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Autore: BeFree    24/03/2013    4 recensioni
12 Gennaio 2013, Accra, Ghana
6.00 a.m.
Così come l’emozione che provavo quando riuscivo a guarire un bambino o quando vaccinavo i neonati contro la malaria. Sapevo di aver salvato una piccola vita che magari, con un po’ di fortuna avrebbe avuto una vita migliore di quella che i suoi genitori e i suoi nonni avevano vissuto. Non smettevo mai di sperarci e di crederci.
Era quella sensazione, nella quale si mischiavano gioia, fierezza, felicità, soddisfazione, fatica che mi aveva spinto ad andare dove sono ora, a fare quello che faccio.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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12 Gennaio 2013, Accra, Ghana
6.00 a.m.



Arrivai davanti alle porte del ospedale di Accra. 
L’edificio non mi spaventava più come la prima volta che c’ero stata, anzi era quasi una specie di paradiso. Un paradiso in mezzo all’inferno.
Nella discarica poco distante si vedevano già i primi fumi: quel giorno ci si sarebbe recata per l’ennesima volta. Avrebbe cercato di aiutare quei ragazzi per l’ennesima volta.
Non sempre ci riuscivo, era una cosa molto rara; ma l’emozione che sentivo ogni volta che riuscivo nel mio scopo valeva la candela e gli sforzi.
Così come l’emozione che provavo quando riuscivo a guarire un bambino o quando vaccinavo i neonati contro la malaria. Sapevo di aver salvato una piccola vita che magari, con un po’ di fortuna avrebbe avuto una vita migliore di quella che i suoi genitori e i suoi nonni avevano vissuto. Non smettevo mai di sperarci e di crederci.
Era quella sensazione, nella quale si mischiavano gioia, fierezza, felicità, soddisfazione, fatica che mi aveva spinto ad andare dove sono ora, a fare quello che faccio.
Non avevo mai considerato il volontariato una valida opzione di una vita futura in realtà.
Ma mi era bastato guardare un video su You Tube quando avevo 16 anni per cambiare radicalmente idea. 
Ed ora era li da quasi un anno, dopo averne passati 7 a Londra a studiare medicina a Oxford e nonostante fossi lontana dagli affetti, dal mio paese e nonostante non mi pagassero quasi per niente, sono felice.



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12th January 2013, Accra Hospital, Ghana
6.30 a.m.
 
Il neonato si dimenò tra le braccia della madre mentre io gli tenevo fermo il braccio.
Urlava dal dolore, dalla stanchezza per il viaggio che avevano dovuto affrontare fino a li, e probabilmente per la fame.
-Coraggio piccolo, resisti e pensa a quanto sei fortunato.- dissi, iniettando il liquido nel suo corpicino.
-Ecco fatto.- conclusi, buttando la siringa usata nel contenitore addebito.
-Grazie Dottoressa Zava. Le devo, anzi, le dobbiamo- disse la madre, lanciando uno sguardo felice al bambino che teneva in braccio -moltissimo.-
Le sorrisi riconoscente e le dissi di presentarsi al bancone per chiedere del cibo, che non avrebbero esitato a darle.
Se ne andò, stringendo ancora di più suo figlio, al quale delle lacrime scendevano ancora dagli occhi.
Chissà come sarebbe continuata la sua vita. Chissà se sarebbe continuata.
-Martina?- qualcuno mi chiamò e io non esitai a girarmi.
-Sono arrivati gli ambasciatori di Comic Relief.- 
-Grazie Misha, adesso li raggiungo all’entrata.- 
Finalmente erano arrivati. Era incredibile quanto questa organizzazione aiutasse queste persone. Era una delle poche che riuscivano veramente nel loro scopo ed ero sempre felice di fare da guida ai loro ambasciatori.
Quell’anno erano 5 ragazzi inglesi, membri di una band evidentemente molto famosa in quel periodo.
E li trovai così: spaesati, appena scesi dal pulmino che li aveva portati fino a li, che si guardavano intorno.
A un certo punto uno di loro, riccio si accorsi del mio arrivo e mi fissò incuriosito.
Io lo fissai di rimando per poi sorridergli.
-Voi siete qui con Comic Relief, vero?- chiesi avvicinandomi.
-Si.- confermò il riccio avvicinandosi. Aveva i capelli tirati indietro con un elastico e una maglia bianca. Sorrise prima di presentarsi e non potei non notare le fossette che gli si formarono agli angoli della bocca -Io sono Harry.- disse, allungando la mano che io non esitai a stringere.
-Io sono la Dottoressa Zava, ma voi potete chiamarmi Martina.- dissi, lasciando la mano di Harry, notando quanto fosse grande.
-Niall, piacere.- disse il biondo, facendo un cenno di mano.
-Io Liam.- disse un ragazzo con i capelli corti e rasati, facendo un passo in avanti.
-Zayn.- continuò un ragazzo con un cappellino in testa e un orecchino.
-Io sono Louis, piacere.- si presentò un moro con gli occhi azzurri.
-Bene farò fatica a ricordarmi tutti i nomi.- esordì, scatenando un risolino generale da parte loro.
-Vi mostro il motivo per cui siete qui, seguitemi.- e mi avvia all’interno dell’ospedale, seguita in prima fila da loro e dopo dalla piccolo gruppo di persone armate di un paio di telecamere.
Non sapevo come avrebbero reagito; speravo solo che non rimanessero indifferenti, altrimenti si sarebbero ritrovati addosso la mia furia.



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12th January 2013, Accra Hospital, Ghana 
7.00 a.m.
 



-Prima di sapere quale è il vostro scopo, anche se penso lo sappiate già- dissi fermandomi davanti alla porta del reparto infanzia -dovete sapere quale è la causa di tutto questo e quali sono le conseguenze. Dovete mostrare al mondo quello che c’è in questo luogo, e dove spingere le persone a donare affinchè tutto questo abbia una fine.- 
Li fissai negli occhi: tutti ricambiarono il mio sguardo seriamente, determinati a riuscire nel loro intento.
-Ci sono due stanze... dividetevi in due e... limitatevi ad osservare e riflettere, ok? Io vi raggiungerò.-
Annuirono, probabilmente intimoriti dalle parole che avevo detto loro.
Zayn, Louis e Niall andarono nella sala sulla destra mentre Liam e Harry in quella alla sinistra.
Appena le due porte si richiusero, feci un sospiro. Speravo che non fossero troppo impressionabili. 
Un flashback colpì improvvisamente la mia mente: il mio primo giorno.
Rimasi scioccata al mio arrivo. Piansi tutto il giorno e per i due seguenti mi rifiutai di andare al lavoro. Fu solo grazie a Beth che uscì dalla mia stanza. Mi disse che dovevo provare, che se ero li c’era un motivo e che non potevo lasciarmi andare così. 
Mi disse che quella era la realtà e che dovevo affrontarla, farci l’abitudine e conviverci se volevo aiutare quella gente. Loro avevano bisogno di persone forti, non deboli.
Io dovevo dare loro forza e speranza, non lacrime e tristezza.
Fu allora che capì che quella era la mia strada, il mio futuro.
Aiutare le persone.
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12th January 2013, Accra Hospital, Ghana 
7.20 a.m.
 
Ero dentro la sala Gialla da circa venti minuti e non avevo staccato gli occhi da Liam e Harry.
Fino a quel momento mi ero tenuta a debita distanza, visitando qualche bambino che era ricoverato li.
Harry in quel momento stava tenendo in mano un fagotto, talmente piccolo che a malapena si vedeva la piccola testa color cioccolato.
Le sue braccia avvolgevano il fragile corpo della bambina, cullandola dolcemente.
Il suo sguardo era perso nel viso del neonato ed era malinconico, triste e tenero.
Sembrava che stesse per crollare.
Decisi di avvicinarmi.
-Si chiama Adeola. Ha la malaria, ma è ancora possibile salvarla.- sussurrai.
-E’ così bella... - disse lui, quasi in ammirazione.
-Si lo è.- continuai, appoggiandogli una mano sulla spalla.
Lui alzò la testa dal viso di Adeola e mi fissò. Gli occhi erano leggermente umidi  e rossi, ma trovò la forza di sorridermi, facendo comparire quelle adorabili fossette.
-Grazie. Grazie per quello che fai qui. Grazie per avermi aperto gli occhi.-
Strinsi leggermente la sua spalla, per infondergli coraggio e gli rivolsi un mezzo sorriso.
-Grazie a te per essere qui.- 
Mi chinai sulla neonata e le accarezzai con un paio di dita il volto. Era così bella e innocente, con neanche 10 mesi di vita, eppure era già stata colpita da quell’orribile malattia.
-A volte il mondo è crudele, Harry.- dissi continuando ad accarezzare il viso di lei.
-Ma se noi abbiamo la capacità di cambiarlo, di fare qualcosa, qualcosa che magari ai nostri occhi potrà sembrare insignificante e piccolo,dobbiamo farlo perchè in realà può fare molto, moltissimo.-



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12th January 2013, Accra Hospital, Ghana 
7.30 a.m.


Tirai fuori il termometro dalla bocca del bambino steso di fronte a me.
Mi rabbuiai all’istante. Come ogni volta che diagnosticavo la malaria.
Alzai lo sguardo sulla madre che già mi fissava.
Osservai i suoi occhi e capì che già sapeva tutto.
-Mi dispiace... - dissi in ghanese.
Nei suoi occhi c’erano tante emozioni.
Rabbia.
Dolore.
Perdita.
Sofferenza.
Speranza spenta.
Rassegnazione.
Dolore di nuovo.
Una sola lacrima scese dai suoi occhi.
Sollevò il corpo di suo figlio con movimenti lenti e attenti. Lo prese in braccio e appoggiò la sua testa pesante e quasi senza vita sul suo seno.
Le braccia circondavano il bimbo, come se potessero proteggerlo dalla malattia che era dentro di lui.
La testa scivolò giù, pesante come un macigno, dal seno di lei.
Una mano, leggera e piccola, ma temprata dal lavoro, l’afferrò, prima che potesse crollare definitivamente, riappoggiandola con delicatezza sul petto.
Un’altra lacrima cadde dai suoi occhi.
Si voltò e se ne andò, così come era venuta.
La seguì con lo sguardo. Odiavo tutto questo. 
Odiavo che nessuno facesse niente.
Odiavo che nessuno sapesse.
Odiavo che la gente ignorasse tutto questo.
Odiavo quando vedevo una piccola vita scivolare via dal piccolo corpicino che la conteneva.
Odiavo essere impotente.
Abbassai gli occhi e vidi ancora fra le mani il termometro: 40.5° segnava.
A quel bimbo restavano più o meno 2-3 giorni di vita.
Strinsi la mascella e mi feci forza, ricordandomi che io non dovevo piangere.
Ricordandomi che io ero qui per dare forza alle persone.
-Sii onesta con me... - e sollevando lo sguardo mi scontrai con due occhi verdi, circondati dal rosso, dovuto alle lacrime che minacciavano di cominciare a sgorgare da essi.
-Quanto è grave?- Harry mi fissava imperturbabile, cercando di mantenere il contegno.
-Ha 3 anni. Ha la malaria. In stato avanzato. Non possiamo curarlo.-
Abbassai di nuovo lo sguardo e misi a posto il termometro.
-Non si può fare proprio niente per lui?- disse, con la voce incrinata dal pianto.
-No Harry. E’ andato.- sollevai di nuovo lo sguardo e incrociai nuovamente il suo.
Tutta la maschera di forza che aveva cercato di darsi si ruppe in mille pezzi.
Si voltò e si sedette di fronte a un letto, dove era disteso un altro bambino piccolo, di circa 4 anni.
-Non avrei mai immaginato che sarebbe stata così dura.-
Liam stava a pochi metri da me e fissava le spalle di Harry da lontano.
Mi avvicinai a lui e notai che anche i suoi bei occhi castani erano rossi e gonfi.
-Nessuno lo pensa mai Liam. Ma è sempre così.- dissi stringendogli il braccio.
-Cosa posso fare?- chiese, con lo sguardo vacuo, immerso nel dolore che aveva davanti e che non era abituato a vedere.
-Donare. E farti forte per loro.- mi limitai a rispondere.
-E tu vivi questa vita tutti i giorni... - era incredulo che io lo facessi davvero.
-Si. Ma il primo giorno ero come voi.-
Lui fece un mezzo sorriso, forse rassicurato dalle mie parole.



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12th January 2013, Accra Hospital, Ghana 
7.40 a.m.



Vidi Harry uscire dalla porta, il viso in lacrime.
Chiamai un infermiere che mi sostituì e uscì dietro di lui. Liam era ancora dentro.
Lo vidi poco distante appoggiato al muro che si tirava su la maglia per asciugarsi il viso bagnato dall’acqua salata.
-Harry... - sussurrai, fermandomi davanti a lui.
-Non ce la faccio. Non ci riesco. Mi dispiace.- disse fra i singhiozzi, continuando a passarsi la maglia in faccia.
Io gli presi le mani e le abbassai, liberandolo dalla stoffa.
-Lo so. Lo so. - 
Lo fissai negli occhi e cercai di fargli capire che sapevo perfettamente come si sentiva.
Il mondo ti crollava addosso e ti sentivi uno schifo per la vita che facevi.
Sentivi il desiderio di fare qualcosa, ma non sapevi cosa.
Volevi spaccare il mondo.
Volevi urlare all’ingiustizia.
Ma dovevi mantenere la calma.
Lo abbracciai di slancio.
Sii forte. Sii forte per loro.- e lui si lasciò andare sulla mia spalla, abbandonandosi su di essa, come poco prima il bimbo aveva fatto sul seno della madre.
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12th January 2013, Accra Hospital, Ghana 
8.00 a.m.
 

Entrai nella stanza verde, dopo aver lasciato Harry e Liam in quella gialla.
Harry era riuscito a tranquillizzarsi e a rientrare, ma si vedeva che dentro era distrutto.
Appena Liam l’aveva visto era corso ad abbracciarlo, come solo un fratello può fare.
Poi si scambiarono uno sguardo intenso, carico di sostegno e comprensione.
Li avevo lasciati così, mentre si dedicavano ognuno a scambiare qualche parola con i bambini e le madri nella stanza.
E passai all’altra stanza.
Niall stava dicendo qualcosa di fronte alla telecamere, mostrando la boccetta di vaccino.
Louis parlava con una donna con in braccio un bimbo, così come Zayn.
Mi avvicinai prima a Louis.
-Ciao Amita.- dissi sorridente alla donna che mi rispose con un cenno del capo.
Mi chinai sulla bimba che teneva in braccio.
-Come sta Emefa oggi?-
-E’ stabile, dottoressa, è stabile.- rispose lei, stingendo leggermente la bambina a se.
-Con una nonna come lei, non può che esserlo Amita.- e allargai il mio sorriso.
-Come nonna...? Non sei sua madre? - intervenne Louis.
Lo sguardo di Amita si rabbuiò e scosse la testa.
-Dove è sua madre? - chiese, quasi titubante e sottovoce.
-E’ morta.- rispose lei. Secca, diretta. Ma per me ogni volta era un urto sentire quelle parole, nonostante fosse da quasi un anno che fossi li.
Fissai Louis, che si limitò a serrare le labbra, rendendole più sottili di quanto non lo fossero già e abbassare lo sguardo.
Gli sfiorai il braccio, per rassicurarlo e lui sembrò apprezzare il gesto.
Si vedeva che anche lui era distrutto da tutto quello che lo circondava.
Gli sorrisi, provando a infondergli un po di coraggio prima di essere chiamata dall’altra parte della stanza da un infermiera.
Un bambino stava avendo una crisi.
Mi avvicinai a lui.
Questo non era un caso di malaria ma di una semplice broncopolmonite.
Un semplice broncopolmonite che può uccidere una vita.
Con un iniezione di morfina e antibiotici riuscì a tamponarla.
Sentivo gli occhi dei tra ragazzi su di me e sul fanciullo steso sul letto.
Si era addormentato a causa della morfina. Gli accarezzai lieve il viso, stringendo una delle sue piccole mani nella mia.
Così piccolo e così sfortunato.
Magari se fosse nato in un paese come l’America, o l’Inghilterra ora sarebbe al parco giochi o all’asilo invece che in un letto d’ospedale, a soffrire di una malattia che potrebbe essere facilmente debellata.
Sospirai e mi alzai, trovando tre paia di occhi fissi su di me.
-Come sta?- chiese titubante Niall.
-Non bene. Una broncopolmonite qui può avere cause devastanti...- mi passai una mano tra i capelli, cercando di smorzare la tensione nell’aria e dentro  di me -non so se riuscirà a cavarsela.-
Vidi gli occhi di tutti e tre rabbuiarsi, e notai in particolare Zayn che abbassò lo sguardo.
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12th January 2013, Accra Hospital, Ghana 
8.30 a.m.
  


-E’ terribile. Tutto questo è terribile.-
Niall era in piedi di fianco a me, e fissava con gli occhi sgranati una bimba addormentata, con i sottili fili della flebo che partivano dalla struttura esterna e sparivano nel braccino striminzito.
-Si lo so.- e mi girai a osservarlo.
Solo in quel momento notai che i suoi occhi erano già fissi sul mio volto.
Erano come il mare limpido delle coste africane.
Mi tolsero il fiato per qualche istante e quasi boccheggiai in cerca d’aria.
Era tanto che non provavo certe emozioni...
Distolsi lo sguardo dal suo viso e provai a nascondere il rossore che sentivo nascere sulle mia guance, che stavano diventando bollenti.
Probabilmente il suo sguardo era ancora su di me, ma io mi ostinai a tenere il mio saldo su corpo della bimba, fino a quando qualcosa non mi distrasse.
-Dottoressa...- un’infermiera era dietro di me e mi chiamava quasi sussurrando. -è successo.-
E girandomi capì istantaneamente di cosa stava parlando. Un altra piccola anima aveva lasciato il corpo terreno.
-Chi?- chiesi, quasi tremando e sentendo il cuore fare un tuffo verso il vuoto.
-Emefa.- deglutì a vuoto. sentì di nuovo quella sensazione di mancamento, di nulla dentro di me. Ogni volta pensavo di averci fatto l’abitudine e ogni volta venivo puntualmente smentita.
Sentivo di stare per mollare, quando una mano afferrò la mia.
Fissai il punto di contatto e vidi le mie dita intrecciate con quelle di Niall. 
Alzai lo sguardo e incontrai i suoi occhi.
Lacrimavano.
Erano rossi, gonfi.
Colmi di tristezza, oltre che di lacrime.
Anche lui stava per crollare e cercava qualcosa a cui aggrapparsi.
E quel qualcosa ero io.
Non potevo lasciarlo da solo.
E mi feci forza, non per i bambini e le persone che mi circondavano questa volta.
Ma per il ragazzo sconosciuto che mi stava accanto e che, tacitamente, mi urlava una richiesta di aiuto.
Ricambiai la stretta con forza, e strinsi le labbra.
-E’ terribile.- sussurrò, tanto che feci fatica a sentirlo.
-Lo so.-  



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12th January 2013, Accra Hospital, Ghana 
8.35 a.m.
 

Lo sguardo fisso di Zayn era su quel letto d’ospedale da quasi 3 minuti abbondanti.
Non si era mosso di un centimetro.
Aveva incrociato le braccia attorno al petto e divaricato leggermente le gambe.

Per poi non muoversi più.
Su quel letto era disteso un bambino, ricoverato li da un paio di giorni.
E con lui c’era sua madre.
Le loro mani, entrambe estremamente piccole e fragili, erano unite, le dita intrecciate.
Il corpo del bambino non occupava neanche metà del letto, ma nonostante questo la madre non era sdraiata sul materasso.
La testa era appoggiata si a quella del figlio ma il resto del corpo, dalle spalle in giù, si piegava lentamente verso il pavimento.
Ma la posizione scomodissima non le impediva di essere di fianco al figlio malato.
E Zayn era li, che li fissava, con uno sguardo in cui si concentravano rabbia, tristezza, stupore, ammirazione, dolore.
In quel momento si mosse.
Si passò una mano su viso, per poi sistemarsi il cappello nervosamente, anche se non c’era bisogno.
Vidi che dalle sue labbra uscì un sospiro e allora capì che era arrivato anche il suo di turno, per scoppiare.
Mi avvicinai cautamente.
Egli sentì i miei passi che si dirigevano verso di lui e si voltò leggermente, per poi tornare a fissare la coppia madre-figlio che tanto lo aveva stupito.
-Zayn... - il suo nome, pronunciato in quel modo, conteneva tante parole, che lui riuscì a cogliere.
-Come stanno.- non era una domanda. Era un’affermazione: aveva capito in che modo queste persone vivevano e ne era rimasto sconvolto.
-Male.- mi limitai a continuare io.
-Tutto questo è così ridicolo...- scoppiai in una risatina e lui mi guardò stralunato.
-Scusa ma tutto questo mi sembra tutto fuorchè ridicolo.-
-E’ ridicolo perchè salvarli costa solo £5. Per questo è ridicolo. Cinque pounds sono niente per i londinesi. Sai quante persone perdono i soldi per strada e quasi non gliene frega niente?- la sua voce si stava quasi rompendo -Sai quante vite si potrebbero salvare raccogliendo tutti quei soldi, di cui le persone si dimenticano facilmente? - si sistemò nuovamente il cappellino, sempre più nervoso -£5 per salvare una vita.- e abbassò lo sguardo sulla boccettina di vaccino che teneva fra le mani.
Minuti di silenzio trascorsero fra di noi, mentre lui rimaneva in ammirazione e si rigirava il vaccino fra le mani.
-Pensandoci...- sussurrai, all’improvviso -hai ragione.- e lo fissai, notando che lui lo stava già facendo.
-E’ abbastanza ridicolo.-
Rimase con lo sguardo fisso per un periodo indeterminato, mentre io continuavo a stargli affianco.
Poi il suo nervosismo, la sua ansia e la sua tristezza esplosero tutte insieme.
Si passò la mano sul viso, per poi sistemarsi nuovamente il cappello, tirando la visiera.
Si girò in fretta e uscì dalla porta, sbattendola.
Incontrai gli occhi preoccupati di Niall, che trasudavano anche loro tristezza e angoscia, oltre a una preoccupazione per il suo migliore amico, che era appena uscito dalla porta.
Lanciai un occhiata anche a Louis e seguì il moro fuori dalla porta.
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12th January 2013, Accra Hospital, Ghana 
8.40 a.m.
   


Avevo girato per l’ospedale per dieci minuti abbondanti, esplorando tutti gli angoli e tutti i corridoi, senza però trovarlo.
Poi finalmente entrai nell’ultimo corridoio possibile, quello che portava al piccolo giardino che ero riuscita a far allestire per far divertire i più piccoli che erano in via di guarigione.
Lo osservai da dietro l’angolo.
Le sue labbra erano serrate, le mani incrociate dietro alla schiena e gli occhi spalancati.
Continuava a dondolarsi, probabilmente per provare a calmarsi
Stinse ancora di più le labbra e appoggiò una mano al viso.
Mi avvicinai lentamente.
-Martina...- non aveva avuto bisogno di alzare lo sguardo per sapere che fossi io; lo sapeva già.
-Lo so che è dura.- dissi, appoggiandomi di fianco a lui sul muro.
-E’ così difficile.- cominciò, staccandosi dal muro e agitandosi ancora di più.
-Non mi sarei mai aspettato...- e prese un gran respiro prima di chiudere gli occhi e deglutire a vuoto. Continuò con la voce rotta ormai dal pianto. Sapeva che non aveva più senso fingere che la cosa non lo toccasse così tanto, così nel profondo.
-Non ho mai visto niente di più brutto in tutta la mia vita.-
Si staccò dal muro, il fiato accelerato e si passò le mani sul viso, tirando la pelle verso il basso, come per strapparla. Provò ad asciugare gli occhi e si voltò, quasi dandomi le spalle.
Sbuffò, provando a scaricare la tensione dentro di lui, e strofinò le mani una contro l’altra come se da un momento all’altro un gelo improvviso l’avesse colto in quella città caldissima.
Poi si voltò di nuovo a guardarmi, continuando a sfogarsi.
-Bambini di meno di un anno...malati, quasi sull’orlo della morte. E salvarli e così semplice. Basta donare 5 miseri pounds. Non ci posso credere. E’ ridicolo. E’...-
Fermai le sue chiacchiere avvicinandomi e abbracciandolo stretto.
Nonostante fosse più alto di me, si chinò sulla mia spalla e affondò il suo viso nei miei capelli, stringendomi a se, come se potessi essere la sua ancora di salvezza.
Rimanemmo così per un tempo che parve interminabile.
Pensai che aveva un buon profumo.
Ma poi fummo interrotti.
-Zayn...- era Liam che si stava avvicinando a noi.
Così come Harry era corso fra le sua braccia dopo essere anche lui fuggito, così fece Zayn, staccandosi da me e avvicinandosi al suo amico.
Si strinsero in un abbraccio molto simile a quello scambiato poco prima con il riccio.
Erano proprio come fratelli.
Si staccarono e Liam lo guardò negli occhi.
-Dobbiamo andare. Abbiamo altre cose da vedere, altre cose da mostrare al mondo.- 
Non potei che essere pienamente d’accordo con quello che disse il ragazzo.
-Ha ragione.- dissi, guardando l’orologio.
-E’ ora che voi andiate.- e mi avvicinai loro, con un sorriso tra il triste e il contento.
Triste perchè se ne stavano per andare.
Contento perchè avevo aperto loro gli occhi.
-Grazie.- disse Zayn, guardandomi dritto negli occhi.
-E di che?- dissi, ricambiando e allargando il mio sorriso.
-Di tutto.- aggiunse una voce che non apparteneva a nessuno dei due ragazzi che stavano di fronte a me.
Mi voltai e vidi Niall, Louis e Harry.
Quest’ ultimo aveva appena parlato e osservandolo notai che aveva ancora gli occhi un po rossi.
-Per averci fatto capire quando questa causa sia importante per la vita di queste persone.- Continuò Louis, quando ormai erano tutti di fronte a me.
A sentire quelle parole le mie labbra si allargarono ancora di più e mi sentì leggera dentro.
-E soprattutto- continuò Niall, osservandomi attentamente, come se volesse memorizzare ogni minimo dettaglio della mia faccia. -Per essere qui di fianco a loro, sempre, qualunque cosa succeda.-
E senza scollare un minuto gli occhi dal mio viso, mi strinse la mano.
Sentì le mie guance avvampare e abbassai lo sguardo, terribilmente imbarazzato dall’effetto che il biondo aveva su di me.
Potei giurare di aver sentito qualcuno ridacchiare, ma non mi azzardai ad alzare lo sguardo per confermare la mia ipotesi.
Strinsi di più la mano di Niall, ancora intrecciata alla mia e li guardai tutti.
-Grazie a voi per essere venuti.-
Mi sorrisero tutti e il nostro scambio fu interrotto da un cameramen che incitò i ragazzi a muoversi.
Mi salutarono tutti: Liam abbracciandomi e augurandomi buona fortuna per il mio lavoro qui.
Louis facendomi un buffetto sulla guancia e dicendo che stavo facendo un ottimo lavoro.
Zayn mi sfiorò con le labbra una guancia e sorridendomi imbarazzato.
-Tranquillo- dissi per rassicurarlo -non lo dirò a nessuno che hai pianto.- conclusi facendogli l’occhiolino.
-Penso che tra poco lo sapranno comunque tutti.- e sorrise, forse ancora più imbarazzato di prima, lanciando uno sguardo alla telecamera.
Harry mi abbracciò e io mi dovetti alzare sulle punte per assecondarlo.
Poi fu il turno di Niall. Tutti gli altri se ne erano già andati, lasciandosi da soli.
Imprecai mentalmente contro di loro.
-Beh allora ciao.- disse, sorridendomi.
-Ciao...- sussurrai.
Sembrò cercare le parole, prima di trovarle.
-Nel caso tornassi a Londra, prima o poi...- iniziò, mentre un leggero colorito si impossessava delle sue guance.
Che tenero, arrossiva.
-Mi chiedevo se ti andasse di vederci, qualche volta...- e alzò lo sguardo, speranzoso.
Io sorrisi.
-Mi farebbe piacere. Ma per ora il mio posto è qui Niall.- 
-Lo so. E’ per questo che ti ammiro.-
Sorrisi, guardandolo negli occhi.
-Ma nel caso...-
-Si. Mi farebbe moltissimo piacere.- dissi, fermandolo in partenza.
Sulle sue labbra si allargò un sorriso che io non esitai a ricambiare.
-Beh allora...- disse, guardandosi intorno, per poi puntarlo sulla mia mano.
La prese velocemente e con la penna che teneva nei jeans scrisse il suo numero su di essa.
-Chiamami. Magari anche da qui, se ne hai la possibilità...- continuò, tenendo stretta ancora la mia mano.
-Lo farò.- confermai, alzandomi sulle punte e scoccandogli un bacio sulla guancia.
E mi voltai, lasciandolo li.
L’avrei chiamato, ma non  sapevo quando sarei tornata a casa.
Per ora non volevo neanche. 
Il mio posto era li, in mezzo a loro.
Per aiutarli e sostenerli.
Se avressero continuato a mandarci ambasciatori così, forse sarei tornata a casa presto.


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Ho avuto l'ispirazione per questa OS circa una settimana fa.
Da allora ho lasciato perdere la storia che sto scrivendo e ci ho dedicato anima e corpo.
Ho messo il mio nome.
Ho messo il mio nome perchè fare volontariato è uno dei desideri della mia vita.
Aiutare la gente mi rende felice.
Mi fa sentire le stesse identiche emozioni descritte in questa OS.
E quello che i ragazzi hanno fatto a Gennaio non ha fatto altro che aumentare questa mia convinzione.
In parte sono io la protagonista di questa OS.
Spero che apprezziate.
Lasciate una recensione, mi farebbe un piacere immenso.
Un bacio enorme a te, che sei arrivato fino a qui.
Grazie.
Martina xx


 
  
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