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Autore: Alessandro_Sisti    22/03/2013    0 recensioni
La storia racconta la storia di un villaggio abitato dai Tinti...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I tinti

C'era una volta, tanto ma veramente tanto tempo fa, una foresta dove vivevano i Tinti. I Tinti erano strani folletti che coloravano tutto ciò che trovavano. Il Tinto Giallo aveva rubato il suo colore dai caldi raggi del sole d'agosto. Era, perciò abbagliante quando stava da solo, ma ogni tanto usciva insieme al Tinto Bianco e così si calmava un po'. E poi era anche un po' prepotente: voleva sempre vedere tutto,scoprire tutto e anche i pensieri li colorava di giallo. Il Tinto Nero era sempre molto serio e non sorrideva mai: interveniva quando non se ne poteva più della confusione spazzava via tutto con il suo pauroso colore. Tutti i Tinti ne avevano il terrore perché alle volte li teneva lì al buio anche per alcuni giorni di fila fin quando non gli passava la rabbia. Allora si vedevano gli occhi dei Tinti travolti dal nero che luccicavano nella speranza che passasse di lì il Grande Tinto saggio e li liberasse. Quelle piccole orbite sembravano tante piccole lucciole che si accendevano e si spegnevano. I Tinti catturati, infatti, avevano presto scoperto che non dovevano tenere tutti gli occhi aperti allo stesso momento e non dovevano fare la vedetta tutti insieme: dovevano fare dei turni ovvero, mentre alcuni spalancavano gli occhi, altri sonnecchiavano o pensavano o sognavano, tanto leggere non si poteva con tutto quel buio. Il Tinto Nero, come se non bastasse, era molto permaloso e spesso quando decideva di essere stato trattato male arrivava di soppiatto mentre tutti i Tinti facevano merenda, faceva finta di essere un bel grigio parlottando per un po' con quel burlone del bianco e poi improvvisamente iniziava a spennellare tutti gli altri Tinti senza pietà; o meglio pietà di un tinto ne aveva, anzi di una Tinta, quella lilla. In realtà la Tinta Lilla non avrebbe dovuto essere una vera e propria Tinta perché da sola non sarebbe mai esistita. Aveva avuto bisogno, infatti, del Tinto Bianco per diventare di quel meraviglioso colore, ma nessuno era mai riuscito a capire come facesse a non cambiare mai sfumatura. C'era chi pensava di avere le prove che quella vanitosa avesse rubato un pezzo di colore al suo fidanzato, il povero Tinto Bianco, che era, sì, intelligente e svelto, ma talmente innamorato da non accorgersi che lei faceva la smorfiosa con tutti. Poi si narrava che avesse ingerito quel pezzo di colore come se fosse una pillola, ma lo stomaco le avesse iniziato a far male. Però non era più riuscita a vomitare quel pezzo di colore e allora era rimasta così colorata e alla fine tutti si erano scordati che aveva infranto la legge secondo la quale "nessun Tinto può appropriarsi parzialmente o totalmente di un altro Tinto". Lei era considerata la Tinta più bella del bosco.Bisogna dire che quando colorava i ciclamini e le violette in primavera, le riuscivano talmente bene che si finiva per perdonarle quella sua aria di superiorità. La Tinta Lilla, comunque, veniva sempre risparmiata dalla rabbia del Tinto Nero, che cercava sempre di corteggiarla. Tanto è vero che ogni tanto, di sera, il Nero si mischiava con il Giallo e i suoi capelli diventavano orrendi, ma lui faceva tutto questo per fare colpo su Tinta Lilla. Questa imperterrita non lo notava, o forse non lo voleva notare.

Il Tinto Bianco quando vedeva la Tinta Lilla alle prese con il Tinto Nero diventava talmente livido di rabbia da diventare trasparente; allora tutti si nascondevano: chi negli alberi, chi nei cumuli di foglie, chi nei cespugli, insomma nelle cose più vicine che ci fossero a portata di mano del Tinto, perché diventare trasparenti è molto peggio che annegare nel nero per i poveri Tinti. Il Tinto Verde risentiva di essere considerato una mescolanza tra il bianco e il blu e stava sempre in disparte anche perché non sopportava il Blu. non poteva capire come quello sciocco presuntuoso Tinto Blu potesse essere così orgoglioso del suo color cielo: in fondo anche il verde era importante, bastava guardare quanti prati colorava quando ne aveva voglia e controllare quanti milioni di sfumature poteva ottenere. Il Tinto Verde da ragazzino, prima di fare la scuola di specializzazione, aveva commesso un grave errore: aveva colorato di verde acqua i pini che stavano in cima alle montagne e ne era nato un caso mondiale. Tutti gli scienziati si erano riuniti sulla cima della montagna per commentare l'accaduto: le aghifoglie erano di un verde tenero come l'insalata e sembravano albini rispetto al tronco e alla corteccia. I Tinti della foresta non poterono non svegliarsi dal tepore e aprirono gli occhi: si misero a ridere, a ridere a crepapelle e le lacrime uscirono loro dagli occhi. Il brusio degli scienziati e le lacrime dei Tinti si condensarono in cielo e così il Grande Tinto Saggio sfruttò la situazione che si era creata per cancellare tutto e mettere su tutti i pini il verde giusto per la stagione e per l'altezza della montagna. Il brusio dei pensieri umani e le lacrime dei Tinti si azzerarono e tutti si guardavano: gli scienziati non sapevano più su che cosa stessero confabulando né i Tinti si ricordavano più esattamente di cosa ridevano. Gli scienziati si sdraiarono nel bosco a fare uno spuntino, mentre i Tinti si sdraiarono per riposarsi ancora un po'. Da allora il Tinto Verde era rimasto un po' scioccato e ci pensava sempre un sacco prima di cambiare colore alle foglie, agli aghi e ai fili d'erba. Il Tinto Verde sfogliava sempre la Grande enciclopedia dei Tinti, poi faceva un pisolino, poi la risfogliava e finalmente agiva. Colorava prima un piccolo pezzetto, si appostava e aspettava che un bambino umano passasse di lì: lo scrutava, lo controllava nella sua mimica facciale, lo ascoltava nel caso commentasse qualcosa e poi, verificato che non urlasse per l'orrore, né che scappasse spaventato, iniziava a colorare tutto il mondo. Per quello che gli era successo da apprendista Tinto Verde non era spavaldo anzi era sempre un po' pensieroso. Tutti i Tinti erano molto dispiaciuti di ciò, anche perché nelle feste sociali il Tinto Verde si lasciava andare, sapeva raccontare di quelle barzellette così divertenti, ma così divertenti che tutti i Tinti si zittivano e lo ascoltavano a bocca aperta; però appena il Verde si accorgeva di essere al centro dell'attenzione si mescolava con il rosso e le sue gote prendevano un colore malaticcio talmente brutto da far scappare tutti i Tinti.

Il Tinto Blu era quello che diceva di lavorare di più: colorava l'acqua, l'aria (anche se in realtà non era vero perché spesso l'aria era colorata dal Bianco livido di rabbia), il cielo, quello lontano lontano, sia di notte sia di giorno. Il Blu asseriva di colorare lui da solo l'orizzonte. Nessuno lo aveva mai contraddetto anche perché a chi poteva interessare una cosa che succedeva così lontano? Una cosa era certa: che anche se lui si sentiva così escluso nessuno riteneva che la sua presenza fosse così importante da non poterne fare a meno, anche perché tutti i Tinti odiavano i super-iper-presuntuosi. Il Blu quindi se ne stava spesso solo, isolato da tutti gli altri colori fin quando un giorno si svegliò talmente tardi che non riuscì a fare nessun cielo e la terra fu tutta in subbuglio. Il Grande Tinto Saggio chiamò il Comitato di Urgenza e trovò come soluzione quella di far dormire la gente 24 ore rubando un giorno all'anno. Infatti il Tinto Blu non essendosi svegliato aveva lasciato sempre il blu scuro, ma purtroppo la luna era sparita e si vedeva una strana palla infuocata, ovvero il sole. Le stelle si erano nascoste dall'altra parte della terra e tutto era in grande confusione. I bambini erano felicissimi perché non arrivava mai il tempo di andare a scuola e le mamme e i papà erano disperati perché i telefoni dell'ufficio squillavano e nessuno rispondeva. Il Tinto Blu continuava a dormire perché aveva avuto un mal di testa terribile ed aveva preso una pastiglia contro il dolore, quindi il suo sonno era talmente profondo che anche quando il Grande Tinto Saggio iniziò a bussare violentemente alla porta della casa funghetto il suo sonno continuò imperturbabile. A questo punto si scoprì che il Tinto Blu era veramente solo perché nessuno se non solo il cielo si era accorto che lui non si era svegliato. Su due piedi il Grande Tinto Saggio prese uno spillone e gli punzecchiò il sedere, poi gli ordinò di cambiare il colore del cielo e gli fece recapitare una lunga anzi lunghissima lista di tutto ciò che avrebbe dovuto fare da quel momento. Nella lista cerano i seguenti punti: 1) avrebbe dovuto ogni giorno salutare almeno la metà delle persone incontrate per strada; 2) avrebbe dovuto mangiare un giorno sì e uno no con qualcuno oppure si sarebbe dovuto iscrivere in palestra, o ad un corso di cucina, o a un corso di scacchi, o a un corso di pittura; 3) se avesse avuto il forte desiderio di prendere in giro gli altri, il giorno dopo il colore del cielo sarebbe stato così scialbo che lui stesso si sarebbe sentito intristito. " Se si è un Tinto si deve vivere fra Tinti, ogni Tinto ha i suoi difetti e i suoi pregi, ma nessun Tinto deve pensare di poter vivere da solo."

Tutto questo fu scritto nel Corriere speciale dei Tinti, scritto da uno dei più famosi giornalisti della foresta. Ogni Tinto ha letto e ogni Tinto ha eseguito e da allora in poi nessun Tinto ha più vissuto da solo. Adesso i Tinti vivono così tranquillamente, si fa per dire perché spesso ci sono dei litigi e delle urla perché qualcuno vuole giocare a questo o a quello, qualcuno vuole mangiare e qualcuno invece vuole bere, qualcuno vuole dormire mentre qualcuno vuole leggere... insomma le solite cose che succedono nelle famiglie. Però i Tinti si vogliono bene anche quando se le danno, ma il vero problema è che, quando se le danno, succede che tutti i colori si mischiano e allora lì sì che è un grande, no grandissimo pasticcio! Chi ha una gamba rossa e una blu, chi il naso verde e i capelli gialli, chi la barba bianca e la lingua bianca quasi trasparente. Per mettere in ordine poi servono quattro grandi urla del Grande Tinto Saggio, che è l'unico capace di chiarire i vari colori e rimetterli a posto. Certamente dopo una fatica così grande tutti i Tinti se ne stavano buoni per un paio di settimane perché il Grande Tinto Saggio era stremato dalla fatica per aver risolto tutto quel macello. Una volta si trovò davanti ad una specie di gomitolo da dove uscivano le peggiori parole. Infatti tutti sapevano che non potevano essere riconosciuti perché nessuno poteva distinguere le bocche di uno dall'altro e quindi approfittando della confusione ogni Tinto diceva quello che gli veniva in mente senza nessuna paura. "Il Tinto Giallo è uno s*****o e il suo cervello è fatto di m***a" " Il Tinto Verde non sa neppure fare un piccolo salto perché ha i piedi storti" " La Tinta Lilla è una t***a e io la odio" Il Tinto Blu assomiglia ad un r**********o ed ha una pancia enorme tutta gelatinosa" "Io sono l'unico genio" e poi parolacce e segni indescrivibili. Solamente un santo come il Grande Tinto Saggio avrebbe potuto risolvere tutto quel c****o. Infatti con pazienza iniziò a tirare di qui a tirare di là, a sbrogliare i nodi, a mollare fin quando non riusciva a ricostruire un Tinto intero. E da lì ricominciava con lentezza senza farsi distrarre da quelle voci continue, cercando di pensare solamente a quello che doveva fare. I Tinti che erano un po' sciocchi continuavano a parlare, urlare, sparlare come se niente fosse fin quando l'ultimo non si accorgeva che era rimasto solo anche se con un po' di colori strani e continuava a sparlare, fare il burlone o scherzi... e quindi era l'unico messo in punizione, povero lui o lei.

Questa è la grande famiglia dei Tinti che se ne vive nel Grande Bosco.


 


 

  
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