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Autore: Ailis_    22/03/2013    1 recensioni
Julya Peskov non era certo prevista nella vita di Stefan.
Eppure quando lei ritorna, la sua presenza è come un uragano nella vita di Stefan.
Julya nasconde un segreto, qualcosa che ha dominato la sua vita per secoli e che ora è talmente vicino da non poterselo lasciare sfuggire.
Il rapporto con Stefan si è incrinato tanto tempo prima, ma lei ha bisogno di lui per la sua ricerca. E quando lui deciderà di aiutarla, Julya scoprirà di provare qualcosa di più della semplice amicizia.
Ma è davvero così? Riuscirà Julya ha trovare ciò che ha cercato per tutta la vita? E perché ne ha così bisogno?
Quando pensano di avercela fatta, ogni certezza crolla e il suo mondo verrà sconvolto. All'orizzonte, comparirà una vecchia conoscenza, qualcuno in grado di riportare a galla qualcosa che Julya pensava di aver dimenticato, un amore che ha segnato la sua vita e il suo cuore, indimenticabile ed eterno. Cosa succederà? Saprà dare retta al proprio cuore ed essere felice?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kol Mikaelson, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Andai a cercare l'amore e mi persi'
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Capitolo 6 Ekleipsis


I'm looking back on yesterday


I thought our days would last forever,
but it wasnt our destiny,
'cause in my mind we had so much time,
but i was so wrong,
no i can believe me i can still find the strengh in the moments we
made
I’m lookin back on yesterday.
Leona Lewis- Yesterday



Uhm, Venezia non è cambiata di una virgola dall'ultima volta che sono stata qui. E neanche allora mi piaceva più di tanto”
Julya si sistemò la giacca mentre Stefan afferrava i bagagli e li trascinava giù dal battello che li aveva portati nella zona del loro hotel.
Lo aveva scelto Stefan e Julya lo aveva lasciato fare, troppo occupata a organizzare il proprio materiale per pensare a cose più pratiche come la sistemazione e il viaggio.
Erano una bella squadra, insieme, e il loro affiatamento aumentava ogni giorno che passava.

Non capisco perché tu ce l'abbia tanto con questa città”
Ehi, io non ce l'ho con nessuno. Dico solo che non è la città in cui sceglierei di vivere” ammise mentre si infilavano in una vietta secondaria nella zona del ponte dei sospiri.
No, neanche io ti vedo a vivere qui” concesso dopo averla soppesata per un attimo che le fece palpitare il cuore.
Troppo romanticismo nell'aria” spiegò Stefan e Julya si chiese se non dovesse sentirsi un po' offesa. Poi fece spallucce.
Arrivarono di fronte all'albergo, un piccolo hotel a conduzione famigliare, discreto ma carino e con una splendida vista sul cuore di Venezia.

Io devo fare una commissione” annunciò prima che entrassero prima di aggiungere in fretta, prima che Stefan potesse replicare “Tu fai il check in e vai a farti un giro per Venezia. A quanto ho capito, tutto questo romanticismo è perfetto per te” lo prese in giro, vendicandosi per la stoccata di poco prima.
Stefan alzò gli occhi al cielo, ma non disse niente perciò Julya pensò che non dovesse dispiacergli più di tanto la possibilità di godersi un po' l'atmosfera vivace e brulicante di vita di Venezia.
Con passi rapidi, si infilò nelle vie secondarie della città fino a raggiungere un vecchio edificio, un po' fatiscente.
Prima di entrare, indossò la sua miglior maschera di impassibilità e freddezza, ben sapendo che solo mostrando il lato peggiore dell'essere vampiro avrebbe ottenuto ciò che voleva.
Un gruppo di ragazzi seduto sul muretto lì vicino la stava fissando e quella non era una bella cosa: per ciò che era andata a fare lì avrebbe preferito passare inosservata.
Forse, rifletté con il senno di poi, non avrebbe dovuto indossare una giacca così bianca e stivali così palesemente costosi.
Pazienza, si disse.
Salì le scale per quattro piani, appartamento numero tredici.
Bussò alla porta e si premurò di stamparsi in faccia il sorriso più gelido e predatore del suo repertorio, non esattamente il genere di espressione che avrebbe invogliato qualcuno a invitarla nella propria dimora.
Quando la serratura scattò, si trovò di fronte a un uomo sui trent'anni che strabuzzò gli occhi quando la riconobbe e tentò di sbatterle la porta in faccia.
Tentativo patetico visto che Julya lo fermò appoggiandosi all'uscio con noncuranza, come se lui non stesse facendo leva con tutta la sua forza e lei non stesse tentando di bloccarlo.

Ciao, Noah”
Che diavolo vuoi ancora da me? Ti ho detto tutto quello che sapevo sul Graal l'ultima volta che ci siamo visti”
Julya roteò una mano e alzò gli occhi al cielo “Lo so, lo so. Ma ho una specie di patto da proporti”
Noah sembrava disgustato “Non stringerei mai un accordo con una della tua specie” sputò con disgusto.
Fu allora che Julya decise che aveva bisogno di un motivo per ricordarsi chi era lei e cosa poteva fare.
In un attimo, Noah si trovò dentro casa, inchiodato al muro mentre la vampira lo teneva sollevato da terra con una mano attorno al suo collo.
L'espressione sul suo viso era di freddo cinismo, quella del vampiro di fronte alla preda.

Senti, Noah. Io non voglio farti del male: ne verrebbe fuori una bella questione, tra ambasciate ed estradizione. Però è stato un viaggio molto lungo e non sono di ottimo umore perciò, davvero, tu non vuoi contrariarmi più di quanto non già sia, giusto?”
Noah annuì, a corto di parole e di aria, e quando Julya lo lasciò andare, cadde a terra ansimando e respirando forte.

Sono qui per la tomba del cavaliere” chiarì quando si sedettero, lei sul divano, lui sulla poltrona più distante.
L'avevo intuito”
Già. Tu mi hai detto che credevi che la tomba fosse qui e che le tue ricerche ti stavano confermando questa teoria. La mia domanda è: a che punto sei?”
Perché dovrei dirtelo?”
Perché ti prenderai il merito della scoperta, ovviamente. Io troverò la tomba, prenderò ciò di cui ho bisogno e tu diventerai famoso per aver trovato un importante reperto storico. Ora, riformulo la domanda: a che punto sei?”
Il silenzio di Noah ebbe il potere di contrariarla più di quanto non fosse, ma si impose di attendere. Contò un centinaio di respiri prima che Noah si alzasse e iniziasse a trafficare tra la moltitudine di scartoffie ammassate sulla scrivania ed estrarne un libricino.
Glielo porse e Julya lo aprì. Dentro c'erano disegni di quelli che potevano essere affreschi, mappe senza nome e migliaia di appunti.

C'è un foglietto con dei numeri romani, lì dentro. Non so cosa vogliano dire: li ha scritti il capo del progetto di recupero per il quale ho lavorato negli ultimi tempi. Ora, lui è morto e...”
E tu ti sei preso il suo libretto di appunti e hai trovato questo, ma non sai che cosa voglia dire” completò Julya senza smettere di sfogliare le pagine.
No, non ho bisogno una risposta” lo bloccò prima che potesse protestare mentre si alzava. Aveva esattamente ciò di cui necessitava ed era in quel libretto. Forse Noah non aveva compreso a pieno di avere tra le mani una vera e propria guida per la ricerca del Graal, ma lei non era così ottusa.
Questo” aggiunse mentre si dirigeva verso la porta “viene con me. Come promesso, quando troverò la tomba ti manderò un messaggio; ti basterà andare lì e annunciare al mondo il prodigioso ritrovamento”
Noah annuì e non ebbe il coraggio di protestare o chiedere come lo avrebbe contattato. Sapeva fin troppo bene che Julya lo avrebbe trovato anche quando lui avrebbe preferito rimanere nascosto.
Intanto, la vampira si chiuse la porta alle spalle e si abbandonò a un mezzo sospiro sollevato.
Durante il tutto il percorso per tornare all'hotel rimuginò sui numeri scritti sul foglietto. Tre, sette e dieci, scritti in numeri romani. Potevano rappresentare qualunque cosa perciò avrebbe dovuto analizzarli con attenzione per capire il loro significato.
Ma lo avrebbe fatto la mattina dopo perché in quel momento, tra le strade strette e i ponti di Venezia, voleva prendersi un momento per assaporare la sensazione di essere di un passo più vicina a raggiungere lo scopo di una vita.
La sua mente si fece piacevolmente leggera mentre annegava nella consapevolezza di essere sempre più prossima alla meta. Certo, non avrebbe cantato vittoria fino a quando non avesse stretto tra le dita il calice, ma almeno poteva concedersi di osservare le cose da una prospettiva più ottimista.
Guardando il cielo – pieno di nuvole, prossimo al calare della sera- raggiunse l'hotel.
Alla piacevole consapevolezza di aver vinto una battaglia era velocemente sopraggiunta un'ondata di stanchezza che la sopraffece.
Partì dalla testa e raggiunse ogni remoto angolo del suo corpo, così intensa da farle venire voglia di sedersi su una panchina e dormire fino al giorno dopo.
Voleva cadere in uno si quei sonni senza sogni e potersi svegliare la mattina dopo con la mente sgombra e silenziosa come non era mai durante le ultime giornate.
Quando entrò nella stanza, Stefan non c'era.
La stanza era calda e luminosa, molto ariosa con quei colori chiari e le finestre ampie sul balcone bianco. L'aria profumata e accogliente raggiunse il suo viso come uno schiaffo e la sonnolenza che l'aveva colta divenne insopportabile: le si chiudevano gli occhi e uno sbadiglio poco elegante le deformò il viso.
Si lasciò scivolare sul grande letto e si sfilò gli stivali con un unico gesto fluido prima di accoccolarsi su se stessa.
La sua espressione si fece all'istante più rilassata: non c'era niente di più delizioso che la sensazione del tepore di una stanza accogliente -anche se lei non poteva sentire freddo- che lentamente risaliva dai piedi lungo le gambe, si fermava nel ventre e da lì si irradiava in tutto il resto del corpo.
Si sentiva languida come un gattino al sole.
Si disse che avrebbe chiuso gli occhi solo un momento, giusto il tempo di riposarsi un po' dopo le dodici ore di viaggio, ma nel momento in cui chiuse le palpebre cadde tra le braccia di Morfeo.
Stefan la trovò così, con le gambe raccolte al petto e i capelli sparsi sul materasso come una macchia di cioccolato caldo.
Si chiese se fosse o meno il caso di svegliarla: aveva prenotato in una piccola pizzeria proprio dietro il palazzo ducale, ma Julya sembrava così tranquilla e pacifica...
Alla fine, Julya si svegliò da sola quando sentì Stefan sedersi accanto a lei. Mugugnò qualcosa e si stropicciò gli occhi con le mani.

Che ore sono?” biascicò con la voce ancora impastata dal sonno.
"Le otto”
Uhm, ho fame. Andiamo da qualche parte a mangiare?”
Ho prenotato in una pizzeria. Ho sentito che è la migliore della città”
Julya annuì con più convinzione, in sincrono con il suo stomaco brontolante e schizzò sotto la doccia.
Sentiva il getto d'acqua e poteva immaginare intenta a massaggiarsi delicatamente la braccia, le gambe e le spalle.
Si lasciò scivolare sul letto, pensando a lei e al suo volto prima, proprio mentre dormiva.
Quando era sveglia non aveva mai un'espressione così pacifica, quasi angelica. C'erano momenti in cui gli sembrava di trovarsi di fronte a una specie di terremoto o uragano, sempre in movimento, e allo stesso tempo gli ricordava una bottiglia di ottimo champagne: sofisticata, frizzante e affascinante.
Sapeva essere rumorosa anche quando sedeva in silenzio nella stanza: c'era qualcosa in lei, nella sua stessa essenza, che sembrava riempire l'aria in qualunque momento.
Julya, proprio come lo champagne, gli piaceva e gli andava alla testa; lo faceva sentire leggero, come se vivesse in un universo in cui tutte le cose erano facili e belle.
Sospirò con la certezza che, qualunque cosa fosse il sentimento che provava per Julya, gli avrebbe provocato solo guai.
E quella vacanza, dopotutto, non avrebbe semplificato proprio niente.


*


Julya rideva da una notevole quantità di tempo e così di cuore che Stefan non si lasciò pregare e raccontò gli aneddoti più divertenti della sua vita solo per continuare ad ascoltare quel suono così musicale.
Non ti ci vedo proprio a un concerto di Bon Jovi, a cantare a squarciagola sotto un palco, ballando” ammise con il fiato corto per il troppo riso.
Si sporse un po' sul tavolo e sorseggiò l'acqua nel suo bicchiere. Avevano oramai finito la cena e si stavano godendo un po' l'atmosfera che si era creata tra loro, intima e allegra come lo era stata negli anni venti.
Julya guardò fuori dalla finestra e notò il cielo limpido, le acque calme e provò il desiderio di godersi la città.

Andiamo a fare una passeggiata?”
Pensavo che Venezia non ti piacesse”
Diciamo che ho voglia di concederle una chance” ammise e, quando Stefan annuì e si alzò, lei lo seguì.
Pagarono e in un attimo si ritrovarono a passeggiare lungo il Canal Grande a braccetto, come due amici qualunque in una serata come tante.
Fu Stefan a rompere il silenzio che si era creato; Julya si stava godendo l'atmosfera placida di una notte veneziana.

Sai, a volte mi chiedo perché tu sia davvero alla ricerca del Graal”
E' molto complicato, Stef. E io non voglio davvero appesantire una bella serata con certi discorsi”
Lo capisco. Ma forse parlarne...”
Lo faremo” gli promise “Un giorno ti dirò tutto, ma ora non credo di essere ancora pronta a parlarne con qualcuno. Credo di non essere più abituata ad avere qualcuno con cui aprirmi”
A dire la verità, io ricordo che neanche nel 1928 eri particolarmente brava a farlo”
Non ho mai avuto problemi a parlare con te” gli ricordò, piccata.
Vero, ma direi che sono l'eccezione che conferma la regola. Credo che sia per il mio fascino” ammise con aria pensierosa e Julya rise.
La serietà del momento precedente svanì come fumo nell'aria e Julya gli fu grata di aver cambiato argomento.

O per i tuoi capelli”
Stefan la guardò con un'espressione profondamente ferita che fece ridere ancora di più Julya. Si alzò in punta di piedi e gli passò una mano tra i capelli.
Solo un vampiro avrebbe potuto sentire l'odore che emanavano, un mix di shampoo e profumo di gel che si unì al dopobarba di Stefan.
Era virile e le piacque. Lo ispirò a fondo, sempre in punta di piedi e appoggiandosi alle sue spalle.

Mi stai... annusando?
La guardò con entrambe le sopracciglia inarcate e Julya scoppiò a ridere.

Credo di sì” ammise.
Ripresero a camminare con un sorriso, chiacchierando come facevano negli anni venti, quando Stefan la riaccompagnava a casa dopo aver passato la notte nel night club dove lavorava.
Stefan continuava a raccontare e a un certo punto Julya cominciò a guardarlo in modo diverso, con uno sguardo concentrato e riflessivo.
C'era qualcosa di strano nel modo in cui Stefan la faceva sentire, ma era sempre stato così. Se il suo cuore non fosse già stato fermo da secoli, avrebbe detto che era lui, con il suo sorriso e il modo di essere, a bloccarlo.
La faceva sentire come una ragazza come tante e le sembrava di avere uno stuolo di farfalle che si agitava nello stomaco.
Non avrebbe saputo dire cosa fosse: era la prima volta che si sentiva così vulnerabile, così umana. Eppure era la parte che le piaceva di più, quel sentirsi così normale.
Non aveva mai provato nulla di simile prima d'allora e anche quando c'era Kol le cose erano completamente diverse, impossibili da paragonare.
Con un sussulto, cercò di riportare alla memoria il suo primo amore e si rese conto con tristezza di non avere ricordi.
Se n'erano andati con lui ed era stata lei a lasciarli andare: era stato più facile, piuttosto che trovare la forza di aggrapparsi ad essi.
Non ne andava fiera e dopo tanti anni avrebbe voluto avere qualcosa da ricordare. Invece non le restava che un anello al dito e la blanda rimembranza di un sorriso che a poco a poco sarebbe scomparso insieme a tutto il resto.
Ogni giorno sarebbe stato sempre più difficile ricordare i dettagli del viso di Kol, il suo sorriso e i suoi occhi e si odiava per aver permesso che accadesse.
Stefan si accorse che Julya non lo ascoltava più e che il suo sguardo si era fatto cupo.

Tutto bene?”
Cercavo solo di ricordare una cosa”
Stefan l'attirò a sé, cingendola con le braccia. Non chiese spiegazioni; lasciò che Julya sentisse solo che era lì per lei e che avrebbe ascoltato qualunque cosa, le sue parole o i suoi silenzi.
Si strinse a lui socchiudendo gli occhi, dando la colpa alla stanchezza di quella debolezza e dicendosi che il giorno dopo sarebbe andato tornato tutto a posto.
Però la notte era ancora giovane e il giorno lontano dall'arrivare perciò poteva concedersi ancora per un po' di viaggiare sulle ali della memoria.
Fu grata a Stefan di quell'abbraccio e del calore che vi infuse: per una volta, non avrebbe dovuto fingere di non essere sola e un insolito sfarfallio all'altezza del petto le fece notare che qualcosa stava cambiando nel suo modo di vedere il ragazzo.
Era stato un ammiratore, poi un amico fino a diventare il migliore amico -anche se Stefan rideva quando lo definiva così- e ora il loro rapporto stava lentamente approdando a una nuova definizione, qualcosa che Julya non comprendeva a pieno.
Di una cosa però era sicura.
Provo qualcosa per Stefan, ammise con se stessa. Cosa... be', quella era tutta un'altra storia.



Continua



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