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Autore: Acinorev    23/03/2013    22 recensioni
«Hai mai visto i Guinness World Records?» chiese ad un tratto Harry, continuando a fissare il sole splendente sopra le loro teste.
«Cosa c'entra ora?» domandò Zayn spiazzato, guardando l'amico attraverso le lenti scure degli occhiali.
«Hai presente quei pazzi che provano a stare in apnea per un tempo sempre maggiore? Ecco, tu devi fare la stessa cosa», spiegò il riccio, come se fosse un'ovvietà.
Gli occhi di Zayn si spalancarono, mentre iniziava a pensare che Harry si fosse beccato un'insolazione. «Devo provare a battere un record di apnea?»
«No, ovvio che no - rispose l'altro scuotendo la testa. - Loro si allenano per rimanere sott'acqua, un posto dove non c'è la nostra fonte di vita, l'ossigeno. Tu devi fare lo stesso, devi imparare a vivere senza di lei.»
Sequel di "Unexpected", da leggere anche separatamente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Unexpected'
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Vic, Vicki, Victoria

Capitolo 1


 

«Vicki, Cassidy ci ha dato buca!» urlò Steve, correndo verso di me.
«’Fanculo!» imprecai tra me e me, arrendendomi allo chignon che stavo disperatamente cercando di mettere in ordine da una manciata di minuti.
«Che significa che Cassidy ci ha dato buca?» chiesi al mio amico, voltandomi verso di lui. Il moro si fermò, appoggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato, mentre mi guardava con i suoi occhi scuri: «Significa che non è ancora arrivata e che non risponde alle chiamate.» spiegò, rimettendosi in piedi. Sapeva che dopo quelle parole sarei diventata una furia, e infatti non mi smentii: «Che cosa?! Che diavolo ha di sbagliato quella ragazza?! – sbraitai, alzando le mani al cielo – È già la terza volta che fa uno scherzo del genere! Sa benissimo quanto sia importante questa serata per tutti noi e lei decide di sparire?! Spero per la sua salute che sia solo in ritardo!»
«Vicki…»
«Ora dovrò telefonare a Max e chiedergli se c’è qualcuno disponibile nel caso lei non dovesse arrivare! Dio, appena la rivedo l’ammazzo!»
«Vicki …» riprovò Steve.
«Che c’è?!» urlai, interrompendo il mio sproloquio.
«Ehm... – borbottò, grattandosi la testa e distogliendo lo sguardo da me - Manca anche Joseph.»
Spalancai gli occhi, mentre sentivo l’agitazione crescere sempre di più: credevo di poter scoppiare da un momento all’altro, anzi, ne ero certa. Appena aprii la bocca per maledire anche lui, Steve me la tappò con una mano, guardandomi con aria di suppliche: «Almeno lui ha la bronchite.» spiegò, cercando di farmi calmare.
«Merda! - esclamai, quando la sua mano mi lasciò libera la bocca - Merda, merda, merda!» continuai, facendo avanti e indietro per la saletta già affollata. Tutti i ragazzi del catering si agitavano da una parte all’altra della stanza cercando di fare il più in fretta possibile per essere pronti: c’era chi non trovava le scarpe; chi, come me, litigava con i capelli; chi si dimenava per avere un angolino in cui cambiarsi; insomma, era un vero e proprio inferno.
Entro un quarto d’ora sarebbe iniziata la festa e dovevamo essere tutti perfetti; era mio compito, in quanto responsabile di quella serata, assicurarmi che andasse tutto per il meglio: avevo risolto il ritardo in cucina, avevo corretto l’errore nell’ordine delle tovaglie, avevo riordinato la disposizione dei posti ai tavoli, e ora il problema era assicurarmi che filasse tutto liscio con due membri che mancavano all’appello. La presentazione dello staff doveva essere cambiata, ci sarebbero state due persone in meno a servire gli ospiti, le portate e le bibite dovevano essere adattate al nuovo numero di camerieri e io dovevo assolutamente tranquillizzarmi, se volevo evitare un attacco di panico.
Prima che potessi pensare ad una soluzione, il telefono nella tasca dei miei pantaloni eleganti prese a vibrare: pregai perché non fosse lui, ma Dio in quel periodo si divertiva a prendermi per il culo.
«Christian!» risposi, massaggiandomi una tempia e continuando a camminare avanti e indietro.
«Vicki! – mi salutò il mio superiore - Come procedono le cose?»
«Ehm, bene, bene. Siamo quasi tutti pronti!» mentii, mordendomi il labbro inferiore.
«Oh, ne sono felice! So che non mi deluderai!»
«Lo spero.» mormorai, alzando gli occhi al cielo. Perché non peggiorare le cose con tutte queste speranze riposte in me?
«Ora ti lascio: mi raccomando, conto su di te! A più tardi.»
Attaccò senza darmi il tempo di rispondere e io mi voltai verso Steve, che era rimasto per tutto il tempo al mio fianco aspettando degli ordini. Lo guardai per un secondo come se sul suo viso avessi potuto trovare delle risposte, ma oltre a qualche brufolo e ad un filo di barba non c’era proprio niente.
«Steve, prova di nuovo a rintracciare Cassidy e se non risponde chiama Max e chiedigli se può mandarci due persone. Io intanto cerco di sistemare le cose nel caso… Dio, non voglio nemmeno pensarci. Muoviti, avanti!» esclamai, correndo poi a cercare Stephanie.
Dopo qualche minuto perso a farmi largo tra la gente, la trovai seduta a terra, mentre armeggiava con le sue scarpe: «Steph, ho bisogno di aiuto.»
La ragazza alzò gli occhi verdi su di me, guardandomi con un’espressione confusa: «Che succede?»
«Joseph ha la bronchite e Cassidy Dio solo sa dove sia. Forse Max riesce a sostituirli, ma ho il vago presentimento che…»
« Vicki!» urlò di nuovo Steve alle mie spalle, come in un deja-vù. Mi girai a guardarlo e lui scosse la testa con aria dispiaciuta: evidentemente quei due non sarebbero stati sostituiti. Cosa dicevo a proposito del mio presentimento?
«Come non detto. – sospirai, rivolta a Stephanie - Dobbiamo riorganizzare un po’ di cose.» affermai, contando sull’aiuto della mia migliore amica.
 
Con ancora il viso bagnato dall’acqua gelida, appoggiai le mani sul lussuoso ripiano in marmo del lavandino e fissai la mia immagine riflessa nello specchio: lo chignon aveva deciso di graziarmi quella sera, rimanendo in perfetto ordine, e il trucco diede conferma di essere davvero a prova di acqua, dato che era rimasto esattamente intatto. Per quanto riguardava il mio stato d’animo, quello era cambiato: ero più sollevata, più rilassata, nonostante i miei occhi scuri riflettessero la mia stanchezza.
La festa di beneficenza era iniziata da due ore e mezza ormai e tutto stava andando a gonfie vele: ero riuscita, con l’aiuto di Steph, a fare in modo che la mancanza dei due nostri compagni non pesasse sul lavoro degli altri. Io stessa avevo dovuto vestire i panni della cameriera per poter aiutare nel servire gli ospiti: non che mi dispiacesse, ma era strano ricoprire un ruolo che non provavo da un anno e mezzo. La gavetta era una cosa schifosa.
Avevo fatto molta strada da quei giorni e l’agenzia stava diventando sempre più famosa grazie a dei recenti successi: quella stessa sera era una prova per noi. Dovevamo dimostrare di essere in grado di gestire un evento del genere e, se ci fossimo riusciti, avremmo acquistato prestigio agli occhi dei clienti.
“Tutto sta nella soddisfazione del cliente.” ripeteva sempre Christian.
Riscuotendomi da quei pensieri, guardai l’orologio al mio polso e mi accorsi di dover ritornare in sala, quindi mi asciugai il volto e mi diressi verso l’uscita. Prima che potessi appoggiare la mano sulla maniglia, però, la porta si spalancò sbattendo con un tonfo sulla mia fronte.
«Dannazione…!» mi lamentai, massaggiandomi la pelle. Che diavolo, quella giornata faceva proprio schifo.
Qualcuno si affrettò ad avvicinarsi a me, appoggiando una mano sulla mia schiena: «Dio, scusami tanto. Non pensavo che… Non…»
Alzai lo sguardo su quello che dalla voce avevo capito fosse un ragazzo e incontrai i suoi occhi azzurri, fin troppo vicini al mio viso. Due profondi occhi azzurri.
«Ti sei fatta male?» chiese, cercando di trattenere una risata. Storsi le labbra in una smorfia e mi ricomposi, riconoscendo in quel ragazzo un membro degli One Direction: se la mia memoria non mi ingannava come al suo solito, doveva essere Louis, ma non ne ero completamente certa. La nostra agenzia era stata assunta dai loro manager per organizzare l’evento, anche se durante tutta la serata avevo incontrato quei cinque ragazzi forse solo un paio di volte: non sapevo nulla di loro, se non l’indispensabile, dato che vivere a Londra implicava dover subire la loro pubblicità spietata ad ogni angolo della strada. Eppure non mi ero mai interessata ai numerosi gossip che li riguardavano, né alla loro musica: insomma, sapevo della loro esistenza, conoscevo i loro nomi e qualche curiosità, ma niente di più.
Per qualche secondo mi fermai ad osservare il ragazzo di fronte a me: i capelli castani erano alzati in una cresta disordinata che lasciava completamente scoperto il viso leggermente abbronzato; gli occhi azzurri erano due fessure mentre le labbra sottili si incurvavano in un sorriso, e il mento era ricoperto da un fine strato di barba. Un momento: sorrideva ancora?
«Ti fa così ridere che la mia fronte abbia avuto un incontro ravvicinato con la porta?» chiesi retorica, alzando un sopracciglio.
«Sì, abbastanza. – ammise, senza togliersi dal viso l’espressione divertita - È che… non mi aspettavo di vedere una ragazza qui
«Già, perché è molto strano trovare una ragazza nel bagno delle ragazze. Tu piuttosto, sei un pervertito o non sai leggere?» domandai, aprendo la porta e indicando il punto in cui ci sarebbe dovuto essere scritto “Donne”.
Appunto, ci sarebbe dovuto essere scritto.
In realtà, la scritta in ottone diceva “Uomini”.
Rimasi qualche secondo a fissarla incredula: sicuramente, per la stanchezza e la fretta, non avevo nemmeno fatto caso a in quale bagno stessi entrando. Pensai di aver bisogno di una lunga pausa, mentre sentivo il ragazzo ridacchiare al mio fianco.
«Quindi… - cominciò, più che divertito - Sei una pervertita o non sai leggere?»
Lo guardai spalancando gli occhi, senza riuscire a trattenere una risata. Scossi la testa e mi arresi a quella giornata disastrosa: «Credo di essere solo molto stanca.» ammisi sorridendogli.
«Devi essere del catering.» provò ad indovinare, dando una veloce occhiata al mio abbigliamento.
«Sei perspicace.» lo presi in giro, inclinando la testa da un lato.
«E tu sei divertente. – continuò, porgendomi poi la mano destra - Louis Tomlinson, piacere.»
Aprii la bocca per presentarmi a mia volta, ma il mio cerca-persone prese a squillare freneticamente: gli diedi un’occhiata e mi scusai con Louis: «Scusa, ma il dovere mi chiama.»
«Aspetta…» esclamò, mentre io stavo già uscendo dal bagno. Non avevo tempo di parlare con il famoso cantante che mi aveva appena sbattuto la porta in faccia, e letteralmente, purtroppo.
Un’espressione soddisfatta si dipinse sul mio volto, mentre raggiungevo Steve: avevo appena parlato con un famoso cantante. Anche se il mio lavoro consisteva nell’organizzare grandi eventi per persone famose, queste cose non succedevano quasi mai: avevano sempre la puzza sotto il naso e mantenevano le dovute distanze. Molte volte avevo dovuto mordermi la lingua per non risultare scortese e quindi mandare all’aria diversi eventi, per questo cercavo di fare il mio dovere senza aspettarmi alcuna forma di comunicazione che andasse oltre le solite formule di cortesia.
 
«Non posso credere che questa serata sia finita. – sospirò Stephanie al mio fianco - Temevo che sarebbe continuata all’infinito.»
«Per carità! Non vedo l’ora di infilarmi nel letto!»
«Vic? – mi chiamò, guardando alla mia destra - Perché Louis Tomlinson sta venendo verso di noi?»
Mi voltai per accertarmene ed effettivamente Louis Tomlinson si stava avvicinando, con il suo immancabile sorriso e la sua impeccabile perfezione: le gambe strette in pantaloni grigi che contrastavano con il bianco della camicia, sulla quale erano tese delle bretelle nere. Le interviste in televisione e i cartelloni pubblicitari non gli rendevano affatto giustizia.
Il fatto che avessi appena fatto un’analisi così approfondita di quel ragazzo mi fece capire che avevo davvero bisogno di dormire.
«Allora, - esordì Louis, appena fu a qualche passo da noi - chi devo ringraziare per questa magnifica serata?» domandò allegro. Subito porse la mano alla mia amica per presentarsi, mentre a me rivolse un cenno del capo.
Stephanie non mi lasciò rispondere, anticipandomi: «Lei. – disse, indicandomi con una mano - È stata Vicki ad organizzare tutto.»
Louis spostò lo sguardo su di me e il suo viso si illuminò: «Quindi è così che ti chiami. – esclamò, ricordandomi di non essermi presentata in bagno – Be’, devo farti i miei complimenti, Vicki. È stato tutto impeccabile, e anche gli altri ragazzi ci terrebbero a ringraziarti.»
«Grazie, sono felice che siate rimasti soddisfatti.» risposi, con la solita cortesia nauseante che nel nostro lavoro bisogna rivolgere ai clienti. La mia fronte, però, urlava insulti a colui che le aveva procurato un bernoccolo appena accennato, anche se doloroso.
Louis sorrise ancora, facendomi chiedere se sapesse dell’esistenza di qualche altra espressione: «Che ne dici di unirti a noi per festeggiare questo successo? – domandò - Può venire anche la tua amica Stephanie, se le fa piacere.»
«Oh, grazie dell’invito, ma non credo che il mio corpo riuscirebbe a reggere un minuto di più.» si scusò Steph, scuotendo la testa. Da quanto ne sapevo, gli One Direction non erano esattamente uno dei suoi gruppi preferiti. Quando ci avevano affidato quell’incarico, dall’alto dei suoi 23 anni, aveva detto: quindi ci aspetta una serata al servizio di ragazzini spocchiosi?
«Esatto. – confermai io - Inoltre, se proprio volessi festeggiare per il successo della serata, dovresti invitare ad uscire tutti i miei compagni dato che hanno fatto loro tutto il lavoro.» precisai.
«Hey, non toglierti tutti i meriti!» mi rimproverò Stephanie, dandomi una gomitata.
«Divertente e leale, eh? – commentò Louis – Be’, dovrai darmi ragione se dico che invitare tutti i tuoi compagni sarebbe una cosa impossibile.»
In effetti non aveva tutti i torti, dato che erano venticinque.
«Solo una birra.» insistette. Lanciai uno sguardo alla mia amica, che alzò le spalle come per lasciarmi libera scelta, poi tornai sul ragazzo di fronte a me: sebbene una piccolissima parte di me si fosse lasciata incantare dai suoi occhi cristallini e dai suoi denti bianchi, la stanchezza prevalse, portandomi a declinare l’offerta.
«Mi dispiace, ma non ne ho davvero le forze.» Non avevo le forze di fare un altro passo che non fosse in direzione del mio letto, non avevo le forze di conoscere persone nuove o di ridere alle loro battute. In quel momento non avevo le forze di vivere.
Louis fece schioccare la lingua sul palato in una nota di disapprovazione, mantenendo l’accenno di un sorriso mentre io rimanevo in attesa di una sua risposta. In quel momento Freddie, un altro ragazzo del catering, chiamò Stephanie dicendole di aver bisogno del suo aiuto: lei si congedò da noi, salutando velocemente Louis, per poi lasciarmi sola con lui dopo avermi sussurrato di doverle spiegare un po’ di cose. Probabilmente si stava chiedendo come facessimo a conoscerci.
Louis la guardò allontanarsi, tornando subito a concentrarsi su di me: «È un peccato che tu sia stanca.» mormorò, con un’espressione… maliziosa, se così potevo definirla. Rimasi spiazzata da quell’affermazione, tanto da limitarmi a fissarlo. Fu lui a parlare di nuovo, interrompendo quel silenzio imbarazzante: «Come va la fronte?» mi chiese.
«Oh, niente che non possa sopportare. Ma, se posso, ti consiglierei di fare un po’ più di attenzione la prossima volta. Ora come ora potrei chiederti un risarcimento danni.» scherzai.
«Chiedimelo.» mi sfidò, inclinando le labbra in sorriso tutt’altro che innocente.
Ridussi gli occhi a due fessure, cercando di decifrare la conversazione che stavamo avendo e «Ci penserò, - risposi - ma ora devo andare.»
«Allora a presto.» disse divertito, avvicinandosi a me. Di nuovo la sua mano era dietro la mia schiena e di nuovo il suo viso era troppo vicino al mio: lasciò un bacio sulla mia guancia, per poi sorridermi per l’ennesima volta e andarsene.
Lo guardai allontanarsi con una strana sensazione che cresceva dentro di me: un misto di stupore, piacere e… curiosità.
«Cazzo di persone famose.» mormorai tra me e me, alzando gli occhi al cielo.
 
Mi trascinai  fino al cancello della villetta che mi stava di fronte, anche chiamata casa, e lo aprii dopo qualche tentativo non riuscito: «Maledetta, stupida chiave!» borbottai, una volta entrata nel vialetto.
Feci qualche passo, ma uno scricchiolio nell’erba mi fece spaventare: mi immobilizzai e rimasi in ascolto, mentre sentivo l’adrenalina aumentare sempre di più nel mio corpo. Mi voltai, ma prima che potessi riconoscere qualcuno o qualcosa, trenta chili di pelo e tenerezza mi erano saltato addosso, facendomi cadere rovinosamente a terra: «Teddy! Teddy, a cuccia!» lo richiamai, cercando di levarmelo di dosso mentre lui mi leccava il viso. Il mio adorato collie mi diede ascolto: si mise a cuccia, ma su di me.
«Oh, fantastico!» mormorai.
Mentre mi dimenavo, la luce della porta d’ingresso si accese, cosa che mi stupì non poco dato che vivevo da sola. A meno che…
«Chi c’è?! – gridò una voce familiare - Theodore, vieni qui!» urlò di nuovo.
A meno che mio fratello non fosse tornato.
«Brian, sono io!» biascicai, cercando di sgattaiolare via da quell’ammasso di peli. Ringraziando il cielo Teddy aveva dato ascolto a mio fratello liberandomi dal suo peso. Oh, mio fratello…
«Victoria? – mi chiamò incredulo - Sei tu?»
Sbuffai, ricordandomi del suo amore per i nomi interi, e mi alzai in piedi pulendomi i vestiti dalle zampate di terra del mio tenero cagnolino: «Perché non gli abbiamo mai insegnato ad accogliere le persone in modo più delicato?» chiesi più a me stessa che a lui.
«Oh, Victoria! – esclamò Brian, prima di correre verso di me - Mi sei mancata così tanto.»
Alzai lo sguardo su di lui e dovetti impegnarmi per mantenere l’equilibrio, dato che mi aveva già stretto in un abbraccio: «Anche tu.» sussurrai, sorridendo nell’incavo del suo collo.
Brian Tomphson, 26 anni, era un mix di muscoli e di senso di protezione nei confronti della sua sorellina di 21.
Brian Tomphson era arruolato nella marina e mancava da casa da un mese e ventidue interminabili giorni.
Brian Tomphson era la mia salvezza.
Brian Tomphson era finalmente tornato.






 


 

 
Eeeeeeccomi qui con il primo capitolo dfjakls 
Eravate impazienti di leggerlo e io non potevo tenerlo nel pc ancora per molto, perché avrei rischiato di continuare a modificarlo e modificarlo e modificarlo… Insomma non l’avreste letto molto presto hahaha Comunque ci sono delle cosette da dire:
1. La storia non è narrata da Zayn, come in Unexpected, ma da Vicki, il che per me è abbastanza strano, ma ho pensato che fosse meglio così :)
2. Si scoprono un po’ di cose su di lei, ma nei prossimi capitoli se ne scopriranno delle altre :)
3. Non è una fan degli One Direction: so che a Londra loro sono praticamente delle divinità, ma credo che ci siano anche persone, come la nostra Vicki, che non se ne interessano. Voglio precisare che non li odia eh, semplicemente non li segue :)
4. Zayn non compare in questo capitolo, ma in compenso c’è Louis :) Secondo voi quale sarà il suo ruolo? :)
5. Riguardo Vicki che declina il suo invito ad uscire: so che molte di noi avrebbero accettato senza tante storie, ma noi non siamo lei (?) Per Vicki Louis è solo una persona normale, non diversa dalle altre che ha conosciuto nel suo lavoro, e non è “soggetta” al suo fascino lol E non bisogna dimenticare che è reduce da una stancante giornata di lavoro :)
6. Sono incazzata perché ho provato a pubblicare per 4 volte di fila ma efp ha deciso di bloccarsi ogni santa volta -.-
E niente, spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto jdfsal Non c’è più la drammaticità del prologo, anzi, quindi sono curiosa di sapere cosa ne pensate! Vi chiedo di lasciare un vostro parere, anche perché vorrei sapere cosa pensate di Vicki :) Ho molti dubbi riguardo questa storia, quindi per favore, siate critiche e spietate lol
 
Non possono mancare i ringraziamenti djfhak Io so di essere fin troppo sensibile, ma 31 recensioni ad un capitolo sono qualcosa a cui non credo di potermi abituare djksfal Davvero siete state… boh, non c’è un termine! E poi tutti quei complimenti…
Io… Vi voglio bene, ok?! Ok.
 
Vi lascio con una foto di Vicki e una gif di Louis fjskdl Ciao bellezze mie :3

 

     

  
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