Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Nanek    23/03/2013    3 recensioni
Questa è la storia d’amore di James e Charlie, una storia d’amore come tante, forse, ma unica e perfetta per loro due; una storia d’amore che è stata fermata dalla guerra, la guerra del Vietnam.
Ma in questa storia d’amore, c’è anche un altro personaggio: Billy White, soldato semplice, al primo anno di guerra, amico di James.
Ma perché ci deve essere un altro ragazzo in una storia d’amore? Beh, Billy sarà colui che li salverà entrambi.
Tratto dal primo capitolo:
"Caro James,
mi manchi, e sono ormai ripetitiva, te lo scrivo in ogni lettera che mi manchi, ma non credo mi stancherò mai di farlo; amore mio, aspetto la tua risposta ogni giorno, una risposta che non arriva mai, e che mi sta spaventando"
“Cara Charlie,
mi scuso per le mancate risposte, ma qui si fa la guerra, il tempo scarseggia, e i miei soldati hanno bisogno di me.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 5

Look after you

 

25 settembre 1972

Seduto con la sua macchina da scrivere, il giovane White rispondeva a Charlie.

“Cara Charlie,
leggere la tua ultima lettera è stato orribile, dico davvero; ovvio, non per quanto riguarda il contenuto iniziale, quello è stato un piacere leggerlo, credo di essermi pure incantato più volte, e di aver riletto più di una volta alcune frasi perché perdevo il filo del discorso, tu e il tuo modo di scrivere.. così unico, così bello, mi manca leggere i tuoi articoli, sono piacevoli agli occhi, scorrono così bene, la tua scrittura così fluida, la tua calligrafia così adorabile: gonfia, ordinata, rotondeggiante, mi immagino la tua mano che scrive a raffica, il tuo viso concentrato al cento per cento, quell’espressione seria, che amo fissare, che compare sul tuo viso quando scrivi, non sai quanto mi manchi quell’espressione.

La tua ultima lettera è stata orribile per la parte finale.

Manchi anche a me Charlie, e non vergognarti di ripetermi che mi vorresti lì, al tuo fianco, ti prego: io ho bisogno di sentirmi cercato da te, io ho bisogno di sapere che c’è qualcuno, dall’altra parte dell’oceano, che mi sta aspettando, non vergognarti, non temere di sembrare un’egoista solo perché mi vuoi con te, per il semplice fatto che.. io voglio tornare.

Voglio tornare, e voglio trovarti lì, voglio tornare e poter stringerti a me, Charlie, voglio sentire sul mio petto il tuo viso, voglio sentire le tue mani che si intrecciano alla mia schiena, voglio inebriarmi del tuo profumo.
Non so che parole usare per dirti che mi manchi, che vorrei stringerti forte, d’altronde, sono bravo solo a fare la guerra, non a scrivere, a quanto pare.

Userò un ricordo, sperando di tirarti su, un ricordo che conservo nella mente, insieme a tutti gli altri, ma che oggi, mi è passato davanti agli occhi, quando ho visto un tatuaggio sulla mano di un mio compagno.
Ricordi quel giorno? Quel lontano 14 agosto 1959, a Joliet, stavamo insieme da otto mesi quasi, e avevamo deciso di fare quella cosa.

-sei sicura di volerlo? Non è che dopo ti penti, e i tuoi mi uccidono?- ti chiesi io, mentre camminavamo lungo la strada, mano nella mano.
-smettila James, lo voglio, non mi tiro indietro, o hai paura tu?- mi rispondesti tu, con il tuo solito fare da simpaticona.
Ti strinsi più vicino a me, non capivo perché lo stessimo per fare, ma l’idea ci era balzata in mente, e da quel giorno, avevamo deciso di farla diventare reale.

Entrammo in quel negozio, io davvero impaurito come non mai, avevo appena 17 anni, tu ancora 16, non era troppo legale come cosa, ma eravamo ostinati a farlo, ad ogni costo: avevamo pure l’autorizzazione dei genitori, chi si tirava indietro?
Entrammo in quel negozio, e ci accolse Dan: il tatuatore.

Un vecchietto, niente tatuaggi visibili, solo uno, piccolo, e semplice, sul collo, una scritta in arabo, che ancora oggi mi chiedo che volesse dire.

-e voi che volete, piccoletti?- ci chiese, scherzando.
-un tatuaggio!- rispondesti tu, con la tenacia di una donna vissuta, che stava richiedendo la cosa più semplice del mondo.
-un tatuaggio? Che tipo di tatuaggio? Una stellina?- ti derise lui.
-voglio un dragone su tutta la schiena, o un teschio, faccia lei- rispondesti di nuovo a tono, facendogli spalancare gli occhi, e facendomi ridere come uno scemo.

Intervenni, notando l’aria fin troppo sorpresa del vecchietto.

-scherza, è un clown nato questa ragazza- risi –vorremmo un tatuaggio piccolo, abbiamo già le carte firmate dai genitori- e gliele porsi.

Il viso di Dan si rilassò, e riprese un po’ di colorito.

-ma siete sicuri?- chiese, leggendo l’autorizzazione –un tatuaggio è per sempre- concluse con questa frase saggia.
-anche io e lui siamo per sempre- rispondesti tu, di nuovo.
Lui rise di gusto –quanti anni avete?-
-17 lui, io ancora 16, 17 a dicembre-
-e tu credi di durare per sempre? Bambina- continuava a istigarti, e se non ti stessi tenendo la mano, l’avresti sicuramente ucciso sferrando un tuo pugno.
-ci vediamo al nostro matrimonio allora- ringhiasti tu.

Mi viene da ridere amore mio, perché effettivamente, lui è venuto alla nostra cerimonia.

-tipa decisa ragazzo, auguri- mi disse, io mi limitai a sorriderti, stringerti più a me, e rispondere –che ci posso fare? È fatta come vorrei io- e ti lasciai un bacio sulla testa.

Ci fece cenno di entrare nella saletta.
Ci porse il “catalogo” con tatuaggi di tutti i tipi.
Cuori, draghi, scritte, stelle, quadrifogli, lettere scritte in tutti i caratteri possibili e immaginabili.
Io sapevo già cosa tatuarmi: quel tatuaggio l’avevo pensato molte volte, sapevo che era quello che volevo, per sempre, sulla mia pelle.
Mi guardasti, come in cerca di aiuto, confusa, insicura.

-chi comincia?- ci chiese Dan, e io alzai la mano.
Mi fece accomodare sul lettino, misi ben in vista la caviglia.
Indicai con l’indice il punto esatto.

-lo vorrei qui- annunciai determinato.
-che ti disegno?- mi chiese.
-vorrei una “C”, con il carattere più carino, tipo corsivo, con attorno delle rondini, e delle stelle ad asterisco- alzai gli occhi al cielo, era troppo difficile da spiegare, cercai nella tasca dei pantaloni, e appena trovai il foglio bianco glielo porsi.
Avevo disegnato per bene il mio tatuaggio.

Dan lo guardò attentamente –hai idee chiare insomma- mi disse, e cominciò la procedura.
Tu rimanevi immobile, a fissarmi, gli occhi spalancati, guardavi me, e guardavi il tatuatore, e la vista di qualche goccia di sangue ti faceva sbiancare ancora di più.
Io ti guardavo, e sorridevo, piccola mia.
Dopo una decina di minuti, il mio tatuaggio era fatto: era piccolo e semplice, non ci voleva troppo tempo.
Lo guardai, prima che me lo coprisse, ero soddisfatto.

Fu il tuo turno, tremavi.
Distesa, incerta.

-tu invece cosa vuoi? E dove lo vuoi?- ti chiese, e indicasti anche tu la caviglia.
La tua voce tremava, mentre gli dicevi –vorrei una “J”, con accanto il simbolo, in piccolo, dell’infinito, e una chiave, piccola-
Dan annuì e cominciò a preparare il tutto.
-pronta?- ti chiese, e tu rispondesti con un lieve cenno del capo.
Mi avvicinai una sedia, e ti presi la mano, incredibilmente ghiacciata, tremante, avevi paura, paura del dolore.

-Charlie- ti chiamai, quando Dan appoggiò l’ago sulla tua pelle.
-guardami, parlami- ti incitavo, e sentivo la tua presa stritolarmi la mano.
-dimmi, perché l’infinito e la chiave?- domandai curioso.

Ti guardavo, mentre deglutivi e cominciavi la tua spiegazione.

-perché solo tu hai trovato la chiave giusta per fare colpo su di me- stringevi la mia mano, spiavi con la coda dell’occhio.
-non guardare Charlie, guarda me- ti incitai –va avanti su-
-l’infinito perché, perché mi da un senso di eterno.- e i tuoi occhi si alzarono al cielo per il dolore.
-tu Jamie? Perché la rondine? Perché le stelle?- mi domandasti.
-perché.. la stella è il simbolo che ti ho dedicato- tu sorridesti –la rondine perché.. la rondine emigra ovunque, ma tornerà sempre a casa- conclusi.
-te ne vai?- mi domandasti tu, impaurita –dove vai? Perché ci vai? James?- continuavi a riempirmi di domande.
-l’anno prossimo ho il servizio militare amore, hai presente?-
-ah sì.. vabbè ma mica vai in guerra!- ti calmasti, rilassando i muscoli.

-ad ogni modo, il mio tatuaggio è il mio giuramento: per quanto lontano io possa andare, io torno Charlie, io torno da te, sempre, in qualsiasi situazione- arrossii –te lo giuro- e mi avvicinai alle tue labbra.

-sei un folle Phillips- annunciasti tu.
-e tu ancora più folle a stare con me, Charlie-
I tuoi occhi si chiudevano, ancora dolore.
-Charlie?- ti richiamai.
Apristi un occhio, mi guardasti.
-dimmi- riuscisti a sussurrare.

-ti amo- confessai, appoggiando la mia fronte sulla tua, baciandoti il naso.
Vidi il tuo viso farsi sempre più rosso.
-ti amo anche io, folle- mi sussurrasti sulle labbra, a voce bassissima, per timore che Dan ti sentisse.


 
Dopo dieci minuti, anche il tuo tatuaggio era fatto.
-hai ancora male?- ti chiesi, mentre camminavamo verso casa mia.
-no, è passato un po’. Però, mi porti in groppa?- la solita pigrona.
Ti feci salire sulla schiena, e ripresi a camminare, tenendoti le gambe.

-James?-
-dimmi pigra-
-ma siamo soli sta sera?-
-sì Charlie, te l’ho ripetuto cento volte ormai, che hai? Paura di conoscere i miei? Quando ci sposiamo devono conoscerti sai- ti annunciai io, ridendo.
-sì, ma.. magari me li presenti a Natale-
-hai paura?- ti presi in giro.
-oh non sai quanta- rispondesti tu, facendomi ridere.




 
-casa tua diventa sempre più grande ogni volta che ci vengo, Jamie- esclamasti, alla vista del nuovo acquisto di famiglia Phillips: piscina in giardino, con tanto di trampolino, fatta da mio padre, un autentico gioiello, l’ideale per l’estate calda.
-voglio buttarmi dentro!- esclamasti, come una bambina piccola.
-magari dopo, con il buio, così vedi anche le luci che hanno messo, sono belle- ti annunciai io, ancora più entusiasta di te.

Dire che mangiasti più veloce di un affamato è dire poco: bambina impaziente che sei, Charlie.
Ricordo la tua fretta, avevi preparato la tavola, avevi preparato la cena, non mi degnavi di uno sguardo, mangiasti come un lupo, e lavasti tutti i piatti, pure quelli che non avevamo sporcato noi.
Alle dieci in punto, con il buio perfetto, cominciasti a saltare.

-dai Jamie! Dai che è buio!! Oddio che bello!!-
-sta calma canguro, è solo una piscina!- ti calmai io, invano.
-tu hai un costume da prestarmi?- mi domandasti.
-certo, perché io sono donna e vado in giro con il costume intero- ironizzai.
-se vuoi ti do quello di mia mamma- e tu mi guardasti con faccia sconvolta.
-ma sei pazzo?! Assolutamente no!-
-allora niente piscina, bimba- annunciai, soddisfatto: finalmente potevamo starcene sul divano a coccolarci un po’.

Illuso che ero.

-non posso entrare in intimo e con una tua maglia sopra?- e ti guardai con gli occhi spalancati: te le sognavi di notte queste soluzioni?
-Charlie..- riuscii a dire, ma tu, eri, e sei, un’autentica rompi palle quando ti ci metti.
-dai Jamie, amore mio- continuavi a canzonarmi, con gli occhi da cucciolo tenero e adorabile a cui non si può dire no, poi quando mi chiamavi così, “Jamie”, eri, e sei, così tenera.

Ti accontentai, e ti prestai una mia maglia: ti faceva da vestito.
Andammo fuori, tu tutta emozionata, ti togliesti le ciabatte, e ti lanciasti a bomba nella piscina.
Quando tornasti in superficie urlasti –dai buttati si sta benissimo!- e io , mi sedetti sul bordo vasca, con solo le gambe a mollo.
-non ho voglia di mettermi in costume, mi limito a guardarti- ti risposi, ma a te, non si può mai dire di “no”.

Cominciasti a schizzarmi con l’acqua, e mi ritrovai fradicio nell’arco di 10 secondi.

-sai cara Charlie? Ora tu morirai- ti minacciai, togliendomi la maglia e i pantaloni, e lanciandomi verso di te.
Tu ridevi, come una pazza, e cercavi di nuotare lontana, ma la piscina non era così enorme, e riuscii a bloccarti, al bordo.
-e ora che fai?- ti chiesi, in tono minaccioso.
-imploro pietà!- rispondesti, ridendo.
-non mi basta, mi hai bagnato contro la mia volontà, devi pagare caro- dissi in tono malizioso.
-oddio! Jamie!- urlasti, e io non capii.
-il tatuaggio! Ma possiamo stare in acqua?!- cominciasti a chiedermi.
-boh, ma ormai, siamo qua- e mi avvicinai di più.
-e se ci viene un’infezione?! accidenti! Usciamo, muoviti!- rispondesti, uscendo più veloce della luce.

Sbuffai, e ti seguii.

Rientrammo in casa per controllare: non avevamo nulla, eravamo stati poco in acqua, ma ovviamente tu sei miss allarmismo a mille e ti eri agitata come non mai.
Ci asciugammo, e li coprimmo per bene con una garza pulita.
-tranquilla Charlie, non moriremo, o al massimo moriremo insieme- scherzai.

Tu ridevi, mentre ti facevi una coda con i capelli bagnati, con la mia maglietta attillata sul tuo corpo bagnato.
Tornammo fuori, per goderci l’aria calda, e le stelle, ci sedemmo in mezzo al mio guardino, su un asciugamano, eri seduta tra le mie gambe, la tua schiena appoggiata al mio petto.
Ti sciolsi la coda –ti faccio una treccia, se permetti- amavo giocare con i tuoi capelli lunghi, amavo farti le trecce, amavo avere così tanto contatto con te.
Intrecciavo i tuoi capelli bagnati, il loro profumo di cocco c’era ancora, nonostante il cloro.
Una volta terminata, la feci scendere lungo il tuo petto, di lato, per lasciare scoperto il tuo collo, al quale mi avvicinai con le labbra.

-quanto siamo vogliosi, Phillips- mi rimproverasti tu, ridendo, prendendomi in giro: perché era così difficile credere che tu fossi così eccitante per me?
-quanto siamo santarelline, Charlie- ti presi in giro, sapevo bene com’eri fatta, e la santarellina era un ruolo che ti piaceva recitare per farmi sentire un maniaco.

Ti girasti, e mi lasciasti un bacio, con una foga fin troppo strana, ti avevo offesa? Eccome, sapevo come farti sentire in imbarazzo.
Mi distesi, con te sul mio petto, che continuavi a baciarmi, passavi dalla bocca al mio collo, al mio petto scoperto, provocandomi brividi ovunque.
Poi però, ti fermasti.
Ti sollevasti dal mio petto, e cominciasti a fissare il cielo.

-sì sono una santarellina- ti sentii confessare.

Io mi lasciai scappare un sorriso, tu e la tua vergogna, aveva un non so che di tenero.
Ti trascinai nuovamente verso di me, invertendo le posizioni: io sopra di te, come per proteggerti.

-qualcuno si vergogna?- chiesi, conoscendo già la risposta.
-ovvio, mi vergogno di non riuscire a realizzare tutti quei pensierini che mi faccio su di te- confessasti, non rendendoti conto che il tuo imbarazzo ti avesse tradito: avevi un’espressione ben poco scherzosa, che faceva ben capire che quei “pensierini” te li facevi davvero: la mia santarellina.
Sorrisi al pensiero, visto che io me n’ero fatto uno esattamente cinque minuti prima.

-non essere timida, dolce Charlie, qui, ci siamo solo noi- cercai di rassicurarti.
-sì, nel giardino di casa tua, con i vicini spioni- e mi indicasti la luce accesa della casa accanto.

Sospirai, mi avevi istigato troppo, per tutta la serata, per tutti quei mesi, non riuscivo più a trattenermi: ti volevo, avevo bisogno di sentirti mia, almeno una volta, non sapevo perché, ma forse, era solo per via degli ormoni adolescenziali.
Avevo 17 anni, e avevo una ragazza stupenda davanti a me, era, ed è, mia: perché non desiderarti? Ti desideravo eccome, ma tu sembravi non crederci.
Come ogni ragazza: ti sentivi troppo poco, le gambe troppo poco magre, perché troppo muscolose per via dello sport, le spalle troppo larghe, il seno troppo piccolo, troppo “imbarazzante”, e una serie infiniti di difetti che solo tu vedevi.
Cosa vedevo io? Io vedevo te , Charlie, vedevo te, nella tua perfezione, nel tuo sorriso, nei tuoi occhi grandi e verdi, vedevo te, solo te, e non sapevo che fare per fartelo capire.

Ti amavo, ti volevo, perché non volevi convincertene? Mi ero fatto tatuare la tua lettera, un tatuaggio, di quelli indelebili, ho tatuato la mia pelle di te, così ti potevo avere sempre addosso, io volevo, e voglio tutt’ora, solo te.
E quella sera, ero fin troppo ostinato a dimostrartelo, anche nell’ultimo dei modi.
Ripresi a baciarti, nonostante le tue lamentele.

-lasciati andare, Charlie, non farti problemi degli altri, ti prego, preoccupati di me, solo di me, per una volta- e ti sentii irrigidire, come se avessi toccato un tasto dolente.
Ti sentivi in colpa vero? Per la prima volta sì.
Con quelle parole, ti avevo come svegliata: ti preoccupavi troppo del giudizio altrui, lasciandomi sempre in disparte, se così si può dire.

Cominciasti a scusarti, a raffica, come presa dal panico, e io ridevo: che ci potevo fare? Come potevo prendermela con te?
All’ennesimo “scusa”, ti baciai, come per zittirti.
Ci ero riuscito, per la prima volta in otto mesi: ero riuscito a zittirti.
Mi staccai, solo per essere certo di non fare una cosa per il mio interesse, dovevi lasciarti andare, ma non contro la tua volontà: maledizione a me e al mio interesse per te.

-ma se proprio non vuoi, non ti sforzerò- riuscii a dire, pregando che tu non ti tirassi indietro.
Mi avvicinasti alla tua bocca –ti voglio Jamie- sussurrasti, e i miei muscoli si rilassarono un po’, più calmi, più sicuri del fatto che non lo stavi facendo contro la tua volontà.
Sospirai, sollievo puro, e tu ridesti –okay santarellina, ma insomma, perché non sfruttarti?- rispondesti con tono malizioso.
Risi anche io, eri incredibile.

Cominciai a baciarti, privandoti di quei pochi indumenti che indossavi, e tu facevi lo stesso con me, cercando di non restare mai ferma, cercando sempre un contatto con me, cercando di non apparire troppo timida e inesperta.
Ti sentivo nervosa, ti sentivo dubitare di quello che facevi.

-Charlie..- ti chiamai, mentre mi baciavi il collo.
-stai tranquilla, non devi dimostrare nulla a nessuno, siamo io e te- ti rassicurai, accarezzandoti la guancia, ti sentii deglutire.
-hai paura?- ti sussurrai, prendendoti la mano.

Ti vidi annuire.

Piccola Charlie, come si fa a non amarti?
Ti avvolsi in un abbraccio, cercando di rassicurarti in qualche modo, la mia Charlie.
Mi chiedo ancora oggi con che coraggio riuscii ad andare avanti, perché per quanto può sembrare strano, avevo troppa paura di ferirti.
Non riuscivo a vedere bene i tuoi occhi, al buio, ma sentivo le tue mani, le sentivo tremare, le sentivo stringere le mie braccia per il dolore, non sapevo che fare, non sapevo come alleviare quella sofferenza che io stesso ti stavo provocando.
Ma poi, qualcosa cambiò, naturalmente, e la tua stretta si alleviò, solo in quel momento presi il coraggio necessario per continuare.

Ti lasciavi sfuggire gemiti, poco udibili, la tua vergogna era alle stelle: se ci vedevano i vicini!

Sorrisi a te, alla mia timida Charlie, che finalmente, dopo otto mesi, aveva deciso di essere mia, completamente, uniti, solo noi due.
Perché ti sto parlando di quella notte Charlie?
Lo vuoi sapere?

Perché credo di non esser mai stato così unito a te come in quel momento, perché in quel momento, sapevo che ti stavo dando me stesso, e ti stavo proteggendo, non ti stavo lasciando sola.
Non ti avevo lasciato sola dal tatuatore, non ti avevo lasciato sola in quel momento, cercavo in tutti i modi di farti sentire che io c’ero, con i miei respiri, con le mie labbra, con le mie carezze.
Io c’ero Charlie, ma ci sono anche adesso: sono lontano Charlie, ma io sono come la rondine che ho tatuato sulla gamba, io torno Charlie, io torno per te, sempre, e torno per nostra figlia, che mi manca quanto te.
Non piangere Charlie, non piangere, io ci sono, sempre; guarda dalla finestra quando è buio, lo stesso cielo che vedi tu, è quello che è sopra i miei occhi quando sono di guardia.

Non essere triste Charlie, io torno, te l’ho giurato a 17 anni, e il mio giuramento è indelebile, come il mio tatuaggio.
Ti amo Charlie, e mi manchi da morire.
Sempre tuo,

Jamie”

-come procede White?- chiese una voce alle sue spalle.
Billy sospirò.
-non lo so Paul, ho paura di esagerare troppo ad esser sincero- confessò il giovane, passandogli, per la prima volta, la lettera che aveva scritto.
-ho davvero bisogno di un parere, il caporale queste cose me le raccontava, ma chi mi assicura che avrebbe davvero risposto così a sua moglie in lacrime?- continuò a lamentarsi Billy, mentre l’amico cominciava a leggere le sue parole.


 
-sei bravo a scrivere, White- annunciò Paul, una volta terminata la lettura.
-non sto scherzando, ma.. se io fossi lei, mi calmerei un po’, mai pensato di fare lo scrittore?- continuò.
-come no, e dopo che mangio? La carta? Dici che devo inviargliela, piuttosto?- chiese titubante.

Paul annuì, porgendogli il foglio.

-non è troppo dolce?- chiese di nuovo il giovane soldato.
-credo che.. una donna, sola, con una figlia, e un marito in guerra, dove rischia di morire ogni secondo, abbia bisogno di qualcosa di dolce, nessuno potrà mai capire cosa scorre nella mente di una moglie di un soldato in guerra, ma posso assicurarti che.. è doloroso- concluse Paul, che abbassò lo sguardo.
Billy lo guardò strano.
-dici?- gli chiese.
-non è facile vivere guardando il telegiornale, viviamo cose orribili, soldato, e l’hai visto tu stesso oggi, con quel cadavere- sospirò.

Billy si limitò ad annuire.

-sai una cosa Paul?- lasciò la frase in sospeso –ho deciso che andrò a cercarlo- annunciò, facendo spalancare gli occhi al postino.
-dove?! Sei impazzito?! Vuoi essere il bersaglio perfetto?!-
-starò attento- riprese Billy –ma devo, lui è lì fuori, ha bisogno di aiuto- concluse White, alzandosi in piedi, dopo aver chiuso la busta per Charlie ed averla messa nella borsa di Paul.

Quest’ultimo, lo abbracciò.

-avanti Paul, torno! Devo sempre rispondere a Charlie, no?- esclamò Billy, accarezzandogli la schiena.
Lo sentì sussurrare –fa attenzione, soldato.-
 

 

Note di Nanek:
che capitolo lettrici, devo essere sincera? È orribile, lo so, e mi dispiace.
Troppo caria denti questo capitolo, lo ammetto, e mi dispiace davvero, ma.. non lo so; devo essere sincera, è troppo mieloso, ma, lo volevo esattamente così.
Esagero, abbondo con lo zucchero, ma, c’è un motivo, e quel motivo lo dice il mio caro Paul, che amo semplicemente :D il mio caro postino saggio :D credo che, sì, lui sia portavoce delle mie idee qui in questo racconto, credo davvero che nella testa di una donna sola, scorrano pensieri di ogni tipo, (magari questa cosa potrei approfondirla in un capitolo? ;) ) pensieri dolorosi, pensieri tristi, ansiosi, la paura di perdere chi ami, paura di perderlo in guerra, credo sia davvero doloroso, e credo che la medicina migliore, sia scrivere cose di questo tipo: forse non funzionerebbe lo stesso, chi può saperlo? Charlie è un personaggio davvero sofferente: una ragazza così solare, sveglia, divertente, ma che, come ogni donna, soffre, ha bisogno di attenzioni, ha bisogno di sentirsi amata e protetta dall’unica persona che ama, il nostro caro James, che chissà dov’è sparito!! Il nostro Billy partirà a cercarlo! Riuscirà a trovarlo? Chi lo sa! Leggendo lo scopriremo magari ;)
Grazie per le visite, grazie per le recensioni, grazie mille a tutte voi, non vi ringrazierò mai troppo ;)
Alla prossima =)
Ps: per chi fosse curiosa, ecco le foto dei tatoos ;)





Image and video hosting by TinyPic il tatuaggio di James con la "C" della piccola Charlie, rondini e stelline.






Image and video hosting by TinyPic il tatuaggio di Charlie con la "J" di James, il suo infinito e la chiave ;)





Nanek

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Nanek