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Autore: niKwolstenholme    23/03/2013    1 recensioni
C'è sempre stato un che di nostalgico nella musica jazz. Ritmi quadrati che ti fanno pensare che forse il mondo non è poi così tanto male
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'è sempre stato un che di nostalgico nella musica jazz. Ritmi quadrati che ti fanno pensare che forse il mondo non è poi così tanto male. Tutta la brutalità che si crede intrenseca e patologica sembra sgonfiarsi davanti alla sempre più ferma convinzione che è esistito un tempo in cui ritrovandosi in un locale, si dimenticavano le proprie vite e ci si fondeva in unico essere con la musica.
Sulle allegre e melodiche note di Bechet Mary Colston ragionava sul fatto che il fondersi in unico essere con un esistenza ben aldilà della propria era cominciato quando aveva iniziato a fare uso di eroina. Il jazz era comparso molto dopo nei suoi pensieri, quando ormai la droga ne occupava la gran parte.
In quel momento Mary era fuori in una notte primaverile ancora legata al gelo dei mesi che l'avevano preceduta. Nel corso degli anni e del solidificarsi della sua routine, l'avvento della primavera era sempre stato sempre più indissolubilmente legato all'avvento di una nuova scorta di polvere bianca. Infatti era per quello che quella notte si trovava fuori nel giardino dei suoi amici Matt e Cary, anche loro abituali consumatori.
 Nella notte lei stava aspettando che il suo fidanzato tornasse. Il fumo della sua sigaretta ascendeva in turbolenti spirali nel buio. In casa, Matt e Cary stavano ballando al ritmo di Petit Fleur, e danzavano come se non ci fosse nient'altro nel mondo che valesse la pena fare. In quei momenti Mary si sentiva invidiosa e arrabbiata. Mentre il disco cambiava traccia e lasciava posto a Si tu vois ma mère, Mary si rendeva di nuovo conto,per l'ennesima volta, che per lei l'unica cosa che valesse fare nel mondo fosse un altra.
Robert stava tardando, ancora una volta. Ogni volta l'attessa la metteva sempre in stati confusionari che la facevano sentire sperduta, e in uno stato d'animo dove tutto era fin troppo catastrofico. Il rinfacciarsi con la sua dipendenza la agitava sempre, e quando ciò accadeva il risentimento che provava  nei propri confronti era smisurato, perchè ogni dannata volta era ferma lì ad aspettare Robert come se fosse la sua unica ragione di esistere. In quei momenti odiava Cary e Matt che ballavano in salotto, anche lei voleva rendersi conto che il mondo era un posto non troppo schifoso in cui vivere, anche lei voleva potersi beare di quelle melodie senza avere il chiodo fisso che Robert ancora non era arrivato.
In fondo una parte di lei sperava che lui non tornasse. Ogni volta quando era sul punto di urlare, c'era una piccola Mary, quella che voleva lasciarsi trasportare dai ritmi nostalgici,  che sperava che Robert non tornasse più. Però poi faceva capolino la Mary, molto più grande e rabbiosa e comunque tremendamente insicura che diceva " Cosa fari stupida se lui non torna? Quanto autocontrollo credi di possedere?".
In genere ogni volta che la grande Mary si faceva sentire, vedeva la Volvo di Robert apparire dall'angolo della strada, e istantaneamente tutta la musica e tutto il mondo cessavano di trasmetterle alcunchè. Il vuoto la circondava e diventava quell'unico essere, estensione della sua personalità fusa con la sua morbosa dipedenza. La sensazione di essere una patetica disperata il più delle volte era attenuata leggermente dal cessare effettivo della musica dentro la casa, perchè anche Matt e Cary alla fine della giostra erano eroinomani. E allora la fine di quella strana atmosfera magica sanciva dentro di lei che era giunto il momento di tornare alla realtà e andare a prepare le siringhe.
Adesso però il giradischi continuava a girare, nessuna Volvo aveva fatto capolino da dietro l'angolo. Nenache la Mary grossa e prepotente era abituata a questo, ed era rimasta in silenzio. La piccola Mary dal canto suo prese più forza e si beò ancora delle note che si propagavano nel giardino.
Interdetta e sperduta la vera Mary era rimasta, in una situazione con cui nessuna sua parte sapeva interfacciarsi.
Sidney Bechet continuava a suonare nella notte sempre più fredda, e il fumo della sua sigaretta continuava a salire imperterrito, presto se ne sarebbe dovuta accendere un'altra. Chiudendo gli occhi Mary senti il proprio fiato farsi più corto,e così restò, al freddo e immobile, con gli occhi chiusi.
Forse questa volta Robert non sarebbe tornato per davvero.
  
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