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Autore: PiccolaEl    22/03/2013    1 recensioni
"Sono ritardataria, bugiarda, acida. Poi sono gentile, cordiale, e cedo l’ultima fetta di torta. Poi sono fredda, di una freddezza quasi utopica, irreale. Arrabbiata. E l’unica cosa che mi viene in mente è uscire di casa e stare fuori per delle ore. A fumare. E ad ascoltare canzoni a macchinetta dal mio mp3. E piangere, sullo scalino di una vetrina ben nascosta dal centro della città. Ben nascosta da tutti. Ben nascosta anche da me stessa, perché alla fine fuggo solo e soltanto da me. Degli altri non ho paura. Neanche di quelli che dalla faccia sembrano dei terroristi immigrati. Ho paura di me stessa. Del mio giudizio, unico e personale. Delle boccate d’aria fresca, ho paura, perché sono realtà [..] Non sono la ragazza del libro, o del film, o delle serie tv. Sono una ragazza normale, con problemi assurdi, e che non si fa problemi per niente. O per tutto. Spalanco gli occhi quando qualcosa mi attrae, le gambe mi cedono quando sono innamorata e i miei capelli come li metti stanno."
Questa è la piccola Bambi, che, catapultata in una nuova esperienza, troverà il coraggio di amare con tutto il suo corpo e la sua mente.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo sei - "Dilemma".




“Dovete mettere più tono quando recitate questo brano della Divina Commedia! E’ come se…” parole parole parole. La Poli e tutto quello che Dante pensava. E’ ormai un monologo, non una spiegazione. Mi scuoto un poco dalla mia statica posizione. Sono incollata alla sedia con la schiena. Cerco di scollarmi piano. Non ci riesco. Provo con più forza, ma è decisamente troppa perché difatti mi sbilancio in avanti sbattendo col banco. Cazzo. Alzo lievemente la testa e noto che almeno nessuno si è accorto di questa cosa. Tranne Giulia, che ride convulsivamente sottovoce.
“Stronza” soffio, ridacchiando anche io. “Io soffro e tu ridi!”
“Tu non soffri! Tra le due sei quella che sta meglio e ti lamenti pure!” sbotta offesa. La guardo perplessa in attesa di spiegazioni.
“Questa è detta cripto citazione, non è pertanto un caso che sia Virgilio…” non fa in tempo a finire la frase che suona la campanella dell’intervallo.
“Continuiamo domani.” ed la Poli esce frettolosamente dalla classe. In pochi minuti, la classe si è svuotata. Rimaniamo io, Giulia, e qualche altro. Mi giro di scatto e la guardo insistentemente.
“Che c’è?” chiede, stralunata. Lei che chiede a me ‘che c’è?’. Sta male. Cioè, okay, è la mia anima gemella, porta le Clarks come fossero pantofole e si veste in modo cosi figo che a volte anche io stessa mi meraviglio e devo ammettere che i suoi monologhi pre-allenamento mi scuotono cosi tanto da darmi una carica pazzesca ma… sta male. Non si rende conto che ha scoperto metà pentola e che adesso voglio capire cosa vi bolle dentro.
“tra le due sono quella che sta meglio?” chiedo, senza darle retta. Mi guarda strana.
“Beh si… cioè, almeno sai cosa c’è tra te e Massimiliano. O che comunque avete una possibilità.” replica indifferente, alzandosi e stiracchiandosi. Faccio lo stesso, portandomi dietro sigarette e cellulare.
“Che vuol dire? Con Stefano va… male?” indago, prendendo a percorrere il corridoio. Guarda fuori dalla finestra, giù, in cortile.
“Diciamo anche che non va.” sbuffa, raccogliendosi i capelli in uno chignon ben composto. La sento ridere.
“E perché ridi?” chiedo, spalancando gli occhi. La guardo attentamente, non sembra divertita.
“Perché niente, sto cercando un modo per sentirmi meno tesa.” soffia. Non mi sento a disagio.
“Oh, capisco. Sappi che comunque ci sono.” mi volto di trenta gradi e lei fa lo stesso. Ci guardiamo. Il mio sguardo è… comprensivo. Annuisce un poco, stampandosi un mezzo sorriso. Non ho idea di quello che è successo, ma so che ne ha bisogno.
“Credi che dovremmo abbracciarci in questo momento?” chiedo, titubante.
“Perché?” mi chiede a sua volta, corrucciando le sopracciglia, riflettendo su ciò che ho appena detto.
“Boh, di solito nei film le due amiche del cazzo si confortano, si abbracciano, si mandano bacini e si raccontano barzellette che non fanno ridere quindi forse… boh, dovremmo fare anche noi cosi.” ipotizzo, pensierosa. Ci rifletto. Sentirla cosi suona come la più grande stronzata del secolo. Ci guardiamo e in uno scatto fulmineo sbottiamo in coro “Nah!”. Scoppiamo a ridere nello stesso momento. E credo che nessun abbraccio valga quanto noi, in questo momento. O almeno, giusto un poco.
 
“Bembelen bembelen bembelen, bem bembelen bembelen bembelen!” intona Stefano, prendendomi dai fianchi e facendomi fare le giravolte e ballando a tempo la salsa. Sembra tanto un ballerino da quanto è bravo.
“Basta, potrei vomitare.” esclamo, quando mi riporta con i miei piedi sulla santa terra ferma. Tiro un sospiro di sollievo.
“Staiforsedandomidell’incapace? Ballodaquando ho tre anni e mezzo!” sbotta accigliato e superiore.
“Infatti non sei tu il problema, sono io, che non so a momenti camminare, figurati ballare.” replico ironica, facendo ridere Paolo e lo stesso Stefano, che mi poggia un braccio intorno alle spalle.
“Wooo, si scoprono scheletri nell’armadio.” mormora, facendomi fare un’altra giravolta.
“No, coglione.” sbotto seria, facendolo scoppiare ancora a ridere. Mi porta verso il lato opposto della sala. Sorrido. Dovrei fare la psicologa, sono nata per fare questo, dannazione.
“Devo… chiederti una cosa.”  annuncia, irrigidendosi. Che palle, tutti timidi all’inizio.
“Non ti mangio, se è questo che vuoi chiedermi.” replico sarcastica, facendolo ridacchiare sommessamente.
“No, non questo.” fa una pausa “Giulia… come sta?” chiede, ancor più teso. Mi pianto in terra, sciogliendomi da lui, che nel frattempo si pone esattamente di fronte a me. Non so cosa dire. Credo di dover fare un riepilogo. Giulia. Stefano. Non sono niente. Lui mi chiede di lei. Il mio campanello di allarme suona. C’è qualcosa che non va. E su cui non mi va di indagare.
“Perché non glielo chiedi tu?” chiedo a mia volta, incrociando le braccia al petto e alzando lo sguardo leggermente in tono di sfida. Lo sorregge, con mia grande sorpresa.
“Perché ho capito che non le interesso. Quindi chiedo a te.” risponde semplicemente, aumentando la mia sorpresa.
“Ah.” dico soltanto. “Sta bene.” Idea geniale. “Anzi no, sta male, stamattina parlava come se avesse la febbre…” mi correggo, prontamente. “Appena finiamo allenamento ti do il suo indirizzo e vai a trovarla, almeno le fai compagnia… da amico.” preciso sul finale, facendolo sorridere.
“Mi piacerebbe, grazie.” e prima di tornare da Paolo mi lascia un bacio sulla guancia. Lo guardo allontanarsi, sorridendo. Sembro tanto una persona materna. Sono un fottutissimo genio cupido. Sposto lo sguardo e noto che Massimiliano mi sta guardando. Il sorriso mi muore. Che palle lui, che palle il suo atteggiamento, che palle anche io, che do consigli agli altri ma che non consiglio mai me stessa, o almeno non in maniera giusta. Mi scuoto, allontanandomi del tutto e raggiungendo Pedro che nel frattempo ha radunato la squadra.
Dopo tre ore di allenamento posso finalmente riposare. Ho cercato di non sbroccare ogni volta che sentivo uno sguardo verde di troppo, e a quanto pare ci sono anche riuscita. Mi lavo in quelle schifosissime docce dello spogliatoio della palestra, mi asciugo, mi vesto e mi asciugo i capelli. A quest’ora, e cioè le dieci e mezza, gia tutti sono via. Mi sto ancora asciugando i capelli quando Umberto entra di corsa.
“Che succede?” chiedo, alzando la voce.
“Oh, niente. Semplicemente mi stanno rincorrendo e non sapevo dove nascondermi! Secondo te mi trovano?” mi chiede allora, ansimante per la corsa con i capelli color caramello che sembrano usciti da una qualche pubblicità di balsamo. Sorrido. Non credo.
“Oh, non credo.” do voce ai miei pensieri. Riprende fiato, sedendosi sulla panca in legno dove si poggiano i borsoni solitamente, ma vuota a quest’ora.
“Come va?” chiede dopo un po’ di silenzio. Come va? Come va? Va. Non so se bene, se male, se adagio, se rapido. Va e neanche io so spiegarlo. Sospiro.
“Bene, tu?” sono calma e vorrei urlare.
“Bene.” risponde, sorridendo felice. Felice. Almeno lui. Sorrido, di riflesso.
“Lo pensi spesso?” chiede poi, fulmineo. Spalanco gli occhi di colpo, tornando poi normale.
“No.” rispondo, sicura.
“Se fosse stato cosi, mi avresti chiesto di chi stessi parlando.” sbotta, pensieroso. Scoppio a ridere.
“Allora, Umbe, due consigli: il primo è di non copiare le frasi da Facebook; il secondo di non fare il finto malato d’Alzheimer, se non ti ricordi oggi pomeriggio presto mi hai chiamato e abbiamo avuto la stessa conversazione. E io ti ho chiesto di chi stessimo parlando e tu hai risposto Massi. Cento punti personali più cento punti alla mia casa!” esulto, continuando a ridacchiare.
“Va bene.” acconsente, ridendo. Stiamo ancora parlando quando ovviamente entrano tutti i ragazzi della squadra urlando e strepitando come dannati per aver trovato il fuggiasco, e vedono prima Umberto, poi me, vestita per metà. Smettono di urlare e strepitare come dannati. Mi fissano. Li fisso. Credo di stare per arrossire. E in effetti, succede realmente.
“Uscite, figli di puttana!” grido, gonfiando le guance. Escono tutti ridendo sommessamente. Tranne Massi. Mi guarda, negli occhi, non abbassa lo sguardo neanche di un millimetro.
“Scusa, per tutto.” mormora, a bassa voce. Ed esce di corsa. E senza rendermene conto, scaglio un pugno contro il muro, le croste scappano e il sangue esce. Sempre la solita.
 
 
Esco dallo spogliatoio, irritata. Supero tutti, quando proprio la ragazza che sta in reception mi blocca, facendomi avvicinare.
“Dimmi” sbotto, rapida.
“Venerdì c’è la serata con tutti i ragazzi. Pedro mi ha lasciato di dirti di non mancare e di portare Giulia.” aggrotto le sopracciglia. Poi spalanco gli occhi sorpresa. Mi chiedo sul serio se sia uno stalker o qualcosa di simile.
“E come sa dell’esistenza di Giulia, se posso chiedere?” e incrocio le braccia al petto.
“Questo non l’ha detto.” sbatto le palpebre.
“Va bene, ci saremo.” ed esco sbattendo la porta. Pedro e tutto quello che non dice. Pedro è davvero un grande allenatore. Pedro è il mio allenatore.
 
 
Scendo di corsa le scale, sbatto le palpebre assonnate più volte. Prossima volta doppio caffè.
Apro il portone e niente, niente, niente mi farebbe pensare alla sua Suzuki, a lui sopra di essa e ad un sacchetto che regge con la mano sinistra, motore spento, con l’altra lo sterzo. Si volta di scatto. Mi vede e sorride, bello. Sembra quasi una visione. Sembra quasi che abbia una faccia meno da schiaffi. Sono confusa.
“Che ci fai qui?” sussulto, ancor più confusa, guardandolo sorpresa con gli occhi spalancati. Sbatto ancora le palpebre.
“Ti ho portato la colazione. Sotto casa mia fanno le migliori paste di tutta Bologna..” risponde, alludendo al sacchetto che tiene in mano. Il mio sguardo passa da lui alla colazione, alla moto, mi sfilo gli occhiali di dosso e ripeto l’operazione. Poi, senza che accada niente, senza che io sia obbligata, senza rimorso, sorrido. E lo sento anche suo questo sorriso, sorridiamo. Fino a farmi venire una paralisi facciale.
“Non avresti dovuto…” dico a voce bassa, mentre scendo lentamente gli scalini e avanzo verso di lui.
“Farò tardi…” aggiungo, pensierosa.
“Ti accompagno subito a scuola.” replica allora, poggiandosi la mano con la quale teneva lo sterzo sul cuore, e reggendo l’intero peso sui quadricipiti allenati e scolpiti. Mi sorride, come se si volesse scusare.
“Non farti molto il figo, però.” aggiungo. Scoppia a ridere. Risa che corrono nell’aria, risa che credo le migliori.
“Riusciremo mai ad andare d’accordo io e te?” gli chiedo, ironica. Scoppia a ridere, di una risata bella.
“Credo di no…” mormora, pensieroso. Gli mollo un pugno affettuoso sul braccio.
“Ahi, meni!” piagnucola, massaggiandosi la zona colpita.
“Lo so.” replico, facendogli l’occhiolino. Restiamo un momento in silenzio, ci guardiamo.
“Sali, la scuola incombe.” mi esorta poi, e indosso il casco, salgo dietro di lui e mi ci stringo forte. Tre minuti e mezzo e siamo ai cancelli. Scendo.
“Tieni, buona colazione, a domani sera” mi porge la bustina di plastica e sorrido ancora, gli occhi nascosti dietro i miei occhiali da sole scuri. Mi avvicino al cancello e prima di oltrepassarlo mi volto.
“Ciao” lo saluto, e sorride, da dietro il casco. Mi viene a conoscere, ma non ci penso. Poi mette in moto e con un’ultima occhiata nella mia direzione, parte.
“Bambi!” grida la voce di Umberto, accerchiato dalle solite macchine. Mi avvicino. Devo avere un colorito sul rosato. Che palle.
“Hey!” lo saluto, lasciandogli un bacio in guancia e sorridendo. Risponde, ma allibito.
“Perché tutta questa felicità?” mi chiede, sospettoso. E malizioso. Ritorno seria.
“Niente.” replico.
“Non è che c’entra qualcosa con quel sacchetto che hai in mano?” indaga.
“No.” rispondo, atona.
“ah si? Fammi un po’ vedere” me lo strappa dalle mani e legge, veloce.
“Strano, questa pasticceria è una delle migliori.” mormora, pensieroso. Annuisco. “…e sta proprio sotto casa di Massimiliano…” allude, ironico e pensieroso. Spalanco impercettibilmente gli occhi senza farglielo notare.
“Devo scappare” e riprendendomi in fretta il sacchetto entro di volata a scuola.
“Tanto ti ho beccata, è inutile che scappi!” mi urla dietro. Mi volto, senza smettere di camminare, e gli lanciò un sorriso, appena accennato. Perché, Massimiliano, perché devi sempre, ogni volta, ogni beata volta, immischiarti nel mio stato d’animo e cancellarne i resti burrascosi?
 
“Mi ha accompagnato a scuola, con la colazione.” esclamo di punto in bianco, appena la campanella dell’intervallo suona. Giulia mi fissa allibita.
“Mi prendi per culo?” urla, incredula. Si girano tutti verso di noi.
“Cogliona non urlare!” urlo allora io. Scoppiamo a ridere in sincrono.
“Grazie per queste chicche di saggezza e coerenza, te ne sono grata” sbotta sarcastica.
Forse continua a parlare, forse no.
“Giulia, se mi metto con lui come faccio?” le chiedo allarmata d’un tratto.
“Scusa?!” sbotta. “Ma mi stavi ascoltando?”
“Boh, non me lo ricordo… intanto rispondi a quello che ti ho chiesto.” la esorto, e sbuffa sonoramente.
“Dico che basta, a dicembre compie gli anni.” replica. Aggrotto la fronte.
“E che c’entra?!?”
“Boh, m’ispirava dirlo.” e ridiamo ancora un poco. 










 

 















SONO VIVA! Bentrovate piccole grande lettrici e autrici, come state? MI SIETE MANCATE COSI TANTO <3 eccomi con un altro nuovo capitolo (di passaggio, ma va bè). Conto di aggiornare il più presto possibile (non come l'altra volta ahahahahahahah). un grazie a chi continua a leggere perché siete i meglio. 
A prestissimo,
                                                                                                                                                                                                La vostra Eleonora <3
  
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