbiato, scoprire anche che ha smesso di star male per lui e che non fa più parte della sua vita. Sherlock era preparato a questo e non lo spaventava, ma adesso l’idea che John possa semplicemente non esserci lo atterrisce. John non può ammalarsi. John non può non esserci. Non è un’ipotesi contemplabile.

Si sdraia vicino a lui anche se John è sudato, e ha troppe coperte e Sherlock non sopporta tutto quel caldo. Per stasera va bene così. Perché stasera John ha gli incubi eppure gli sembra di essere lui quello che sta combattendo qualcosa, quello che ha paura. Il contatto con la pelle del dottore è piacevole, nonostante l’eccessivo calore, così rimane sdraiato schiena contro schiena e ascolta il suo miglior amico calmarsi quasi come se la sua presenza fosse davvero una medicina.

“ Non morire mai” Gli sussurra piano, sicuro che John non possa sentirlo. Non vuole che lo senta, quella non è una dichiarazione, non è nemmeno l’ammissione di una debolezza. Solamente sente il bisogno di dirlo.

 

 

 

“ Mi racconti qualcosa?”

“ John, dovrei registrarmi tutte queste nostre conversazioni perché la prima volta che mi accuserai di essere un bambino capriccioso te le farò riascoltare. Forse dovrei addirittura fare un esperimento sulla correlazione tra febbre e regressione alla fase infantile della vita. Tu saresti la prova definitiva.”

“ Mi annoio.”

“ Mi fai anche il verso adesso?”

“ Mi annoio e io ti ho raccontato una storia in passato.”

“ Ah già la tua bellissima storia d’amore su una tizia morta e un tizio che perde il suo amore per sempre. Deliziosa. Ricordami di farti fare il mio elogio funebre, sono sicuro che diresti parole meravigliose.”4

“ L’ho già fatto il tuo elogio funebre. E non mi sono dilungato a raccontare che stronzo totalmente privo di sensibilità fossi. Lo sapevano già.”

“ Allora, dicevamo a proposito del raccontarti qualcosa… Potrei parlarti del mio primo vero caso, perché quello di Carl Powers non conta davvero. Era il periodo dell’università e c’era questo mio compagno, Victor Trevor, forse l’unico amico che ho avuto prima del teschio, che mi aveva invitato nella residenza di famiglia…”

John si è già addormentato.

 

 

 

 

“ Sembra che la febbre ti sia passata.” Sherlock gli sorride quando lo vede comparire per la prima volta in salotto dopo un paio di giorni. John ha ancora un colorito non proprio sano ma il suo aspetto è evidentemente migliorato. In compenso quella maglietta dei Beatles ha davvero visto giorni migliori.

“ Te l’avevo detto che bisognava solo farle fare il suo corso. Anche se sono convinto che le uova ubriache abbiano rallentato la mia guarigione di almeno dodici ore.”

“ Hai ricominciato a fare le battute, e continuano a non far ridere. Ora non potrai più dare la colpa all’influenza.”

Per qualche minuto nessuno dice niente. Poi John gli sorride, uno dei suoi sorrisi aperti, quelli che regala solo a lui.

“ Grazie. Mi hai salvato la vita”

“ Era solo un’influenza, John. E non sono nemmeno andato a comprarti le medicine, ho mandato Mrs. Hudson”

“ Non parlavo di questa volta.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Solito pippone e blablabla: Io avevo questa fissa di invertire i ruoli e di provare a scrivere di Sherlock che si prende cura di John e tutto il resto ma a quanto pare nella mia testa sembrava più semplice. Soprattutto perché Sherlock non è che sia proprio Mister Attenzioni e coccolosità nella realtà e quindi mi rendo conto di aver perso un po’ il personaggio per strada ma ho cercato di limitare il diabete e spero di esserci riuscita almeno un pochino =) E poi mica lo farebbe per tutti, solo per John. E solo ogni tanto =) E sì confesso che sognavo di scrivere di Sherlock-chef molecolare da millemila anni, secondo me sarebbe bravissimo in una realtà parallela grazie alle capacità deduttive e alle sue doti nell’ambito chimico. Potrebbe essere il Ferran Adria dell’Inghilterra ma questi sono deliri miei. Insomma grazie a chi ha letto e tutto il resto =)

Il titolo viene da Pyramid Song dei Radiohead.

 

 

1 Le uova coagulate si fanno davvero con l’acool etilico, seguendo i dettami della gastronomia molecolare. Si versa dell’alcool a 95° sulle uova crude e poi si lavorano. Le dosi sono davvero ridotte, giusto quello che basta per far iniziare la coagulazione, e poi vanno lavate con estrema cura. Non è che siano questo spettacolo, magari se le cucina Bottura lo sono pure le mie erano giusto decenti, ma quelle che mangia John ovviamente risentono di dosi di alcool eccessive e di un lavaggio non proprio accurato.

2 Presumo che la pancetta in casa si possa fare. I parenti della mia dolce metà la preparano in Calabria ma fanno tutto in casa quindi mi sa che è un po’ complicato e non mi convince. Invece la bresaola in casa si può fare con il petto di tacchino. Viene anche buonina, se si azzecca il giusto dosaggio di spezie ed erbette. Tanto per Sherlock non pensavo ci fosse differenza.

3 Citazione di Doctor Who, che non ho tradotto perché non mi piace come suona ma sarebbe tipo “ traballante, traballosa...roba temporaleggiante ” è una frase che viene usata per la prima volta in Blink, il decimo episodio della terza stagione. Tutta la scenetta fa comunque riferimento al Dottore, perché lo amo, e in particolare a una puntata della quarta serie scritta da Mr. Moffat.

4 Lo so che è un po’ autoreferenziale ma è un riferimento alla mia Orfeo’s song dove John racconta il mito di Orfeo ed Euridice a Sherlock per farlo addormentare.

 

 

  
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